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La società dei cattivi
a)Il popolo dei cattivi: osservatorio sulla criminalità in Italia
Parafrasando il titolo del lavoro di Gresham M. Sykes[1], vogliamo concludere l'esposizione fin qui operata attorno alla realtà carceraria, completandola con il dato statistico attorno ai fatti che costituiscono violazione. Questo al fine di comprendere l'evoluzione del fenomeno, sia in termini quantitativi, che in termini giuridicamente qualitativi.
Osservatorio sulla criminalità in Italia[2]
a - Oggetto delle rilevazioni
Le statistiche sulla criminalità rilevano quei fatti che costituiscono violazione delle leggi penali e per i quali viene iniziata l'azione giudiziaria. Il che significa che tutte le cifre di questo Osservatorio si riferiscono alla cosiddetta criminalità 'apparente', quella cioè che comprende i reati dei quali l'autorità giudiziaria viene a conoscenza.
b Ciò che non viene rilevato
Altra cosa è la criminalità 'reale', che assomma ai delitti denunciati quelli per i quali le vittime non sporgono denuncia, delitti che sfuggono ad ogni rilevazione e che rappresentano purtroppo una grande fetta di quelli commessi. Alcune indagini campione hanno tentato di dare una dimensione anche a questa cosiddetta criminalità sommersa, giungendo alla conclusione che i delitti denunciati erano complessivamente il 56,4% nel 1988 e il 52,9% nel 1990 di quelli effettivamente commessi. Nel valutare quindi tutte le cifre che troverete in questo Osservatorio tenete sempre conto che si riferiscono a poco più della metà dei delitti effettivamente commessi nel nostro paese e che il fenomeno della 'non denuncia' cresce anno dopo anno, a testimonianza della sfiducia dei cittadini nelle istituzioni.
c I delitti di autore ignoto
Questa sfiducia ha tante cause. La più immediata la possiamo osservare insieme nella seguente tabella: per i vari anni è indicata la percentuale dei delitti i cui autori rimangono 'ignoti' (nella prima colonna in generale, nella seconda per i furti e nella terza per le rapine).
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Totale delitti |
Furti semplici |
Rapine, estorsioni |
..Anno.. |
denunciati |
e aggravati |
e sequestri |
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Sapere che denunciare un delitto non serve a nulla, tanto resterà a carico di ignoti, è sicuramente il maggior incentivo a non denunciare i reati subiti!
d Il quoziente di criminalità
Per annullare l'influenza dell'aumento della popolazione (e quindi del numero dei possibili delinquenti) sulla comparabilità dei dati è stato introdotto da parte degli studiosi si statistica il cosiddetto 'quoziente di criminalità', ovverosia il numero di delitti denunciati ogni 100.000 abitanti.
Stante il lieve incremento della popolazione italiana degli ultimi anni e l'enorme aumento del numero dei delitti, non vi è sostanziale differenza tra la curva del numero assoluto dei delitti e quella del 'quoziente di criminalità', come si può rilevare dai Grafici di cui alla pagina 2 di questo Osservatorio.
Un elemento perturbatore dei dati che non è possibile eliminare consiste nel numero di immigrati clandestini (e quindi non quantificabili) presenti nel nostro Paese. Non sappiamo pertanto quale dei due grafici in questione possa ritenersi il più significativo. Trattandosi di dati in ogni caso assai preoccupanti, non resta che prenderne atto per le considerazioni che ognuno vorrà trarne.
e Gli indici di delittuosità
Rapportando a 100 il quoziente di criminalità di un dato anno, è possibile per gli anni successivi costruire degli 'indici di delittuosità', attraverso i quali l'aumento o la diminuzione del fenomeno criminale sono più immediatamente percepibili.
f Gli indici di criminalità
Un metodo più sofisticato per stabilire la reale portata del fenomeno criminale consiste nell'attribuire un peso ai delitti denunciati, in modo da determinare più esattamente se ci si trova dinanzi ad aggravamenti o miglioramenti reali o fittizi del fenomeno.
