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Cavour e la questione italiana




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CAVOUR E LA QUESTIONE ITALIANA


Cavour vuole sfruttare il pericolo di insurrezioni per ottenere dalle potenze e dall'opinione pubblica internazionale, il sostegno alle iniziative diplomatiche che egli progetta per annettere i territori sottoposti ancora al dominio straniero. La congiuntura internazionale gli è favorevole insieme all'Italia. Infatti il fallimento dei tentativi insurrezionali spinge molti patrioti a condividere le posizioni moderate di Cavour. Molti patrioti emigrano in Piemonte, per la libertà e la possibilità di partecipare al dibattito sull'unità d'Italia.

ACCORDI DI PLOMBIERES

Cavour non aspira all'unità d'Italia ma alla liberazione della Lombardia e all'espansione del Regno di Sardegna verso le regioni padane. Quindi ricerca il sostegno militare della Francia. Napoleone III, dato il pericolo di nuove rivoluzioni in Italia, che potrebbero estendersi in tutta l'Europa, incontra Cavour a Plombieres, dove il 22 luglio 1858 viene stipulato un accordo che prevede l'intervento francese a sostegno del Piemonte nel caso di un conflitto con l'Austria (a condizione che sia quest'ultima a dichiarare guerra). Inoltre concordano il nuovo assetto italiano: al nord i Savoia, al sud un principe francese al posto dei Borbone, al centro i territori pontifici e la Toscana. In caso di vittoria contro l'Austria, Napoleone avrebbe ricevuto Nizza e Savoia. Inoltre viene deciso un matrimonio tra la figlia di Vittorio Emanuele II e il cugino di Napoleone III.

SECONDA GUERRA D'INDIPENDENZA

Cavour nel gennaio 1859 affida la guida dei Cacciatori delle Alpi a Garibaldi. Il governo di Vienna reagisce con un ultimatum inascoltato e il 26 aprile scoppia la seconda guerra. I piemontesi vincono e liberano tra maggio e giugno la Lombardia aprendosi la strada verso Venezia. Nelle stesse settimane, la Toscana, i ducati di Parma e Modena insorgono cacciando i principi e formando dei governi provvisori. Però Napoleone, impaurito da un intervento prussiano a sostegno dell'Austria, stipula un armistizio con quest'ultima a Villafranca l'11 luglio 1859 (che prevedeva la cessione della Lombardia al Piemonte), a insaputa di Cavour che si dimette. Cavour tornato al governo il gennaio 1860, ottiene il riconoscimento delle annessioni di Emilia, Romagna e Toscana da parte di Napoleone, in cambio della cessione di Savoia e Nizza.

GARIBALDI E LA SPEDIZIONE DEI MILLE

La cessione della Savoia e di Nizza provocano motivi di malcontento all'interno della società nazionale italiana e una adesione alla linea insurrezionale italiana. In Sicilia c'è l'insofferenza per il governo borbonico. Molti esuli siciliani si adoperano allora per attirare l'attenzione dei patrioti settentrionali sulla grave situazione nella quale versa ormai la Sicilia. Alcuni di questi, come Crispi, riescono a persuadere Garibaldi a intraprendere una spedizione di volontari in Sicilia. Cavour però disapprova l'iniziativa e non ferma i Mille che si raccolgono da tutta l'Italia settentrionale e salpano il 5 maggio 1860 da Quarto in Liguria. Dichiarata decaduta la monarchia borbonica, Garibaldi assume il governo dell'isola in nome di Vittorio Emanuele II. Egli intende instaurare una dittatura democratica che introduca le principali libertà.

LA LIBERAZIONE DEL MEZZOGIORNO

Tra giugno e luglio i Mille aumentano. Il 20 agosto Garibaldi sbarca in Calabria, da dove risale la penisola travolgendo le deboli resistenze borboniche. A settembre entra a Napoli. Il pericolo che Garibaldi muova verso Roma, fa ottenere a Cavour l'autorizzazione a mandare le truppe di Napoleone nello Stato pontificio. Nella discesa queste invadono l'Umbria e le Marche, sconfiggono a Castelfidardo l'esercito del papa. L'incontro dell'esercito e di quello pontificio avviene a Teano, presso Caserta, il 25 ottobre. Garibaldi consegna a Vittorio Emanuele II le regioni da lui stesso liberate, per ritirarsi a Caprera.

