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LE RELAZIONI SOCIALI DEI COMPONENTI DI "RISTRETTI ORIZZONTI"
Nel quarto capitolo ho spiegato in che modo il gruppo della redazione di "Ristretti Orizzonti" sia un esempio positivo di realtà che sta attraversando la fase dell' "interfaccia B" e come costituisca un valido sostegno nell'affrontare la vita detentiva, sia per i suoi componenti sia per coloro che non ne fanno parte.
Ho evidenziato infatti come attraverso la sua attività promuova l'apertura nei confronti dell'esterno e ho sottolineato dei modi concreti mediante cui il gruppo della redazione si adopera per cercare di facilitare il reinserimento sociale dei detenuti e il recupero dei loro legami interpersonali.
Ora illustrerò la seconda parte della mia esperienza con i componenti della redazione.
Avendo constatato come l'attività della redazione fosse effettivamente molto efficace nel raggiungere gli scopi che ho illustrato precedentemente, mi sono chiesta come effettivamente i componenti di questo gruppo di detenuti vivessero i loro rapporti sociali.
Ho scelto quindi di effettuare dei colloqui individuali con i detenuti, durante i quali ho somministrato loro il test della carta di rete. Sottolineo tuttavia che non ho fatto un uso tradizionale di questo strumento che ho preferito utilizzare piuttosto come supporto del colloquio individuale.
Ho sostenuto un unico colloquio con ogni singolo componente del gruppo.
Questa scelta è stata dettata dal fatto che, non essendo un gruppo terapeutico e non affrontando quasi mai in modo esplicito il tema delle relazioni sociali, anche da un punto di vista personale, emotivo e affettivo durante le discussioni, non ritenevo di avere delle condizioni oggettive che mi permettessero di valutare i cambiamenti individuali nella percezione dei vissuti riguardo alle relazioni sociali dopo una condivisione in gruppo.
Le persone intervistate sono state in tutto 21 durante il periodo di tempo che intercorre tra gennaio e aprile di quest'anno. Tra queste, undici erano presenti prima della mia entrata nel gruppo, otto sono entrate a novembre e due da marzo.
I componenti del gruppo che ho conosciuto al mio arrivo hanno scelto di partecipare tutti ai colloqui tranne una persona.
I membri che hanno iniziato a frequentare la redazione a novembre anno aderito tutti al colloquio eccetto uno che ha ottenuto il trasferimento in un altro carcere prima di sostenere il colloquio.
In fine coloro che hanno iniziato a partecipare all'attività di relazione nel mese di marzo hanno collaborato tutti.
Quindi complessivamente posso affermare che tutti i partecipanti a "Ristretti Orizzonti" sono stati molto collaborativi, nonostante l'argomento dei colloqui fosse molto delicato ed emotivamente non semplice da affrontare.
I colloqui sono avvenuti in una saletta al di fuori della redazione in modo da garantire la privacy degli intervistati.
La durata di ogni singolo colloquio è stata mediamente di 40 minuti. Durante la maggior parte dei colloqui è stata presente anche la studentessa che mi accompagnava e questo perché ho ritenuto fosse importante un supporto di tipo pratico nel caso in cui gli intervistati non capissero esattamente la consegna.
Non potendo illustrare personalmente con esempi pratici come si costruiva una carta di rete, ho preferito che assistesse anche lei ai colloqui in modo da aiutarmi per risolvere eventuali incomprensioni.
La mia accompagnatrice è stata presente alla maggior parte dei colloqui. In seguito gli intervistati hanno preso dimestichezza con lo strumento della carta di rete e di conseguenza sono riuscita a condurre gli ultimi colloqui da sola.
Modalità di svolgimento del colloquio
La "Carta di Rete" è uno strumento volto all'indagine della "rete sociale" di appartenenza di un individuo. La rete sociale è l'insieme delle relazioni che costituiscono ciascuna persona. La Rete è una struttura flessibile le cui connessioni configurano vincoli di reciprocità e generano una trama di relazioni, di partecipazione e di coinvolgimento.
Attraverso il metodo della "Carta di Rete" possiamo esplorare le reti primarie e secondarie dell'individuo "proporne l'ampliamento e la valorizzazione promuovendo, anche attraverso la partecipazione personale a reti intermedie (gruppi), il passaggio dall'individuo alla collettività, dalla dipendenza all'autonomia, all'eco-nomia." (Fasolo et all. 2003)
La somministrazione della Carta di Rete avviene in due fasi: nella prima si chiede alla persona di elencare su un foglio bianco tutte le relazioni sociali che sono per lui significative in quel momento particolare della sua vita.
