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L'ITALIA DA
PAESE DI EMIGRANTI A PAESE DI IMMIGRATI
ETIMOLOGIA DEL TERMINE EMIGRAZIONE
Etimologicamente il termine emigrazione indica l'abbandono dell'ambiente di origine da parte di popolazioni o di individui considerati singolarmente o come gruppi sociali,allo scopo di stabilirsi in un nuovo territorio o ambiente,definitivamente e in alcuni casi temporaneamente.
Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si maraviglia d'essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso. Quanto più si avanza nel piano, il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell'ampiezza uniforme; l'aria gli par gravosa e morta; s'inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case aggiunte a case, le strade che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro; e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso, da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a' suoi monti.
Le emigrazioni, con riferimento alla loro durata, possono essere distinte in emigrazioni stagionali, temporanee o definitive.
Le emigrazioni temporanee possono essere distinte a loro volta da quelle definitive solo a posteriori in quanto possono coprire periodi estremamente differenziati, cioè mesi,anni,decenni.
Le emigrazioni sul piano giuridico possono,invece,essere individuate come emigrazioni interne.Questa distinzione risulta anch'essa, in casi,essere un principio classificatorio del tutto insufficiente, poiché non tiene conto delle reali distanze geografiche e della portata dei mutamenti di stile di vita. L'emigrazione interna,infatti da un lato,pone sullo stesso piano il trasferimento di un'analoga famiglia dalla costa atlantica degli Stati Uniti verso la California,in cerca di nuove terre da coltivare o miniere di metalli preziosi da sfruttare;dall'altro lato,l'emigrazione internazionale riunisce in una stessa categoria le migrazioni di grandi masse con quelle dei piccoli gruppi di lavoratori stagionali che soprattutto in passato emigravano temporaneamente dai loro paesi di origine seguendo la stagione agricola o quella turistica.
Un'altra distinzione può essere fatta tra emigrazione coatta e volontaria.
Nel primo caso si tratta di espulsione forzata dal paese di origine di individui da parte di autorità politiche o religiose;nel secondo caso si tratta della libera scelta da parte di questi soggetti di andare alla ricerca di una nuova sede ove poter condurre una vita migliore.
Né
più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell'onde
del greco mar da cui vergine nacque
Venere,
e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l'inclito verso di colui che l'acque
cantò
fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu
non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.
Da una attenta analisi dei vari movimenti migratori,sia all'interno di uno stesso paese che verso paesi stranieri,in primo luogo emergono una serie di fattori economici che,per quanto diversificati specificamente,possono essere ricondotti ad un unico concetto generale.
Le condizioni materiali di vita divenute insufficienti e talvolta non in grado di garantire neppure la semplice sopravvivenza spingono gli individui all'emigrazione, definitiva o temporanea che sia. Si pensi ad esempio,ai grandi movimenti di popolazione in seguito alle siccità e carestie in Africa,oppure alle migrazioni interne,dalle campagne verso le concentrazioni urbane e industriali,che hanno accompagnato la rivoluzione industriale in Europa. Accanto alle cause di carattere economico,in alcuni casi,sono presenti altre motivazioni di carattere socio-politico,ideologico e religioso. Si pensi ad esempio alla lunga marcia dei Mormoni verso la "terra promessa",che li portò nel secolo XIX, dall'Ohio allo Utah attraverso due terzi dell'attuale territorio degli Stati Uniti;oppure dal drammatico esodo degli Ebrei dalla Germania e dai paesi politicamente da essa controllati durante il periodo nazista.
Altri fattori quali:le nuove scoperte geografiche,il progresso tecnologico etc. si sono dimostrati storicamente determinanti nell'influenzare o addirittura nel rendere possibile,l'emigrazione stessa.
L'emigrazione italiana nel mondo ha rappresentato uno dei caratteri più singolari e caratteristici della storia contemporanea del nostro paese. L'interesse per il tema rimane tuttora forte, a causa dei recenti, diffusi fenomeni di xenofobia verificatisi in una nazione a lungo protagonista di flussi verso l'estero, e per l'ampio dibattito riguardante il voto degli italiani all'estero. Appare utile quindi riandare con la memoria a quando l'Italia divenne protagonista del fenomeno.
Trattandosi di un argomento prolungato e complesso, è auspicabile l'individuazione delle varie fasi, diverse tra loro per caratteristiche demografiche e sociali; cronologicamente, la classificazione più diffusa ne propone quattro:
-la prima, dal 1876 al 1900;
-la seconda, dal 1900 alla prima guerra mondiale;
-la terza, tra le due guerre;
-la quarta, dal dopoguerra agli anni '60/'70.
(la data del 1876 indica la prima rilevazione ufficiale dell'emigrazione italiana; della fase precedente esistono solo stime, che aiutano a comprendere l'evoluzione di un fenomeno non riconducibile alla sola età contemporanea)
Prima fase migratoria: 1876-1900
Nela storia dell'emigrazione italiana dei primi sessant'anni dopo l'Unità, si distinguono due periodi. La prima fase, che giunge grosso modo fino alla fine dell'Ottocento, è caratterizzata da un forte flusso migratorio dalle regioni settentrionali.
Tra i paesi di destinazione l'America settentrionale (in particolare gli Stati Uniti) occupa una posizione di rilievo, ma non esclusiva. Altrettanti emigranti sono attirati dai grandi paesi del sud, Brasile e Argentina.
La scelta tra le aree di destinazione è una scelta tra un lavoro e una collocazione sociale simili a quelli lasciati in patria, e un radicale e brusco cambiamento.
1.1 Emigrazione italiana in Nordamerica
Gli emigranti italiani nell'America settentrionale si inserivano in un paese fortemente urbanizzato, e si indirizzavano ad attività lavorative di tipo industriale (in genere dequalificate) o alla costruzione di strade e ferrovie;raramente al lavoro agricolo.
Il flusso dall'Italia settentrionale, così come quello tedesco, scandinavo, britannico, proviene da paesi dove è in corso una rivoluzione industriale e un' intensa trasformazione sociale; si tratta di un'immigrazione relativamente colta e qualificata dal punto di vista lavorativo, i cui costumi differivano poco da quelli 'americani', cioè da quella cultura di origine britannica che era stata faftta propria dalla maggioranza della popolazione statunitense.
1.2 Emigrazione italiana in Sudamerica
L'emigrazione in Sudamerica, in particolare in Brasile, riusciva spesso ad inserirsi nell'agricoltura, in molti casi arrivando a costituire aziende indipendenti.
L'emigrazione veneta in America latina arriva a produrre un fenomeno unico: le cosiddette golondrinas, le rondinelle che, a partire dagli anni Novanta, sfruttando l'inversione delle stagioni nei due emisferi, si muovevano da ottobre a marzo per i raccolti e soprattutto per la mietitura. Ogni emigrante tendeva ad andare là dove sapeva di poter trovare parenti, o amici, o conoscenti, da cui poteva attendersi aiuto.
Tra aree di partenza e aree di destinazione si stabilivano dei nessi privilegiati, così gli emigranti dalla zona di Bassano, nel Veneto, tendevano a emigrare in Brasile, in particolare nell'area nota appunto come 'Nuova Bassano'; quelli di molti villaggi liguri, in California; e così via.
2.Seconda fase migratoria:1900-1914
La seconda fase (1901-1915) coincide con l' industrializzazione italiana; eppure, è detta "grande emigrazione", proprio per l' incapacità del nostro sviluppo, non intenso né uniforme, di assorbire la manodopera eccedente. L' emigrazione del periodo è largamente extraeuropea: il 45% degli emigranti (prevalentemente meridionali) espatriano in America; e proprio le grandi variazioni visibili tra gli anni (1908: 487 000 partenze; 1913: 870 000). Permane lo squilibrio tra i sessi, e specie per i settentrionali aumenta la tendenza all'espatrio in Europa.
La media annuale, 600 000 partenze, porta il totale del periodo a 9 000 000 di persone. Un vero esodo.
La creazione nel 1901 del Commissariato Generale dell'emigrazione rese l'espatrio finalmente tutelato dall'azione speculatoria da intermediari e agenti delle compagnie di navigazione, autori di giganteschi arricchimenti nel periodo, pur senza risolvere le enormi problematiche igieniche e sociali causate dalla concentrazione di emigranti nei tradizionali porti d'imbarco (Genova, Napoli, Palermo): l' epidemia di colera a Napoli nel 1911, le vessazioni cui furono sottoposti gli emigranti in genere (portatori a detta del questore di Genova di "grave danno dell'igiene, della morale, del decoro") e le donne in particolare, contro le quali si scatenarono "antichi pregiudizi e nuove paure" (A.Molinari), oltre alle tradizionali attitudini violente del "branco" maschile (abusi, violenze, furti).
2.1Migranti meridionali: le caratteristiche
Questa 'nuova immigrazione' è composta in genere di analfabeti, contadini sradicati dalla terra, poveri, la cui cultura differisce radicalmente da quella 'americana'.
E' un'emigrazione in larghissima prevalenza maschile e adulta (donne e bambini, cioè, restavano in Italia), con una percentuale di rimpatri straordinariamente elevata (quasi uno su tre), dedita ai lavori di tipo operaio, poco o per nulla qualificato (mentre scarsissimi sono gli emigranti che si dedicano ad attività rurali), e che destina gran parte dei suoi magri guadagni, spesso oltre la metà, alla famiglia rimasta in Italia.
La loro intenzione non era (come era avvenuto ad esempio per gli irlandesi, o per l'emigrazione settentrionale che li aveva preceduti, e come avveniva ancora per gli ebrei dell'Europa orientale) il puro e semplice abbandono della propria terra incapace di mantenerli, bensì il guadagno, con l'emigrazione, di denaro sufficiente a comprare terra in paese, a mutare cioè la propria condizione nel paese d'origine.
Così si spiega l'incredibile flusso di 'rimesse', di denaro cioè inviato in patria dagli emigranti.Il flusso di una simile quantità di denaro dall'estero faceva dell'emigrazione di massa una straordinaria risorsa per l'economia italiana permettendo al paese acquisti di materie prime e pagamenti di debiti internazionali.
Solo molto tempo dopo la classe dirigente italiana ha cominciato a comprendere quanto quei vantaggi immediati siano stati pagati con il decadimento economico di intere aree, oltre che naturalmente con tragedie e sofferenze personali e collettive di poco inferiori a quelle provocate da una guerra.
Gran parte delle forze politiche dominanti era nettamente favorevole all'emigrazione di massa anche in quanto si trattava di una valvola di sfogo là dove le tensioni sociali rischiavano di divenire insostenibili, in particolare nell'Italia meridionale.
2.2 Atteggiamenti razzisti negli Stati Uniti
Molti americani assumono i meridionali italiani come il simbolo della
' nuova immigrazione' meridionale ed orientale (russi, slavi del sud,
greci).
Tanto che per poter dare una spiegazione 'scientifica' - cioè
biologico-razziale - alle evidenti differenze culturali ed economiche tra le
due aree di provenienza degli emigranti italiani, tra il nord e il sud del
nostro paese, sociologi e governo sentono il bisogno di attribuire gli
immigranti italiani a due ceppi diversi : 'celtici' , affini cioè
agli irlandesi e ai francesi, i settentrionali; 'iberici', affini
cioè ai portoghesi e agli spagnoli, i meridionali.
Per spiegare le differenze di cultura e di comportamento tra gli italiani del nord e del sud emigrati negli Stati Uniti, anzichè ricorrere a simili assurdità pseudo-scientifiche, sarebbe bastato conoscere la diversa situazione economica delle diverse regioni italiane e il diverso atteggiamento che, prima dell'unificazione (e anche dopo) il potere politico vi aveva tenuto, in relazione all'istruzione come all'andamento sociale delle campagne.
