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Emancipazione femminile




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EMANCIPAZIONE FEMMINILE



L'epoca che vide il sorgere della società di massa, fu anche quella che registrò l'emergere di una "Questione femminile".

I primi movimenti d'Emancipazione Femminile, nati alla fine del'700 nella Francia giacobina e nell'Inghilterra della rivoluzione industriale, avevano avuto scarsissimo seguito ed erano stati subito dimenticati. Alla fine del '800 le donne erano escluse dappertutto, dall'elettorato attivo e passivo e, in molti paesi, anche dalla possibilità di accedere agli studi universitari e alle professioni. Se lavoravano, ricevevano un trattamento economico nettamente inferiore a quello degli uomini, e la scelta di lavorare, non era una consapevole scelta di emancipazione, ma una dura necessità. Tuttavia i maggiori contatti col mondo esterno, le esperienze collettive portarono le donne lavoratrici ad una più viva coscienza dei loro diritti e delle loro rivendicazioni nei confronti dell'intera società. La donna era tradizionalmente esclusa dai fondamentali diritti politici, in primo luogo dal voto. La questione dei diritti sindacali, civili e politici della donna fu sollevata sia all'interno del movimento socialista, sia dalle donne d'estrazione borghese; ma solo in Gran Bretagna il movimento femminile riuscì ad imporsi all'attenzione della classe dirigente, concentrando la sua attività nell'agitazione per il diritto al suffragio, da cui deriva il termine "Suffragette"(ironicamente attribuito a loro). Il movimento delle donne inglesi, in particolare, sostenne una battaglia molto dura contro le convenzioni dell'epoca, e molte fra le sue esponenti non esitarono a compiere atti dimostrativi per tenere alto l'interesse dell'opinione pubblica e sottolineare l'importanza delle proprie richieste. Assai numerosi furono gli arresti di suffragette durante le dimostrazioni di piazza a cui fecero seguito scioperi della fame in carcere, gli furono tolti anche i figli, perché considerate "madri indegne". Ma la tenacia dette loro ragione e dal 1918 in Gran Bretagna il diritto di voto fu concesso anche alle donne; molto più lento, invece, fu il cammino nei paesi latini, dove le donne ottennero il diritto di voto solo nel 1946.

Con l'acquisizione del diritto di voto, le donne iniziarono a addentrarsi sempre più nel mondo del lavoro, e con l'avvento della rivoluzione industriale, iniziarono ad occuparsi di lavori all'interno delle fabbriche; tutto ciò creò un grosso problema che coinvolgeva il significato di femminilità e la compatibilità tra femminilità e salario. Si riteneva che, mentre nel periodo preindustriale le donne avessero combinato con successo l'attività produttiva e la cura dei figli, il cambiamento del luogo di lavoro, avrebbe reso difficile se non impossibile questa combinazione: di conseguenza, si diceva, che le donne potevano lavorare solo per brevi periodi della loro vita, ritirandosi dall'impiego salatario dopo essersi sposate o dopo aver avuto un bambino , e ritornando successivamente , solo se i loro mariti non era in grado di sostenere la famiglia. Le donne che lavoravano nelle fabbriche, erano scelte dai datori di lavoro, per risparmiare sul costo della produzione.

MARX ed ENGEL, nel "MANIFESTO" scris-

sero:"quanto meno il lavoro manuale esige abilità e

forza, vale a dire quanto più l'industria moderna

si sviluppa, tanto più il lavoro degli uomini viene

soppiantato da quello delle donne e dei fanciulli."

Marx mette in luce il problema dello sfruttamento



degli operai da parte dei capitalisti, in un'altra

sua opera, "IL CAPITALE", dove affronta il con-

cetto di Plus-valore.

Secondo Marx la caratteristica peculiare del capitalismo è il fatto che in esso la produzione non risulta finalizzata al consumo, bensì all'accumulazione di denaro. Nella società borghese abbiamo il capitalista che investe del denaro in una merce per ottenere alla fine più denaro e quindi più valore, da qui il termine Plus-valore. Marx ritiene che l'origine del plus-valore, debba essere cercata nella società borghese, dove il capitalista ha la possibilità di "comperare" ed "usare" una merce particolare, che ha come caratteristica quella di produrre valore, tale è la "merce umana", ovvero l'operaio. Il capitalista compera la sua forza lavoro, pagandola come una qualsiasi merce, ossia secondo il valore corrispondente alla quantità di lavoro socialmente necessario a produrla, che, nel caso dell'operaio corrisponde al salario.