Durante la spiegazione davo una definizione di ciò che si intende col termine di "relazione sociale" e chiedevo di inserire nell'elenco persone, gruppi, istituzioni, associazioni, etc. Specificavo, inoltre che nell'elenco si potevano inserire anche degli ambienti.
Successivamente fornivo ai soggetti un chiarimento sulla parola "importante" , spiegando che con questo termine potevano considerare sia i componenti della loro rete sociale aventi un peso nella loro vita in senso positivo, e sia quelli considerati rilevanti in quanto molto presenti nella loro esperienza ma che rimandavano loro a vissuti di malessere, conflittualità e tristezza
Ultimato l'elenco delle relazioni importanti per l'individuo spiegavo loro la seconda parte della carta di rete che consiste nella raffigurazione grafica della propria rete sociale.
Chiedevo infatti al soggetto di disegnare un cerchio rappresentante la propria famiglia di origine su un foglio di carta bianco; successivamente chiedevo all'intervistato di disegnare un piccolo cerchietto che rappresentava sé stesso specificando che la distanza tra il cerchio della propria famiglia e il punto che rappresentava la persona scelta, era da considerarsi una distanza psicologica o affettiva e non una distanza fisica.
Successivamente l'intervistato doveva disporre ogni elemento da lui inserito nell'elenco sul foglio della rappresentazione grafica, tenendo sempre presente che, anche in questo caso, la distanza a cui sceglieva di collocare gli altri elementi dell'elenco rispetto a sé stesso era ugualmente una distanza psicologica e non fisica.
Quando la persona aveva ultimato di posizionare i componenti della sua rete sociale sul foglio, le mostravo una legenda che raffigurava i legami con cui si definiscono i rapporti interpersonali. Ogni legame che definisce una relazione, nella carta di rete, è rappresentato da un simbolo.
In questa fase del colloquio chiedevo all'intervistato di collegare sé stesso ad ognuno degli elementi posizionati sul foglio, utilizzando uno dei legami presenti nella legenda, pregandolo di spiegarmi il motivo della sua scelta.
Rapporti con la famiglia
Un primo elemento comune che emerge dai colloqui è l'attaccamento alla famiglia: infatti la maggior parte delle relazioni famigliari sono vissute in modo forte e considerate molto importanti per i detenuti della redazione.
Questa percezione è confermata nella maggior parte delle volte dall'alta frequenza dei rapporti tramite colloqui o per via epistolare che gli intervistati intrattengono con i famigliari.
Dall'elaborazione statistica della carta di rete è emerso che, in media, sono presenti 4,8 legami forti e un legame normale.
Sono quasi completamente assenti i legami deboli, conflittuali, discontinui, ambivalenti, interrotti o rotti.
Durante i colloqui riguardo alle relazioni con la famiglia, sia quella di origine che quella formata dopo il matrimonio, alla mia domanda volta ad indagare se la detenzione avesse in qualche modo intaccato l'unità famigliare o la qualità delle relazioni, tutti mi hanno risposto negativamente e la maggior parte delle persone ha affermato che la relazione è rimasta della stessa intensità se non addirittura è aumentata.
In un caso mi è stata fornita una spiegazione personale di questo fatto: secondo il parere dell'intervistato : "ci sono differenze tra le relazioni affettive consumate negli spazi riservati ai colloqui o durante le telefonate , rispetto a quello che vivresti frequentando i tuoi con più libertà all'esterno. Molto spesso le relazioni risultano falsate dal carcere: tendono ad essere più buone, più belle"[1].
L'intervistato inoltre afferma di avere buoni rapporti con la famiglia ma ritiene che sarebbero peggiori se si frequentassero di più. Pensa che tutto ciò sia dovuto al fatto che in carcere si ha sempre il timore di essere abbandonati e quindi si tenda a non manifestare eventuali disaccordi con i propri cari.
In un'intervista, alla mia domanda volta ad indagare se i rapporti con i familiari avevano subito qualche modifica, l'intervistato mi ha risposto che secondo lui il carcere non può arrecare danno ai rapporti familiari se questi sono forti.
Infatti ritiene che il carcere possa influire negativamente su una relazione solo se questa è basata sulla non sincerità.
Nella Carta di Rete, 12 persone si sono collocate all'interno del cerchio della famiglia e 8 all'esterno; una persona si è posizionata sul bordo del cerchio perché si è accorta che avrebbe dovuto disegnare un cerchio più piccolo in modo che tutti i famigliari fossero equidistanti.
I componenti del gruppo che si sono posizionati all'interno del cerchio affermano che nonostante la detenzione si sentono parte integrante della famiglia.