3 La chiusura delle frontiere americane
Con due leggi, una del 1921 e l'altra, ancora più restrittiva, del 1924, gli USA chiudono le frontiere all'immigrazione.
Alla base della campagna anti-immigrazionista c'è la
convinzione che l'afflusso di immigranti dall'Europa meridionale ed orientale
stia avendo un'influenza negativa sul paese, sia dal punto di vista razziale
(in quanto sarebbe cresciuto il peso delle 'razze inferiori' rispetto
a quelle superiori, in particolare a quella 'anglosassone'), sia dal
punto di vista economico (in quanto i 'nuovi immigranti' erano
considerati meno produttivi e più tendenti a farsi mantenere dalla collettività
di quanto fossero stati i loro predecessori).
In questo modo spariva quella che era stata la massima valvola di sfogo, per
oltre un secolo, degli squilibri demografici europei.
La terza fase migratoria (tra le due guerre
Coincide con un brusco calo delle partenze: vi contribuirono dapprima le restrizioni legislative adottate da alcuni Stati (in particolare gli USA, con le "quote" (1921/1924) di immigrati annuali che favorivano le comunità di antica immigrazione e quindi più "integrate", e con i "literacy tests" contro gli analfabeti); in secondo luogo, la tendenza statalista e dirigista seguita a partire dal 1921 attraverso varie conferenze internazionali (tenute a Roma) per disciplinare i flussi; inoltre, la politica fortemente restrittiva attuata dal fascismo per motivi di prestigio (l'"immagine negativa" fornita dalle torme di partenti) e di potenziamento bellico (trattenendo molte giovani leve da impiegare per scopi militari); per ultimo, il peso delle crisi economiche degli anni '20 (specie quella del '29).
L' emigrazione si diresse quindi soprattutto verso la Francia, alimentata anche dai numerosi espatri oltralpe degli oppositori politici del fascismo (specialmente comunisti), e verso la Germania negli anni '30, specie dopo la firma del "Patto d'Acciaio".
Aumentano nel periodo i richiami dei congiunti dall'estero (e cresce, quindi, la presenza femminile, segno di stanziamento definitivo all'estero). Dal 1920 al 1940, emigrarono circa 3 200 000 persone, destinate a supplire alla deficienza francese e tedesca di manodopera nazionale in agricoltura, edilizia, industria.
Dopo esser stato incorporato nel ministero degli Esteri, il "Commissariato" viene in seguito sostituito con la "Direzione generale per gli italiani all'estero".
La quarta fase migratoria, dal dopoguerra agli anni '60/'70
Nella quarta e ultima fase (1945-1970 ca.) l'Italia è tornata a fornire consistenti flussi, consistenti in 7 milioni di espatri. I cambiamenti politici ed economici del Paese, però, hanno alimentato un parallelo flusso dalle campagne verso le città e le regioni (settentrionali) più industrializzate. Prevalgono due destinazioni: extraeuropea (America Latina, subito in calo per le continue crisi economiche e politiche, Australia, Venezuela) ed europea (Francia, Svizzera, Germania). Peculiare è l' esperienza di emigrazione in Belgio, destinata al lavoro in miniera ed improvvisamente abbandonata nel 1956, in seguito alla tragedia di Martinelle nella quale persero la vita anche 136 minatori italiani. Dagli anni '50 le mete transoceaniche calano ulteriormente.
Sei arrivato in una piovosa notte di fine marzo.
Ad aspettarti io e mia
madre.tua sorella.
non alla solita stazione
e nemmeno l'ora e' la stessa.
Ti abbiamo atteso,
sedute sul divano della tua dimora,
quella casa che tanto amavi,
testimonianza delle tue origini,
da sempre custodite nel tuo cuore.
Siamo rimaste lì sedute
per ore,
eri in ritardo.
Pare strano ma.
non hai mai indugiato così tanto,
quando prendevi il treno.
Le campane segnano le ore
che passano:
un rintocco, due, tre.
e poi il rumore del furgone che avanza
Sei arrivato
.non con le solite valigie,
quelle che hai sempre tanto odiato .non con la presenza di chi
ti e' stata vicina
fino all'ultimo respiro.
Questavolta,
comequellavolta,
seiarrivatosolo,
alpuntodipartenza
della tua esistenza. Dona
IL MESTIERE DELL'EMIGRANTE
Nell'arco di oltre cent'anni,(inizia nel 1860 e a partire dal 1875 sarà vero e proprio esodo)- quasi ogni genere di lavoro o di attività è stato sperimentato dagli emigranti italiani. Questi, in generale contadini negli anni della grande fuga dalle campagne di tutta Europa di fine ottocento, cominciarono gradatamente a sfruttare all'estero una serie di competenze professionali acquisite o magari appena sbozzate in patria.
Sinonimo agli inizi di generica manovalanza e di forza lavoro non qualificata, nelle Americhe e in molti paesi europei i lavoratori italiani si cimentarono via via con una varietà di mestieri la cui pratica aveva le sue origini o nella multiforme attività contadina o nelle attività artigianali urbane o, anche in più antiche specializzazioni lavorative su basi locali e regionali.
Gli Italiani che sbarcavano negli Usa non conoscevano lavori come quello di idraulico, di imbianchino, di metallurgico, di impiegato o di contabile; in altri settori invece i lavoratori italiani monopolizzavano il mercato del lavoro: erano scalpellini e muratori, meccanici, marinai, barbieri, sarte e cucitrici.
Un altro settore largamente monopolizzato è quello alimentare: molti sono stati gli Italiani che aprirono una attività commerciale con beni di prima necessità, oppure aprirono un ristorante: in USA, Francia, Spagna, ecc
Molte di queste specializzazioni erano funzionali, non meno delle attività poco o nulla qualificate, alle esigenze dell'economia dei paesi d'immigrazione; (o si dispersero) nei cantieri edili e a ridosso delle nuove linee ferroviarie, lungo le strade che collegavano i nuovi territori, nelle cave e miniere, nelle grandi e piccole officine e naturalmente nelle campagne del nuovo continente
AMBULANTI ARROTINO UOMO ORCHESTRA
Ugo Foscolo
" A Zacinto"
Né più mai toccherò le sacre sponde |
Metro: sonetto (ABAB, ABAB, CDE, CED)
Breve commento
Il sonetto fa parte di un gruppo di quattro (Alla sera, A Zacinto, Alla Musa, In morte del fratello Giovanni) aggiunti a otto (Non son chi fui, Che stai?, Te nidrice alle Muse, E tu ne' carmi, Perché tacci, Cisì gl'interi giorni, Meritamente, Solcata ho fronte) pubblicati in precedenza (1802) a Pisa nel Giornale dei letterati. I temi dominanti sono la nostalgia verso la terra natia, perduta per sempre, e i richiami al mito e alla poesia greca. Ma sono presenti anche gli altri grandi temi della poesia foscoliana che saranno ripresi e sviluppati successivamente soprattutto nei 'Sepolcri': l'esilio, il destino avverso e la tomba illacrimata e solitaria. Seguendo la critica idealistica si può affermare che nel sonetto sono presenti in nuce i miti fondamentali della poesia foscoliana (mito inteso come immagini significative, sintesi della vita, degli affetti e delle meditazioni del poeta). E cioè:
- il mito dell'esilio - esilio come rifiuto del poeta di accettare i valori della società in cui viveva, e quindi esilio come rivolta morale contro la società. Ma esilio anche come momento di meditazione.
- il mito del sepolcro- come centro di affetti familiari, simbolo di una corrispondenza d'amore che lega gli uomini attraverso il tempo; illusione della vittoria della vita sulla morte, sopravvivenza delle tradizioni civili di un popolo nella storia.
- il mito della belezza serenatrice - come bellezza eterna e incorruttibile che per i mortali è alternativa all'angoscia di vivere e dà la possibilità di raggiungere un superiore equilibrio.
- il mito della poesia - come mezzo per tramandare alla generazioni successive i più grandi valori della civiltà umana. Poesia eternatrice quindi dei valori più alti, che oltre a sfidare la morte, sfida anche il tempo.
Il sonetto inizia con una triplice negazione (che è una constatazione amara del poeta della perdita della sua patria), e termina con la sentenza definitiva del suo esilio e della sua illacrimata sepoltura in terra straniera. Tra questi due poli negativi è racchiusa, attraverso l'incatenamento di immagini la rappresentazione nostalgica e meravigliosa del mondo ideale dell'infanzia del poeta e la trasfigurazione mitica della propria esperienza dell'esilio che avviene attraverso all'analogia fra la sua figura è quella di Ulisse. Ulisse, 'bello di fama e di sventura' rappresenta l'immagine del poeta, anch'egli esule magnanimo avversato dal destino e dagli uomini, ma rappresenta soprattutto il nuovo concetto dell'eroe romantico, grande per la forza e la dignità con cui sopporta le ingiurie della sventura (l'esitò dell'esilio però, sarà diverso; Foscolo a differenza di Ulisse sarà sepolto in terra straniera e nessuno verserà delle lacrime sulla sua tomba). Altre immagini mitiche sono poi presente nei versi, quella di Omero che rappresenta la poesia eternatrice dell'eroismo e dei valori più alti e Venere, nata secondo il mito dalla spuma del mare, simbolo della natura fecondatrice, della bellezza e dell'armonia, che con il suo sorriso ha reso fertile e rigogliosa la patria del poeta.
Ritmo
Il ritmo del sonetto è dato dal sovrapposti di più piani:
- le rime
- la struttura metrica degli endecasillabi
- la non coincidenza tra enunciati e versi (enjambement, punteggiatura a metà
del verso etc.)
- la particolare struttura sintattica che vede sei proposizioni relative
concatenate che collegano tra loro, come in un continuum inesauribile, le
immagini scaturite dal ricordo infantile del poeta.
v. 3. che tu specchi
v.4 da cui vergine
v. 5 e fea quelle isole (la cui vergine etc.)
v. 6 onde (per cui) non tacque
v 8 colui che l'acqua
v. 10 per cui bello
Figure retoriche
parafrasi: greco mar (Jonio); di colui che l'acque cantò fatali (Omero)
litote - non tacque
Lessico e sintassi
Linguaggio e sintassi della tradizione aulica, complesso nella costruzione
(inversioni etc.) e ricco di latinismi e termini letterari.
Esempi - latinismi: vergine (giovane), diverso (che vaga di qua e di là).
Letterari: onde, illacrimata inclito, ove etc.
Parafrasi:
Io non potrò mai piu' toccare le sacre sponde dove il mio corpo da piccolo giacque; o Zante mia, che ti rispecchi nelle onde del mare greco dal quale nacque la dea vergine Venere, e rese feconde quelle isole attraverso il suo primo sorriso, motivo per cui l' alta poesia di Omero non potè non parlare del tuo limpido cielo, e delle avventure di Ulisse per il mare governato dal fato e l' esilio di colui, bello per la fama e per la disgrazia, che è arrivato alla fine a baciare la sua Itaca piena di pietre. Tu Zacinto non avrai altro che la poesia del tuo figlio, a noi il destino ha ordinato una sepoltura senza lacrime.
