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Nasser, Gamal Abd el




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Nasser, Gamal Abd el

Nasser, Gamal Abd el, uomo politico egiziano, presidente dell'Egitto (1956-1970), fu a lungo il leader politico più influente del mondo arabo.

Nel 1938 fondò la società segreta rivoluzionaria dei Liberi ufficiali. In quegli anni l'Egitto era di fatto dominato da una ristretta classe di proprietari terrieri che possedeva un terzo della terra del Paese e controllava il Parlamento. L'Inghilterra continuava a esercitare un peso determinante sulle decisioni del governo, anche per la debolezza del re Faruq I, e i Liberi ufficiali cominciarono a organizzare un colpo di stato. La disastrosa campagna egiziana in Israele nel 1948 (vedi Guerre arabo-israeliane) fu il pretesto che portò alla rivolta dei militari, in seguito alla quale re Faruq venne deposto.

Il nuovo governo rivoluzionario adottò immediatamente provvedimenti radicali: la proprietà terriera venne ridotta o nazionalizzata e i partiti d'opposizione furono dichiarati illegali. Nel 1953 la monarchia fu abolita e venne proclamata una repubblica monopartitica. Inizialmente capo del governo fu il generale Muhammad Nagib, ma nel 1954 Nasser assunse il potere. Uno dei suoi primi atti di governo fu la stipulazione di un trattato con l'Inghilterra che pose fine ai 72 anni di dominio britannico in Egitto. Nasser venne ufficialmente eletto presidente nel 1956.

La sua politica estera fu improntata al non allineamento, ma i legami stretti con i Paesi sovietici provocarono un irrigidimento nelle relazioni con l'Occidente: nel 1956 l'Inghilterra e gli Stati Uniti ritirarono i finanziamenti per il progetto della diga di Assuan, e per ottenere nuovi fondi Nasser nazionalizzò il canale di Suez. Nello stesso anno, in risposta alla chiusura del canale e del porto israeliano di Eliat, gli israeliani, sostenuti dai francesi e dagli inglesi, attaccarono l'Egitto. Stati Uniti e ONU condannarono l'aggressione, l'Unione Sovietica minacciò l'intervento armato e gli invasori si ritirarono; un contingente delle Nazioni Unite fu inviato per allentare le tensioni tra Egitto e Israele.

Negli ultimi anni della sua vita, Nasser si dimostrò più favorevole a una conclusione diplomatica della crisi mediorientale.

Tito

Tito Pseudonimo di Josip Broz, uomo politico di origine croata, presidente della Iugoslavia (1953-1980). Dopo la seconda guerra mondiale costituì uno stato comunista indipendente dall'URSS, divenendo il leader delle nazioni non allineate.

Nel 1941 creò una forza di Resistenza partigiana interamente iugoslava, che si batté contro gli occupanti nazisti e i loro alleati fascisti della Croazia, gli ustascia di Ante Pavelić. Nel 1942 istituì un governo provvisorio a maggioranza comunista, che lo portò a scontrarsi con i cetnici, un movimento di resistenza serba che lottava per la restaurazione della monarchia. Dopo alcuni vani tentativi per riconciliare i gruppi rivali, nel 1944 gli Alleati diedero il proprio appoggio a Tito, che riuscì a respingere le forze nemiche fino in Austria e a occupare l'Istria.

Alla fine della guerra, Tito riunì sotto il proprio governo tutto il Paese (pur riconoscendo le etnie regionali), senza indire un referendum che scegliesse tra la restaurazione della monarchia o la costituzione della repubblica, instaurando così una dittatura fondata sul partito unico.

Agli inizi fedele seguace di Stalin, quando il leader sovietico criticò alcune sue decisioni Tito respinse qualsiasi ingerenza nella sua linea politica.

Negli anni Sessanta Tito si unì ad alcuni leader dell'Africa e dell'Asia per promuovere il concetto politico di 'non allineamento', ossia una posizione di neutralità nei confronti dei due blocchi, quello sovietico del patto di Varsavia e quello nordamericano della NATO. Una parziale riconciliazione con l'Unione Sovietica (1955) accrebbe ulteriormente il prestigio di Tito sia in patria sia all'estero. Egli appoggiò la politica sovietica di distensione con l'Occidente.