La famiglia è percepita dunque come un sostegno valido per la maggior parte degli intervistati; tuttavia, collegati ad un forte attaccamento con il nucleo familiare, compaiono a volte sensi di colpa per la sofferenza causata ai familiari stessi e la nostalgia riscontrata soprattutto da parte degli stranieri.
Queste considerazioni sono riferite non solo alla famiglia di origine ma anche a quella costituita dopo il matrimonio.
2.2 Amicizie esterne
I vissuti inerenti al rapporto con gli amici sono difficilmente generalizzabili: ogni persona vive questi rapporti in modo diverso e spesso queste percezioni relazionali sono in antitesi le une con le altre.
Dalla media statistica è emerso che è presente 1,2 legami forti e 1,3 legami normali per ciascun soggetto. Altri tipi di legame sono assenti.
Alcuni degli intervistati non hanno inserito amici nelle loro Carte di Rete né ne hanno parlato durante il colloquio, mentre altri hanno esplicitato verbalmente di avere pochi amici "veri" su cui contare ma hanno anche affermato che queste amicizie sono forti e stabili
Altre persone invece, ritengono di aver perso i contatti con gli amici che avevano fuori dal carcere: affermano di aver difficoltà a ricordare persone importanti nella sfera amicale e pensano che durante il primo periodo di detenzione abbiano provato a continuare queste relazioni soprattutto tramite corrispondenza ma che successivamente il rapporto si sia interrotto.
A questo proposito, un intervistato afferma: "non ho inserito nella carta di rete tutta una serie di persone non perché voglia escluderle, magari con loro ho contatti per corrispondenza ma io mi sento di appartenere solo alla cerchia di persone con cui ho un lega abbastanza forte. All'inizio della mia detenzione, corrispondevo con alcuni amici ma poi la nostra corrispondenza si è interrotta. gli amici devono comunque vivere la loro vita e nella quotidianità si finisce per interrompere i rapporti.."
A volte i detenuti si lamentano del fatto che i pregiudizi degli altri nei loro confronti abbiano causato la rottura di questi rapporti.
In alcuni casi hanno riflettuto sul fatto che alcune relazioni di amicizia, che si sono interrotte o indebolite a causa della detenzione, possano essere ripresi dopo la scarcerazione.
Infatti una persona, parlando della relazione con un suo amico, afferma: "con lui c'è un legame forte. Adesso non ci vediamo né ci sentiamo più, ma sono sicuro che quando uscirò dal carcere riprenderemo i rapporti senza problemi. So anche che chiede di me ad altre persone e si è anche informato personalmente su come fare a venire qui a trovarmi" .
Alcuni affermano di avere amici che danno loro molto aiuto e sostegno sia morale che materiale, aiutandoli a superare le difficoltà psicologiche e pratiche della vita in carcere.
Affrontando questo tema, un detenuto straniero ha evidenziato l'importanza di mantenere legami di amicizia con i propri connazionali che gli offrono molto sostegno sia morale che materiale.
Le relazioni di amicizia vissute dagli stranieri possono essere particolarmente delicate anche perché spesso gli immigrati perdono i contatti con i loro amici d'infanzia, lasciati da molti anni nel paese d'origine, come mi è stato raccontato in particolare da un detenuto.
Nella carta di rete gli amici sono in genere posizionati abbastanza vicino agli intervistati e, in alcuni casi, fanno parte del cerchio della famiglia.
2.3 Rapporti con gli altri detenuti
Tra tutte le 21 carte di rete, in 11 vengono menzionati dei legami con altri detenuti.
Sono quasi assenti i legami forti: soltanto una persona ne ha indicati 3, sono i compagni di "socialità" e del rapporto con loro dice: "trascorriamo sempre insieme il momento della socialità e ci aiutiamo a vicenda".
5 soggetti hanno legami normali (circa 1,8 legami a testa); 2 persone hanno legami deboli; una ha dei legami conflittuali; 2 hanno legami discontinui.
Parlando dei rapporti con gli altri detenuti un componente della redazione afferma: "ci sono alcuni compagni detenuti con cui non è facile convivere."[5]
Un altro intervistato, affrontando questo tema, dice: "con i miei compagni di sezione ho un rapporto normale: frequento soprattutto i miei vicini di cella. Con i compagni di socialità ci vediamo sporadicamente. Invece il mio compagno di cella è molto importante per me: gli parlo dei miei problemi e lui dei suoi, se ci sono notizie da casa, eccetera. Sento di avere un rapporto con lui perché non è che ci conoscevamo da prima, l'ho conosciuto qui in carcere e non so se l'amicizia crescerà in futuro. Ora come ora penso che potrebbe crescere."
Si è rilevato che i rapporti forti sono quasi completamente assenti. Nel corso di diversi colloqui, gli intervistati hanno parlato di come sia difficile instaurare e mantenere dei legami di amicizia in carcere.