In parole più semplici. In un determinato anno potrebbe venir commesso un numero assai maggiore di reati dell'anno precedente, ma di gravità assai inferiore. Potrebbero essere cresciuti a dismisura i furti e nel contempo essere diminuiti consistentemente gli omicidi. In questo caso il quoziente di criminalità sarebbe aumentato, mentre l'indice di criminalità sarebbe diminuito.
Il peso che viene attribuito ai delitti nel sistema statistico italiano è la pena media (calcolata in numero di mesi) che il vigente Codice Penale stabilisce per ciascun delitto.
g I dati anomali del 1991
Il 24 ottobre 1989 è entrato in vigore il nuovo Codice di Procedura Penale, che ha introdotto numerose novità. Le difficoltà organizzative connesse al nuovo assetto normativo hanno comportato in alcuni casi ritardi nell'inizio dell'azione penale o nella comunicazione di dati all'ISTAT. Ciò ha comportato uno spostamento al 1991 di dati relativi all'anno precedente, anche per un presumibile recupero di arretrato. Di questa anomalia si dovrà tener conto nel valutare i dati che troverete nelle varie pagine dell'Osservatorio.
h Fonti dei dati
I dati statistici sulla criminalità (materia penale e materia penitenziaria) sono pubblicati annualmente dall'ISTAT in un Annuario denominato 'Statistiche giudiziarie penali' (L.60.000 l'ultimo pubblicato, relativo al 1996).
Nel 1989 e nel 1994 l'ISTAT ha pubblicato due studi riassuntivi dal titolo 'La criminalità attraverso le statistiche', il primo relativo agli anni 1971-87 (L.14.000), il secondo agli anni 1988-91 (L.26.000).
Le pubblicazioni dell'ISTAT sono anche liberamente consultabili presso le Sedi regionali dell'Istituto, i cui indirizzi possono essere reperiti sugli elenchi telefonici.
Grafico 1 Delitti denunciati in Italia dal 1900 al 1997
Grafico 2 Quoziente di criminalità (delitti denunciati ogni 100.000 abitanti) in Italia dal 1900 al 1997
Tabella 1 Delitti denunciati e quoziente di criminalità ogni 10 anni fino al 1961 e ogni anno dal 1970 al 1997. Indici di delittuosità e di criminalità dal 1971.
Grafico 1 Furti commessi in Italia dal 1950 al 1997
Grafico 2 Rapine, estorsioni e sequestri di persona commessi in Italia dal '50 al '97
Tra i delitti contro il patrimonio ve ne sono alcuni che, per l'importanza degli obiettivi, per l'entità dei valori asportati, per il numero di persone coinvolte e per il dispiegamento di risorse volto a contrastarli, appaiono particolarmente gravi. Tra questi le rapine in banca, di cui nel grafico 3 è riassunto l'andamento negli ultimi anni.
Grafico 3 Rapine in banca dal 1974 al 1997
3 - I delitti contro la persona
Grafico 1 Delitti contro la persona denunciati in Italia dal 1971 al 1997 (canne d'organo riferite all'asse di sinistra) e relativo quoziente di criminalità (linea spezzata riferita all'asse di destra).
Come si vede l'andamento dei delitti contro la persona nel suo complesso non denota l'aumento inquietante che ritroveremo in tanti altri tipi di crimini. Dopo l'impennata del 1978 - 1979 vi è stata una diminuzione fino al 1990 per poi tornare negli ultimi anni sostanzialmente agli stessi livelli del 1971.
Grafico 2 Omicidi volontari, preterintenzionali e infanticidi commessi in Italia dal 1950 al 1997
Diversa è la situazione per i delitti contro la persona più gravi, gli omicidi non colposi. Qui si nota l'aumento intervenuto dal 1969 in avanti, fino ai livelli del 1981,1982 e 1983 e poi, dopo alcuni anni di flessione, la nuova impennata degli anni 1989, 1990 e 1991, che ha portato questo tipo di crimine ad assestarsi sui livelli più alti degli ultimi quarantacinque anni.
Tabella 1 Violenze carnali denunciate in Italia dal 1971 al 1997
(*) La legge n.66 del 15 febbraio 1996 ha introdotto la nuova figura del reato contro la persona di 'violenze sessuali', in sostituzione dei precedenti reati di 'violenza carnale' e di 'atti di libidine violenti', che erano considerati reati contro 'la famiglia, la moralità pubblica e il buon costume'. Ciò spiega l'aumento consistente della cifra, che dal 1996 comprende delitti prima diversamente configurati.