Alla fine dell'ottavo capitolo dei Promessi Sposi, Manzoni realizza una descrizione paesaggistica di grande effetto: l'addio ai monti. Il paesaggio chiude la sezione del Borgo, ed è forse per questo che Manzoni conclude senza lasciare suspense. La descrizione è molto poetica, capace di rendere un'elevata musicalità, anche grazie all'utilizzo di parole onomatopeiche. La descrizione rappresenta il triste pensiero di Lucia, costretta da un giorno all'altro ad abbandonare la sua terra natia. Nel completo silenzio, quando l'occhio cade sul palazzotto di Don Rodrigo e sulle sue proprietà, l'immagine corrisponde a una minaccia. Nella descrizione del paesaggio, Manzoni ritrae tutti i minimi dettagli dell'ambiente circostante, come si fa sempre quando si deve lasciare qualcosa di amato. Per Lucia, la sua casa e quei luoghi, sono gli unici posti mai conosciuti. Manzoni mette poi in parallelo due diverse situazioni: un emigrante, che lascia la terra natia per andare a fare fortuna altrove, e un individuo (Lucia), costretta ingiustamente a fuggire dal suo paese. L'emigrante, alla vista di quei monti vorrebbe restare e poi, trovandosi spaesato in una grande città, maledirà il giorno della sua partenza. Lucia, dando l'addio ai posti che l'hanno vista crescere, personifica il paesaggio, salutando ad uno ad uno i suoi ricordi.
GIOVANNI PASCOLI
ITALY
Italy, l'ultimo dei 'Primi Poemetti', è una delle poesie più lughe del poeta romagnolo (450 versi in due canti di terzine dantesche: canto primo, canto secondo) e ricalca moduli epico-narrativi. La dedica è singolare: Sacro all'Italia raminga. Tratta infatti uno degli argomenti più scottanti della storia sociale italiana tra Ottocento e Novecento, quello dell'emigrazione, femomeno che riguardò non meno di 20 milioni di nostri connazionali. Ciò che spesso oggi sfugge è come, nell'intenzione di chi allora partiva, si trattasse di una migrazione temporanea che aveva come fine principale quello di migliorare la propria condizione economica (e quella della propria famiglia) in patria per farsi un campo, per rifarsi un nido.
La vicenda narra di un gruppo familiare di quattro persone che ritorna
una sera di febbraio a Caprona, in Garfagnana, per portarvi la piccola Maria
detta Molly, nella speranza che l'aria salubre di montagna la possa guarire
dalla tisi. La accompagnano il vecchio nonno e gli zii Beppe e Ghita. Nella
casa avita, nera per la fuligine e buia, è rimasta la nonna i cui gesti
quotidiani come mungere le vacche, pulire la greppia e filare, si ripetono
immutabili da sempre. La prima reazione della piccola è di rifiuto e nella sua
lingua d'oltremare dice allo zio Beppe: Bad country, Ioe, your Italy! E lo zio
la compiange: Poor Molly! Qui non trovi il pai con fleva di fronte al pane
fatto in casa e al latte appena munto messo in tavola dalla nonna.
Il pai con fleva (pai with flavour), così come i molti bìsini (business), il
fruttistendo (fruitstand) o vende checche, candi, scrima (cakes, candy,
ice-cream) sono la lingua speciale dell'emigrate, un inglese italianizzato o
addirittura dialettizzato che diventa la lingua franca in cui si esprime chi ha
lasciato la propria terra e in qualche modo non appartiene del tutto nè ad una
realtà nè all'altra.
E che dire dell'attualità del grido dell'emigrante, un vu' cumprà e costa poco
che si ripete nel tempo:
Will you buy per Chicago e Baltimora
buy images per Troy, Memphis, Atlanta,
con una voce che te stesso accora:
cheap! nella notte, solo in mezzo a tanta
gente; cheap! cheap! tra un urlerio che opprime;
cheap! Finalmente un altro odi, che canta
Molly però non è attratta come la zia Ghita dalla modernità de la mi' Mèrica
dove per pochi cents si possono comprare stoffe lustre come sete. Anche se
all'inizio la sua reazione è lapidaria
You like this country? ella negò severa
Oh, no! Bad Italy! Bad Italy!
a poco a poco la nonna la conquista, con i suoi gesti lenti, con il suo filare
sempre uguale, che ripercorrono lo stesso affetto da generazioni. Sono proprio
quei gesti del tempo delle fate, che nessuno in America fa più, che rapiscono
la fantasia di Molly che trascorre ore accanto al focolare e alla nonna. E
Molly decide, decide di die in Italy. ' oh yes, Molly morire
in Italy!'
Italy
allora si commuove e il maltempo lascia il posto al sole primaverile che
guarisce la piccola. In quella casa che la bimba bad chiamava tornano le
rondini, sweet, sweet. Ma la situazione iniziale si ribalta: il bel tempo fa
guarire la tosse di Molly, ma la tosse prende ora la nonna e se la porta via.
Il poemetto si chiude con la partenza della famiglia dopo il funerale. Hanno
preso la ticchetta del barco e tra un buona cianza (chance) e un good bye se ne
vanno, con la promessa di ritornare, anche quella della piccola Molly.
Al di là della vicenda, commovente nella sua semplicità, il poemetto è un
capolavoro linguistico in cui si intrecciano la bellezza di quattro diversi
idiomi: italiano, vernacolo, inglese e gergo dell'emigrante, un misto delle
prime tre. Non c'è da stupirsi che il buon Benedetto Croce abbia cassato questa
lirica che è invece un esempio dello sperimentalismo linguistico pascoliano e
di quanto questo poeta sia stato capace di anticipare temi che verranno ripresi
ed ampliati in tempi più vicini a noi.
Sebbene siano state fatte molte ipotesi sugli effetti delle migrazioni, purtroppo non è possibile dare una risposta univoca poiche la realtà è molto complessa e quando si prova a distinguere le conseguenze positive da quelle negative si ottengono sempre risposte soggettive
Le conseguenze del paese di partenza
La partenza dei lavoratori sottoccupati e non qualificati ha un'incidenza sull'occupazione, la produzione, i salari: in un primo tempo il mercato del lavoro e la spesa sociale vengono alleviati, e il reddito delle famiglie rimaste aumenta in seguito all' invio di parte dei guadagni degli emigranti. La somma complessiva delle rimesse può incidere positivamente sulla bilancia dei pagamenti dello Stato costituendo una entrata di capitale di notevoli dimensioni. Nei paesi in cui le rimesse vengono utilizzate per attuare investimenti l'emigrazione può costituire un aiuto allo sviluppo. Se invece vengono utilizzate solo per consumi personali possono a lungo termine favorire l'inflazione. Se ad emigrare sono persone la cui crescita e grado di qualificazione è costata allo Stato in termini educativi, sociali e sanitari, si verifica paradossalmente che il frutto di questi investimenti sia goduto dai Paesi di arrivo. Se nelle migrazioni temporanee a partire sono i giovani, prevalente maschi, la popolazione subirà, per un periodo più o meno lungo di tempo, uno squilibrio sia per quanto riguarda le classi di età che per sesso: la popolazione sarà costituita prevalentemente da anziani, bambini e donne. Inoltre possono emergere carenze di manodopera , difficili da sanare in quanto è maggiore l' attrazione dei salari dei Paesi industrializzati. Se a migrare sono prevalentemente donne (come avviene ad esempio per molti Paesi latino americani, le Isole di Capo Verde e le Filippine) a risentirne saranno importanti settori economici come l' agricoltura..
Le conseguenze del paese d'arrivo
L'arrivo di lavoratori stranieri può a breve termine abbassare il costo del lavoro e avere quindi un effetto positivo sulla produttività generale e permettere alle imprese marginali di sussistere. Infatti il costo della manodopera costituita dagli immigrati è tendenzialmente più basso di quello della manodopera locale sia perché questi lavoratori accettano salari inferiori, sia perché, nel caso di assunzione illegale, consentono al datore di lavoro di evadere le contribuzioni fiscali e previdenziali. Gli immigrati accettano spinti dalla necessità condizioni di lavoro più dure, come orari più lunghi, turni notturni e festivi, mansioni nocive e pericolose, lavori temporanei. Inoltre sono difficilmente sindacalizzabili e il loro licenziamento può avvenire più facilmente, specialmente se si tratta di lavoro nero. Tutto questo può avere effetti negativi per quanto riguarda l'azione sindacale tesa a salvaguardare salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Il basso costo della manodopera straniera e, più in generale, la compressione della dinamica salariale disincentivano molte imprese dall'effettuare investimenti in tecnologie atte a razionalizzare il ciclo produttivo. La disponibilità degli immigrati a compiere operazioni nocive alla salute o rischiose permette a certi imprenditori di mantenere antiquati e spesso illegali sistemi di sicurezza contro le malattie professionali.
Se il rallentamento dell'innovazione tecnologica può essere considerato nel breve periodo un risparmio di costi, esso può trasformarsi in un ritardo che nel lungo periodo toglie competitività alle produzioni in cui è richiesto alto livello di precisione, affidabilità e standardizzazione. La presenza di immigrati in condizione di disoccupazione o di lavoro nero comporta dei costi per l'erogazione di servizi socioassistenziali: abitazione, educazione scolastica, assistenza sanitaria, senza che vi sia un corrispettivo in termini di contributi versati. Inoltre secondo il contesto di inserimento, la difficoltà nel trovare lavoro facilita in zone disagiate e periferiche forme di emarginazione, oppure di reclutamento nelle organizzazioni criminali. Le migrazioni producono poi effetti sociali di rilievo a motivo dell'inserimento degli immigrati in un contesto culturale differente da quello d'origine. Il contatto tra i locali e i nuovi arrivati provoca una certa positiva compenetrazione nello scambio culturale per quanto riguarda i costumi, i comportamenti , i valori, le istituzioni. Ma dall'incontro possono anche scaturire ostacoli di varia natura quali la diffusione di atteggiamenti razzistici o il nascere di separatismi e ghetti.
