Cassino - La
II Guerra Mondiale
Il X corpo d'armata
britannico aveva attirato sul suo fronte il grosso dei rinforzi nemici; si
decise perciò di attaccare più a nord per occupare le alture che dominano
Cassino e aggirare la posizione di fianco. L'avanzata ebbe un certo successo.
Il II corpo d'armata americano attraversò il fiume Rapido a monte di Cassino,
mentre le forze francesi che lo fiancheggiavano sulla destra occupavano Monte
Castellone e Colle Majola. Da questo punto l'attacco si diresse verso sud,
contro la collina del Monastero, che i tedeschi avevano fortificato e
difendevano fanaticamente. Ai primi di febbraio, il Il corpo d'armata aveva
ormai esaurito il suo slancio e il generale Alexander ritenne necessario
inviare al fronte truppe fresche per ridare impeto all'attacco. In vista di ciò
aveva già dato ordine che venisse costituito un corpo d'armata neozelandese,
agli ordini del generale Freyberg, composto di tre divisioni sottratte all'8à
armata operante nel settore adriatico. In realtà, questa armata che aveva
tentato d'inchiodare il nemico sulle sue posizioni assumendo l'offensiva, aveva
dovuto cedere non meno di cinque divisioni per sostenere gli aspri
combattimenti del settore tirrenico; nei mesi successivi fu cosi' costretto a
rimanere sulla difensiva.
Il secondo attacco in forze contro Cassino cominciò il 15 febbraio con il
bombardamento dell'abbazia.L'altura, sulla quale si trova il monastero, domina
la confluenza dei fiumi Rapido e Liri ed era perciò il perno dell'intero
sistema difensivo tedesco. Essa aveva già dimostrato di essere un ostacolo
formidabile e potentemente fortificato. I suoi fianchi scoscesi, spazzati dal
fuoco delle artiglierie, erano dominati dal famoso edificio che nei secoli
precedenti era stato più volte saccheggiato, distrutto e ricostruito. Si
discusse a quell'epoca lungamente sull'opportunità o meno di distruggerlo
ancora una volta. Nel monastero non erano alloggiate truppe tedesche, ma le
fortificazioni nemiche si trovavano nelle immediate adiacenze dell'edificio.
L'abbazia dominava l'intero campo di battaglia e il generale Freyberg, quale
comandante del corpo d'armata interessato, desiderava naturalmente che essa
venisse pesantemente bombardata dall'aria prima di lanciare all'assalto le
fanterie. Il comandante d'armata, generale Mark Clark, chiese a malincuore (e
ottenne) il permesso di bombardare l'abbazia al generale Alexander, che accettò
di assumersi tale responsabilità.
Pertanto, il 15 febbraio, dopo che i monaci erano stati tempestivamente
avvertiti, furono lasciate cadere sull'abbazia oltre 450 tonnellate di bombe,
che provocarono danni gravissimi: ancora rimangono in piedi le grandi mura
perimetrali e il cancello. Il risultato non fu quello sperato: i tedeschi erano
ormai pienamente giustificati nel servirsi in tutti i modi possibili delle
macerie dell'edificio. Ciò offri loro ancora maggiori possibilità di difendersi
di quando l'abbazia era intatta. Il compito di passare all'attacco toccò alla
4à divisione indiana, che aveva da poco sostituito gli americani sulle colline
a nord del monastero. Nelle due notti successive essa cercò vanamente
d'impadronirsi di una cima che si trovava tra le sue posizioni e il colle
dell'abbazia. Nella notte del 18 febbraio essa fece un terzo tentativo: nel
combattimento disperato tutti i gli uomini che giunsero in vetta rimasero
uccisi.Più tardi, nella stessa notte, una brigata lasciò da parte la cima e
puntò direttamente verso l'abbazia, ma incontrò poco più avanti un burrone
nascosto, tutto cosparso di mine e dominato dalle mitragliatrici nemiche
appostate a brevissima distanza: qui la brigata venne fermata dopo aver subito
gravissime perdite.