Nel caso delle donne, fu così creata una forza lavoro chiaramente discriminata in base al sesso, considerando scontato il minor valore, dal punto di vista della produzione, delle lavoratrici.


Fra la seconda metà degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, in coincidenza con la generale ondata di contestazioni che investì le strutture e i valori della società "borghese", si assisté a un rilancio di forme nuove e sempre più radicali della "Questione femminile". L'impegno del movimento femminista si rivolse innanzi tutto alla rivendicazione di un trattamento egualitario per il lavoro femminile, una richiesta che chiamava in causa il problema più generale della condizione delle donne nella società, e metteva implicitamente in discussione gli equilibri e i ruoli interni alla struttura familiare tradizionale. La nuova corrente segnò una svolta netta rispetto alla fase precedente, sia per la radicalità degli obbiettivi, sia per la novità dei metodi di lotta. Contestavano tutti i modelli culturali legati al "maschilismo" ed esaltavano i valori tipicamente femminili, volevano l'autonomia da ogni gruppo politico, rifiutavano l'organizzazione tradizionale (vista come imposizione di una gerarchia tipica del mondo maschile) e chiedevano l'adozione del collettivo femminista come principale forma d'aggregazione e di militanza.

Le lotte femministe erano tese, da un lato, al conseguimento di misure legislative per il miglioramento della condizione delle donne, dall'altro alla critica del modello femminile proposto, sia dalla Letteratura sia dalla cultura tradizionale.


DONNA FATALE


Nella letteratura della seconda meta del '800 s'infittiscono le figure di "Donne fatali", perverse distruttrici d'uomini, e il fenomeno si accentuerà ancora di più a fine secolo, soprattutto entro l'opera D'Annunziana. Il dato rileva nell'immaginario collettivo, a cui attinge la letteratura, una forma di "Ginofobia" (paura della donna), che determina la nascita di un fantasma ostile e minaccioso. Questa paura, tocca punte esasperate gia nei testi giovanili di D'Annunzio. Zarra, nella novella Dalfino, è vista dal protagonista come una di quelle maghe che stanno in alto mare, e sono metà femmina e metà pesce; attraverso la fusione  della prospettiva primitiva del pescatore, e quella satura di cultura dell'autore, si fondono due immagini mitiche della femminilità perversa e inquietante care all'immaginario decadente, quella delle sirene e della medusa con i capelli intrecciati di serpi. Al modello di donna fatale rimanda parimenti Elena Muti nel Piacere. Ciò che caratterizza essenzialmente Elena, è il dominio totale esercitato su di lei dai sensi e dall'eros non controllato da alcuna superiore istanza razionale. Avida di piacere, ha come unico fondamento al suo essere morale "uno smisurato egoismo", che la rende insensibile e disumana.


- FREUD afferma che la psiche è un'unità complessa, costituita da un certo numero di sistemi, dotati di funzioni diverse e disposti in un certo ordine gli uni rispetto agli altri. Freud individua dei luoghi nella psiche umana, IL CONSCIO, IL PRECONSCIO e L'INCONSCIO, e successivamente distingue tre "ISTANZE": l'ES, l'IO e il SUPER-IO.


- L'ES è "il polo funzionale della personalità", costituisce la matrice originaria della nostra psiche, l'ES non conosce "né il bene, né il male, né la moralità", ma obbedisce unicamente "all'inesorabile principio del piacere".


- Il SUPER-IO è ciò che comunemente si chiama coscienza morale, in altre parole l'insieme delle proibizioni che sono state intimate all'uomo nei primi anni di vita, e che poi lo accompagnano sempre, anche in forma inconsapevole.


- L'IO è l'istanza che si trova a dover "equilibrare" le pressioni disparate e per lo più in contrasto fra di loro: "spinto così dall'ES, stretto dal SUPER-IO, respinto dalla realtà, l'IO lotta per venire a capo del suo compito economico di stabilire "armonia tra le forze e gli impulsi che agiscono in lui, e su di lui."


