Il diritto del lavoro
L'attività
lavorativa, di qualsiasi genere essa sia, costituisce lo strumento principale
mediante il quale chi non dispone di capitali propri (la maggioranza delle
persone, dunque) ottiene il denaro di cui ha bisogno allo scopo di procurarsi i
mezzi di sussistenza. La retribuzione non è quindi solo il corrispettivo di
un'attività lavorativa, ma ha anche finalità
etico sociali, come del resto afferma l'art.36 della Costituzione, il quale
- oltre a riconoscere il diritto del lavoratore di ricevere un compenso
proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto - stabilisce anche
il principio che la retribuzione deve essere in ogni caso sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia
un'esistenza libera e dignitosa. Ciò rende di immediata comprensione
l'estrema importanza sociale del fenomeno lavoro. Del resto la Costituzione, a
somiglianza di molte costituzioni temporanee, colloca il lavoro al centro della
società (art.1 e 4 Cost.).
L'attività
lavorativa può essere invece svolta da una persona in modo autonomo, cioè senza vincoli
di dipendenza e a proprio rischio. In tal caso essa prende il nome di lavoro autonomo ed è disciplinata dalle
norme (di diritto privato) sul contratto
d'opera.
L'attività
lavorativa, infine, può essere svolta da una persona alle dipendenze e sotto la direzione di un'altra persona privata: in tal
caso prende il nome di lavoro
subordinato. Esso consiste nell'erogazione
da parte di una persona (detta lavoratore
subordinato) delle proprie energie
lavorative a favore di un'altra persona (detta datore di lavoro) in cambio
di una retribuzione in denaro.
L'attività lavorativa può essere svolta alle dipendenze dello
stato o di un altro ente pubblico: in tal caso essa è disciplinata dalle norme
del pubblico impiego.
Il lavoro
subordinato si distingue dal lavoro autonomo in quanto il lavoratore
subordinato è in condizioni appunto di subordinazione rispetto al datore di
lavoro, cioè esegue la sua prestazione lavorativa alle dipendenze e sotto la
direzione di quest'ultimo. Vi è subordinazione quando sono presenti i seguenti
due elementi indicatori fondamentali:
gli strumenti produttivi
e le materie prime sono forniti dal datore di lavoro;
il datore ha il
potere di organizzare il lavoro di ciascun dipendente e di coordinarlo con
quello degli altri dipendenti, correlativamente il lavoratore è sottoposto al
potere di organizzazione economica del datore. In altre parole, il rischio
economico derivante dall'organizzazione dei mezzi di produzione grava solo sul datore.
Molto frequentemente tanto un operaio quanto un
impiegato devono eseguire il proprio lavoro secondo le indicazioni fornite dal
datore di lavoro e dai suoi ausiliari.
Il lavoro subordinato è un fenomeno della massima
importanza sociale ed economica per varie ragioni. Anzitutto costituisce il rapporto sociale principale per mezzo del
quale viene prodotta la ricchezza. Oltre a ciò, costituisce lo strumento principale mediante il quale chi non dispone di capitali
propri può ottenere il denaro di cui ha bisogno allo scopo di procurarsi i
mezzi di sussistenza. A ciò va aggiunto che il lavoro subordinato impegna al massimo la persona e il tempo del
lavoratore e ne limita fortemente l'autonomia: può pertanto costituire un
significativo fattore di turbamento per l'esercizio dei suoi diritti di uomo e
cittadino.
La disciplina
costituzionale del lavoro subordinato
La Costituzione,
dedicando ampio spazio alla determinazione dei principi fondamentali del
diritto del lavoro, detta un insieme di norme che riveste una grande
importanza.
La politica
economica e la legislazione devono
«rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del paese» (art. 3 c. 2
Cost.). Ne consegue che i diritti spettanti al lavoratore come uomo e come
cittadino non devono subire influenze negative dovute a tale sua condizione:
pertanto la legislazione dev'essere tale
da offrirgli quella particolare protezione indispensabile per esercitare i suoi
diritti della personalità e i suoi diritti politici e sindacali anche
all'interno dei luoghi di lavoro. Le principali attuazioni concrete di
questa regola nella legislazione ordinaria sono costituite dalla legge 604/1966
sui licenziamenti e dalla legge 300/1970, nota come statuto dei lavoratori.