Mentre questi aspri combattimenti infuriavano sulle alture, in basso la
divisione neozelandese riusciva ad attraversare il fiume Rapido, immediatamente
a sud della cittadina di Cassino; prima però che la testa di ponte venisse
consolidata, fu costretta a ripiegare da un contrattacco nemico con carri
armati. La puntata contro Cassino era fallita. All'inizio di marzo, il maltempo
provocò una sosta generale nelle operazioni. Il quinto elemento di Napoleone -
il fango - bloccò entrambi gli avversari.Le forze Alleate non riuscirono a sfondare
il fronte principale a Cassino, cosi' come i tedeschi avevano fallito il
tentativo di gettarli in mare ad Anzio. Quanto a effettivi, la situazione era
poco brillante per gli uni e per gli altri.Gli Alleati disponevamo allora in
Italia di 20 divisioni, ma sia gli americani sia i francesi avevano subito
perdite gravissime.I tedeshi avevano a sud di Roma 18 o 19 divisioni, oltre ad
altre 5 nell'Italia settentrionale, ma esse pure erano stanche e logorate. Non
potevano ormai più sperare le forze Alleate di rompere l'accerchiamento dalla
testa di sbarco, nè vi era alcuna prospettiva di un congiungimento a breve
scadenza tra i due settori sino a che il fronte di Cassino non fosse stato
sfondato. A tal fine occorreva anzitutto consolidare effettivamente la testa di
sbarco, sostituendone e rafforzandone le unità, e riempiendo i depositi cosi da
poter resistere a un virtuale assedio e alimentare poi, al momento opportuno,
una sortita in forze. Il tempo stringeva: la maggior parte dei mezzi da sbarco
doveva infatti partire verso la metà del mese per l'Inghilterra in vista dell'
"Overlord'.Il loro trasferimento era stato opportunamente differito sino a
questo momento, ma ormai non era più possibile un ulteriore rinvio. La marina
si impegnò a fondo nell'impresa, ottenendo risultati mirabili. Il tonnellaggio
medio giornalmente sbarcato, che era stato nei primi giorni di 3000 tonnellate,
risultò più che raddoppiato negli ultimi dieci giorni di marzo.Churchill segui
questi progressi con la massima attenzione. Il 12 marzo fece le seguenti
domande: «Qual'e' la forza attualmente presente sulla testa di sbarco? Quanti
automezzi sono stati sinora sbarcati? A quanto ammontano le riserve, cal colate
in giorni, di viveri e di munizioni e qual' è l'ipotesi dalla quale si parte per
il calcolo?».
Il generale Alexander rispose che la forza pre sente ammontava a 90.200 soldati
americani 35.500 britannici. Erano stati sbarcati quasi 25.000 automezzi di
ogni genere. Forniva poi esaurienti particolari circa le riserve di viveri di
munizioni e di carburante. Le riserve non erano ingenti, ma continuavano ad
aumentare Alcuni giorni più tardi cominciò una violenta eruzione del Vesuvio.
