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LA VIOLENZA
Chi quotidianamente vive in quella vasta area che è denominata
Occidente e magari si informa, legge o guarda la tv, ha la sensazione di essere
circondato da un mondo estremamente violento. Una sensazione che gli esperti
ritengono fallace: altre epoche hanno conosciuto, secondo gli studiosi di
scienze sociali, violenze più efferate e più frequenti e mai il mondo è stato
così sicuro come adesso.
Eppure, nonostante l'alto livello di civilizzazione, forse proprio a causa di
questo, ci sentiamo insicuri e minacciati.
A mio avviso, le nostre aspettative di sicurezza sono
aumentate, così come il desiderio di condurre una vita lunga e piacevole.
E d'altra parte la fine delle ideologie, l'indebolimento delle fedi religiose,
quella che viene denominata la secolarizzazione del mondo, fanno sì che ci
sentiamo piuttosto disorientati nei confronti delle norme e dei valori da
abbracciare durante l'esistenza. Tutti finiamo per orientarci ad un edonismo
spicciolo, ad una ricerca ossessiva del piacere e del divertimento immediati,
ai soldi, alla carriera, al potere.
Sentiamo che la vita è quella che viviamo adesso, qui, sulla Terra; le promesse
di una giustizia divina dopo la morte, della beatitudine raggiungibile in mondi
ultraterreni ci sembrano aleatorie.
'Se Dio non esiste, tutto è permesso' diceva Dostoevskij.
E perciò tendiamo a rimuovere, con un'aggressività che a volte sconfina nel
crimine, ogni ostacolo che si frappone alla realizzazione dei nostri desideri.
Queste sono secondo me le radici più evidenti della violenza quotidiana.
Esistono tuttavia altri motivi, più oscuri e sotterranei, ma non per questo
meno potenti.
Per esempio, il fatto di vivere in società sempre più solitarie ed anonime, di
essere soggetti ad un potere sempre più impersonale, che ci fa sentire di
frequente inermi e impotenti. La burocratizzazione della vita, che pure è
spesso necessaria per l'ordine e l'organizzazione statuale, ci disumanizza,
quando non ci schiaccia (si legga la narrativa di Kafka), il potere economico
(le lobby, le multinazionali, ecc.) ci rende un numerino insignificante nella
grande equazione dell'economia mondiale. Basta un niente, una crisi passeggera,
una ristrutturazione aziendale e di colpo siamo estromessi, reietti, perdenti.
Inoltre, secondo me, la violenza prospera su un terreno di eccessiva tolleranza
maturato in alcuni ambienti religiosi e intellettuali. Per cui il criminale
gode di eccessive giustificazioni, si cerca sempre un alibi alle azioni più
riprovevoli, che so: i traumi infantili, l'esclusione sociale, la famiglia, la
scuola, la società. Non che questi alibi siano del tutto falsi, soltanto che
ciascuno di noi deve essere chiamato a rispondere, a sentirsi responsabile
delle proprie azioni. Altrimenti non si spiega, come, date le medesime
circostanze, c'è che delinque e chi no.
Il concetto di 'responsabilità' deve tornare a far parte del
vocabolario delle società occidentali. Ed anche quello di
'repressione'. La società, chi è preposto all'ordine pubblico, non
può tollerare i comportamenti violenti, anche quelli di minore entità. Anzi si
è visto che la politica della 'tolleranza zero' negli Stati Uniti ha
dato ottimi risultati. Le teorie 'idrauliche' sul comportamento
umano, forse hanno fatto il loro tempo. Comprimere, coartare la violenza non
significa renderla più esplosiva e pericolosa.
Certamente la repressione non basta. Difendersi dai
delinquenti non è l'unico mezzo per bonificare la società. Occorre intervenire
soprattutto nella fase educativa, nella scuola, in famiglia, nelle agenzie di
socializzazione in genere, affinché i comportamenti violenti e prevaricatori
vengano scoraggiati, puniti, messi alla gogna. La scuola, ad esempio, ha
tollerato (e tollera) il cosiddetto 'bullismo'. Bisogna avere il
coraggio di trasmettere valori etici ed estetici diversi dalla sopraffazione
dell'altro. Bisogna che la società, in genere, smetta di premiare i
comportamenti violenti.
Ed è necessario, altresì, arginare e ridurre le ingiustizie e le ineguaglianze
sociali, mitigare le situazioni di sofferenza e povertà.
E bisogna anche rendersi consapevoli che la violenza, essendo una delle possibilità dell'essere umano e del suo comportamento, potrà essere arginata, ma mai eliminata del tutto e che la vita di ciascuno di noi, malgrado le sempre maggiori sicurezze, continuerà ad essere una faccenda rischiosa.
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