Tutti i cittadini hanno diritto al lavoro; correlativamente la politica economica realizzata dal governo e la legislazione approvata dal parlamento devono creare «le condizioni
che rendono effettivo questo diritto» (art. 36 c. 1 Cost.).
La retribuzione
che il lavoratore subordinato riceve dev'essere proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto, e in ogni caso sufficiente per assicurare
un'esistenza libera e dignitosa al lavoratore e alla sua famiglia (art. 36
c. 1 Cost.); anche sotto questo aspetto la protezione del lavoratore si
realizza imponendo numerosi limiti all'autonomia privata delle parti.
L'uomo e la donna
devono ricevere, a parità di
lavoro, lo stesso trattamento, in particolare la stessa retribuzione (art. 37 c. 1 Cost.). La principale
attuazione concreta di questa regola nella legislazione ordinaria è costituita
dalla legge 903/1977 sulla parità tra uomo e donna nei luoghi di lavoro.
I lavoratori sono liberi
di organizzarsi in sindacati e i
sindacati sono liberi di svolgere le loro
attività, senza subire controlli né da parte dei datori di lavoro, né da
parte dell'autorità pubblica (art. 39 Cost.).
Lo sciopero è un diritto e può essere
esercitato liberamente
(art. 40 Cost.).
La legislazione deve offrire una particolare protezione
ad alcune categorie che si trovano in determinate condizioni di debolezza,
quali le lavoratrici madri (art. 37
c. 1 Cost.), i minorenni (art. 37 c.
2 e 3 Cost.), gli inabili al lavoro e
i minorati fisici e psichici, oggi
comunemente detti handicappati (art. 38 c. 1 e 3 Cost.).
La legislazione deve prevedere e assicurare, mediante
«organi e istituti predisposti o integrati dallo Stato» (art. 38 c. 4 Cost.), mezzi adeguati alle esigenze di vita per
coloro i quali hanno perso in tutto o in parte, definitivamente o
temporaneamente, la propria capacità lavorativa a causa di «infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia,
disoccupazione involontaria» (art. 38 c. 2 Cost.). Le moltissime leggi
ordinarie in materia contengono una disciplina estremamente ampia, varia,
multiforme che costituisce il diritto
previdenziale.
Il contenuto del diritto
del lavoro
È proprio in funzione del lavoro subordinato
nell'impresa, a causa della sua fondamentale importanza sociale ed economica,
che si è venuta man mano costruendo nel corso degli ultimi due secoli una
disciplina legale assai ampia e analitica, che costituisce una branca autonoma
del diritto e prende il nome di diritto
del lavoro. La sua disciplina trova collocazione in molte fonti diverse: la Costituzione, le direttive
e i regolamenti dell'Unione europea,
il codice civile, le numerose leggi speciali, i contratti collettivi di lavoro.
Il diritto del lavoro viene abitualmente diviso in
diversi settori.
Il diritto
sindacale disciplina l'attività dei
sindacati dei lavoratori: in particolare disciplina la contrattazione (i
contratti collettivi) e le forme di lotta (lo sciopero).
Il diritto
privato del lavoro regola il rapporto
individuale di lavoro, intercorrente tra il singolo lavoratore, disciplina
l'assunzione del lavoratore, determina quali sono le obbligazioni reciproche
delle parti e secondo quali regole il rapporto si estingue.
La legislazione
sociale disciplina varie forme di
tutela pubblica dei lavoratori e ha a oggetto principalmente:
la tutela del lavoro
femminile e del lavoro minorile;
la tutela dell'integrità
fisica dei lavoratori;
la tutela dei lavoratori che si trovano in situazioni
quali malattia, infortunio, invalidità, vecchiaia, disoccupazione; quest'ultimo insieme di norme prende comunemente il
nome di diritto previdenziale.
I
sindacati
I sindacati sono
associazioni di lavoratori, che
perseguono lo scopo di difenderne i diritti e di promuoverne gli interessi.
Sono associazioni di diritto privato,
non riconosciute dall'autorità
amministrativa, e quindi dotate di un'autonomia patrimoniale imperfetta.