Esemplificative sono le parole di uno di loro: "all'inizio della mia carcerazione mi affezionavo molto alle persone e soffrivo, mi facevo anche dei pianti, quando i rapporti si interrompevano a causa del loro trasferimento o della loro scarcerazione.
Poi ho imparato, come autodifesa, a non legarmi più così tanto alle persone. Il carcere toglie la spontaneità nel rapporto con gli altri: si cerca di non legarsi troppo profondamente alle persone perché si sa che poi sarà più difficile separarsi da loro. Il brutto del carcere è anche questo: ti toglie la spontaneità anche nei sentimenti. Il carcere mi ha insegnato questo."[7]
2.4 Rapporti con le istituzioni
Con la voce "istituzione" ho inteso sia le istituzioni giudiziarie e penali (carcere, magistratura, avvocati, sbarre, agenti, cella, ecc.) sia gli educatori del carcere ed il servizio socio-educativo che si occupa di reinserimento dei detenuti (C.S.S.A).
Nei confronti delle istituzioni (e dei loro rappresentanti), la maggioranza degli intervistati ha un legame conflittuale o ambivalente.
Dall'analisi statistica risulta che su 18 persone che hanno segnato qualche tipo di legame con le istituzioni, 7 di loro hanno indicato dei legami conflittuali, 16 in tutto, con una media di 2,28 legami ciascuno.
Da notare è anche la presenza di 3 persone che hanno segnato 3 legami di natura ambivalente (un legame ambivalente ciascuno).
E' inoltre interessante riscontrare come 4 persone abbiano indicato in totale 7 legami normali, con una media di 1,75 ciascuno.
Durante i colloqui sono emerse posizioni abbastanza generalizzabili in merito al rapporto con le istituzioni.
Alcune persone, ad esempio, sentono che l'istituzione carcere ha un peso nella loro vita ma ritengono che sia una presenza negativa.
Una persona ha detto che: " Col carcere non c'è rapporto.sono costretto a starci.il rapporto è conflittuale".[8]
Nel corso di un colloquio un intervistato ha definito le sbarre, gli agenti e il carcere importanti perché molto presenti nella sua vita odierna ma le ha definite "presenze sgradite". Ha specificato che il legame conflittuale è da intendersi sia nei confronti del carcere come luogo fisico che definisce inaccettabile sia nei confronti del personale (gli agenti) con cui è difficile trovare un dialogo ed una convivenza tranquilla perché la maggior parte degli agenti si adopera poco per renderlo possibile.
Afferma ancora che le difficoltà emergono sia nelle piccole richieste avanzate dai detenuti sia in quelle più importanti anche se ultimamente la situazione sta cambiando perché alcuni agenti stano diventando più permissivi e comprensivi.
La maggior parte di loro rimane comunque arrogante.
I rapporti con gli agenti sono difficili anche per un altro detenuto che tuttavia specifica che non si riferisce alla categoria degli agenti in generale ma piuttosto a singole persone.
Una persona sostiene che: "il carcere è il luogo dove si concentrano le cose più negative della società. e come un esame a cui le persone vengono sottoposte per provare la loro capacità di sopportazione" . Questo intervistato ritiene però che il carcere sia anche una forma di protezione dalla realtà esterna: "in carcere hai delle sicurezze, sai che il mattino successivo ti sveglierai ancora. non ci sono imprevisti" .
Per questo motivo nella Carta di Rete indica il suo rapporto con il carcere utilizzando un legame normale.
Un detenuto ha incontrato difficoltà nel definire il legame con il carcere come normale, debole o forte. Secondo lui il suo rapporto con questa istituzione è in continua evoluzione ed ha degli aspetti positivi, perché gli ha fatto cambiare stile di vita, ma anche degli aspetti negativi: "mi sto interrogando da anni sulla natura del mio rapporto col carcere. è difficile scegliere un legame preciso. penso che sia ambivalente. Penso che il carcere abbia degli aspetti positivi, che non sia totalmente inutile. Penso che se non mi avessero arrestato sarei morto da un pezzo. Il carcere mi ha fatto cambiare stile di vita anche se risento degli aspetti negativi dovuti soprattutto alla lunga detenzione" .
Un elemento presente nelle Carte di Rete è la Magistratura: le posizioni nei confronti di questa istituzione sono differenti.
Un intervistato afferma che con le istituzioni giuridiche ha sempre avuto un rapporto di scontro, soprattutto con la magistratura accusatoria. Per quanto riguarda quella di sorveglianza il rapporto è meno rigido ma è sempre vissuto da lui con tensione.