Grafico 1 Numero delle persone entrate in carcere dal 1959 al 1997 raffrontato con il numero dei presenti in carcere al 31 dicembre di ciascun anno.
Grafico 2 Numero degli stranieri entrati in carcere dal 1981 al 1997 raffrontato con il numero degli stranieri presenti in carcere al 31 dicembre di ciascun anno (dall'87).
Grafico 3 Percentuale degli stranieri entrati in carcere dal 1981 al 1997 rispetto alla totalità di cui al Grafico 1 raffrontata con la percentuale degli stranieri presenti in carcere al 31 dicembre di ciascun anno (dal 1987).
Iniziamo il nostro raffronto confrontando i dati italiani con quelli degli altri maggiori paesi europei, avvertendo che tale raffronto è viziato da almeno due importanti fattori: la disomogeneità della legislazione; le diversità culturali.
A fianco del quoziente di criminalità di ciascun paese indichiamo anche il numero degli appartenenti alle Forze dell'Ordine, sotto forma di numero di abitanti per poliziotto. I dati si riferiscono al 1993.
b) La città dei cattivi:
Inchiesta sulle carceri italiane[3].
Il 31 dicembre del 2001 erano detenute nelle carceri italiane 55.275 persone. Dal maggio 2001 la popolazione detenuta è rimasta stabilmente sopra il gradino dei 55.000 detenuti, dopo qualche mese a quota 54.000 e un intero anno (il 2000) in cui si è aggirata intorno alle 53.000 unità. Niente a che vedere con l'incremento vertiginoso del 1999 49.000 detenuti a gennaio, 50.000 a marzo, 51.000 ad agosto, 52.000 a settembre, 53.000 a novembre), ma il tasso di detenzione - dopo un anno di stasi - ha ripreso a salire.
Per ritrovare dimensioni maggiori nelle presenze in carcere in Italia bisogna risalire fino agli anni immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale, quando la popolazione detenuta declinò rapidamente dai 73.818 detenuti del 31 dicembre del 1945 ai 58.402 del 1949. Gli anni Cinquanta hanno poi visto affermarsi la tendenza deflativa nella popolazione detenuta che ci ha accompagnato fino agli anni Settanta. Nella prima metà degli anni Ottanta le presenze in carcere a fine anno tornano a superare le 40.000 unità e solo nel 1993 varcano la soglia delle 50.000.
Viceversa, il numero degli ingressi in carcere sembra essere in via di contenimento. Nell'ultimo decennio, il boom degli ingressi in carcere è nel biennio 1993-94, a ridosso del primo sfondamento della soglia delle 50.000 presenze. Da allora gli ingressi sono più contenuti, nonostante il sovraffollamento abbia preso a marciare a ritmi sostenuti.
Al primo luglio 2001 i condannati definitivi costituivano il 55,25 % della popolazione detenuta. Il 2,30 % era soggetto a misura di internamento, mentre il restante 42,45 % era in attesa di giudizio. Nell'ambito dei detenuti in attesa di giudizio, la componente di gran lunga più rilevante è quella in attesa del primo giudizio (12.907, pari al 22,75 % del totale della popolazione detenuta); a quella data gli appellanti erano il 14,08 % e i ricorrenti in cassazione il 5,62 %.
Caratteristica tipica del sistema penale italiano è questa grande incidenza della detenzione inattesa del processo. I valori attuali sono assolutamente nella norma, posto che almeno a decorrere dal 1956 raramente i condannati definitivi hanno superato la metà del complesso dei detenuti e quando la percentuale degli imputati si è abbassata al 30-40 % del complesso della popolazione detenuta è stato in correlazione ad alti tassi di internamento. Da registrare è al contrario un leggero aumento dei detenuti definitivi, che si accompagna a un più marcato decremento dei detenuti in attesa di primo giudizio e a un leggero incremento, viceversa, degli appellanti e dei ricorrenti in Cassazione.