La sua linea politica e la parziale autonomia conservata nei confronti dell'URSS influenzarono la sfida che, negli anni successivi, Cina, Albania e i Paesi europei del blocco comunista avrebbero lanciato all'Unione Sovietica.

Terzo Mondo

Il terzo mondo è un termine politico che sta ad indicare globalmente i Paesi in via di sviluppo, contrapposti ai cosiddetti primo mondo (Paesi sviluppati, democratici e capitalisti) e secondo mondo (Paesi socialisti e comunisti che gravitavano nell'orbita dell'Unione Sovietica).

Il termine fu usato per primo dall'economista francese Alfred Sauvy agli inizi degli anni '50, per riferirsi ai Paesi 'non allineati' che rimanevano fuori dalla divisione nei due 'blocchi' sovietico e americano. Entrò nel linguaggio nel durante la conferenza di Bandung (Indonesia), per distinguere i Paesi in via di sviluppo dai Paesi ad economia di mercato e dai Paesi ad economia centralizzata.

Questi Paesi, per lo più ex-colonie africane e asiatiche situate nell'emisfero sud del mondo, dove sono concentrati gli Stati più poveri, intraprendevano allora il processo di sviluppo di una propria economia e di un modello sociale e culturale autonomo, che non fosse quello imposto o importato dagli stati coloniali.

Diversi per razza, religione, cultura e geografia, i Paesi del Terzo Mondo hanno spesso interessi contrapposti. Ciò non di meno, la maggioranza di essi ha concordato in questi anni sull'importanza dell'istituzione di un nuovo ordine economico internazionale che, mediante una combinazione di aiuti e accordi commerciali, attuasse un trasferimento di ricchezza dai Paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo.

Molti tra questi Paesi, soprattutto quelli che disponevano di risorse naturali, si sono affrancati dalle iniziali condizioni di arretratezza e hanno in diversi casi raggiunto livelli economici vicini a quelli dei Paesi industrializzati - è il caso della Cina, dell'India, di diversi Paesi del Sud-Est asiatico e dell'America latina - ma la gran parte continua a dibattersi in gravissimi problemi economici e sociali, acuiti dall'elevato debito internazionale contratto nei decenni passati e, spesso, da una politica neocolonialista delle potenze occidentali, che li costringe a uno sfruttamento selvaggio delle risorse naturali. Questi ultimi vengono generalmente e genericamente definiti anche come "Quarto Mondo", mentre per i Paesi che godono di un certo sviluppo economico sono entrate nell'uso altre espressioni, quella di "Paesi in via di sviluppo" e, più recentemente, quella di "Paesi meno sviluppati". Nel 2005, a distanza di quasi cinquant'anni dalla coniazione dell'espressione, i Paesi che allora costituivano il terzo mondo hanno subito evoluzioni diverse e non sono più raggruppabili in una singola realtà omogenea: molti Paesi asiatici si sono industrializzati massicciamente o comunque hanno sviluppato economie indipendenti ed autonome, mentre molti Paesi africani restano poveri ed economicamente arretrati. Per questo, di recente è stato coniato il nuovo termine di "quarto mondo" per indicare tale sottogruppo di Paesi.



Paesi non allineati


Nome della libera associazione composta da Paesi che, nel periodo della Guerra Fredda, non avevano assunto impegni formali con gli opposti blocchi, guidati dagli Stati Uniti d'America e dall'Unione delle repubbliche socialiste sovietiche (URSS). Il gruppo delle nazioni non allineate si formò dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando il mondo venne diviso nei due blocchi, comunista e capitalista, grazie all'iniziativa dei leader di nazioni che si erano appena liberate dalla dominazione straniera e che non intendevano contrarre impegni formali con nessuna grande potenza; fra questi, si ricordano Jawaharlal Nehru, primo ministro dell'India, Akmed Sukarno, presidente dell'Indonesia, Gamal Abd el Nasser, presidente dell'Egitto, Kwame Nkrumah, presidente del Ghana, Sékou Touré, presidente della Guinea, e Josip Broz Tito, presidente della Iugoslavia.

Da un punto di vista politico, il non allineamento differisce dalla neutralità, perché consente la partecipazione attiva agli affari internazionali; molti Paesi non allineati, infatti, si schierarono contro l'intervento statunitense nella guerra del Vietnam e contro l'invasione sovietica dell'Afghanistan. Oggi, dopo il crollo del blocco sovietico, le nazioni non allineate stanno cercando di ridefinire il proprio ruolo, in modo da adattarlo a un mondo che non è più diviso da tensioni ideologiche e militari in due grandi blocchi.