Di opinione differente è un altro detenuto che nel colloquio afferma che i suoi rapporti con i magistrati sono migliori da quando si sono conosciuti di persona: afferma infatti: " il magistrato di sorveglianza mi ha conosciuto di persona e c'è stato un contatto umano. Io gli ho comunicato le mie ansie e le mie aspettative e l'immagine che aveva di me è cambiata rispetto a quella che si era fatto leggendo solo il mio fascicolo" .
Ha tuttavia specificato che la posizione dei magistrati e degli educatori nella Carta di Rete è più lontana rispetto a se stesso e agli altri elementi perché il rapporto con loro: " dipende molto dal fatto che ti capiscano o meno" .
Sempre riguardo al rapporto con gli educatori una persona lo ha definito conflittuale spiegando che secondo lui fanno distinzioni nel trattamento dei detenuti.
In una Carta di Rete è comparso anche il C.S.S.A. che riveste un ruolo importante per l'intervistato. In particolare menziona l'assistente sociale del centro che a suo parere ha capito l'importanza che ha per lui poter ritornare in famiglia. Il rapporto che sente di avere con il C.S.S.A è di tipo discontinuo perché ora i contatti con questo servizio e l'assistente sociale non più molto frequenti.
Questa persona ha un'opinione diversa da alcune altre riguardo alla sua relazione con il tribunale che nella carta di rete colloca abbastanza vicino a sé.
Giustifica cosi la sua scelta: "il tribunale ha completamente ribaltato la mia vita e la segnata molto però, pur avendomi causato molta sofferenza, ha paradossalmente rafforzato i legami della mia famiglia." .
Per questo motivo il legame che percepisce di avere con il tribunale è di natura ambivalente.
2.5 Rapporti con il volontariato
Dalle Carte di Rete si nota che solo 4 persone inseriscono il nome di altri volontari, che non siano le partecipanti alla redazione, che sono state considerate da me come componenti specifiche del gruppo e quindi analizzate indipendentemente dalla categoria dei volontari.
3 di queste persone hanno evidenziato complessivamente 5 rapporti normali con i volontari e l'ultima percepisce con loro un rapporto discontinuo.
Durante un colloquio individuale un intervistato mi ha rivelato che: " L. è una volontaria che ho conosciuto in carcere e che mi ha accompagnato durante il permesso premio. È stato difficile iniziare il rapporto di amicizia perché, stando tanti anni in carcere senza potermi confrontare con delle ragazze, all' inizio ero un po' impacciato ed avevo vergogna. Non sapevo cosa dire, me ne stavo un po' sulle mie per la paura di sbagliare e solo dopo un po' di tempo ho iniziato ad aprirmi" .
Dalla testimonianza di un altro intervistato ho colto la sua particolare gratitudine nei confronti di un volontario che opera in carcere: "Mi sento molto legato a lui. mi ha aiutato molto in questi anni" [16].
Parlando delle persone esterne che entrano in carcere e in particolar modo dei volontari uno dei componenti di "Ristretti Orizzonti" ha affermato che: " le persone esterne che entrano qui, soprattutto i volontari, sono molto importanti perché ti permettono di affrontare argomenti diversi dalla solita routine del carcere. Il dialogo con loro è più rilassante" .
Sebbene ritenga il suo rapporto con V. discontinuo, uno degli intervistati dice: "V. mi aiuta molto anche per ospitare nella casa di accoglienza mio padre quando verrà a trovarmi" .
2.6 Rapporti con gli altri gruppi presenti all'interno del carcere
Nella definizione "altri gruppi" ho voluto raggruppare tutte quelle attività collettive a cui gli intervistati hanno preso parte in questo carcere o nelle altre carceri in qui sono stati.
I gruppi e le attività da me considerate sono: il gruppo dell' A.C.A.T., il gruppo del coro, i corsi di informatica, orticoltura, pelletteria, il gruppo teatrale "Accademia della Follia ".
Solamente 8 persone,su 21, hanno indicato altri gruppi o attività per loro importanti. I legami che hanno utilizzato per definirli sono: 2 legami forti, 8 legami normali, 1 legame discontinuo, 3 legami interrotti.
Durante il colloquio, un intervistato afferma: "i corsi di informatica che ho seguito mi sono stati molto utili. il corso di pelletteria l'ho finito da 4 anni. ormai ha perso un po' di importanza" .
Ha indicato perciò il corso di informatica con un legame normale e quello di pelletteria con un legame debole.
Un altro detenuto, parlando dell' "Accademia della Follia", afferma di avere contatti discontinui con tale gruppo da quando è stato trasferito dal carcere in cui partecipava a questa attività teatrale. Tuttavia sente di avere un forte trasporto emotivo nei confronti delle persone con qui ha condiviso questa esperienza.
