Oltre il limite del burrone, l'eroe entra
nello spazio infinito e gli altri rimangono increduli a guardare il poeta
libero.
VITTORIO ALFIERI e il suo pensiero
politico
In tutta
la produzione dell'Alfieri, nella varietà dei generi letterari toccati (trattato,
tragedia, autobiografia, lirica) sono costantemente presenti due idee di fondo:
la rappresentazione di un particolare mito umano, di un particolare figura di
uomo e la celebrazione della libertà. Alfieri presenta una mitologia
umana che ha come elementi di fondo l'agonismo eroico, l'ansia di
assoluto e l'angosciosa coscienza del limite; secondo l'autore la risposta a
questo senso d insoddisfazione, il riscatto da questo amaro destino è il
suicidio, concepito come protesta alla vita. Alfieri riflette sul problema
della conquista della libertà e trova nel suicidio una possibile soluzione. I
trattati dell'Alfieri sono incentrati su due poli antitetici: la tirannide e la
libertà. Alfieri ricerca i meccanismi psicologici che interessano i due
personaggi: chi domina e chi deve ubbidire, chi è dominato dalla sete di potere
e chi dalla sete di libertà. Dal trattato Della Tirannide emerge questo
divario; l'autore analizza le caratteristiche del tiranno, gli strumenti di cui
si serve e i modi attraverso i quali gli uomini liberi possono sopportare o
eliminare questo giogo. La tirannide è una forza ostile all'uomo libero,
all'eroe, che è nutrito dall'odio verso ciò che limita la sua libertà, appunto
il tiranno. Tra l'eroe ed il tiranno non c è possibilità d intesa e rimane
quasi sempre vittima l'eroe, suscitando per reazione, nei lettori o nello
spettatore, amore per la libertà e odio per la tirannide. Il tiranno e la
tirannide non attengono alla sfera politica, non indicano una contingente
situazione storicamente determinata ma tutto ciò che limita l'uomo: è qualsiasi
cosa (per esempio la natura) o persona che impedisce la piena realizzazione
dell'uomo, la sua tensione all'infinito. L'odio nei confronti della tirannide
diventa vocazione all'assoluto, ansia di superare i limiti della
condizione umana per una piena e totale affermazione dell'io, del liber uomo.
Quando gli ostacoli diventano insormontabili e l'eroe si sente sopraffatto da
un destino che lo condanna alla sconfitta, egli ricorre al gesto disperato del
suicidio. Questo gesto non è considerato un atto di debolezza, bensì una prova
di coraggio e una protesta contro la natura e il destino, che hanno creato
l'uomo con un ansia di assoluto, d infinito e di eterno, senza dargli
l'opportunità di superare i limiti entro i quali lo hanno imprigionato. Quindi
Alfieri legittima il suicidio per liberarsi dalla tirannide ritenendolo
l'unico momento della piena affermazione di sé. Nella sue tragedie maggiori
(Saul, La Mirra, L' Agamennone, L' Oreste) il contrasto non è tra l'eroe ed una
forza a lui estrinseca (il tiranno e la società), ma tra l'eroe e una forza in
lui immanente, costituita dalle sue stesse passioni, che lo divorano
internamente e lo spingono alla morte, considerata come una liberazione, un
porto di pace in cui si placa finalmente il tormento interiore che lo corrode.
Mentre nelle tragedie minori d ispirazione politica è contenuto l'inno alla
libertà dell'uomo e l'incitamento a combattere per essa, le tragedie
maggiori contengono l'elegia della condizione umana di dolore e di
miseria. Quest'aspetto più profondo della tragedia alfieriana è stato
messo in evidenza solo dalla recente critica, mentre in passato si considerava
solo l'aspetto politico e nell'Alfieri si vedeva più il poeta della libertà
che il poeta dell'angoscia esistenziale. Il tema della libertà nella produzione
alfieriana da problema politico - sociale si scopre problema
esistenziale. La libertà che egli celebra è la libertà per l'uomo di
estrinsecare se stesso senza limitazioni e costrizioni: è quindi una libertà
esistenziale, non una libertà politica. Quindi la tirannide cui si oppone il
liber uomo è ben più che uno specifico regime politico: essa sta ad indicare l
insieme dei limiti che tiranneggiano gli esseri umani e ne impediscono la
realizzazione totale. L'ansia di assoluto, d infinito e di eterno che abita
l'animo dell'uomo lo condanna a una perenne inquietudine, insoddisfazione
e tristezza. Alfieri non s interessa dei vari modi attraversi i quali nella
concretezza dell'esperienza storica, si può arrivare alla coscienza e
all'esigenza della libertà, come sarebbe logico invece per un pensatore
autenticamente politico. Il trattato non interessa il dibattito politico
settecentesco. E comunque importante sottolineare che Alfieri fu conosciuto,
apprezzato ed amato dagli uomini del Risorgimento come odiatore dei tiranni e
ribelle, infatti questi lo proclamarono profeta dell'unità d Italia. Nel
Misogallo l'autore profetizza il giorno in cui gli Italiani cacceranno gli
stranieri e avranno un pensiero di riconoscenza verso di lui per averli
spronati con i suoi scritti alla lotta e aver intravisto questo destino. Le
opere dell'Alfieri presentano spesso un tono oratorio, infatti l'intento
dell'autore è di scuotere gli uomini dall'inerzia, dal torpore dell'ignoranza e
della rassegnazione; l'autore mira ad infondere in loro l'amore per la
libertà e l'odio per la tirannide. L'autore è contrario all'egualitarismo
(concetto illuministico), infatti ritiene inaccettabile parlare indistintamente
di uomo. Secondo l'ideologia alfieriana esistono diverse tipologie di uomini:
coloro che sono sensibili a questo giogo, che sono pochi, gli eroi e la massa,
che invece accetta la sottomissione. La concezione dell'autore è elitaria,
infatti egli ritiene che eroi non si diventa, si nasce. Il titano, l'uomo
libero è diverso dalla massa, che è schiava perché incapace di reagire, di
ribellarsi. Alfieri incarna questo ideale di eroe , che non si arrende ma
insorge; lo stesso autore afferma che colui che è più libero uomo è il poeta.
Secondo l'autore colui che può riconoscere ed in seguito reagire al male è
l'intellettuale. Nell'autobiografia La Vita Alfieri dà un immagine di sé che si
inquadra perfettamente nella tipologia umana da lui teorizzata: egli si
presenta al lettore come un personaggio di dimensione eroica, qual è quella che
caratterizza i personaggi delle sue tragedie.