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Le condizioni dei lavoratori nel mondo
Stabilità del posto di lavoro, nessuna discriminazione, salari dignitosi, sicurezza e igiene, libertà sindacale, contrattazione collettiva sono i punti universalmente riconosciuti. In alcuni paesi dove ancora oggi le condizioni di vita sono al di sotto del minimo vitale come il Brasile, la Costa d'Avorio, l'Indonesia, ecc. questi 'principi' sono soltanto parole.
La legge economica favorisce il grande proprietario terriero che vede il prezzo finale del suo prodotto decisamente concorrenziale e lo può vendere all'esportatore in maniera diretta senza intermediari. Il suo guadagno è dato dal basso costo del lavoro e dalla mancata intermediazione.
I diritti dei lavoratori riconosciuti dall'ONU a livello mondiale sono principi che nel campo pratico, nelle grandi estensioni, nelle costrizioni economiche sono spesso allontanati a causa della miseria in cui il bracciante si ritrova. Come sempre prevalgono gli interessi politici ed economici in una società ancora arretrata come da noi succedeva 50 anni fa.
L’occupazione
Esaminando la popolazione in relazione all’occupazione e al lavoro, la prima distinzione è quella tra popolazione attiva e non attiva. La prima comprende quanti hanno un impiego o lo cercano; include quindi i lavoratori temporaneamente disoccupati e i giovani in cerca del primo impiego, ma non chi non è mai stato inserito nel mondo del lavoro o ne è già uscito; pertanto ne sono esclusi le casalinghe, i bambini, gli studenti e i pensionati.
In realtà alcuni di questi gruppi, come gli studenti e le casalinghe, indubbiamente lavorano, ma non vengono compresi tra la popolazione attiva perché il prodotto del loro lavoro non dà luogo a scambi economici.
La percentuale di individui attivi sul totale della popolazione varia da paese a paese; è legata innanzitutto alla struttura per età (così nei paesi giovani tale percentuale è ridotta dall’alto numero di bambini), ma è anche fortemente collegata allo sviluppo economico: nei paesi poveri, infatti, anche tra gli adulti sono numerosi quanti non hanno mai svolto un lavoro retribuito e non hanno mai cercato un vero posto di lavoro.
La percentuale della popolazione attiva nei paesi industrializzati è molto maggiore che in quelli del Sud del mondo, anche se tra questi ultimi vi sono alcune eccezioni.
Bisogna tuttavia precisare che i dati sul lavoro possono essere falsati dal fatto che le registrazioni sono spesso approssimative e ignorano completamente il fenomeno del lavoro nero. In particolare viene occultato il lavoro dei bambini, che pure è assai diffuso, specialmente nei paesi del Sud del mondo.
Nei paesi di vecchia industrializzazione a economia di mercato il numero di addetti al settore primario è molto limitato, quello degli addetti al secondario è assai maggiore ma quello degli addetti al terziario è ancora più elevato.
In una situazione assai più varia si trova il Sud del mondo. Un tempo uno dei caratteri comuni ai paesi del sottosviluppo era l’alto numero di addetti all’agricoltura, che superava il 50% della popolazione attiva.
Oggi tali valori si trovano soltanto in un limitato numero di paesi, come Turchia, Etiopia e Thailandia, mentre in altri casi (Cile, Algeria) il numero di addetti al settore primario si avvicina a quello dei paesi industriali.
Il settore secondario raccoglie sovente una bassa percentuale di attivi, ma vi sono numerose eccezioni (Brasile 20%, Singapore 34%), che hanno valori simili a molti paesi “forti”.
Ciò tuttavia non indica un forte sviluppo della produzione industriale, ma la presenza di industrie tradizionali ad alta intensità di lavoro e a livello tecnologico arretrato.
Comune a tutti i paesi del Sud del mondo è un settore terziario con alto numero di occupati.
