Le risorse umane nell'azienda e nella società

Quando si parla di risorse umane, occorre distinguere tra le risorse dell'uomo che vive fuori dell'azienda e le risorse dell'uomo che vive nell'azienda. Esiste oggi una maggiore attenzione al senso, al significato da dare alla propria vita. Quello che è stato chiamato l'allineamento tra gli scopi e le strategie dell'azienda da una parte e quelli che sono i fini, le mete, i bisogni e i valori individuali dell'altra deve essere recuperato sempre di più. Bisogna dare più spazio a quella che è la risorsa umana.

La risorsa umana è ancora considerata per quanto riguarda la parte della professionalità, per ciò che una persona sa fare e deve fare, per le competenze tecniche che le sono richieste.

La persona invece ha molto di più: ha più istruzione di quanto le si attribuisca solitamente, ha doti umane, ha doti sociali, ha doti politiche (non partitiche) più importanti. Discutendo di capitale umano non si può in alcun modo omettere di considerare l'influenza che hanno le famiglie sulla conoscenza, sulle abilità, sui   valori

e sulle abitudini dei loro figli.[1]

Si ha la fondata impressione che molto spesso colui che lavora dentro all'azienda sia considerato molto meno di quanto egli in realtà sia. Si registra così un deficit motivazionale da parte di chi lavora, in quanto nei suoi confronti viene espressa una valutazione decurtata rispetto alle sue reali ed effettive potenzialità.

Il lavoratore sente di essere, sente di volere, sente di poter fare di più. Questo divario tra ciò che una persona pensa di essere e di poter fare e quello che fa dà luogo a tutta una serie di problemi che sono problemi di perdite aziendali e umane. Una persona può lasciar perdere di perseguire queste sue potenzialità perché magari la risorsa "soldi" vince sulle altre. Oppure la persona può mettersi in una posizione di distacco e di disaffezione verso quel lavoro che la riduce ad una pura funzione strumentale.

Oggi, malgrado tutto, si considera ancora l'organizzazione aziendale come un sistema, ma come un sistema chiuso, diviso sulle mansioni, diviso sui ruoli, diviso sulle competenze. Non si pensa che un sistema, come quello aziendale, è un'organizzazione, e quindi sempre un momento di una costruzione intersoggettiva, simbolica, che si va formando giorno per giorno, che non si può mai definire, che non si può mai irrigidire.

Il ruolo, cioè che ciascuno fa o sente di dover fare, è qualche cosa che deve valorizzare le risorse soggettive. La razionalità non è più la razionalità di tipo tradizionale.

"L'eccellenza nella gestione delle risorse umane è prima di tutto riscoperta delle risorse dell'uomo nella loro pienezza e totalità."[2]

L'impresa deve ricercare la "legittimazione sociale", cioè il soddisfacimento delle esigenze dei diversi soggetti, attraverso la moltitudine di relazioni pubbliche che ogni giorno intrattiene. Il capitale sociale si può considerare come l'insieme delle relazioni sociali di cui un soggetto individuale (per esempio un imprenditore o un lavoratore) o un soggetto collettivo (privato o pubblico) dispone in un determinato momento. Attraverso il capitale di relazioni si producono risorse cognitive, come le informazioni, o normative, come la fiducia, che permettono agli attori di realizzare obiettivi che non sarebbero altrimenti raggiungibili, o lo sarebbero a costi molto più elevati. Spostandosi dal livello individuale a quello aggregato, si potrà poi dire che un determinato contesto territoriale sarà più o meno ricco di capitale sociale a seconda che i soggetti individuali o collettivi che vi risiedono siano coinvolti in reti di relazioni più o meno diffuse.[3] La risorsa che alimenta la relazione è la fiducia.