DA PAESE DI EMIGRANTI ALL'ARRIVO DEI PRIMI IMMIGRATI IN ITALIA
Nei primi anni '70 in Europa si conclude un ciclo economico definito "della ricostruzione post-bellica e dell'espansione strutturale" caratterizzato da una serie di dinamiche demografiche e del mercato del lavoro per cui si erano innescati dei massicci flussi migratori dall'Europa del sud, poco industrializzata, verso i Paesi del nord, dove la domanda di lavoro nel settore secondario non riusciva ad essere soddisfatta dall'offerta locale. L'Italia stessa aveva assistito all'espatrio della propria popolazione verso le grandi industrie Taylor-fordiste di Germania e Svizzera le quali, da sole, accolsero ben l'80% dell'emigrazione nostrana. Lo shock petrolifero del 1973 comportò un radicale cambiamento delle economie che avevano accolto gli immigrati nel periodo della ricostruzione. Lo sviluppo industriale - essenzialmente petrolcentrico - si arresta. La conseguenza immediata fu la drastica riduzione della domanda di lavoro nel settore industriale e la revisione delle politiche migratorie che mutarono in senso restrittivo.Si entrò così in una nuova fase denominata "della crisi strutturale e della nuova divisione del lavoro" in cui l'Italia, sebbene contando sulla speculazione edilizia e su un disordinato e precario processo di industrializzazione, iniziò ad offrire opportunità lavorative sia ai suoi emigranti che rientravano in patria sia ai nuovi immigrati provenienti dal Sud del mondo. L'Italia diviene dunque Paese di immigrazione, seppure di ripiego.Il passaggio di status - avvenuto peraltro in un momento in cui le migrazioni internazionali si moltiplicano e si diversificano - non è stato accompagnato da un'opportuna presa di coscienza del nuovo ruolo internazionale assunto dall'Italia né da un'adeguata politica migratoria che regolasse gli ingressi e la permanenza degli stranieri sul nostro territorio. L'impreparazione legislativa nel gestire il nuovo fenomeno, insieme ad altri fattori economici e sociali che si evidenziarono sul finire degli anni '70, portarono alla definizione di un "Modello di immigrazione Mediterraneo" che tuttora accomuna i più recenti Paesi di immigrazione: Spagna, Portogallo, Grecia e Italia. L'originale assenza di una legislazione che gestisse i flussi, l'offerta interna di un "lavoro povero" che colloca la manodopera immigrata nei gradini più bassi del mercato del lavoro, la totale mancanza di un modello di integrazione delle comunità straniere, insieme alla significativa presenza di donne immigrate impiegate nel basso terziario a supplire a un sistema nazionale di welfare strutturalmente debole e carente, il ruolo complementare della manodopera immigrata in mercati del lavoro affetti da "disoccupazione volontaria", furono tra i principali fattori distintivi delle migrazioni relative ai Paesi del Mediterraneo. Nella seconda metà degli anni ottanta il quadro delle migrazioni
internazionali cambiò radicalmente: i Paesi del Terzo Mondo vennero investiti
da una serie di crisi senza precedenti. Iniziò la fase internazionale detta
"della crisi globale dei Paesi sottosviluppati e della ripresa delle economie
capitalistiche" per la quale a fronte dell'aggravarsi delle forze espulsive
dei Paesi d'esodo si ridusse notevolmente il numero delle aree geografiche di
inserimento. Un ulteriore cambiamento si ebbe negli anni '90 dopo
l'implosione della Repubblica Socialista Federale Jugoslava - determinata da
una serie di conflitti che dal 1991 al 1995 sconvolsero gli assetti sociali e
geopolitici del Paese - insieme alla caduta del regime stalinista di Enver
Hoxha in Albania e alla questione del Kosovo che inseguendo la sua
indipendenza giunse al conflitto armato con la Serbia.. Da questo momento le
migrazioni che riguardano l'Italia sono sempre più innescate da motivi che si
possono definire "extraeconomici", "umanitari", e governate da una serie di
leggi che,per le loro caratteristiche e scarsa efficacia,furono indicate con
l'evocativa espressione di"politica d'emergenza".In un siffatto panorama, a
fronte di una presenza immigrata che stando ai dati Caritas/Migrantes ammonta
a circa 650.000 presenze regolari nel 1991, prende avvio in Italia il"non
governo"dell'immigrazione, fatto in gran parte di circolari e di decreti
amministrativi,caratterizzato dal massiccio ricorso alle sanatorie e dal
lento adeguamento alle direttive europee. Dalla Legge Foschi dell'86 al ddl
Amato-Ferrero,attualmente in cantiere nel governo Prodi,la legislazione italiana
sull'immigrazione ha accompagnato il consolidarsi di un fenomeno che in poco
più di una generazione ha portato la nostra nazione al quarto posto tra i
grandi Paesi di migrazione europei. Oggi vi sono circa 4 milioni di immigrati
inseriti in modo specifico nel nostro mercato del lavoro, nei sistemi
scolastico e sanitario,nella politica abitativa,nel rapporto con la
criminalità e con l'informazione nazionalein attesa di un modello di
integrazione possibile che consenta loro di inserirsi adeguatamente nella
nostra società. |
"Ogni immigrato nelle nostre società è assieme un emigrato dalla sua società d'origine".
SAYAD ( sociologo algerino)
L'immigrazione è il trasferimento permanente o temporaneo di gruppi di persone in un paese diverso da quello di origine; dal punto di vista del luogo di destinazione il fenomeno prende il nome di immigrazione.
L'IMMIGRAZIONE COME FENOMENO SOCIALE IN AUMENTO
L'immigrazione è uno dei fenomeni sociali mondiali più problematici e controversi, dal punto di vista delle cause e delle conseguenze.
Per quanto riguarda i paesi destinatari dei fenomeni migratori (principalmente le nazioni cosiddette sviluppate o in via di sviluppo), i problemi che si pongono riguardano la regolamentazione ed il controllo dei flussi migratori in ingresso e della permanenza degli immigrati.
In Italia, i cittadini
immigrati, che nel 1980 erano meno di 300 mila, sono oggi secondo le stime più
recenti circa due milioni e mezzo. Sono trascorsi più di trent'anni da quando
sono cominciati i primi flussi migratori, anche se la prima normativa specifica
risale a diciotto anni fa (L.943 del 1986), a dimostrazione che la
consapevolezza del fenomeno si è manifestata in ritardo rispetto alla portata
dell'evento.
La posizione geografica dell'Italia, centro di confluenza dei flussi
provenienti dall'oriente ha determinato in diversi momenti della nostra storia più recente, il
verificarsi nel nostro Paese di pressanti ondate migratorie. Spesso l'Italia è stata
semplicemente uno scalo di passaggio per chi aveva scelto di raggiungere altri
posti, in funzione il più delle volte della richiesta di forza lavoro migrante
offerta dai diversi Paesi meta delle migrazioni.
L'analisi delle motivazioni che determinano l'abbandono del proprio Paese di
origine, così come l'indagine sui movimenti migratori in alcune aree geografiche di particolare interesse, sono il punto di
partenza per comprendere un fenomeno che impatta in modo significativo sulla
nostra società.
Negli anni più recenti il fenomeno migratorio, ha spesso assunto le caratteristiche
di un esodo, dovuto a squilibri politico-economici, a guerre civili, ad atti di
terrorismo, che hanno obbligato molte persone a fuggire dalle terre d'origine
per sopravvivere a conflitti, persecuzioni razziali, violazioni dei diritti
umani o alla
mancanza dei requisiti minimi di sicurezza o sanità. LE CAUSE DELL'IMMIGRAZIONE IN ITALIA
Vari sono i motivi che spingono gli immigrati a stabilirsi nel nostro stato: guerre che coinvolgono gli stati di provenienza, mancanza di lavoro nel proprio stato, sogno di trovare benessere nel paese di destinazione. L'Italia, come sempre tutto il mondo occidentale, è vista come una meta da raggiungere per trovare il benessere; purtroppo, non è veramente questo ciò che spesso trovano un volta qui. Una crisi di tipo economico che sta investendo gran parte dell'Europa e il numero sempre crescente di immigrati non rendono sempre disponibili posti di lavoro. Non avendo un impiego, si trovano a essere sottoposti a forme di lavoro nero, insicuro e sottopagato, oppure cadono preda di organizzazioni criminali.
Oltre a problemi di tipo economico, gli immigrati in Italia sono soggetti a forme di emarginazione sociale e ingiustizie.Un altro problema sorto negli ultimi anni è la difficoltà da parte dello Stato a stimare il numero degli immigrati, poiché si è sviluppato anche il fenomeno dell'immigrazione clandestina; in effetti, in mancanza di chiare leggi sull'argomento, le frontiere non sono sufficientemente controllate.
L'Italia, essendo la prima volta che si vede sottoposta a un così grande flusso migratorio, non ha ancora definito una propria linea di comportamento. Il governo sta affrontando l'argomento e ha approvato alcune leggi che possano aiutare gli immigrati a risolvere alcuni loro problemi di tipo economico; inoltre sta cercando di vararne delle nuove per rendere ancora meno difficile la vita degli extracomunitari in Italia.
Il motivo principale per cui molte persone emigrano sta nel fatto che nel loro paese non si trova quel che loro vorrebbero; sapendo questo, e volendo frenare (o almeno diminuire) il flusso migratorio verso il nostro paese si potrebbero stanziare fondi per migliorare l'economia degli stati di provenienza degli immigrati.
IMMIGRATI REGOLARI E IMMIGRATI CLANDESTINI
L'Immigrazione Legalmente riconosciuta è quel tipo di
Immigrazione che per la propria accettazione passa dalle autorità statali
competenti e che sia certificata, nonchè ovviamente autorizzata, dallo stato
stesso.
Questo tipo di Immigrazione comporta una richiesta ufficiale tramite apposito
modulo da parte dell' 'aspirante' migrante, che con lo stilamento
delle sue generalità, della sua provenienza, dei titoli di studio e delle
possibili opportunità di lavoro già individuate nel nostro Paese, richiede un
'Permesso di Soggiorno' rilasciato dalle autorità competenti e che
permette al Migrante di soggiornare liberamente in tutto il territorio.
Tale permesso è da mettere sotto verifica ogni 6 mesi in caso di Migrante senza
lavoro ufficialmente riconosciuto; tuttavia, tale verifica, è solamente a scopo
propedeutico e deve favorire la ricerca di un lavoro onesto ed equilibratamente
retribuito nel nostro Stato, cercando di evitare, nel possibile, l'attrazione
del Migrante da parte di lavori 'in nero' e delle organizzazioni criminali,
di stampo mafioso e non, spesso collegate ad esso, tramite un collegamento
diretto fornito dallo Stato stesso tra il migrante e le possibili compagnie,
aziende, industrie e attività commerciali che ricercano forza lavoro e che
abbiano reso pubblico tale bisogno tramite i dovuti organi di stampa (Annunci)
e i vari 'Centri di Lavoro' gestiti dallo Stato per queste
particolari esigenze (sotto l'esempio dei 'Job Centers' Inglesi).
Gli immigrati ufficialmente riconosciuti con lavoro e residenza riconosciuti
acquistano, dopo un periodo di 5 anni e la regolare certificazione dei
contributi versati, la possibilità di richiedere la Cittadinanza e i vari
diritti e riconoscimenti che essa comporta.
Gli immigrati, indipendentemente dal loro stato legale (che siano Riconosciuti
o Clandestini) hanno sin dal primo momento dalla loro entrata nello Stato le
stesse perseguibilità Civili, Penali ed Amministrative di un qualsiasi altro
cittadino residente e natìo nello Stato, con una dovuta attenzione e
supervisione da parte degli organi competenti nei processi Penali, Civili e
Amministrativi in atto nei confronti di un Migrante al fine di evitare fenomeni
di intolleranza (razziale, religiosa, etc.).
LA REGOLARIZZAZIONE
L'immigrato può tenere la regolarizzazione in due modi:
Tramite una dichiarazione scritta da parte del datore di lavoro (entro 120 gg. dall'entrata in vigore del decreto), che attesti la sua disponibilità e la immediata assunzione. Inoltre il datore di lavoro dovrà anticipare: 6 ms. di oneri sociali per il contratto a tempo indeterminato; 4 ms. di oneri sociali per quello a tempo determinato.
2) Tramite una dichiarazione autonoma dell'immigrato, di rapporto di lavoro subordinato in atto al momento dell'entrata in vigore del decreto, di almeno quattro mesi ed il versamento (sempre autonomo) di quattro mesi di contributi. La regolarizzazione garantirà così un permesso di soggiorno biennale, successivamente rinnovabile.
FLUSSI DI INGRESSO E LAVORO STAGIONALE
Ogni anno viene determinata la cifra relativa al numero di immigrati che possono entrare in Italia. Sono inoltre previsti 'Contratti a termine ' per lavoratori stagionali, di sei mesi di soggiorno all'anno. Si dovrà dare la precedenza agli immigrati già presenti sul territorio ed a coloro che hanno già avuto in precedenza un simile tipo di contratto.
RICONGIUNGIMENTO AI FAMILIARI
L'immigrato regolare, se potrò dimostrare di avere un reddito pari a due volte la pensione sociale, e cioèi 1.040.000 lire, potràichiamare presso di sé la coniuge e due figli.
LE ESPULSIONI. LE ESPULSIONI GIUDIZIALI
La polizia segnalerà al pubblico ministero gli immigrati considerati socialmente pericolosi. Il PM, entro 48 ore, potrà proporne l'espulsione al pretore, che dovrà decidere entro una settimana e notificare l'espulsione entro tre giorni. Il giudice deciderà l'espulsione per gli arrestati in flagranza di reato e per coloro che hanno già subito giudizio per reati che prevedano pene inferiori a tre anni di reclusione.
INGRESSO CLANDESTINO E SFRUTTAMENTO DI MANODOPERA
Nel caso di questi reati le pene previste sono state inasprite fino ad un massimo di anni 12.
Per immigrazione clandestina si intende l'ingresso non autorizzato di cittadini di altri stati nel territorio di un dato Paese .