Nel rilevamento dell'Amministrazione penitenziaria del 31 dicembre 2001, relativo ai reati ascritti alla popolazione detenuta, la principale ragione di detenzione risultava essere la violazione delle norme contro il patrimonio, che ricorreva 42.900 volte e che incideva nella misura del 25,13 % sul totale dei reati ascritti alla popolazione detenuta. Seguono la violazione delle norme del testo unico sulle sostanze stupefacenti (20,91 % sul totale dei reati ascritti) e la violazione delle norme a tutela dell'ordine pubblico (14,99 % sul totale dei reati ascritti) . Infine, i reati contro la persona ricorrono 23.849 volte, per una incidenza del 13,97 % sul totale dei reati ascritti. Vale la pena notare la irrilevanza delle variazioni percentuali relative ai reati ascritti alla popolazione detenuta tra il dicembre 1999 e il dicembre 2001: nonostante il turn-over incessante, nonostante il gran numero di reati previsti dall'ordinamento a cui conseguirebbe la pena detentiva, in carcere ci si va per una decina di tipologie di reati commessi in violazione dei dieci comandamenti laici a cui si affida la nostra società.
Tra i condannati definitivi, al primo luglio 2001, 9.860, pari al 31,46 % del totale risultava condannato a una pena uguale o inferiore a tre anni; 6.818, pari al 21,73 % del totale, erano i condannati definitivi a pena compresa tra i tre e i cinque anni; 7.464 i condannati a pene tra i cinque e i dieci anni (il 23,81 % del totale); 4401 i condannati a pene tra i dieci e i vent'anni (il 14,04 % del totale); 1.984 a pene temporanee superiori ai vent'anni (6,33 %) e 828 i condannati definitivi all'ergastolo (il 2,64 % del totale).
A contestare la presunta automaticità delle misure alternative alla detenzione, e quindi il presunto lassismo penitenziario che ne deriverebbe, si prestano i dati relativi alla durata della pena residua dei 31.347 condannati definitivi al primo luglio 2001. Ben 9.601 detenuti (il 30,63 % del totale dei definitivi) erano ameno di un anno dal fine pena; in tutto erano il 62,07 % dei condannati definitivi, quelli con un residuo pena inferiore ai tre anni che costituisce la precondizione generale per accedere alla più diffusa delle alternative al carcere, l'affidamento in prova al servizio sociale.
Conclusivamente si può dire che le variabili giuridiche della popolazione detenuta riflettono abbastanza fedelmente alcune caratteristiche tipiche del nostro sistema di giustizia penale, del funzionamento della sua macchina, a partire dalla lunghezza dei procedimenti e dalla enorme incidenza dei detenuti in attesa di giudizio sul complesso della popolazione detenuta per arrivare all'ancora scarso affidamento sulle alternative alla detenzione testimoniato da quella maggioranza di potenziali beneficiari che riempiono le carceri italiane.
Nei capitoli successivi saranno affrontate dettagliatamente alcune condizioni soggettive della popolazione detenuta, dalla differenza di genere, alle icone della detenzione di fine secolo (stranieri, tossicodipendenti, sieropositivi e malati di AIDS) e ai mutamenti della composizione della popolazione minorile sotto controllo penale. Vale però la pena di soffermarsi, in una introduzione di carattere generale, su quelle caratteristiche socioanagrafiche della popolazione detenuta che nel recente dibattito sul sovraffollamento penitenziario hanno fatto parlare del carcere come di una "discarica sociale". In effetti la valutazione impressionistica cui operatori e osservatori attingevano nel ricorrere alla definizione di discarica sociale trova significative conferme nell'analisi della composizione della popolazione detenuta; conferme che superano le classificazioni note e "visibili" (tossicodipendenza e immigrazione) e muovono dall'estrazione sociale, dai percorsi formativi, dalle esperienze professionali e, complessivamente, dal grado di inserimento sociale predetentivo.
876 erano al primo luglio del 2001 gli analfabeti in carcere; 4. 682 i detenuti privi di titolo di studio e 16.793 avevano solo la licenza elementare. In totale, sui 48.029 detenuti di cui si conosceva il grado d'istruzione, il 39,39 % non aveva assolto all'obbligo scolastico. 21.115 erano i detenuti con licenza di scuola media inferiore, 1.942 con diploma di scuola professionale, 2.145 con diploma di scuola media superiore e 476 con la laurea.