Uno degli intervistati, parlando del suo rapporto con il gruppo dell'A.C.A.T all'interno del carcere, afferma: "grazie al suo aiuto ho smesso di bere. Ora mi sento più forte dell'alcool e ho ripreso il controllo della mia vita" .
Per questo anche nella Carta di Rete ha indicato con l'A.C.A.T. un legame forte.
Un intervistato ha definito normale il rapporto con un associazione che opera prevalentemente all'esterno ma anche all'interno del carcere e sostiene: "con loro ho un rapporto discontinuo perché li vedo solo quando esco ma lo definirei comunque un rapporto normale".
2.7 Rapporti nell'ambiente lavorativo
Il lavoro è una realtà poco presente nei colloqui: solo 7 persone lo inseriscono nella carta di rete. Quest'assenza è, secondo me, dovuta anche al fatto che solamente pochi componenti del gruppo sono inseriti in un contesto lavorativo.
Tuttavia posso riportare una testimonianza che evidenzia l'importanza del lavoro per l'intervistato: "al lavoro mi trovo molto bene e lo considero importante anche da un punto di vista psicologico: è un'altra forma di riscatto vedere che le altre persone hanno fiducia in me e credono in quello che faccio".
Alcune tra le persone che hanno inserito il lavoro nella loro Carta di Rete si riferiscono all'occupazione che avevano prima di entrate in carcere; altre hanno considerato l'inserimento lavorativo in misura alternativa; altre ancora hanno indicato sia il posto o le persone del loro ambiente lavorativo prima della detenzione, sia quelle dell'inserimento occupazionale durante il periodo in carcere.
Un detenuto colloca quello che è stato il suo datore di lavoro durante il periodo di semilibertà più vicino al cerchio della sua famiglia perché: "in questo momento lo sento particolarmente importante per me", mentre con quello che aveva prima della detenzione il rapporto di amicizia si è interrotto dopo l'arresto e ciò gli ha provocato molto dispiacere.
In un altro colloquio, affrontando il tema del lavoro, l'intervistato nomina 2 colleghi che fanno parte di una cooperativa presso cui ha già lavorato un anno e dove pensa di ritornare non appena riuscirà ad ottenere la semilibertà.
Parlando della sua esperienza lì, afferma: "mi sono trovato molto bene, mi piaceva molto lavorare lì e mi è dispiaciuto interrompere ma ritornerò perché anche i soci della cooperativa mi stanno aspettando"[23].
A volte i rapporti con i colleghi o i datori del lavoro dove era impiegata la persona prima della detenzione sono interrotti; a tal proposito un intervistato rivela: "dopo l'arresto l'amicizia con G. si è interrotta e questo mi è dispiaciuto molto e mi ha creato molta ansia perché consideravo la mia relazione con lui positiva e sincera. Sono certo che riuscirò a chiarire e a recuperare il rapporto perché tra noi non c'è mai stato un reale motivo di rancore".
2.8 Rapporti nell'ambiente di "Ristretti Orizzonti"
Dall'elaborazione statistica dei dati è emerso che 11 intervistati su 21 hanno indicato il gruppo della redazione di "Ristretti Orizzonti" come una realtà importante nella loro vita.
Di questi, 7 si sentono legati alla redazione da un rapporto normale, 2 percepiscono questo legame come forte, 1 persona ha indicato un legame debole e un altro intervistato ha definito il suo rapporto con il gruppo di "Ristretti Orizzonti" in modo conflittuale.
Nella Carta di Rete la redazione viene collocata nella maggior parte dei casi vicino al cerchio della famiglia e a se stessi. Questa vicinanza è sentita da 8 persone.
Delle altre una si posiziona all'interno della redazione che è posta distante dal cerchio della famiglia; una disegna la redazione all'interno del cerchio della famiglia; ed infine un intervistato la pone come l'elemento più distante tra se stesso e il cerchio.
Durante i colloqui ho chiesto loro di spiegarmi le ragioni per cui considerano questo gruppo come significativo nella loro vita e sono emerse diverse spiegazioni che ora riporterò.
La motivazione principale è che partecipare all'attività della redazione rende possibile un confronto con gli altri, sia con i detenuti che, soprattutto, con le persone esterne che la frequentano.
Un'altra caratteristica sentita come significativa è la possibilità di acquisire nuove conoscenze e competenze, sia per quanto riguarda l'uso del computer, sia per l'opportunità offerta di diventare più consapevoli nei confronti della realtà carceraria e delle sue problematiche.