Gli immigrati sono mossi dalla ricerca di condizioni di vita migliori perché spesso i Paesi di provenienza sono poveri oppure in quei Paesi non vengono rispettati i diritti civili. L'immigrazione clandestina, così come quella regolare, è un fenomeno di cui sono oggetto generalmente i Paesi più ricchi. Si tratta spesso di flussi misti nell'ambito dei quali si spostano sia migranti che rifugiati, seguendo rotte e modalità di trasporto simili. Tali spostamenti vengono definiti irregolari poiché spesso avvengono senza la necessaria documentazione e di frequente coinvolgono trafficanti di esseri umani. Le persone che si muovono in questa maniera spesso mettono a rischio la propria vita, sono obbligate a viaggiare in condizioni disumane e possono essere oggetto di sfruttamento ed abuso. Gli Stati considerano tali flussi come una minaccia alle proprie sovranità e sicurezza
PROBLEMATICHE LEGATE ALLA CLANDESTINITA'
Gli immigrati clandestini seguono vie illegali per raggiungere il paese di destinazione, e si affidano molto spesso a malavitosi che sono indicati come schiavisti che gestiscono vere e proprie tratte degli esseri umani. Un esempio sono i cosiddetti scafisti che ammassano enormi quantità di persone su navi di scarsissima qualità e sicurezza (le carrette del mare) partendo dalle coste settentrionali dell'Africa per arrivare nei Paesi mediterranei: l'Italia è una delle mete preferite perché il tratto dall'Africa alla Sicilia e in particolare a Lampedusa è molto corto rispetto agli altri possibili. Per molti di loro il viaggio continua verso altri Paesi europei.
Questi scafisti si fanno pagare somme molto ingenti in cambio della speranza di una nuova vita, e sono spesso alleati con varie organizzazioni criminali oltre che, spesso, con complicità di parte della polizia del paese d'origine: attorno all'immigrazione clandestina c'è un forte indotto criminale fin dall'origine.
Essendo entrati illegalmente, i clandestini non possono entrare nel mercato del lavoro ufficiale. Pertanto, arrivati a destinazione, vengono spesso sfruttati da datori di lavoro senza scrupoli che li usano come manodopera a basso costo, approfittando del fatto che sono facilmente ricattabili a causa della loro posizione irregolare. In quanto manodopera a basso costo, i clandestini sono gli immigrati più soggetti alle accuse di abbassare i salari medi (un fenomeno che è detto svalutazione sociale)e di togliere il lavoro alla popolazione italiana peggiorandone la qualità della vita.
Molti clandestini finiscono anche nella rete della criminalità organizzata, che li sfrutta per svolgere il cosiddetto lavoro sporco.
VITTIME DELL'IMMIGRAZIONE CLANDESTINA
Secondo notizie raccolte sulla stampa internazionale tra il 1988 e il 2008 dall'osservatorio sulle vittime dell'immigrazione Fortress Europe, almeno 12.012 tra uomini, donne e bambini hanno perso la vita tentando di raggiungere l'Europa clandestinamente, non potendo viaggiare in modo regolare. Nel Mar Mediterraneo e nell'Oceano Atlantico verso le Canarie sono annegate 8.315 persone. Metà delle salme (4.255) non sono mai state recuperate. Nel Canale di Sicilia tra la Libia, l'Egitto , la Tunisia, Malta e l'Italia le vittime sono 2.511, tra cui 1.549 dispersi. Altre 70 persone sono morte navigando dall'Algeria verso la Sardegna. Lungo le rotte che vanno dal Marocco, dall'Algeria, dal Sahara occidentale, dalla Mauritania e dal Senegal alla Spagna, puntando verso le isole Canarie o attraversando lo stretto di Gibilterra, sono morte almeno 4.091 persone di cui 1.986 risultano disperse. Nell'Egeo invece, tra la Turchia e la Grecia, hanno perso la vita 895 migranti, tra i quali si contano 461 dispersi. Infine, nel Mare Adriatico, tra l'Albania, il Montenegro e l'Italia, negli anni passati sono morte 603 persone, delle quali 220 sono disperse. Inoltre, almeno 597 migranti sono annegati sulle rotte per l'isola francese di Mayotte, nell'oceano Indiano. Il mare non si attraversa soltanto su imbarcazioni di fortuna, ma anche su traghetti e mercantili, dove spesso viaggiano molti migranti, nascosti nella stiva o in qualche container. Ma anche qui le condizioni di sicurezza restano bassissime: 146 le morti accertate per soffocamento o annegamento. Per chi viaggia da sud il Sahara è un pericoloso passaggio obbligato per arrivare al mare. Il grande deserto separa l'Africa occidentale e il Corno d'Africa dal Mediterraneo. Si attraversa sui camion e sui fuoristrada che battono le piste tra Sudan, Chad, Niger e Mali da un lato e Libia e Algeria dall'altro. Qui dal 1996 sono morte almeno 1.587 persone. Ma stando alle testimonianze dei sopravvissuti, quasi ogni viaggio conta i suoi morti. Pertanto le vittime censite sulla stampa potrebbero essere solo una sottostima. Tra i morti si contano anche le vittime delle deportazioni collettive praticate dai governi di Tripoli, Algeri e Rabat, abituati da anni ad abbandonare a se stessi gruppi di centinaia di persone in zone frontaliere in pieno deserto. In Libia si registrano gravi episodi di violenze contro i migranti. Non esistono dati sulla cronaca nera. Nel 2006 Human rights watch e Afvic hanno accusato Tripoli di arresti arbitrari e torture nei centri di detenzione per stranieri, tre dei quali sarebbero stati finanziati dall'Italia. Nel settembre 2000 a Zawiyah, nel nord-ovest del Paese, vennero uccisi almeno 560 migranti nel corso di sommosse razziste. Viaggiando nascosti nei tir hanno perso la vita in seguito ad incidenti stradali, per soffocamento o schiacciati dal peso delle merci 283 persone. E almeno 182 migranti sono annegati attraversando i fiumi frontalieri: la maggior parte nell'Oder-Neisse tra Polonia e Germania, nell'Evros tra Turchia e Grecia, nel Sava tra Bosnia e Croazia e nel Morava, tra Slovacchia e Repubblica Ceka. Altre 112 persone sono invece morte di freddo percorrendo a piedi i valichi della frontiera, soprattutto in Turchia e Grecia. In Grecia, al confine nord-orientale con la Turchia, nella provincia di Evros, esistono ancora i campi minati. Qui, tentando di attraversare a piedi il confine, sono rimaste uccise 88 persone. Sotto gli spari della polizia di frontiera, sono morti ammazzati 192 migranti, di cui 35 soltanto a Ceuta e Melilla, le due enclaves spagnole in Marocco, 50 in Gambia, 40 in Egitto e altri 32 lungo il confine turco con l'Iran e l'Iraq. Ma ad uccidere sono anche le procedure di espulsione in Francia, Belgio, Germania, Spagna, Svizzera e l'esternalizzazione dei controlli delle frontiere in Marocco e Libia. Infine 41 persone sono morte assiderate, viaggiando nascoste nel vano carrello di aerei diretti negli scali europei. E altre 23 hanno perso la vita viaggiando nascoste sotto i treni che attraversano il tunnel della Manica, per raggiungere l'Inghilterra, cadendo lungo i binari o rimanendo fulminati scavalcando la recinzione del terminal francese, oltre a 12 morti investiti dai treni in altre frontiere e 3 annegati nel Canale della Manica
Lettera di un Immigrato
20 Maggio, 2008
Cara madre,perdonami se dalla mia partenza non ho più avuto modo di
contattarti, come sai io non so scrivere, per questo mi sto facendo aiutare da
un amico che, non ci crederai, abitava proprio in un villaggio vicino al nostro
ed è partito insieme a me, per qualche strano paradosso non l'ho mai incontrato,
se non una volta giunto qui. Lui è uno nobile, ma se c'è una cosa che ho
imparato subito dopo la mia partenza è proprio che le caste per noi emigranti
non esistono, per gli abitanti di questo paese siamo tutti uguali. Il viaggio è
stato lungo e difficile, posso assicurarti che dal nostro villaggio fino al
mare il percorso è stato davvero lungo e faticoso, per fortuna l'abito buono e
le scarpe le avevo messe in saccoccia, così non si sono rovinate.
Ti dicevo del viaggio, quello via terra è stato duro, ma ancora peggiore è
stata la navigazione. L'imbarcazione era piena, eravamo tutti ammassati:
uomini, donne, bambini. Per passare il tempo alcuni intonavano i canti della
nostra assolata ed arida terra, ma la maggior parte temeva di finire i suoi
ultimi giorni nel fondo degli abissi, qualcuno diceva che era già successo in
passato. Abbiamo trovato burrasca, molti hanno iniziato a pregare, altri
urlavano che gli spiriti maligni avevano maledetto quella nave e tutti quelli
che c'erano dentro.
Una maga ha officiato dei riti purificatori, nonostante tutto alcuni di noi presi dal panico volevano scappare all'aperto, ma uomini armati ci hanno trattenuto nelle stive.Ho avuto paura, poi il tempo è migliorato e d'improvviso dentro di me ho sentito una gran malinconia; tu lo sai madre, se avessi potuto rimanere lo avrei fatto. Ma la guerra a volte ti colpisce anche quando fai di tutto per evitarla, in questo triste mondo ti ero rimasto solo io, ma tu hai preferito piangere la mia lontananza piuttosto che la mia perdita
Avrei tanto voluto portarti con me, nella terra dei sogni, dove c'è il lavoro, dove c'è ricchezza, dove non c'è la guerra, dove i campi si arano con potenti macchine e gli uomini non si ammazzano per un po' d'acqua. Ma ora che sono qui sono contento che tu non sia venuta. Non voglio mentirti madre, temo di essere sbarcato nella terra sbagliata, qui le strade sono piene di insegne luccicanti e musica, ma in realtà tutto è duro, difficile, violento.
Appena siamo arrivati ci hanno fatto sedere a terra, poi ci hanno chiesto i documenti (molti di noi non li avevano e sono stati duramente interrogati), uomini armati si sono piazzati davanti a noi, ci controllavano per evitare che qualcuno di noi tentasse la fuga. Poi ci hanno fatto alzare e, uno ad uno, ci hanno sottoposto a delle visite mediche. Alcuni di noi sono rimasti nella stanza del dottore troppo a lungo, erano debilitati, ed è stato come se dentro di me sentissi che alcune di queste persone in realtà quell'infermeria non l'avrebbero mai più abbandonata. Nei miei incubi sento ancora le loro voci. Per giorni sono stato chiuso in questo centro di permanenza su un isolotto in mezzo all'acqua.
Poi insieme ad un amico siamo riusciti a fuggire. Forse ho sbagliato, da allora mi sento braccato. Ho trovato un impiego, ma il lavoro è difficile e pesante, di certo non meno pesante del lavoro con il quale mi spezzavo la schiena nell'amata terra mia, terra di cui mi manca ogni cosa: i colori, gli odori, i sapori, ma soprattutto tu, cara madre. Il suolo arido della mia cara terra, la fatica delle lunghe passeggiate verso il pozzo con i carichi d'acqua che servivano per dissetare tutta la comunità. Nella città in cui ora mi trovo faccio il muratore, carico "pezzi" sulle spalle dalla mattina alla sera, ma non tutti i giorni. La mattina aspetto assieme agli altri vicino al cantiere, se sono fortunato lavoro, altrimenti devo sperare nel giorno dopo. Non posso lamentarmi per come ci trattano, qui vivo nascosto, se ti lamenti quelli chiamano la polizia e ti fanno arrestare. La notte la passo in un dormitorio insieme ad altri connazionali e a cittadini di altre terre lontane.