Un'opera fondamentale di Freud è interpretazione dei sogni. Freud vede nei fenomeni onirici "la via principale che porta alla conoscenza dell'inconscio nella vita psichica" egli, ritiene, infatti, che i sogni siano "l'appagamento (camuffato) di un desiderio (rimosso)", in quanto "in ogni sogno un desiderio istintuale, viene presentato come appagato". Per motivare questa tesi Freud distingue, un contenuto manifesto (la scena onirica così com'è vissuta dal soggetto) e un contenuto latente (l'insieme delle tendenze che danno luogo alla scena onirica). Quindi il contenuto manifesto dei sogni è nient'altro che la forma elaborata e travestita sotto effetto della censura, in cui si presentano i desideri latenti.


Dall'universo onirico Freudiano, trae i propri simboli femminili e maschili, GUSTAVE KLIMT.

Le immagini voluttuose dei suoi dipinti, sono il riflesso dell'erotismo che egli ha reso parte integrante della propria visione del mondo. Nel 1909 si conclude il periodo cosiddetto aureo: Klimt si avvicina al colore, allontanandosi, quindi, dalla raffinatezza compositiva delle opere più famose. La sua pittura si riempie di contenuti letterari e simbolici, animata dai puri ritmi decorativi, (Giuditta I 1909).


Sulla cornice di rame sbalzata, opera del fratello.

Georg, è impresso il suo nome accanto a quello

di Oloferne: Giuditta, infatti, è la biblica eroina

che sedusse e decapitò Oloferne per salvare Betu-

lia, la sua città; per questo assurse a simbolo di

virtù femminile, ma anche del debole che ha ra-

gione del forte e divenne motivo ricorrente nella

cultura figurativa occidentale: lo stesso Klimt ne

produrrà due versioni, (Giuditta I o Salomè).

Nei dipinti di Klimt cresce rapidissima la volontà

di scandagliare la psicologia di una femminilità

decisamente moderna. La modella è forse Adele

Blochbauer e appare strafigurita rispetto al più tardo

ritratto: la passione trasforma i delicati tratti di colei

che, forse, fu anche l'amante del pittore. Intese saet-

te di luce accendono lo sguardo di Giuditta, versione

desacralizzata e mondana di Pallade Atena, della

quale conserva sulle spalle scaglie metalliche e

dorate, che preannunciano lo "stile aureo" e fanno

emergere con maggiore evidenza l'opalescente pallore delle sue carni. Gli alberi, il paesaggio stilizzato alle sue spalle e l'ornamento a palmette o rosette derivano probabilmente dalla conoscenza dei motivi decoratovi micenei e dalla necropoli del Dipylon. La donna è simile ad una sirena che magnetizza lo sguardo dello spettatore proprio con la sua bellezza e ambiguità: se da una parte è la vendicatrice trionfante che mostra la testa decapitata dell'uomo, dall'altra Giuditta stessa appare come decapitata dall'effetto del prezioso ornamento che porta al collo, il quale torna in maniera piuttosto simile nel ritratto di Rose von Rosthorn-Friedman e d'Adele, ma anche nella sacerdotessa di Medicina, simbolo di una femminilità che rivolge lo spirito distruttore anche contro di se. Naturalmente Giuditta scioccò la "benpensante" Vienna: nonostante ciò, Jodler, artista e uomo dallo spirito libero decise di acquistarla quasi immediatamente.


Gustave Klimt, l'artista colto e raffinato ma schiavo e riservato, "associa l'idea dell'arte e del bello a quella di decadenza, del dissolvimento del tutto, del precario sopravvivere della forma alla fine della sostanza". La donna è per Klimt colei che traduce le paure, schiava dei tabù, ma pur sempre "femme fatale"e consolatrice di se stessa; Klimt dipinge una donna sicura della propria identità che vuole essere, e sentirsi alla pari degli uomini, affrancata da secoli di oscurità. Sarebbe riduttivo considerare tutto ciò come l'unica chiave di lettura dell'arte di Klimt e, in un certo qual modo, sarebbe dissacrante rispetto al messaggio che in realtà vuole dare, l'artista, per primo, ci offre una chiara visione della caducità dell'uomo.