Si tratta di un settore a bassissima produttività economica, gonfiato dal piccolo commercio, da un impiego pubblico ipertrofico e, non di rado, anche da un apparato di forze armate e di polizia.
Nella popolazione attiva sono anche compresi disoccupati. La disoccupazione è un fenomeno diffuso sia nei paesi ricchi sia in quelli poveri, anche se spesso non si conoscono i dati.
Nei paesi industrializzati a economia di mercato una certa percentuale di disoccupazione, fino al 3-4%, è considerata fisiologica, in quanto esiste sempre, anche nei periodi di crescita economica; ma nei periodi di crisi o di ristrutturazione dell’economia il tasso di disoccupazione può anche superare il 10%.
Per i paesi del Sud del mondo i dati della disoccupazione sono poco significativi. Infatti, a volte mancano del tutto o rappresentano solo delle stime, ma anche quando esistono dati ufficiali essi non rispecchiano la realtà, in quanto buona parte della popolazione attiva nell’agricoltura, nel commercio e nei servizi è sottosviluppata.
I bambini senza infanzia
Uno dei principali problemi connessi all’esplosione demografica del Sud del mondo sono i “bambini di strada”: affamati, senza un tetto, spesso malati, senza possibilità di ricevere un’istruzione, essi rappresentano una drammatica testimonianza del degrado urbano.
Il fenomeno è legato al rapido processo di inurbamento di quei paesi: spinti dalla povertà milioni di persone si spostano dalla campagna alla città, in cerca di condizioni di vita migliori, e finiscono per vivere nelle squallide baraccopoli che circondano i centri urbani o addirittura per strada.
I bambini di queste famiglie, sia per sfuggire allo squallore delle baracche sovraffollate sia per trovare qualche lavoretto che permetta loro di guadagnare qualche spicciolo, vivono praticamente per strada: raccolgono stracci, lucidano le scarpe ai passanti, vendono giornali oppure cercano il cibo tra i rifiuti. Spesso arrivano a perdere ogni contatto con la famiglia, che solitamente si è sfasciata o si è trasferita, e molti finiscono per diventare delinquenti.
Il maggior numero di bambini di strada si trova in India: a Nuova Delhi, Bombay e Calcutta si contano circa 100.000 bambini di strada, a Bangalore 45.000. a Manila, nelle Filippine, tre milioni di persone, per metà bambini, abitano nelle baraccopoli e circa 75.000 bambini vivono per strada.
In America latina il fenomeno dei meniños de rua è particolarmente grave. Nelle “favelas”, le innumerevoli baracche che circondano le grandi città del Brasile, decine di migliaia di bambini vivono di accattonaggio e, non di rado, di piccola delinquenza: più volte i giornali hanno dato notizia di crudeli interventi punitivi nei loro confronti, anche da parte delle forze dell’ordine.
Negli ultimi anni il problema si sta aggravando anche in Africa, come conseguenza del rapido inurbamento: a Nairobi in quattro anni i bambini di strada sono passati da 16.000 a 25.000. un altro aspetto della negazione dell’infanzia è il lavoro minorile.
Centinaia di migliaia di bambini, in ogni parte del mondo, sono costretti a lavorare nei campi e nelle fabbriche, spesso molte ore al giorno e in condizioni quasi disumane, per una paga minima, sacrificando la salute e l’istruzione.
Il numero più elevato di bambini che lavorano si ha in Asia, dove, in alcuni paesi, superano il 10% della forza lavoro.
In Pakistan, per esempio, milioni di bambini sono costretti a lavorare nei campi, nelle fabbriche di tappeti (dove sono richieste mani piccole e agili) o nelle fornaci di mattoni.
In Thailandia, invece, i bambini vengono persino comprati e venduti per lavorare nelle case private, nei ristoranti o per essere avviati alla prostituzione. Il fenomeno è diffuso anche in Africa, dove si è stimato che, in alcuni paesi, il 20% dei bambini sia occupato stabilmente, e nell’America latina.