La gente del posto è vestita bene, pulita, elegante, ma ci guarda con diffidenza e disprezzo. Non vive negli stessi posti dove abitiamo noi, anzi, quei posti li evita. L'amico a cui sto dettando questa lettera, uno colto, mi ha fatto vedere un giornale, mi ha detto che per i cittadini di questa nazione siamo tutti stranieri, ma alcuni di noi sono peggio degli altri. Noi siamo tra quelli peggio. Dicono che la mia gente insulta le donne, le tratta male, le picchia e le uccide, dicono che siamo negroidi con poco cervello, che se la nostra terra è così è perché ce lo meritiamo. Il mio datore di lavoro lancia epiteti contro quelli come noi, lo fa ridendo, crede di essere simpatico, ed infatti tra di loro ridono. Gli insulti sono le prime cose che ho appreso di questa lingua così strana e difficile. Eppure madre tu mi hai insegnato a rispettare le donne, ad amare colei che a mia volta sarà la madre dei miei bambini, allora perché questi uomini ci ritengono così brutali ed arretrati?
Perché ci giudicano con tanta superficialità? Si, c'è violenza nel nostro paese, molti dei nostri connazionali sono delinquenti ed hanno provocato molti morti, ma non siamo tutti uguali. Io vivo nella paura, temo il futuro, la mia terra mi ha rifiutato, la terra dei miei sogni anche, ed ora mi sento figlio di nessuno. A volte penso che sarebbe più semplice se facessi anch'io il delinquente, tu mi hai insegnato a vivere onestamente, eppure madre la fame, che pure conosco da quando sono nato, si fa sentire sempre più forte. Sono solo, e se non fosse per tutte le altre persone come me, con le quali mi consolo e trovo conforto, sarei già impazzito. Le cose non cambiano, nella nostra terra alcuni nostri connazionali dediti alla delinquenza ed al malaffare ci maltrattavano, ci sfruttavano, spesso ci uccidevano.
La crudeltà mi ha costretto alla fuga, la crudeltà mi costringe ora a vivere da reietto. Perché ora quegli stessi connazionali li ritrovo qui, dediti alla delinquenza, intenti a fare del male al prossimo, ma soprattutto a noi, ed anche qui, come nella mia terra, nessuno ci tutela e ci protegge. Siamo alla mercè della polizia, dei nostri connazionali delinquenti, del razzismo della gente. Mamma, il nostro popolo dev'essere maledetto, forse gli spiriti maligni ci hanno fatto il malocchio, ma non preoccuparti, la mia tempra è dura, ce la farò, anche se è davvero difficile essere un emigrato italiano in questo nuovo mondo. Una cosa ti prometto, se il signore vorrà concedermi questa grazia, a mio figlio insegnerò il rispetto e l'amore per il prossimo, chiunque esso sia, proprio come tu e nostro signore mi avete insegnato. Che Dio ti protegga.
Con amore,
Peppino Spadaro
Dal corriere della sera
I PAESI DI PROVENIENZA DEGLI IMMIGRATI
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I cittadini stranieri, attualmente residenti in Italia provengono da 191 stati diversi. Questa dimensione policentrica dell'immigrazione, caratteristica del nostro paese, fa dell'Italia un caso particolare, soprattutto se paragonato al resto del mondo nel quale difficilmente si riscontra una tale diversificazione dei luoghi di provenienza. Ciò è dovuto innanzitutto alla posizione centrale dell'Italia rispetto ai flussi provenienti dall'Africa settentrionale e dall'Europa dei Balcani, attraverso la quale arrivano anche molti persone provenienti dall'estremo Oriente.
Tra i fattori che rendono l'Italia un Paese meta dei flussi migratori sicuramente rientrano anche:
L'esistenza delle cosiddette catene migratorie, che incrementano il flusso di alcuni ceppi facilitando l'inserimento degli immigrati, che trovano nel paese ospite microcomunità già formate (come quella dei filippini, quarta nazionalità per numero di stranieri soggiornanti in Italia);
La domanda di lavoro che offre la possibilità ai cittadini stranieri d'inserirsi in quei settori dove è carente la manodopera italiana, come l'assistenza agli anziani e la collaborazione domestica.
I Paesi per i quali l'Italia costituisce un vero e proprio polo d'immigrazione sono l'Albania, il Maroccoi)): da soli costituiscono il 23 per cento del totale dei soggiornanti.
A seguire la Romania in
costante crescita e la Cina.La stabilizzazione di queste
comunità, a cui si è assistito negli ultimi anni, è dovuta anche al
consolidamento dei flussi, ai ricongiungimenti familiari, e
all'istituzionalizzazione di accordi intergovernativi con alcuni Paesi di
provenienza.
Gli europei costituiscono il 43 per cento del totale degli immigrati, con
albanesi e rumeni che rappresentano i due terzi del totale, seguono gli
stranieri provenienti dall'Africa, dall'Asia e dall'America, con un rapporto
che vede ogni dieci soggiornanti, 4 europei, 3 africani, 2 asiatici e 1
americano.
Negli ultimi anni il numero degli europei è cresciuto del 310 per cento, a
scapito degli africani e degli asiatici, grazie all'aumento dei rumeni che si
avviano a diventare il secondo gruppo per consistenza, accanto agli albanesi.
Questi dati danno un'immagine dell'immigrazione piuttosto diversa rispetto a
quella solitamente fornita dai mezzi di comunicazione di massa che, divulgando
in misura maggiore notizie su ingressi e soggiorni illegali, e su atti
criminali, trascurano gli aspetti peculiari del fenomeno che ne permetterebbero
una maggiore comprensione, nonché l'avvio di processi di accoglienza e
integrazione più efficaci.
LE PRINCIPALI ATTIVITA' DEGLI IMMIGRATI IN ITALIA
Esistono tre grandi settori lavorativi in cui si ripartiscono le assunzioni dei lavoratori stranieri, che si differenziano a seconda delle regioni.
Agricoltura: nelle regioni meridionali il 13 per cento delle assunzioni di lavoratori immigrati, con punte del 40 per cento in Puglia, e del 51,2 della Sicilia avviene nel settore agricolo. Al Nord il Trentino registra una percentuale del 50,7 per cento e in Valle D'Aosta, Umbria ed Emilia Romagna si riscontrano valori superiori alla media.
Industria: è il settore in cui si riscontra un valore, nel numero delle assunzioni, al di sopra della media in diverse regioni del Nord (Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia con il 40,2 per cento) e anche alcune regioni del Sud, come Abbruzzo, Basilicata, Molise e Campania, seppure con percentuali di assunzioni più basse rispetto al Nord.
Servizi: le assunzioni in questo settore superano la media del 29,2 per cento in tutte le regioni del Nord, fatta eccezione per il Trentino, e in Toscana e Lazio. Quest'ultimo registra il valore più alto di tutta Italia, 59,3 per cento, seguito dalla Sardegna con il 54,4 per cento, l'unica regione meridionale che supera la media.
Questi valori offrono un panorama della realtà
dell'inserimento dei lavoratori stranieri nei diversi settori della produzione,
anche se da soli non fanno emergere realtà che a seconda dell'area geografica,
nell'ambito di uno stesso settore possono essere molto differenziate tra loro. Ad esempio a Roma c'è
un buono sviluppo dei settori turismo, commercio e costruzioni, mentre i valori
sono bassi per l'agricoltura e per l'industria. Nel Sud la situazione è ancor
più diversificata, perchè mentre Bari e
Ragusa sono fortemente
agricole, a Napoli prevalgono
i servizi, mentre le costruzioni, che sono il ramo più sviluppato
dell'industria, non superano la media in nessuna regione.
Più omogenea la situazione al Nord, dove nelle regioni a Nord-Ovest si evidenzia una scarsa
incidenza delle assunzioni in agricoltura, eccetto che per la Valle D'Aosta,
mentre si registra la preminenza dei servizi nei capoluoghi, soprattutto a Milano, e una forte incidenza
dell'industria, in particolare a Genova
e a Torino. Nel Nord-Est il dato comune è
l'incidenza dei servizi, tra i quali il turismo, che si colloca al di sopra
della media nazionale e dell'industria. L'agricoltura ha un valore eccezionale
a Bolzano, uno medio a Bologna
e uno bassissimo a Vicenza.
ISTRUZIONE DEGLI IMMIGRATI
Tra i più importanti canali d'integrazione
per la popolazione immigrata, la scuola è il luogo in cui nasce e inizia a svilupparsi
la società multiculturale di
domani.
Se da una parte l'inserimento nel tessuto sociale dei cittadini stranieri offre
l'opportunità di trasformare le città in centri multiculturali, dall'altra esso
implica la necessità da parte delle istituzioni
di trovare soluzioni adeguate affinchè si realizzi un'effettiva
integrazione.
L'articolo 34 della Costituzione italiana dichiara che la
scuola è aperta a tutti e l'istruzione inferiore, impartita
per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
Ciò significa che anche i minori stranieri hanno il diritto e il dovere di
frequentare la scuola, con le stesse modalità degli studenti italiani.
Lo Stato, le Regioni e gli enti locali devono garantire ai piccoli cittadini
extra-comunitari il diritto ad
accedere ai servizi educativi e a partecipare alla vita della comunità
scolastica, indipendentemente dall'essere in possesso del permesso di
soggiorno.
Entrare a scuola
Gli studenti stranieri possono iscriversi in qualunque periodo
dell'anno scolastico presentando i seguenti documenti:
documento d'identità
certificato di nascita
stato di famiglia
permesso di soggiorno dell'alunno
permesso di soggiorno o passaporto del genitore
documenti scolastici relativi agli studi precedenti
In ogni caso, i bambini
stranieri che non hanno la documentazione in regola e, in
particolare, che non possiedono il
permesso di soggiorno, vengono iscritti comunque, ma con riserva. Questo tipo d'iscrizione non impedisce il
conseguimento dei titoli conclusivi dei corsi di studio, ma non costituisce un requisito per la regolarizzazione
della presenza sul territorio, né del bambino, né del genitore.
Anche i minori che si trovano nella condizione di non essere riconosciuti come
cittadini, separati dai genitori e senza la tutela di un adulto, godono del diritto fondamentale allo studio come un bambino italiano in
stato di abbandono.
Quest'uomo - tristezza d'albero nudo
avanzo di vita aperta
ferita
/ occhi che perdono
pezzi di cielo
quest'uomo fatto
torcia -
per gioco
LE POLITICHE MIGRATORIE IN ITALIA DAL 1986
Sarà utile inizialmente distinguere gli stranieri presenti in Italia sulla base della loro posizione amministrativa in merito all'ingresso e alla permanenza: si definiscono regolari quando vi sia un ingresso e una successiva permanenza regolare nel nostro paese, irregolari quando ad un ingresso regolare segua una permanenza irregolare, clandestini qualora sia l'ingresso che la permanenza risultino irregolari. A questi si aggiungano i regolarizzati cioè coloro che, sia irregolari che clandestini, in seguito a provvedimento legislativo abbiano potuto sanare la propria condizione di irregolarità. In Italia non è possibile distinguere tra flussi migratori di manodopera regolari, destinati al mercato del lavoro, da flussi irregolari destinati alla marginalità sociale o a forza lavoro di riserva per il semplice fatto che nella pratica non esiste l'ingresso legale di manodopera. La legislazione che si è sviluppata in Italia nel corso degli anni non prevede in linea generale, a parte alcune eccezioni che analizzeremo in seguito (si pensi ad es. ai ricongiungimenti regolari), l'ingresso legale nel nostro paese.