Terzomondismo

Atteggiamento diffuso nei Paesi occidentali negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, quando il raggiungimento dell'indipendenza da parte di molte colonie delle potenze europee stimolò la riflessione sul ruolo dell'Occidente nell'oppressione e nel sottosviluppo di molti Paesi africani e asiatici, radunati sotto l'etichetta di 'Terzo Mondo'. Inoltre, le rivoluzioni coronate da successo che ebbero luogo in alcuni Paesi del Terzo Mondo suggerirono che i valori culturali e politici elaborati in queste occasioni potessero fornire un modello d'azione politica valido anche per l'Occidente.

Uno degli elementi costitutivi del terzomondismo era la 'teoria del sottosviluppo', che intendeva spiegare i motivi per cui le colonie, nei momenti successivi alla conquista dell'indipendenza, si trovavano in genere in una grave situazione economica da cui il Paese non riusciva più a risollevarsi. Negli anni Cinquanta e Sessanta gli economisti marxisti suggerirono che la situazione era causata dalle politiche dei Paesi colonialisti, che si erano appropriate delle risorse delle colonie, portando sostanzialmente a termine un'operazione di esproprio su vasta scala.

Più rilevante, per quanto riguarda lo sviluppo di atteggiamenti terzomondisti, soprattutto nell'ambito dei movimenti di sinistra (e in particolare nei movimenti studenteschi), fu la valutazione estremamente positiva della lotta anticolonialista e il successo delle rivoluzioni in Paesi come Cina e Cuba, da cui derivò anche l'adozione di nuovi modelli di azione politica.


Il sottosviluppo


Alcuni Paesi che hanno subito a lungo la dominazione o l'influenza straniera, e se ne sono emancipati solo in tempi piuttosto recenti, sono riusciti a conseguire ottimi livelli di sviluppo ( si pensi per esempio all'Australia e alla Nuova Zelanda), mentre altri che hanno subito tale dominio (Afghanistan, Thailandia.) appartengono alla fascia degli Stati più poveri.

Il sottosviluppo si caratterizza in generale per la presenza di:

    Consistente incremento demografico;

    Inadeguatezza delle strutture produttive;

    Denutrizione, analfabetismo, carenze igienico-sanitarie;

    Inefficienza politico-amministrativa;

    Forti squilibri territoriali e accentuato gigantismo urbano.




Paesi in via di sviluppo


Espressione che designa i Paesi al di sotto di un determinato reddito pro capite. L'espressione presenta non poche ambiguità; infatti, con essa vengono accomunati Paesi che hanno caratteristiche sociali ed economiche molto diverse tra loro, da quelli la cui economia è basata ancora prevalentemente sull'agricoltura a quelli che invece hanno vissuto un significativo sviluppo industriale.

L'espressione developing countries venne utilizzata a partire dal secondo dopoguerra e rispecchiava la classificazione adottata dall'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) quando, nel 1949, il livello del sottosviluppo fu fissato al di sotto di un reddito annuo di 200 dollari pro capite. Si trovavano allora in queste condizioni settanta Paesi (cinque in Africa, diciotto in Asia, sedici nell'America latina e due in Europa, Grecia e Iugoslavia), che comprendevano il 70% della popolazione mondiale. Nel corso dei decenni, i dati economici e demografici mondiali si sono abbondantemente modificati, facendo crescere il numero dei Paesi in via di sviluppo e portando la percentuale che vive in condizioni di arretratezza cronica a superare l'80% della popolazione mondiale. La definizione di developing countries adottata allora si è rivelata un eufemismo: solo un ristretto gruppo tra essi è effettivamente riuscito a conseguire risultati di rilievo, come l'India, la Cina, la Corea del Sud, oltre alla Grecia e alla Iugoslavia (in cui tuttavia, dopo i conflitti civili degli anni Novanta e la separazione delle entità nazionali che la costituivano, la situazione è tornata a essere molto critica). Inoltre, nella maggior parte dei casi il divario con i Paesi sviluppati si è ulteriormente allargato e la definizione di "Paesi in via di sviluppo" ha perso la valenza socio-economica per acquisirne una politica, sostanzialmente affine a quella di Terzo Mondo.





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