Sul versante lavorativo, 14.165 erano gli occupati prima dell'arresto, contro i 15.595 disoccupati e 1.636 in cerca di prima occupazione. Degli altri, a parte le "casalinghe" (373), gli studenti 429), i "ritirati dal lavoro" (355) e i militari di leva (13), non si ha alcuna notizia relativa alloro inserimento nel mercato del lavoro.
Anche se in rami d'attività diversi e abbastanza equamente distribuiti (5.731 nei servizi, 3.929 nell'industria, 3.226 nel commercio, 2.640 nell'agricoltura ecc.), dei detenuti impegnati professionalmente prima della detenzione, 12.721 (il 71,50 % ) ricoprivano la mansione di operaio, 2.262 erano lavoratori in proprio o coadiuvanti, 1436 i liberi professionisti, 828 gli imprenditori e 544 i dirigenti o gli impiegati.
Al primo luglio 2001, il 41,15 % delle donne detenute e il 29,62 % degli uomini erano nati all'estero. Ma il Sud del mondo in carcere continua ad essere un'appendice del Sud d'Italia: il primo luglio 2001 il 45,24 % della popolazione detenuta era originaria delle quattro principali regioni meridionali, 8.576 i campani, 8.336 i siciliani, 5.261 i pugliesi e 3.495 i calabresi. Dalle restanti sedici regioni italiane provenivano 13.974 detenuti, pari al 24,63 % della intera popolazione detenuta.
Ciò che continua a non quadrare con l'immagine della "discarica sociale" è la distribuzione per fasce d'età della popolazione detenuta: ai vecchi continuano ad essere preferiti i giovani, con una dissipazione di risorse produttive che riecheggia il marxiano esercito di riserva. I "giovani adulti" detenuti, tra i 18 e i 20 anni, sono il 2,87 % del totale. Tra i 21 e i 29 anni vi sono 15.833 detenuti, pari al 27,99 % dei detenuti. 20.876 sono i detenuti fra i 30 e i 39 anni d'età (36,79 % del totale). La curva della popolazione detenuta comincia a decrescere con la fascia dei quarantenni, che vede 11.733 persone detenute, pari al 20,68 % del totale della popolazione detenuta. 6476 sono i detenuti che hanno più di 49 anni d'età (11,41 % del totale) e 241 ultrasettantenni.
Già nel primo Rapporto di Antigone sull'esecuzione penale e le condizioni di detenzione, Massimo Pavarini ci ammoniva dal decontestualizzare la crescita della popolazione sotto controllo penale in Italia. E in effetti la tendenza all'espansione del controllo penale in Italia si inserisce in un generale livellamento verso l'alto dei tassi di detenzione nella gran parte dei paesi europei.
Nel decennio 1991-2000, gran parte dei paesi dell'Unione europea registrano incrementi significativi, superiori alle 10 unità, del tasso di detenzione. Si va dal record portoghese, che passa da 82 a 147 detenuti per 100.000 abitanti nel 1998 (ultimo dato disponibile), agli incrementi notevoli dell'Olanda (+ 46), dell'Italia (+ 37), di Inghilterra e Galles (+ 33), della Grecia (+ 27), del Belgio (+ 25), della Scozia (+ 24), della Spagna (+ 22), della Germania (+ 18) e dell'Irlanda ( + 16).
Nelle maglie dell'espansione del controllo penale, e specificamente carcerario, cadono dunque gran parte dei paesi europei, da quelli mediterranei fino all'Olanda che Christie ancora nel 1993 citava tra i casi esemplari di un uso limitato della carcerazione.
Ma è l'America «il paese che fa tendenza», scrive ancora Christie. Gli Stati Uniti infatti già negli anni Settanta hanno visto invertire la rotta del sistema penale e rilanciare alla grande «l'industria del controllo del crimine», fino ad arrivare in cima alla speciale classifica mondiale dei tassi di detenzione.