In campo culturale, occorre tener conto della crisi del ruolo dell'intellettuale. La crisi di quella nozione tradizionale di uomo forte, virile e sicuro, si riflette in letteratura nel moltiplicarsi di personaggi deboli, insicuri e inetti a vivere. L'uomo in crisi d'identità avverte soprattutto nella donna il banco di prova di quest'inadeguatezza alla realtà e di qui nasce quel senso di paura che nel gioco dell'immaginario letterario dà vita a quelle figure femminili perverse, inquietanti e minacciose, come, Ippolita Sanzio nel Trionfo della morte, è sentita dall' eroe, come la "nemica" che esercita su di lui un "opera distruttiva" attraverso un ardore eroico esasperato che gli aspira le forze vitali. La donna nella prospettiva del maschio debole e "inetto" e avvertita secondo le immagini mitiche , care alla sensibilità decadente, del vampiro e della piovra.


LA DONNA-VAMPIRO DI MUNCH


Munch vede la donna come epicentro

di uno sconvolgente mistero sessuale,

di cui avverte tutta la profondità e le

molteplici stratifi-cazioni, senza però

poterlo sondare, perché privo degli

strumenti "analitici" o per meglio dire

"psicoanalitici". Una profondità,

dunque, che evoca attraverso miti e

figure simboliche che, per il fatto stesso

di non poter analizzare e quindi pos-

sedere razionalmente la realtà sessuale,

risulteranno invariabilmente improntati





da un senso di minaccia e di crudeltà divorante. Nasce così l'identificazione della donna nell'immagine mostruosa del vampiro, (la donna che attrae e distrugge). L'uomo è preso da un senso di consunzione ed esce infranto e disfatto dall'incontro con la donna.

Il linguaggio espressivo di Munch, è consono a rappresentare quella che sarà la caratteristica più originale della sua arte: una tragica, angosciosa visione esistenziale. Vista nel suo complesso, la pittura di Munch può considerarsi finalizzata alla rappresentazione dei sentimenti più autentici e nascosti che colgono l'uomo di fronte ai fondamentali misteri dell'esistenza: la vita, l'amore, la morte.


La donna in tre fasi ( Edvard Munch)


Nel 1902 a Berlino, L'opera fu

collocata al centro della parete

del "fregio della vita" con il titolo

di "l'amore che fiorisce e che

passa". Esaminando le pub-

blicazioni dei pochi disegni pre-

paratori e degli studi, è possibile

capire come le tre donne non

siano solo il ritratto di tre donne

diverse, ma come il quadro vada

interpretato secondo il senso del

nuovo titolo e cioè come visua-

lizzazione di idee formatesi nella

mante dell'uomo a proposito dei diversi modi di essere della donna.

La donna vestita di bianco, giovane, luminosa e virginale, rappresenta la "santa", quella vestita di rosso nel pieno della sua bellezza sensuale è la femmina perversa "che offre se stessa", mentre la terza, la donna in nero, matura e spenta, divenne simbolo di morte, rassegnazione e amarezza.

In altri dipinti, rimosse per il momento le torbide implicazioni sessuali, e la donna è vista sotto gli aspetti sereni della madre e della figlia.


Accanto alle figure di donne fatali, compaiono spesso figure di donne idealizzate, proiezioni delle aspirazioni sublimanti dell'uomo. La presenza di queste figure sembra rispondere al bisogno di esorcizzare l'immagine inquietante della donna generata dai processi sociali in atto, col richiamo a ruoli più tradizionali e rassicuranti per l'immaginario maschile.


LA DONNA IDEALIZATA


Nell'opera D'annunziana "Piacere", Andrea Sperelli (protagonista) è, infatti, diviso tra due immagini femminili, la perversa Elena Muti e la castissima Maria Ferres ( il cui nome, in contrapposizione a quello di Elena, è chiaramente allusivo, in quanto richiama la vergine).

Il modello di donna fatale contrapposta alla bionda angelicata, ricompare in Digitale Purpurea di Pascoli; Maria "esile e bionda", rappresenta l'innocenza e il candore virginale, mentre Rachele, "esile e bruna", rappresenta la forza oscura e indominabile dell'eros che si cela nella donna.

Il componimento nasce da un ricordo di Maria, sorella del poeta, risalente agli anni del collegio. Due ragazze, educate in un convento di suore, si ritrovano a rievocare le memorie di gioventù; in particolare una di loro confessa un episodio collegato al mito della digitale purpurea, un fiore velenoso che emanava un profumo molto intenso. La Madre maestra aveva allontanato le allieve dal fiore (la digitale purpurea appunto), nel giardino del convento, perché si credeva che il suo profumo fosse mortale. L'oggetto proibito, il suo fascino segreto, la tentazione e la caduta divengono perciò, pian piano, il tema narrativo del poemetto. Maria nei lontani anni dell'adolescenza in monastero, non aveva mai osato violare il divieto di avvicinarsi al "fior do morte", mentre Rachele non aveva saputo resistere alla tentazione, compiendo la trasgressione di gustare l'indicibile dolcezza del profumo velenoso. Rachele si pone quindi come l'incarnazione di un'inquietante immagine di femminilità trasgressiva.