Durante uno dei colloqui, l'intervistato ha risposto:"La redazione è veramente molto importante per me, mi trovo molto bene qui. Ho anche chiesto di poter lavorare solo mezza giornata per poter avere la possibilità di continuare a frequentarla. È importante perché offre una possibilità di confronto diverso da quello che si ha con i compagni di sezione o ai passeggi dove gli argomenti affrontati sono sempre gli stessi: si parla sempre delle piccole cose legate alla vita carceraria. lamentele tipo "non mi hanno dato il permesso.", sempre i soliti argomenti che fossilizzano troppo. C'è bisogno di tenere allenata la mente con altri argomenti e discussioni, altrimenti ci si impoverisce. Invece il carcere dovrebbe essere sfruttato anche un po' per crescere e per ripensare criticamente ad alcuni aspetti di sé e della propria vita. La redazione è importante anche perché uno può riscattarsi dagli sbagli commessi in passato. è una possibilità di recupero, un'opportunità per migliorare le condizioni di vita in carcere anche se in minima parte. e poi la redazione dà la possibilità di aiutare sia gli altri detenuti che gli esterni, ad esempio gli studenti che fanno tesi di laurea, perché fornisce e diffonde informazioni utili. Per me è anche importante contro i sensi di colpa per quello che ho fatto, è un po' come un riscatto: cerchi di fare qualcosa di buono per sentirti meglio".
Per sottolineare maggiormente il ruolo ed il peso che questo gruppo ha nella sua vita, l'intervistato, nella Carta di Rete, lo colloca vicino a se stesso e il tipo di legame che utilizza è normale.
L'importanza della redazione come realtà che permette di instaurare un contatto con l'esterno è stata sottolineata da un altro detenuto con queste parole: "La redazione è importante per me non tanto per l'attività, ma perché ti permette di stare con gli altri. proprio come i corsi. sono attività che permettono di confrontarti con le persone. s'impara molto dal confronto con gli altri. E poi in redazione ci sono anche i volontari, le persone esterne al carcere e dialogare con loro è molto rilassante. Molto più rilassante rispetto al rapporto che puoi instaurare ad esempio con gli educatori: con loro c'è un rapporto più rigido perché sai che devono esprimere un giudizio su di te e per questo non ti apri più di tanto"[26].
Questa persona ha posizionato la redazione vicino a sé e al cerchio della famiglia ed ha utilizzato il legame normale per definire il rapporto che lo lega a questo gruppo.
L'utilità di parteciparvi anche allo scopo di acquisire competenze utili, per esempio nel campo dell'informatica, è stata sottolineata da molti intervistati tra cui uno in particolare che ha affermato: "La redazione viene subito dopo la mia famiglia perché mi è stata molto utile, mi ha permesso di imparare ad utilizzare il computer, mi ha fatto crescere e mi ha aiutato ad evadere dai problemi tenendomi impegnato. io non ero abituato a svolgere un'attività di questo tipo prima. Mi ha motivato anche il fatto di parteciparvi per fare del volontariato".
Una motivazione che in parte richiama la precedente è quella fornita durante il colloquio individuale del 19 marzo. L'intervistato spiega: "La redazione è un ambiente libero. Ho scelto di parteciparvi per potermi confrontare con altre persone di diversa cultura e mentalità. E' utile per alleggerire la pressione del carcere perché si parla dei problemi e ci si scambia le idee. A volte ci sono delle tensioni, ma io cerco di evitare le persone che potrebbero mettermi a disagio. Nel rapporto con gli altri bisogna cercare di adattarsi e comprenderli. La redazione è importante anche perché le persone esterne che ci sono cercano di alleggerire lo stress del carcere e così si ha la sensazione di riuscire a mantenere dei contatti col mondo esterno".
Questa persona ha posizionato la redazione nella carta di rete vicino al cerchio della famiglia e l'ha collegata a se stesso con un legame normale.
In alcuni casi, come già ribadito precedentemente, il tipo di rapporto con il gruppo di "Ristretti Orizzonti" è di natura conflittuale o debole.
Ad esempio, uno degli intervistati afferma che: "E' un posto dove ci sono molti conflitti, è importante per l'attività. nella redazione come gruppo di lavoro mi trovo bene perché mi permette di svolgere un'attività che mi interessa molto, ma non si deve pensare che sia un gruppo di amici. ci sono molte conflittualità sopite. molta gente partecipa solo per curare i propri interessi. anch'io lo faccio in parte. non lo sento un ambiente mio, ma questo è solo il mio punto di vista personale".[28]
Questo punto di vista, anche se sollevato solo da una persona, offre uno spunto di riflessione molto interessante sulle relazioni interpersonali vissute all'interno del gruppo.