Per alcuni giorni il traffico sugli aeroporti attorno a Napoli fu parzialmente
interrotto; continuò però l'attività portuale. Il 24 marzo, in un rapporto al
comandante in capo delle operazioni marittime, si affermava: «Le banchine del
porto di Napoli stanno ora scaricando al ritmo di 12 milioni di tonnellate
all'anno, mentre il Vesuvio si ritiene stia lavorando al ritmo di 30 milioni di
tonnellate al giorno.Non possiamo non ammirare questa impresa degli dei». Dopo
un imponente bombardamento, nel quale furono lanciate quasi 1000 tonnellate di
bombe e 1200 tonnellate di proiettili, la fanteria britannica passò all'attacco.«Mi
sembrava inconcepibile» dichiarò Alexander«che dei soldati potessero rimanere
vivi dopo un simile terribile martellamento durato per Otto ore». Ma in realtà
molti rimasero vivi. La divisione tedesca di paracadutisti, probabilmente la
migliore unità di tutto l'esercito germanico, combatté disperatamente tra
mucchi di macerie contro neozelandesi e indiani. Al cader della notte la
maggior parte della cittadina era nelle mani degli Alleati, mentre la 4à
divisione indiana, avanzando da nord, aveva fatto ugualmente buoni progressi,
tanto che il giorno successivo si trovava ad aver percorso i due terzi del
tratto che la separava dal colle dell'abbazia. A questo punto le sorti della
battaglia si volsero contro le forze Alleate.I lori carri armati non potevano
attraversare gli ampi crateri scavati dalle bombe e tener dietro alla fanteria
che attaccava; quasi due giorni trascorsero prima che potessero prestare man
forte. Intanto i tedeschi avevano fatto affluire rinforzi e il tempo si era
volto al brutto con tempeste e piogge.Gli attacchi degli ango-americani
guadagnarono terreno, ma il successo iniziale non si ripeté; e il nemico poté
resistere alla durissima lotta.
La battaglia tra le rovine di Cassino continuò sino al 23 marzo, con aspri
attacchi e non meno aspri contrattacchi.Tra questo fronte e quello di Anzio
vennero immobilizzate nell'Italia centrale una ventina di ottime divisioni
tedesche: parecchie di esse avrebbero potuto trasferirsi in Francia. Prima di
poter sferrare un nuovo attacco contro la linea Gustav con qualche speranza di
successo le truppe Alleate avevano bisogno di riposo e di riorganizzazione.
Gran parte dell'8a armata doveva essere trasferita dal settore adriatico e ben
due armate dovevano essere concentrate per la prossima offensiva: la 8a
(britannica) sul fronte di Cassino, la 5a (ame- ricana) sul basso Garigliano.
Per questi movimenti il generale Alexander aveva bisogno di circa due mesi. Il
raggruppamento delle loro forze in Italia ebbe luogo nel massimo segreto: tutto
il possibile fu fatto per nascondere i movimenti ai tedeschi e per trarli in
inganno.Quando il raggruppamento fu completo il generale Clark, comandante
della 5a armata, si trovò ad avere oltre 7 divisioni, di cui quattro francesi,
schierate sul fronte dal Tirreno al fiume Liri; da questo punto il fronte, che
continuava oltre Cassino tra i monti appenninici, era tenuto dall'8a armata,
ora agli ordini del generale Leese, con forze equivalenti a circa 12 divisioni
Altre sei erano state ammassate sulla testa di ponte di Anzio, pronte a balzar
fuori al momento opportuno; sul settore adriatico erano schierate forze pari ad
appena 3 divisioni. In complesso gli Alleati schieravano oltre 28 divisioni. Di
fronte a esse c'erano 23 divisioni tedesche; ma le finte, tra cui la minaccia
di uno sbarco a Civitavecchia (il porto marittimo di Roma), avevano
disorientato cosi bene Kesselring che le sue forze si trovavano assai sparse.
Tra Cassino e il mare, dove sarebbero stati sferrati i colpi più violenti, le
forze tedesche avevano schierate appena quattro divisioni, mentre le riserve
erano sparpagliate e lontane.L'attacco Alleato arrivò inaspettato: sul fronte
opposto a quello britannico i tedeschi stavano procedendo alla sostituzione di
alcune unità e uno dei loro comandanti d'armata si apprestava ad andare in
licenza. La grande offensiva cominciò alle 11 pomeridiane di quello stesso
giorno, allorché le artiglierie delle due armate anglo-americane, che contavano
ben 2000 bocche da fuoco, aprirono un violentissimo bombardamento, reso ancora
più massiccio all'alba dall'intervento dell'aviazione tattica al completo. A
nord di Cassino il corpo d'armata polacco tentò di aggirare l'abbazia, muovendo
dalle alture che erano state teatro dei loro precedenti insuccessi, ma fu
arrestato e respinto.