Secondo Loic Wacquant, l'evoluzione del sistema penale negli Stati Uniti è caratterizzata da cinque tendenze di fondo: l'espansione verticale del sistema;l'estensione orizzontale del controllo penale; l'avvento del «big government» penitenziario; la rinascita e la prosperità dell'industria privata dell'incarcerazione e infine la politica penitenziaria di affirmative action.
La prima di queste tendenze è la crescita folgorante della popolazione detenuta. Durante gli anni Sessanta, la demografia penitenziaria degli Stati Uniti si era orientata verso il basso se è vero che nel 1975 il numero dei detenuti era arrivato a 380.000 dopo una lenta, ma regolare discesa dell'1 % l'anno. Si discuteva di decarcerizzazione, di pene alternative e di riservare il carcere ai soli criminali pericolosi, il 10-15 % della popolazione detenuta. Ma la curva della popolazione detenuta doveva bruscamente invertirsi: dieci anni più tardi i detenuti erano 740.000 per diventare 1 milione e mezzo nel 1995 e quasi due milioni oggi, con un incremento medio annuale nel corso degli anni Novanta di circa l'8 %.
D'altra parte, il «grande internamento» della fine del secolo non dà la giusta misura della straordinaria espansione de l'empire penal americain. Esso infatti non tiene conto delle persone in libertà condizionata a seguito di condanna (in regime di probation) o dopo aver scontato parte della pena (in regime di parole). Secondo gli ultimi dati ufficiali disponibili, relativi al 2000, il totale della popolazione sotto controllo penale è stimata in 6.467.200 persone, la gran parte dei quali in esecuzione penale esterna (3.839.532 in probation e 725.527 in parole) e meno di un terzo in carcere (1.933.503 detenuti, dei quali 621.149 nelle carceri locali e 1.312.354 nelle carceri statali o federali).
Mezzo e conseguenza di questa «bulimia penitenziaria» è stato il rigonfiamento spettacolare del settore penale nelle amministrazioni federale e locali. Fra il 1979 e il 1990 gli investimenti sul penitenziario sono cresciuti a livello federale del 325 % quanto al funzionamento e del 612 % quanto alle strutture. Nel 1993, sul bilancio degli Stati Uniti, l'amministrazione penitenziaria pesava per un buon 50 % in più della restante quota di spesa per l'amministrazione della giustizia (32 miliardi di dollari contro 21). Nello stesso periodo di tempo i dipendenti delle sole prigioni federali sono passati da 264.000 a 347.000. In totale, il penitenziario nel 1993 dava lavoro a circa 600.000 persone, risultando la terza impresa del paese.
L'espansione senza precedenti del settore penitenziario si è accompagnata ad un eguale sviluppo al suo interno dell'iniziativa privata. Nata nel 1983, si è già accaparrata una quota pari al 7 % della popolazione detenuta. Diciassette imprese si dividono un mercato di circa 140 penitenziari sparsi in una ventina di Stati. Alcune si limitano a fornire personale per strutture già esistenti, altre si impegnano anche a progettare e realizzare gli istituti che saranno loro affidati in gestione. Un paio sono quotate in borsa. La rivista "Corrections Building News", che rende conto dello sviluppo di questo mercato in espansione, diffonde circa 12.000 copie. Al Congresso dell'agosto del 1997 dell'American Correctional Association, erano 650 gli espositori privati di ogni genere di corredo penitenziario.
La quinta tendenza del grande internamento statunitense è quella che Wacquant chiama provocatoriamente delle azioni positive, alludendo alla strategia di selezione sociale della popolazione penitenziaria.
Il rapporto percentuale degli adulti sotto controllo penale rispetto al totale della popolazione statunitense è del 2,8 %, che diventa del 4,9 % tra i maschi e del 9 % tra la popolazione di colore. Se 944 sono i detenuti ogni 100.000 abitanti di sesso maschile e di pelle bianca, 6.607 sono i detenuti ogni 100.000 abitanti di eguale sesso, ma di pelle nera; così come se le donne bianche detenute ogni 100.000 sono 73, quelle di colore sono 474 ogni 100.000. Queste tendenze, rileva Wacquant, sono in via di recepimento in Europa, nel passaggio dallo Stato sociale allo Stato penale.
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