Come specificato anche affrontando il tema dei rapporti con gli altri detenuti, e come sottolineato in letteratura (Gallo et al. 1989), è raro che s'instauri una forte coesione e solidarietà di gruppo tra i ristretti perché le relazioni sono in genere poco spontanee, oggettuali, non molto profonde, legate alla contingenza e spesso mascherano tensioni.
Ho riscontrato un rapporto difficile con il gruppo della redazione anche da parte di un'altra persona che ha definito il suo legame con "Ristretti Orizzonti" come conflittuale anche se non ha fornito una spiegazione precisa del perché.
Uno dei detenuti stranieri, collocando il gruppo all'interno del cerchio della sua famiglia, ha detto: "Conoscevo la redazione già prima di entrare a farne parte. E' molto importante per me poterci partecipare perché mi permette di imparare tantissime cose. In questo momento è più presente della mia stessa famiglia perché trascorro in redazione tantissimo del mio tempo".
Per questo motivo il posto da lui assegnato a "Ristretti Orizzonti" nella carta di rete, è all'interno del cerchio della famiglia e il legame che utilizza per definire la sua relazione con questo gruppo è forte.
Ecco altri aspetti positivi messi in luce dagli intervistati: "la redazione mi ha aiutato molto ad aprirmi e a raccontare la mia vita. Ho conosciuto molte persone anche esterne più informate sulla legislazione e le problematiche carcerarie rispetto a quanto ne sappiamo noi detenuti. Stare qui mi ha anche aiutato ad accedere più facilmente ai permessi. Mi dispiace non frequentare più la redazione come una volta a causa del lavoro che faccio all'interno del carcere. Penso che il mio legame con la redazione sia normale perché adesso è importante ma quando uscirò da qui non sarà più presente nella mia vita se non come ricordo."
Da questo colloquio è evidente come anche la possibilità offerta dalla redazione di facilitare i contatti con l'esterno mediante i permessi concessi per la partecipazione ad incontri fuori dal carcere collegati con l'attività del gruppo, sia un ulteriore incentivo alla partecipazione.
Inoltre viene ribadita l'importanza di poter acquisire nuove conoscenze anche in materia legislativa che aiutano il singolo a responsabilizzarsi nei confronti della realtà in cui vive.
Nonostante la partecipazione a questo gruppo sia nella maggior parte dei casi vissuta positivamente, ritengo di non poter affermare che ci sia un forte attaccamento emotivo e relazionale tra i componenti della redazione.
Questa sensazione è maturata anche in riferimento ad alcune considerazioni che ho raccolto: "considero importanti i legami famigliari. Gli altri sono passeggeri e legati alla contingenza. Mi sembrerebbe un po' ipocrita parlare di legame forte con i ragazzi della redazione perché se oggi ci siamo domani non ci siamo, se oggi ci sono, bene, se domani non ci sono non gliene frega niente a nessuno".
E, in un altro colloquio: "in carcere non esiste amicizia anche se ci può essere qualche simpatia"[32].
2.9 Rapporti tra i componenti di "Ristretti Orizzonti"
Dall'elaborazione statistica delle Carte di Rete risulta che solo 10 persone hanno indicato il nome di qualche componente specifico del gruppo.
4 sono le persone, su 21, che hanno indicato legami forti, 4 evidenziano legami normali, uno debole e uno discontinuo.
Ci sono tuttavia da distinguere i legami con i propri compagni di detenzione da quelli con le volontarie che fanno parte del gruppo.
Un detenuto ha indicato un legame forte nei confronti di una volontaria e due verso la conduttrice del gruppo.
Per quanto riguarda quindi i legami forti tra i detenuti, 2 componenti ne hanno indicato solo 1 ed un altro ne ha indicati 3.
Cinque persone indicano in tutto 12 legami normali; di questi 3 sono rivolti ad altri detenuti e 9 alle volontarie.
Una persona afferma di avere un legame debole con un proprio compagno ed infine un intervistato ne ha indicato uno discontinuo con la conduttrice.
E' dunque da notare come i legami nei confronti dei propri compagni di gruppo siano pochi. Nel totale dei colloqui i legami sono tanto rari da meritare una riflessione sulla poca rilevanza che la rete interna al gruppo riveste nel vissuto dei singoli membri.
Come avevo già osservato in precedenza, questo può voler dire che, sebbene "Ristretti Orizzonti" sia un efficiente gruppo di lavoro, i soggetti non si siano legati in maniera significativa ai propri compagni di gruppo. In effetti il fine per cui il gruppo si è formato è comunque quello di lavorare su progetti pratici. Sembra rimanere, dunque, meno investito l'intreccio umano interno al gruppo.
Appunti su: il detenuto con cui corrispondevo non mi scrive piC3B9, |
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