Il XIII corpo d'armata britannico, alla cui testa operavano la 4a divisione
britannica e la 8a divisione indiana, riusci a costituire piccole teste di
ponte oltre il Rapido, ma dovette poi combattere duramente per tenerle. Sul
fronte della 5a armata i francesi avanzarono rapidamente verso monte Faitto, ma
nel settore lungo la costa il Il corpo d'armata americano urtò in una
fierissima resistenza e dovette conquistare il terreno metro per metro. Dopo 36
ore di aspri combattimenti i tedeschi cominciarono a cedere. Il corpo d'armata
francese espugnò monte Maio e il generale Juin spinse rapidamente la sua
divisione motorizzata lungo il corso del Garigliano per occupare S. Ambrogio e
S. Apollinare, rastrellando in tal modo tutta la riva occidentale del fiume. Il
XIII corpo d'armata penetrò più profondamente nelle forti difese nemiche oltre
il Rapido e il 14 maggio, avendo come rincalzo la 78a divisione, cominciò a
guadagnare terreno. I francesi si spinsero in avanti nuovamente, risalendo la
valle dell'Ausente e occupando Ausonia; quindi il generale Juin lanciò i suoi
marocchini oltre le montagne prive di sentieri a occidente di Ausonia. Gli
americani riuscivano intanto a occupare S. Maria Infante, per il cui possesso
avevano combattuto cosi a lungo. Le due divisioni tedesche che, in quel
settore, avevano dovuto subire l'attacco di sei divisioni della 5a armata,
ebbero perdite spaventose sicché tutto il fianco destro dello schieramento
germanico a sud del Liri cominciò a sfaldarsi. Nonostante il crollo del fianco verso
il mare, i tedeschi a nord del Liti si aggrapparono disperatamente agli ultimi
baluardi della linea Gustav, ma furono progressivamente sopraffatti. Il giorno
15 maggio il XIII corpo d'armata raggiunse la strada Cassino Pignataro e il
generale Leese portò in linea il corpo d'armata canadese per esser pronto a
sfruttare il successo. Il giorno successivo, la 78a divisione sfondò le difese
nemiche con una puntata in direzione nord-ovest che la condusse sino alla
strada statale n. 6; il giorno 17 i polacchi attaccarono a nord dell'abbazia e
questa volta riuscirono a occupare le alture a nord-ovest di essa, che
dominavano la grande arteria di comunicazione. La mattina del 18 maggio la
cittadina di Cassino venne finalmente rastrellata dalla 4divisione britannica,
mentre i polacchi issavano trionfalmente il loro stendardo bianco e rosso sulle
rovine del monastero.
Sebbene non fossero stati i primi a entrarvi, tuttavia essi si comportarono con
grande onore in questo loro primo importante combattimento in Italia. Più
tardi, agli ordini dell'energico generale Anders, altro superstite dei campi di
concentramento russi, si guadagneranno parecchi allori durante la lunga
avanzata sino al Po. Il XIII corpo d'armata era pure avanzato lungo tutto il
fronte ed era giunto alle porte di Aquino, mentre il corpo d'armata canadese
progrediva più a sud. Sull'altra riva del Liri i francesi avevano raggiunto
Esperia e puntavano decisamente su Pico. Il corpo d'armata americano, che aveva
occupato Formia, si comportava pure magnificamente. Kesselring continuava a far
affluire tutti i rinforzi via via disponibili: essi arrivavano in piccole
formazioni, appena in tempo per essere gettati nella lotta con cui il loro
comandante tentava di arginare la marea montante dell'avanzata alleata. L'8a
armata doveva ancora sfondare la linea Adolfo Hitler, che correva da Pontecorvo
ad Aquino spingendosi sino a Piedimonte, ma era ormai certo che i tedeschi
sarebbero stati presto costretti a una ritirata generale. Il pensiero dei
comandanti si concentrava perciò in quei giorni su due punti: scelta del
momento e direzione di una eventuale azione di sfondamento da parte delle forze
ammassate nella testa di sbarco di Anzio; possibilità di una decisa resistenza
tedesca a sud di Roma, appoggiata ai Colli Albani e alla località di
Valmontone, situata sulla grande strada n. 6. Il generale Truscott seppe
sfruttare prontamente lo sfondamento operato a Cisterna. Su ordine del generale
Clark, egli spinse tre divisioni, una delle quali corazzata, verso Velletri e i
Colli Albani; una sola divisione, la 3a americana, fu invece avviata su
Valmontone, dove essa avrebbe dovuto tagliare la principale via di ritirata
alle truppe nemiche dislocate più a sud. Ciò era in contrasto con le istruzioni
date da Alexander, che considerava Valmontone il principale obiettivo. Ma la
divisione Hermann Gòring ed elementi di altre grandi unità tedesche, sebbene
ritardati dai violenti attacchi aerei giunsero a Valmontone per primi. L'unica
divisione americana avviata verso quella località dal generale Clark fu
arrestata a breve distanza dalla meta e cosi' la via della ritirata rimase
aperta.