Neppure nei paesi industrializzati il lavoro minorile è del tutto assente; nella ricca Europa le percentuali più elevate si registrano in Italia e in Spagna.
Progetto “Rosso Malpelo”
Secondo i dati forniti dall’UNICEF oggi nel mondo vi sono 218 milioni di bambini che lavorano.
Tra tutte le forme di sfruttamento, quello dei bambini che lavorano nelle miniere è senza dubbio
il più odioso e intollerabile. Perché in miniera i bambini sono costretti a lavorare al buio, dentro cunicoli che sprofondano nelle viscere della terra, senza aria né luce, in ambienti malsani, in promiscuità con uomini che a causa del caldo spesso lavorano nella più completa nudità.
Ma quanti sono i bambini che ancora oggi lavorano nelle miniere?
Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil) sono più di un milione.
Ad aprile è uscito “Rosso Malpelo”, un film di denuncia e un progetto per liberare i bambini dalla schiavitù del lavoro diretto dal regista Pasquale Scimea.
Rosso Malpelo è stato girato in Sicilia, in quei luoghi dove una volta c’era il più grande bacino minerario per l’estrazione dello zolfo d’Europa e oggi c’è il Parco Minerario di Floristella-Grottacalda.
Il film è per un terzo finanziato con fondi della Comunità Europea (POR Sicilia) e per gli altri due terzi è finanziato dai soci dell’Arbash e dai lavoratori, dai tecnici e dagli attori che hanno deciso di prestare la loro opera con paghe al minimo sindacale.
Il progetto interesserà due comuni del Potosì in Bolivia; i comuni interessati sono: Atocha e Cotagaita.
La regione del Potosì si caratterizza per il territorio estremamente accidentato ed è da sempre conosciuto per i suoi giacimenti minerari, in particolare di stagno e argento. Le miniere sono di solito collocate nelle pendici dei picchi montani a quote spesso superiori ai 4.500 m. Nelle valli sottostanti le miniere, vivono i contadini, prevalentemente indigeni di etnia quechua.
Il Potosì è una delle zone più depresse della Bolivia. Secondo i dati statistici ufficiali il 64,1 % delle abitazioni è priva di elettricità, il 56,6% è senza acqua potabile, il 13,7% dei bambini sotto i 5 anni sono denutriti, il 74,99% delle donne partorisce da sola, il tasso di scolarizzazione tra i 5 e i 24 anni è appena del 41,1%.
Atocha e Cotagaita sono realtà molto diverse tra di loro: Cotagaita ha carattere essenzialmente agricolo e rurale; Atocha è profondamente segnato dall’attività mineraria.
Eppure queste due realtà risultano fortemente legate e interdipendenti per fattori generati direttamente e indirettamente dall’attività mineraria: migrazioni e contro migrazioni verso le miniere, flusso di prodotti alimentari inquinamento delle falde acquifere causato dalla lavorazione dei metalli.
Il comune di Atocha, ospita uno dei bacini estrattivi più grandi del paese: il centro minerario del Chorolque situato a un’altezza di 4.780 m. dove si estrae stagno, argento, antimonio e zinco, condizioni di sicurezza precarie. La popolazione totale presente nel comune é di circa 12 mila persone. In prossimità delle miniere, si creano aggregati urbani improvvisati, con ripari di fortuna, privi di servizi e infrastrutture.
In questi aggregati urbani, le condizioni di vita degradanti vanno di pari passo con una situazione sociale di forte crisi: alcolismo, prostituzione anche infantile, violenza, in particolare verso le donne.
Cotagaita è una cittadina agricola di circa 24.000 abitanti situata ad un’altitudine di 2.800 m. nella provincia di Nor Chica. I principali prodotti coltivati sono: pesche, pere, fichi, viti e in misura minore, mais e
Nel contesto descritto sopra, la realtà dei bambini che vanno a scuola è abbastanza precaria e le politiche pubbliche solo da pochi anni si stanno organizzando per dare un servizio più puntuale.
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