Le politiche migratorie adottate dagli stati comprendono tanto le politiche degli ingressi quanto le politiche di integrazione o stabilizzazione. Alla fine degli anni 60 l'Italia non richiede visti di ingresso, è sufficiente per entrare in Italia esibire documenti validi ai posti di frontiera. Ugualmente entrare legalmente come lavoratori è praticamente impossibile. Infatti la giurisdizione che regola i lavoratori stranieri è demandata a due diversi ministeri : al ministero degli interni relativamente a controlli di ordine politico e di ordine pubblico e al ministero del lavoro con scopi protezionistici rispetto alla forza lavoro autoctona. Lo straniero in Italia doveva sottostare quindi a due diversi tipi di procedure facenti capo ai due ministeri e non sempre la regolarità per una delle due significava regolarità per entrambe. La difficoltà e quasi impossibilità di ingresso regolare per lavoro o di regolarizzazione successiva fa si che nel tempo si accumulino numerose posizioni irregolari. Per ovviare a questa situazione una circolare del ministero del lavoro nei primi anni 60 autorizza al lavoro gli stranieri in Italia purché abbiano fatto ingresso in Italia prima di una certa data e questa data con successive circolari verrà spostata di volta in volta in una sorta di sanatoria permanente sino al 31.12.1981.
La situazione muta nel corso della prima metà degli anni 80 in parte per motivi legati alla crescita della popolazione straniera e in parte per motivi di carattere istituzionale. Nel 1975 infatti l'Italia ha firmato la convenzione n. 143 dell'Organizzazione internazionale del lavoro volta a contrastare le forme di immigrazione illegale e a tutelare i lavoratori stranieri, una convenzione voluta dall'Italia proprio per tutelare i propri emigranti all'estero; firmata la convenzione i singoli stati debbono però elaborare una legislazione che ne accolga i principi. Ma proprio perché non si sente l'esigenza di una legislazione sugli stranieri, si attendono oltre 10 anni dalla convenzione per elaborarne una. Inoltre dal primo gennaio 1982 proprio per l'impossibilità di ingressi legali dopo l'ultima circolare di 'regolarizzazione' erano aumentate le posizioni irregolari, rendendo necessaria una sanatoria generalizzata. Nel 1986 vine così emanata la prima legge organica sull'immigrazione in Italia:
la legge 943/86 riconosce il pari trattamento dei lavoratori stranieri, il loro accesso ai servizi sanitari, introduce delle procedure per i ricongiungimenti familiari e per la chiamata nominativa dei lavoratori. In realtà le politiche degli ingressi sono condizionate da una visione profondamente protezionista. Non si riconosce la necessità di manodopera e si fa ricadere sui datori di lavoro la necessità di provare l'effettiva necessità di lavoratori; inoltre si instaurano una serie di complicate procedure per la chiamata tali dal renderle del tutto inapplicabili. Nonostante questo l'accesso nel nostro paese rimane facile attraverso i visti turistici e le penalità per i datori di lavoro che assumono irregolarmente stranieri sono del tutto irrisorie. A testimonianza della scarsa rilevanza che si da alla questione migratoria in Italia ci sono i giornali dell'epoca che per l'approvazione di questa legge spendono pochi articoli nelle pagine interne. La legge in questione non riforma le leggi di PS in materia, quindi i permessi sono sempre di breve durata proprio perché non si mira alla stabilizzazione degli immigrati presenti nel territorio nazionale.
La legge Martelli (39/90) viene emanata parallelamente ad un forte contrasto nel sistema politico; dal'86, data dell'ultima sanatoria, sono nuovamente proliferate le condizioni irregolari e per questo il ministro del lavoro emana nel 1989 una nuova circolare per la sanatoria permanete; i socialisti al governo mirano invece a sottrarre al ministero del lavoro la questione migratoria. Il dibatto politico è acceso e per la prima volta la questione delle politiche migratorie diviene oggetto di dibattito pubblico e fortemente polarizzato. La nuova legge viene approvata con forti contrasti sia interni al governo (PRI) sia dell'opposizione (MSI e Leghe). La legge parallelamente ad una nuova sanatoria avvia una politica restrittiva degli ingressi con l'introduzione dei visti per tutti i paesi da dove provengono i flussi, riforma i controlli di frontiera, riforma i provvedimenti di espulsione proprio come strumento per il contrasto dell'immigrazione clandestina e non solo come punizione di singoli comportamenti. La data di emissione di questa legge segna di conseguenza l'avvio in Italia dell'immigrazione clandestina e quindi la nascita delle organizzazione dedite allo scopo. Cambia da questa data la percezione dell'immigrazione in Italia nell'opinione pubblica sia grazie al dibattito sviluppato intorno a questa legge sia per i concomitanti sbarchi degli albanesi sulle nostre coste (1991) , la deportazione dei quali fu garantita grazie all'utilizzo di questa legge.
Nel 1992 viene emanata la legge sulla cittadinanza che rimarca una volta di più la difficoltà o la non volontà di riconoscere l'immigrazione come fenomeno strutturale in Italia. Si rendono più difficili e discrezionali le procedure per l'ottenimento della cittadinanza, si allungano i tempi da 5 (legge del 1912) a 10 anni, si effettua una selezione 'etnica' per l'ottenimento della cittadinanza, per cui diviene automatica per i discendenti di italiani e si accorciano i tempi per i cittadini della UE (4 anni). è la legge più restrittiva d'Europa approvata tra l'altro a larga maggioranza.
Negli anni successivi il dibattito sull'immigrazione si eclissa; il sistema politico è squassato da tangentopoli e per riparlarne dobbiamo arrivare al 1995 quando un governo tecnico guidato da Lamberto Dini emana un nuovo decreto legge che parallelamente ad un rafforzamento dei provvedimenti restrittivi in materia di controllo di frontiere ed ingressi emana una nuova sanatoria.
Nonostante la maggiore complessità delle procedure vengono sanati 248000 stranieri; più che nel 1990 (238000). Il decreto legge in seguito a scontri interni al governo, all'interno del quale figura la lega, non verrà mai tramutato in legge e si ritorna alla precedente normativa.
La Legge Turco-Napolitano (40/98) emanata con il primo governo Prodi è una legge che ristruttura completamente la legislazione migratoria in Italia sia sul piano degli ingressi sia sul versante della stabilizzazione. Dal punto di vista del contrasto dell'immigrazione riforma le norme sui controlli di frontiera e sulle espulsioni con l'introduzione dell'allontanamento alla frontiera e l'istituzione dei CPT (centri di permanenza temporanei ovvero luoghi di reclusione per cittadini stranieri privi dei titoli di soggiorno in attesa di identificazione e di espulsione); allo stesso tempo affronta la questione di una politica degli ingressi legali con l'istituzione delle quote di ingresso attraverso i decreti flussi: in pratica si stabilisce annualmente il fabbisogno di manodopera straniera necessaria e si stabilisce l'ingresso in Italia di questi lavoratori attraverso la chiamata nominale dall'estero che nella pratica si traduce in una sorta di finzione giuridica in base alla quale si regolarizza un certo numero di lavoratori già presenti sul suolo nazionale attraverso un loro ritorno in patria e reingresso autorizzato. Sul piano della stabilizzazione si introduce la carta di soggiorno, cioè un titolo di permanenza più stabile rispetto al permesso di soggiorno. Infine si emana una nuova sanatoria. Nonostante gli intenti dichiarati la politica di legalizzazione degli ingressi fallisce tanto per l'insufficienza delle quote rispetto ai bisogni del mercato del lavoro che per l'inapplicabilità delle procedure nella realtà. Anche sul piano dell'integrazione l'insufficienza si manifesta ad esempio nello scarso numero delle carte di soggiorno rilasciate
La legge Bossi-Fini (189/2002), legge tuttora in vigore, rafforza i meccanismi di controllo e repressione: introduce l'obbligatorietà delle impronte digitali, l'aumento dei tempi di carcerazione nei CPT, l'arresto per gli irregolari che non abbiano ottemperato al decreto di espulsione. Allo stesso tempo precarizza la condizione dei migranti: si richiedono tempi maggiori di permanenza regolare in Italia per ottenere la carta di soggiorno (da 5 a 6 anni), si limitano i ricongiungimenti familiari, si introduce la figura del contratto di soggiorno accorciandone i tempi di validità (un permesso di soggiorno strettamente legato alla durata del contratto di lavoro in corso sino ad un massimo di due anni per un contratto a tempo indeterminato), si impongono norme fortemente discriminatorie per gli stranieri che vogliano accedere al mercato del lavoro (certificato di idoneità alloggiativa). La legge Bossi-Fini nei suoi intenti agisce in maniera esplicita ed evidente al fine di precarizzare la presenza dei migranti nel nostro paese. Nonostante tutti questi elementi di carattere negativo la sanatoria connessa all'approvazione della Bossi-Fini regolarizzarà il più alto numero di immigrati (700.0000) di tutte le sanatorie precedenti. Un paradosso apparente legato al fatto che da una parte anche le crociate ideologiche portate avanti da settori del governo Berlusconi hanno dovuto tener conto delle esigenze dell'apparato produttivo del paese ma dall'altra e allo stesso tempo l'elemento ideologico è riuscito comunque a prevalere nel codificare ex lege una dimensione generale di ricatto, discriminazione e precarietà spinta per tutto il corpo migrante.
LE CONDIZIONI DI VITA DEGLI IMMIGRATI
L'immigrazione si caratterizza solitamente
per il susseguirsi di più fasi:
- La fase pionieristica: coinvolge i primi immigrati che arrivano in un paese
senza conoscere nulla e senza catene familiari di appoggio, è una fase molto
dura e difficile per gli individui.
- La fase di intensificazione: i singoli individui si riuniscono per cultura di
provenienza, diventano comunità, iniziano ad organizzarsi i propri punti di
incontro, ad attivarsi i rapporti con gli abitanti del paese di accoglienza,
con le autorità ed i servizi sociali.
- La fase di stabilizzazione: il flusso migratorio si assesta, si ricongiungono
i nuclei familiari, si acquisiscono i mezzi per accedere ai beni di consumo, ci
si organizza per esprimere i valori della cultura di origine.
La prima fase si caratterizza per i notevoli disagi, anche gravi, che impongono
una vita di stenti e sacrifici sopportati dall'immigrato per raggiungere ad
ogni costo l'obiettivo di rimanere nel paese di arrivo, in questa fase gli
immigrati sono meno 'visibili' ai più, ma la gravità dei problemi non
sfugge a chi si dedica all'impegno sociale, in particolare all'associazionismo.
Nella seconda fase iniziano le richieste di ampliamento della sfera dei diritti
(casa, istruzione, sanità, previdenza etc.) tese ad una maggior uguaglianza;
contemporaneamente si richiede anche il diritto alla
Il problema della richiesta abitativa è particolarmente grave in Italia, ove
esiste già per gli italiani. Agli immigrati con insicure risorse economiche,
inizialmente non resta che adattarsi a situazioni di promiscuità: in città in
piccoli alloggi, pagati a caro prezzo ai 'civilissimi' ed
italianissimi proprietari, ove si dorme a rotazione; o in campagna in vecchie case
diroccate ed abbandonate. Le Amministrazioni locali ed il Governo si sono
attivati per l'emergenza con l'accoglienza in vecchi edifici pubblici dismessi
ed in seguito con limitatissime iniziative di edilizia economica popolare,
comunque ampiamente insufficienti anche solo a contribuire alla soluzione del
problema. L'Associazionismo si è invece impegnato a fondo e con pochi mezzi e
l'impegno di molte persone ha cercato di contribuire alla soluzione del grosso
disagio, la Chiesa cattolica analogamente ha contribuito, ma più per iniziative
spontanee che per impegno istituzionale, per contro alcune istituzioni quali la
Caritas si sono impegnate a fondo e con generosità, nella quotidianità come
nell'emergenza, per ovviare alle notevoli carenze delle Istituzioni pubbliche.