BISMARCK

La Prussica, sotto Bismarck unifica i territori della Germania, sottraendo all'impero asburgico l'egemonia sulla confederazione germanica. Il sovrano Guglielmo I ed il cancelliere Bismarck intraprendono una politica di potenza, basata sul rafforzamento ed ammodernamento dell'esercito e su alleanze diplomatiche per isolare l'Austria. Alleatisi temporaneamente con l'Austria, la Prussica interviene militarmente contro la Danimarca. Nel 1866 poi va contro l'Austria. Assicuratasi la neutralità di Francia, Inghilterra e Russia e alleatasi con il Piemonte, cui promette il Veneto in caso di vittoria, sconfigge l'Austria a Sadowa (1866). Quindi c'è lo scioglimento della vecchia confederazione, la cessione del Veneto, la creazione di una confederazione della germania del nord

L'UNIFICAZIONE TEDESCA

La perdita del Veneto provoca gravi difficoltà agli Asburgo. Gli ungheresi aumentano le pressioni su Vienna per ottenere una maggiora autonomia politica. Nel 1867 viene siglato un compromesso che divide l'Impero in due monarchie con governi e costituzioni distinte. In comune avranno il ministero degli esteri, della guerra e delle finanze. Nel 1870 i territori tedeschi annettono l'Alsazia e la Lorena abitate da popolazioni appartenenti alla Francia. Allora Bismarck approfitta di un incidente diplomatico che è lui stesso a provocare: al messaggio del governo francese, che preoccupato per la candidatura al trono di Spagna di un membro della dinastia prussiana degli Hohenzollern, chiede a Guglielmo II l'impegno a non appoggiare tale candidatura; Bismarck risponde con un dispaccio di diniego volutamente offensivo nei confronti della Francia. Napoleone III dichiara guerra alla Prussica il 19 luglio 1870 e si conclude con la sconfitta di Sedan. La Germania prende l'Alsazia e la Lorena e in Francia si è insediata una repubblica (4 settembre 1870) retta da un governo provvisorio. A Versailles viene proclamata la nascita di un impero tedesco.

LA DESTRA STORICA

Nel 1861 l'Italia è uno stato unitario sotto i Savoia, con l'eccezione del Lazio, Stato pontificio, Veneto, Trentino, Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, che erano rimasti sotto l'Austria. Dopo la morte di Cavour nel giugno 1861, uomini di orientamento liberale moderato, si susseguono. I capi di governo dal '61 al '76 sono della destra parlamentare, come Ricasoli e Rattazzi. La destra è definita storica per il ruolo importante svolto nell'unità d'Italia. Essi si preoccupano subito di dare una legislazione e amministrazione uniforme all'Italia. Quindi estendono a tutte le regioni italiane la normativa vigente in Piemonte, per realizzare brevemente l'unità del paese, che le forme di decentramento o federalismo avrebbero rallentato o impedito. Così, leggi come la Casati e lo statuto albertino vengono estese all'Italia. Il progetto di decentramento amministrativo proposto da Cavour, viene accantonato e sostituito da uno accentrato, che ha il suo perno nei prefetti. L'insofferenza del nuovo stato però, che impone la leva militare e nuove tasse, è manifestato dal brigantaggio che si estende nel meridione.

VERSO LA SINISTRA STORICA

Nel 1876, quando Minghetti si dimette, c'è un grave squilibrio economico tra Meridione e Settentrione. Comunque l'annessione territoriale è stata ampliata con l'annessione del Veneto (1866) e del Lazio (1870) e il bilancio fu pareggiato nel 1875 con imposizione di tasse e tagli agli investimenti. La preoccupazione di pareggiare il bilancio trattiene la destra ad effettuare investimenti nelle imprese o industrie. Il ministro delle finanze promuove iniziative che fanno affluire denaro alle casse dello stato, ma non creano stimoli né posti di lavoro. La politica liberistica della destra considera la base della crescita economica, la produzione agricola e non quella industriale. Al nord solo il settore tessile conosce un significativo incremento, mentre al Sud, sotto i borbone restano indifesi dalla concorrenza straniera. Comunque la destra decade quando un gruppo di deputati della destra toscana si allea con la sinistra opponendosi alla proposta di gestione statale delle ferrovie