Fu questa una circostanza davvero incresciosa. A sud il nemico era in piena
ritirata e l'aviazione alleata faceva tutto il possibile per ostacolarne i movimenti
e impedirne i concentramenti. Tenaci formazioni di retroguardie nemiche
bloccavano di quando in quando le avanguardie britanniche lanciate
all'inseguimento; in tal modo la ritirata non degenerò mai in una rotta. Il Il
corpo d'armata americano avanzò su Priverno, quello francese su Ceccano;
intanto il corpo d'armata canadese e il XIII corpo d'armata britannico
risalivano la valle del Liri sino a Frosinone e il X corpo puntava su Avezzano.
Le tre divisioni americane lanciate dalla breccia di Anzio verso Velletri e i
Colli Albani furono poi rafforzate da una quarta, la 36a divisione, ma urtarono
in una tenacissima resistenza e per tre giorni non riuscirono a guadagnare
terreno. Si preparavano per rinnovare l'attacco contro Valmontone, dove
Kesselring stava concentrando tutte le riserve atte all'impiego che aveva
potuto racimolare, quando una mossa della 36a divisione americana sconcertò
l'avversario. Tale unità combatteva duramente da vari giorni sulle pendici
sud-occidentali dei colli Albani; la notte del 30 maggio il suo comandante si
accorse che i tedeschi avevano lasciato sguarnita una posizione dominante. La
fanteria statunitense avanzò allora a ranghi serrati e in breve se ne
impadroni'; nel giro di ventiquattro ore l'intera 36a divisione era saldamente
attestata sulle nuove posizioni. In tal modo l'ultima linea difensiva tedesca a
sud di Roma era sfondata. Il successo della 36a divisione americana non diede
frutti immediati. Il nemico si aggrappò disperatamente sia ai Colli Albani sia
alla posizione di Valmontone, sebbene la ritirata della maggior parte delle sue
truppe fosse stata ora avviata verso nord in direzione di Avezzano e di Arsoli,
sotto la pressione del X e del XIII corpo d'armata britannico e degli aerei
dell' aviazione tattica.Il terreno montuoso agli Alleati impedi' di usare le
loreo ingenti forze corazzate, che avrebbero potuto altrimenti essere impiegate
con grande vantaggio. Il 2 giugno il Il corpo d'armata americano conquistò
Valmontone e si spinse verso ovest. La notte di quello stesso giorno la
resistenza germanica crollò e il VI corpo d'armata americano dai Colli Albani
puntò su Roma, avendo alla sua sinistra la 1à e la 5à divisione britannica. Il
Il corpo d'armata americano, che guidava l'avanzata con lieve vantaggio, trovò
quasi tutti i ponti intatti;cosi', alle 19,15 del 4 giugno, l'Avanguardia
dell'88a divisione americana entrava in piazza Venezia, cuore della capitale.