Nella seconda fase molte famiglie immigrate
sono riuscite a superare la diffidenza dei proprietari immobiliari ed inoltre
in più città sono sorte cooperative edilizie, con la compartecipazione degli
immigrati stessi, che costruiscono o acquistano alloggi, ma soprattutto li
prendono in affitto assegnandoli poi ai soci stranieri a normali prezzi di
mercato.
Dopo i ricongiungimenti familiari, molti lavoratori con un posto
'sicuro' e dopo anni di sacrifici, hanno iniziato ad acquistare la
propria casa con l'aiuto di mutui bancari.
Attualmente in Italia gli immigrati possono usufruire dell'assistenza del
servizio sanitario nazionale solo se, in regola con il permesso di soggiorno,
residenti in un territorio, facciano esplicita richiesta. Gli stranieri che non
abbiano queste specifiche caratteristiche non hanno diritto all'assistenza
medica, ma solo a cure ospedaliere urgenti a loro spese.
Non solo badanti e non solo donne dell'est.
Le rumene, polacche e ucraine di oggi svolgono lo stesso lavoro che per anni è stato di migliaia di donne italiane, costrette a spostarsi dalla propria terra d'origine alla ricerca di un'occupazione.
Nella nostra storia recente queste migrazioni sono sempre esistite e in certi periodi del XIX e del XX secolo hanno assunto anche dimensioni "di massa". I
In passato il processo di industrializzazione comportò,
infatti, un fabbisogno di manodopera femminile per lo sviluppo di alcuni
settori industriali, determinando il reclutamento di ragazze provenienti dalle
zone rurali più povere. Negli anni Cinquanta e Sessanta numerosissime giovani
partirono dall'Italia per le industrie tessili francesi e per altre fabbriche
svizzere, belghe e tedesche.Oltre a operaie, le cosiddette migranti divennero
presto cameriere e balie.
Il fenomeno dell'immigrazione femminile è stato nel tempo più volte analizzato,
con il tentativo di coglierne le caratteristiche e le dinamiche più profonde.
Oggi come ieri a spingere tante donne a spostarsi per trovare lavoro è la
volontà di fuggire dalle condizioni di miseria originarie, svolgendo mansioni
evitate dalla maggior parte di quelle del nostro Paese. Esaminando i principali
studi, è stata riscontrata una componente importante del fenomeno migratorio,
ossia l'aspirazione della donna immigrata all'emancipazione economica, sociale
e politica.
IL COMMERCIO AMBULANTE DEGLI EMIGRANTI DEL MIO PAESE E DEGLI IMMIGRATI IN ITALIA,DALLE CROMERE AI VU CUMPRA'
Le cromere
Il commercio ambulante fu una delle attività praticate in passato dagli emigranti lamonesi per consentire la sopravvivenza della loro famiglia,in una terra bellissima, ma avara di risorse.
L'inizio di tale attività risale ai primi anni dell'ottocento con lo smercio di un prodotto artigianale, le penne d'oca fabbricate nella frazione di San Donato.
Il fenomeno del lavoro ambulante interessò un numero rilevante di paesani che si spostavano con il treno nei tragitti lunghi, a piedi e talvolta in bicicletta per i tragitti giornalieri.
Le mete preferite dei cromer erano la Svizzera, l'Austria, la Germania e la Francia
Gli ambulati del mio paese sono conosciuti con il nome di CROMER .
Tale nome sembra avere un origine tedesca; kram significa infatti merce, carabattola, ciarpame, straccio.
I cromer generalmente erano emigranti stagionaliche avevano un forte legame con il paese natio, dove risiedeva la loro famiglia.
Le donne costituivano la maggioranza del lavoro ambulante; talvolta entravano illegalmente nei paesi stanieri, poi cercavano di mettersi in regola e di ottenere un documento senza il quale non potevano esercitare il commercio.
Le cromere partivano sempre con un compagno fedele di viaggio, la cassela, una specie di armadietto di legno con numerosi cassettini su più piani, in cui veniva riposta ordinatamente la merce più piccola.
In alcune particolari versioni, la cassela poteva essere aperta a fisarmonica e diventare un comodo espositore per le piccole piazze del paese. Alla partenza la cassela era così pesante che per caricarsela sulle spalle la cromera doveva essere aiutata da un'altra persona.
Le cromere giravano di casa in casa per smerciare un' ampia gamma di chincaglieria.
Spesso trattavano articoli la cui vendita era proibita per cui per avvisare che c'era un controllo da parte delle autorità comunicavano tra loro usando una lingua segreta, un gergo particolare per non farsi capire dagli utenti.
Es. " Smicia, smicia i gian, spesa la maroca" che vuol dire" Guarda, guarda i carabinieri nascondi la merce"
L'età avanzata, l'abbigliamento caratteristico, l'enorme carico trasportato a piedianche in condizioni climatiche avverse..tutto contribuiva a suscitare una certa commiserazione nei clientie una certa propensione all'acquisto.
Come tutte le persone senza fissa dimora, anche le cromere venivano guardate con sospetto dalla gente e dalle forze dell'ordine e ciòaccresceva il legeme di solidarietà nel gruppo di coloro che esercitavano lo stesso mestiere.
Anche nel caso delle cromere lamonesi si può parlare di della cosidetta catena migratoria, il particolare meccanismo che lega, attraverso una fitta rete di rapporti parentali o di conoscenze, i luoghi di partenza con quelli di arrivo.
Chi vive nelle grandi città ha imparato a conoscerli: quasi tutti bengalesi, tanto simpatici quanto insistenti, vivono (piuttosto male) vendendo rose, spesso con il pensiero alle famiglie rimaste in patria. Qualcuno però riesce a mettere radici. In tutti i sensi
I VU CUMPRA'
Secondo una percezione sociale diffusa, il venditore itinerante è un marginale che trasporta a mano un peso (la mercanzia da vendere) e dunque un individuo costretto a mortificare il proprio corpo per un piccolomargine di guadagno. A questo cliché "miserabilista" si accompagna la tendenza ad associare gli ambulanti "etnici" alle figure del clandestino, dello spacciatore, del delinquente.
Questo genere di stereotipi, associati ad un persistente razzismo, riguardano evidentemente non solo i venditori marocchini, ma intere comunità che esercitano la compravendita (senegalesi, algerini,tunisini, africani in genere
Il nome degli immigrati ambulanti, pronunciato spesso in modo
canzonatorio o sprezzante, è ritenuto la frase tipica con cui il venditote
ambulante si rivolge ai potenziali passanti e clienti. Esso si identifica nella figura di uno straniero
(senegalese e marocchino)che evnde ogni genere di mercanzia. Ma l'ambulante, il
venditore ambulante è tutt'altro che un lavoro di 'fortuna' o una
scelta obbligata in mancanza d'altro, è una radicata tradizione senegalese, un
occupazione che, nel loro paese, occupa una larga fetta della manodopera.
Il commercio ambulante abusivo
degli immigrati, inizialmente avviato da nordafricani, è oggi governato da
senegalesi. Altre comunità immigrate con strategie diverse si sono inserite nel
settore: è il caso dei cingalesi e, ultimamente, dei cinesi, dei ghanesi e dei
nigeriani. Il settore è ben strutturato e funziona in modo gerarchico, ma con
profonde differenziazioni. L'attività si svolge tutto l'anno con periodi
intensi di lavoro durante le
feste, le fiere e l'estate, particolarmente sulle spiagge affollate di bagnanti. Il commercio abusivo avviene anche per le strade e le piazze cittadine, nei luoghi di lavoro, determinando problemi d'ordine pubblico. Tutte le città italiane oggi hanno il loro piccolo dream team di venditori ambulanti abusivi che controlla ogni angolo di strada.
Il settore del commercio abusivo continua a crescere, ad ampliarsi non solo con la proliferazione di bancarelle, ma soprattutto con singoli venditori che offrono sempre più prodotti taroccati. Le novità nel settore sono l'ingresso di nuove figureprofessionali e di nuove comunità immigrate. Una delle comunità in crescita, che sta cercando di fare concorrenza ai venditori ambulanti senegalesi, è quella dei nigeriani e dei ghanesi.
Rispetto ai senegalesi, i venditori ambulanti nigeriani non hanno un look «da poveraccio» e per trasportare i loro prodotti sono muniti di adeguate borse da viaggio. Operano il meno possibile nei centri storici, ma più nei quartieri, nelle case, nei negozi, negli uffici. Rispetto ai senegalesi non vendono per ora libri, collanine, accendini: la loro mercanzia è fatta di fazzoletti, calzini e piccoli prodotti d'uso domestico. In crescita sono anche i cinesi e i cingalesi. Gli ambulanti abusivi cinesi stanno cercando di inserirsi nella vendita di borse e vestiari taroccati.
La costante presenza della vendita ambulante tra i cittadini immigrati dal loro arrivo in Italia può essere motivata da una serie di concause: modalità di inserimento per i nuovi arrivi senza permesso di soggiorno attraverso un'attività 'facile' da svolgere, che permette di sostenersi economicamente in attesa della regolarizzazione, esistenza di reti migratorie già dedite a questa attività che quindi la riproducono, ricerca di una flessibilità che permette ritorni prolungati in patria, esercizio saltuario di questa attività come compensazione dei bassi salari.
Generalmente gli immigrati vendono borse e oggetti di pelletteria. Bisogna innanzitutto fare una distinzione sulla tipologia delle merci vendute dagli itineranti in Italia come altrove: esiste un mercato della contraffazione e un mercato dell'imitazione, il primo è illegale il secondo è legale. La contraffazione si caratterizza come riproduzione di merci identiche nella fattura e nel marchio a quelle prodotte dai produttori autorizzati e detentori del brevetto e copyright. A volte alla contraffazione si accompagna la truffa come nel caso dei finti vetri di murano o delle riproduzioni di altri beni di marca venduti come tali, con prezzo elevato, in negozi e boutiques.
A partire dal 2002 si modifica anche la tipologia dei venditori; da una maggioranza di abusivi dal punto di vista dei titoli per il commercio, ad una maggioranza di titolari di regolare licenza per esercitare il commercio itinerante.
STRANIERO"
A causa del grembo materno diverso,
o perchè i racconti della tua infanzia
ti hanno forgiato in un'altra lingua,
non chiamarmi straniero.
Il tuo grano è simile al mio grano,
la tua mano, simile alla mia,
il tuo fuoco, simile al mio fuoco,
e tu mi chiami straniero!
Perchè in un altro popolo sono nato,
perchè altri mari conosco,
perchè un altro porto, un giorno, ho lasciato,
non chiamarmi straniero
È lo stesso grido che noi portiamo
è la stessa fatica che trasciniamo,
quella che sfianca l'uomo dalla notte dei tempi,
quando non esisteva nessuna frontiera,
prima che arrivassero quelli
che dividono e uccidono,
quelli che rubano, quelli là, gli inventori
di questa parola: straniero.
Triste parola ghiacciata, tanfo d'oblio e d'esilio.
Non chiamarmi straniero.
Guardami bene negli occhi,
ben al di là dell'odio,
dell'egoismo e della paura
e vedrai che sono un uomo.
No, non posso essere straniero!
(Anonimo)
BIBLIOGRAFIA
Storia dell'emigrazione italiana / a cura di Piero Bevilacqua, Andreina De Clementi, Emilio Franzina
L'orda . quando gli albanesi eravamo noi. G. Antonio Stella Rizzoli editore.
Con la valigia in mano. L'emigrazione nel feltrino dalla fine dell'ottocento al 1970
Articoli di quotidiani relativi agli argomenti trattati
Ricerca di informazioni su siti di emigrazione italiana
Appunti su: italia paese di emigrati e immigrati, le condizioni lavorative erano da schiavisti, |
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