LA SINISTRA STORICA

Con Depretis giungono al governo eredi di tradizione democratica risorgimentale, antichi avversari di Cavour. La sinistra comprende oltre a liberali e moderati, anche ex garibaldini e mazziniani, che sono a favore di riforme democratiche. Nell'ottobre 1875 a Stradella, Depretis indica come riforme prioritarie della Sinistra, l'allargamento del suffragio, l'innalzamento dell'istruzione obbligatoria a gratuita, la diminuzione della pressione fiscale, l'introduzione di un moderato decentramento amministrativo. Con questo programma, la Sinistra si presenta alle elezioni del novembre 1876, avendo successo sulla destra. Una volta giunta alla direzione del paese, la sinistra attenua progressivamente la carica innovativa del riformismo, cercando sostegno nella destra moderata. La necessità di creare un'ampia maggioranza, spinge Depretis ad abbandonare il programma di Stradella per ripiegare verso forme meno innovative, che possano essere in accordo con la destra moderata. Questa politica trasformista fa staccare i radicali perché non hanno visto una riforma amministrativa e riforme democratiche. Così abbandonano la maggioranza di governo, per presentarsi alle elezioni del 1882 con una lista autonoma.

RIFORME E INVOL. CONSERVATRICE

La sinistra comunque delude le aspettative. La legge Coppino viene solo parzialmente applicata ai comuni e la riforma elettorale che abbassa l'età del censo innalza di poco l'elettorato. L'imposta del macinato, abolita nel 1880, viene sostituita da altre imposte ed il decentramento dei poteri non si verifica. Per difendere la produzione agricola e quella industriale dalla crisi che dal 1873 colpisce tutta l'Europa, nel 1878, viene abbandonato il liberismo per passare al protezionismo, completamente attuato nel 1887, quando il parlamento approva tariffe doganali su cereali, zucchero e altri prodotti dell'industria meccanica. Però questi provvedimenti difendono le produzioni tipiche dei latifondi meridionali e delle aziende settentrionali favorendo gli agrari del Sud e gli imprenditori del nord e formando un blocco agrario-industriale. Le colture del sud non vengono protette dalle nuove tariffe doganali e provocano ritorsioni da parte di nazioni straniere come la Francia, che ostacola l'importazione dei prodotti agricoli italiani. Nei dintorni di Milano, Torino, e Genova, grazie ai finanziamenti e alle commesse statali si sviluppano importanti industrie. L'indice dell'impoverimento del paese è l'emigrazione di contadini oltreoceano.

LA QUESTIONE MERIDIONALE

L'inchiesta parlamentare sull'agricoltura e sulla mafia mettono in piena luce le cause economiche e sociali dei gravi problemi del Meridione, ma non trovano seguito nelle iniziative del governo e nella legislazione del parlamento. Negli scritti di alcuni intellettuali, si denuncia la mancanza di volontà o incapacità della classe politica di risolvere il grave problema dello squilibrio tra l'economia e la società settentrionale e quella meridionale. Inoltre essi si lamentano per gli effetti disastrosi del piemontesismo.

CRISPI

Crispi, nel 1887 diventa presidente del consiglio, succedendo a Depretis, del quale era stato ministro degli interni. Primo meridionale a ricoprire questa carica di stato, viene stimato dalla sinistra, come ex mazziniano e garibaldino, e dalla destra, per l'apprezzamento nei confronti del sistema bismarckiano. Egli vuole fare del suo paese una grande potenza militare e coloniale. Capo del governo dal 1887-1891 e dal 1893-1896, Crispi rafforza il potere esecutivo in modo da ridurne la dipendenza dal parlamento. Quindi diventa ministro degli interni e ministro degli esteri. Per riordinare la pubblica amministrazione riconosce il diritto di sciopero e sopprime la pena di morte, ma la nuova legge sulla pubblica sicurezza aveva limitato fortemente le garanzie di libertà dei cittadini, ampliando il potere discrezionale della polizia.

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