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DUE IMPERI IN DIFFICOLTA' AUSTRIA E RUSSIA
LA CRISI DELL'IMPERO ASBURGICO. Nella seconda metà dell'Ottocento, come abbiamo visto, l'Impero asburgico, un mosaico di popoli, aveva subito un lento declino, a causa del 'risveglio delle nazionalità
Negli anni Sessanta:
La guerra d'indipendenza italiana si concluse con la perdita del Lombardo-Veneto
La guerra con la Prussia determinò la fine dell'egemonia asburgica nel mondo tedesco, e l'Impero si riorganizzò intorno ai poli Austriaco e Ungherese
I gruppi etnici più numerosi dell'Impero, come gli slavi, non tolleravano il potere dell'Ungheria, che era per loro un ingiustificato privilegio
I PROBLEMI DELLO SVILUPPO INDUSTRIALE. La struttura economica dell'Impero, specialmente nelle regioni meridionali, era sostanzialmente agraria e gravata da antichi vincoli feudali. Anche l'industria era limitata
Quindi le scelte imperialiste, come quella che aveva portato all'annessione della Bosnia-Erzegovina (1908), non erano dettate da una logica economica (espansione del mercato) bensì geopolitica.
In sostanza, erano un segno di debolezza.
La burocrazia, un tempo preparata ed efficiente, col crecere della complessità della vita sociale ed economica, ad un certo punto smise di essere il lubrificante che faceva 'girare' il motore dello Stato e si trasformò in un freno per lo sviluppo sciale ed economico.
Nonostante tutto ciò, alle soglie del Novecento l'Impero Austro-Ungarico si presentava ancora come una grande potenza, interessato ad espandersi nella penisola balcanica, dove convergevano anche gli interessi russi e dove le nazionalità slave ceravano di approfittare dell'indebolimento dell'Impero ottomano.
LA RUSSIA, UN PAESE ARRETRATO. La Russia alla fine dell'Ottocento era un gigante addormentato. Era un paese essenzialmente rurale (75% della popolazione) e per di più arretrato e pocomeccanizzato, quindi incapace di alti rendimenti. Inoltre la proprietà della terra si concentrava nelle mani della grande nobiltà assenteista, penalizzando la piccola proprietà contadina.
Nonostante ciò lo zar cercò di avviare un processo di industrializzazione, soprattutto intorno alle due aree urbane di Mosca e San Pietroburgo; uno sforzo imponente che pagò la dipendenza finanziaria dai capitali stranieri.
Un ruolo strategico ebbe la costruzione della linea ferroviaria Tansiberiana, che collegava Mosca al Pacifico. Essa rappresentò un vero e proprio volano dell'industrializzazione.
La consegenza di questa trasformazione dell'economia russa fu la nascita di un proletariato industriale, che viveva in condizioni miserabili e che formò la base umana su cui si fondò il socialismo russo.
L'OPPOSIZIONE ALLO ZARISMO. L'opposizione allo zarismo era in quel momento egemonizzato da due forze molto diverse per estrazione sociale e propositi politici.
I populisti:
Erano per lo più giovani intellettuali
Volevano superare lo zarismo nei suoi tratti più inumani nei confronti delle masse contadine
Rifiutavano però la modernizzazione capitalistica di cui lo zar si era fatto promotore, considerandola estranea alla cultura russa
Gli anarchici:
Rifiutavano ogni forma di autorità e di potere a favore della libertà integrale dell'individuo
Consideravano dunque lo zarismo un male assoluto, l'incarnazione del male in quanto potere assolutistico
Nel 1881 giunsero a uccidere lo zar Alessandro II interrompendo la stagione di timide riforme da lui avviate
LA RESTAURAZIONE AUTOCRATICA. I due zar che succedettero a Alessandro II, Alessandro III e Nicola II
Abbandonarono la via della modernizzazione
Inasprirono la repressione, con l'aiuto della polizia, per reprimere anarchici, populisti e socialisti (che si unirono nel Partito Operaio Socialdemocratico russo
Perseguitarono le minoranze etniche e religiose dell'Impero. Ne fecero le spese soprattutto gli ebrei, contro i quali si scatenarono sistematici pogrom ('devastazioni'), per la prima volta appoggiate dallo zar che voleva usare gli ebrei come capro espiatorio per distogliere la popolazione dai problemi reali del paese
Questa politica finì per allontanare dallo zar anche le simpatie della borghesia liberale.
LA GUERRA RUSSO-GIAPPONESE Nicola II volle recuperare il terreno perduto nella spartizione coloniale del globo, e l'obiettivo principale erano i Balcani, che avrebbero consegnato allo zar il tanto agognato sbocco al Mar Mediterraneo.
All'inizio del Novecento tuttavia cadde sotto le mire russe anche l'Asia Orientale, e ciò provocò uno scontro con un avversario insormontabile: il Giappone
Contrariamente alle prospettive di una facile vittoria, la Russia andò incontro a una cocente sconfitta, che aprì la strada alla rivoluzione.
LA RIVOLUZIONE DEL 1905. La guerra contro il Giappone
Fece emergere le reali condizioni del paese
Provocò una prima insurrezione popolare
Nel gennaio , a San Pietroburgo, una manifestazione di migliaia i persone, riunite davante al Palazzo d'inverno per chiedere diritti politici e provvedimenti contro la carestia, fu dispersa con le mitragliatrci. La rivolta è nota anche come 'domenica di sangue
Questa violenta repressione non placò la protesta ma la estese, al punto che a San Pietroburgo si riunirono 2 milioni di persone che chiedevano:
Elezioni politiche
Un'assemblea costituente
Gli operai intanto si erano riuniti in consigli di fabbrica, i Soviet, che si candidavano a esercitare un vero e proprio contropotere.
Lo zar, alla fine, pressato anche dai ceti borghesi e dagli intellettuali, che auspicavano un avvicinamento alle potenze occidentali, accettò:
Di convocare un Parlamento (Duma
Di indire elezioni con ampio suffragio (anche se solo maschile)
Gli operai, però, decisero di mantenere in vita i Soviet, e fecero bene: lo zar infatti riuscì a far eleggere una Duma completamente aservita alla sua volontà, cui subito revocò poteri e autonomia.
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