Il testo è scandito in tre tempi: l'incontro, la visione e i ricordi, la confessione. Ciascuno di essi è segnato da un verbo isolato all'inizio di strofa: Siedono, v. 1, Vedono, v. 26, Piangono, v. 51.

Schema metrico: terzine dantesche (endecasillabi a rima incatenata, ABA BCB CDC) ripartite in tre stanze di 25 versi ciascuna.


Nel campo della fisica, fra le donne che hanno

avuto successo, troviamo Marie Curie, prima

donna ad ottenere l'incarico alla Sorbona, dopo

aver ricevuto il premio nobel nel 1903

per le sue ricerche sulla RADIOATTIVITA'.

La radioattività fu scoperta nel 1896 dallo

scienziato francese Henri Bequerel, che si accorse

che alcuni sali di uranio, avvolti in un contenitore

opaco, avevano le proprietà di annerire le lastre

fotografiche. Egli intuì che il fenomeno fosse

dovuto a qualche radiazione emessa spontaneamente

dall'uranio. La scoperta di Bequerel interessò

molti fisici dell'epoca e in particolare i coniugi




francesi Curie, Marie e Pierre Curie, che arricchirono la scoperta con l'aggiunta di nuovi elementi radioattivi e con la conferma che tali processi avvenivano indipendentemente dalle condizioni chimiche e fisiche del materiale radioattivo. Marie Curie (fisica francese d'origine polacca), nel 1891 trasferitasi a Parigi per proseguire i suoi studi di fisica, si dedica ad una tesi sui raggi emessi dall'uranio, e inizia ad occuparsi della radioattività.

L'analisi di tutti gli elementi conosciuti la portarono ben presto a scoprire fenomeni di radioattività nel Torio e nei suoi composti; e ad individuare e isolare due nuove sostanze, come il "Polonio" e il "Radio" da un minerale d'uranio, la Pechblenda. Prosegui le sue ricerche sulla radioattività, studiando in particolare i prodotti di decadimento. Nel 1911 ricevette il suo secondo premio nobel, questa volta per la chimica, in merito alla scoperta del Radio allo stato metallico. La sua vita si finì nel 1934 in un sanatorio della Savoia, dove era stata ricoverata a seguito della contaminazione da materiale radioattivo.

I termini radioattivo e radioattività derivano dal fatto che il radio presenta tali caratteristiche di emissione spontanea in forma molto intensa. In natura vi è un fenomeno detto radioattività naturale, in seguito al quale il nucleo di determinati elementi chimici, che ha la caratteristica di non essere stabili decade emettendo particelle e rilasciando energia, dando così luogo a processi radioattivi. Tutto ciò prende il nome di DECADIMENTO RADIOATTIVO che può avvenire mediante l'emissione di due diversi tipi di particelle:

Le particelle

che sono formate da quattro

nucleoni (due protoni e due

neutroni)

Le particelle

che sono formate da elettroni e

positroni; l'emissione di queste

particelle, può dare luogo a due

diversi tipi di decadimento:

-Decadimento in cui si ha la

la trasformazione nel nucleo di

un protone in un neutrone o

viceversa, questa trasformazio-

ne da luogo a una liberazione

di energia che viene ripartita

tra il positrone o l'elettrone e

un'altra particella detta neutri-

no.

-Decadimento consiste

nell'emissione di nuclei di elio. Sia il decadimento , che il

decadimento , sono accom-

pagnati dall'emissione di

raggi , che sono simili ai

raggi χ, perché come essi non

subiscono deviazioni sotto

l'azione di un campo magne-

tico.




Il decadimento di un nucleo, è un processo che si verifica in forma casuale: mentre è impossibile stabilire l'istante in cui un nucleo decade, è invece possibile determinare la probabilità che un certo numero di nuclei di una determinata specie decada in un certo intervalli di tempo, che può variare tra zero e infinito.