L'art. 39 c. 1 della Costituzione stabilisce che in
Italia «l'organizzazione sindacale è libera»:
ciò significa che chiunque può costituire un'organizzazione sindacale, che
chiunque è libero di aderire o meno a un'organizzazione sindacale, che
qualsiasi organizzazione sindacale può agire per tutela degli interessi dei
lavoratori che l'hanno costituita. L'art. 39 stabilisce poi che «ai sindacati
non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di
legge»: suo presupposto è che essi abbiano «un ordinamento interno a base democratica» (art. 39 c. 3 Cost.); sua
conseguenza è che essi possono costituire rappresentanze unitarie, composte in
modo proporzionale ai loro iscritti,
che stipulano contratti collettivi aventi
«efficacia obbligatoria nei confronti di tutti gli appartenenti alle categorie
alle quali il contratto si riferisce» (art. 39 c. 4 Cost.).
I contratti collettivi
I contratti collettivi sono stipulati tra le
organizzazioni sindacali dei lavoratori da un lato e le organizzazioni dei
datori di lavoro oppure un singolo datore di lavoro dall'altro lato. Essi
anzitutto determinano i diritti e gli obblighi reciproci delle organizzazioni
stipulati, inoltre, e soprattutto, hanno
la funzione di stabilire le regole che disciplinano ciascun singolo rapporto
individuale di lavoro, in aggiunta o in sostituzione alle norme di legge.
Il contenuto dei contratti collettivi consiste di
solito in:
una parte obbligatoria,
ove vengono stabiliti i diritti e gli
obblighi reciproci delle organizzazioni
stipulanti;
una parte normativa,
ove vengono stabilite tutte le regole
alle quali si devono uniformare i contratti individuali di lavoro.
Quest'ultima, a sua volta, contiene:
una parte economica,
ove vengono stabilite tutte le regole riguardanti la retribuzione e le sue maggiorazioni e integrazioni;
una parte normativa
in senso stretto, ove vengono disciplinati i diritti dei lavoratori aventi carattere non immediatamente patrimoniale,
come l'orario, le ferie, la progressione della carriera lavorativa ecc.
I contratti
collettivi hanno efficacia obbligatoria solo per gli iscritti ai sindacati che
li hanno stipulati. Nella prassi, tuttavia, si può ormai dire che i contratti
collettivi hanno, almeno in parte, efficacia obbligatoria nei confronti di
tutti gli appartenenti al settore per il quale sono stati stipulati
Lo
sciopero
Lo sciopero è il principale strumento di cui
dispongono i lavoratori subordinati per la difesa dei propri diritti e la
promozione dei propri interessi. Consiste nell'astensione dal lavoro collettiva e organizzata, volta allo scopo di sostenere determinati
interessi e rivendicazioni, di
carattere sia sindacale sia politico.
Lo sciopero con finalità politiche ha un limite,
precisato dalla corte costituzionale: non può essere diretto a sovvertire
l'ordinamento costituzionale esistente.
Si tratta di un diritto garantito dalla Costituzione
(art. 40), sicché gli scioperanti non devono subire per via dello sciopero
alcuna conseguenza negativa, tranne quella di perdere il diritto alla retribuzione per il tempo in cui hanno
scioperato. In particolare, qualificare lo sciopero come diritto dei lavoratori
subordinati significa in primo luogo stabilire che esso non costituisce un inadempimento contrattuale: pertanto non può
costituire un valido fondamento in base al quale irrogare sanzioni disciplinari
o licenziare; significa in secondo luogo che esso non costituisce un reato: pertanto qualsiasi incriminazione penale
dello sciopero sarebbe costituzionalmente illegittima.
La retribuzione
Il principale obbligo del datore di lavoro consiste
nel pagamento della retribuzione pattuita tra le parti.
Spesso il suo ammontare viene determinato in modo
indiretto, facendo riferimento alla retribuzione prevista per quella certa
qualifica dai contratti collettivi.
Essa deve essere comunque sufficiente
allo scopo di assicurare un'esistenza
libera e dignitosa al lavoratore e alla sua famiglia (art. 36 c. 1 Cost.).
Secondo l'interpretazione costantemente affermatasi a partire dagli anni
Cinquanta, è considerata "sufficiente" la retribuzione corrispondente ai minimi previsti dai contratti
collettivi. In questo modo la giurisprudenza ha finito con l'estendere a tutti i lavoratori i minimi
salariali previsti dai contratti collettivi, nonostante questi abbiano
efficacia, sul piano del diritto, soltanto nei confronti degli iscritti ai
sindacati che li hanno stipulati.