Tutti i processi che evolvono spontaneamente verso una condizione finale che rappresenta uno stato di maggior equilibrio rispetto a quello di partenza presentano un decadimento di natura esponenziale. Con tale termine s'intende una variazione temporale tale che, in un dato intervallo di tempo, sempre lo stesso, la grandezza che va decadendo si riduce di un'uguale percentuale. Supponiamo di avere una grandezza che valga in partenza 100 e che un dato processo in corso, abbia l'effetto di ridurla del 20% ogni due secondi, si otterrebbe la serie di numeri, intervallati appunto di due secondi, 100 - 80 - 64 - 51,2 - 40,96- 32,768. e così via fino all'infinito.

Un processo esponenziale, come sono tutti quelli in cui un sistema perturbato torna verso le sue condizioni d'equilibrio, termina dunque soltanto dopo un tempo infinito; poiché non è ovviamente possibile attendere fino all'eternità, per avere un'idea tangibile di quanto rapidamente, o lentamente, tale processo si svolga, appare conveniente definire per convenzione un tempo di dimezzamento della grandezza iniziale, detto tempo di Emivita. L'emivita è presto trovata disegnando il grafico dei valori numerici della grandezza studiata in funzione del tempo che andando a cercare in quale istante essa assume il valore 50. Si trova subito che l'emivita è di 6,2 secondi.



































La radioattività naturale


Oltre agli isotopi radioattivi presenti in natura, oggi è possibile produrre artificialmente numerosi isotopi radioattivi, creando così la radioattività artificiale. Il procedimento che è usato per trasformare l'atomo di un elemento stabile, in un atomo instabile e quindi radioattivo, è detto trasmutazione artificiale. Tale processo consiste nel bombardare il nucleo dell'atomo stabile mediante particelle subnucleari. Le particelle che meglio si prestano allo scopo sono i neutroni. Infatti, essendo elettricamente neutre non devono vincere le forze elettrostatiche repulsive che si genererebbero. Tutti gli organismi viventi sono esposti da miliardi d'anni alle radiazioni naturali, provenienti dai diversi nuclei radioattivi presenti in natura e dalle radiazioni energetiche, come i raggi cosmici e i raggi γ. Questo tipo di radiazioni sono diventate oggi un pericolo molto serio, a partire dal momento in cui furono fatti esperimenti col radio aprendo l'era che ha condotto ai processi di fissione e alla messa in funzione dei reattori nucleari. Le radiazioni liberate a causa di concentrazioni di sostanze radioattive e durante i processi di fissione costituiscono un pericolo tremendo per la vita umana, perché "inquina" tutto ciò che mangiamo, beviamo e respiriamo. Nell'ultimo periodo si è riaperto il dibattito sull'uso dell'energia nucleare, per sopperire al fabbisogno sempre più crescente d'energia della società moderna. Ma vi è un tipo di inquinamento radioattivo a cui siamo stati sottoposti  per ragioni senz'altro criminali e stupite. Si tratta dell'inquinamento dovuto alla ricaduta di materiale radioattivo (fall-out) che si verifica in seguito alle esplosioni di bombe nucleari. Negli ultimi decenni l'umanità ha dovuto sopportare impotente le esplosioni di decine e decine di ordigni simili, eseguite nell'atmosfera, sott'acqua e nel sottosuolo, che hanno provocato danni enormi, contribuendo, a far salire l'incidenza del cancro e a indurre guasti genetici.

















Effects on civil rights


Feminism has effected many changes in Western society, including women's suffrage; broad employment for women at more equitable wages ('equal pay for equal work'); the right to initiate divorce proceedings and the introduction of 'no fault' divorce; the right of women in almost all countries to exercise a degree of control over their own bodies and medical decisions, including obtaining contraception and safe abortions; and many others. The international movement for women's suffrage, led by suffragists (commonly called suffragettes), was a social, economic and political reform movement aimed at extending the suffrage (that is, the right to vote) to women, advocating equal suffrage. Divorce or dissolution of marriage is the ending of a marriage, which can be contrasted with an annulment which is a declaration that a marriage is void, though the effects of marriage may be recognized in such unions, such as spousal support, child custody and distribution of property.

As Western society has become increasingly accepting of  feminist principles, many of these issues, perceived as radical in the 19th century, are now part of mainstream political thought, such as the right of women to vote, own land, and choose their own marital partners, or decide not to marry. Almost no one in Western societies today questions the rights.


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