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Verga e i malavoglia




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VERGA  E I MALAVOGLIA


Luchino Visconti li chiama "Valastro", Verga li chiama "Malavoglia"; sono due famiglie estremamente simili, vivono ad Aci Trezza, un paesino di pescatori in provincia di Catania, e sono costretti ogni giorno a subire lo sfruttamento dei grossisti di pesce. Affrontano il mare, un amico e un nemico nello stesso tempo, mentre le donne li attendono in casa ansiose di rivederli, ma consapevoli del fatto che ogni giorno potrebbero non rincasare.

Un'idea di Verga, che fu fonte di ispirazione per quella che doveva essere la "trilogia della miseria" di Luchino Visconti, ma che non andò mai in porto completamente.


Come scrive Verga ad un amico, "I racconti [cioè i romanzi] saranno cinque": Padron' Ntoni, Mastro-don Gesualdo, La Duchessa delle Gargantes, L'On. Scipioni e L'uomo di lusso.

Padron' Ntoni, dal nome del nonno dei "Malavoglia", sarà il romanzo che prenderà il nome di "I Malavoglia" e con questo titolo sarà pubblicato dall'editore Treves definitivamente nel 1881. La storia, un po' sfortunata, vede come protagonisti i membri di una famiglia di pescatori e si intreccia con le vicende di tutto il paese, che è la vera voce narrante. Il titolo del romanzo bisogna intenderlo con un significato antifrastico, in quanto esprime una qualità opposta a quella della famiglia, che è composta da lavoratori volenterosi. È tipico di Verga utilizzare nomi e appellativi ironici, come il nome della barca dei Malavoglia, La Provvidenza, che, nonostante il nome, è uno degli oggetti più sventurati del romanzo.

La famiglia è costituita da Padron' Ntoni, nonno, vecchio pescatore, fedelmente attaccato ai valori tradizionali siciliani, dove ciò che conta è il nucleo familiare, l'abitazione-nido dove tutti vivono insieme, la dedizione al lavoro e il rispetto dell'autorità; tutta l'esistenza è fondata sulla "religione della casa", simboleggiata dalla "casa del nespolo", l'abitazione dove tutti i Malavoglia hanno vissuto da sempre. Poi troviamo il figlio Bastianazzo, sposato con "La Longa", e i loro figli: 'Ntoni, il più irrequieto, sempre alla ricerca di novità, può essere visto come il "diverso" della famiglia, dato che probabilmente è lui l'unico vero "malavoglia", che non accetta le regole del nonno e non segue i valori della tradizione; Luca, umile lavoratore, esempio di sacrificio, che morirà da soldato al servizio dell'Italia; Mena, detta "Sant'Agata" perché sempre incollata al lavoro al proprio telaio, obbediente e rispettosa della famiglia, disposta a sacrificare se stessa per il nucleo; infine, i due più piccoli sono Alessi e Lia, che avranno un destino opposto: il primo, positivo, ricostruirà le sorti della famiglia, la seconda, negativa, finirà in città per prostituirsi, dopo essersi auto-esiliata in seguito alle " malelingue" del paese. Dallo scorrere delle vicende, si possono chiaramente individuare personaggi che incarnano i valori tradizionali, e che quindi si presentano "positivi", e quelli che, al contrario, appaiono come "negativi", cosiddetti poiché non si sentono come i membri della loro famiglia e si autoescludono allontanandosi dalla "casa del nespolo". I primi sono principalmente Alessi e la madre, i quali, fino al loro ultimo giorno, resteranno fedeli al nido e al nucleo familiare. Ad essi si oppongono 'Ntoni e Lia, i due giovani che lasceranno definitivamente Aci Trezza, in cerca di altro; "altro" che per 'Ntoni si tradurrà nella ricerca della modernità, del progresso e di tutto ciò che aveva scoperto a Napoli e che sapeva non avrebbe mai raggiunto la sua famiglia. È uno dei pochi personaggi per cui non vale "l'ideale dell'ostrica", quella concezione verghiana secondo cui il popolo siciliano resta attaccato alla propria terra di origine, come le ostriche al proprio scoglio. Inoltre, disubbidendo al nonno, il giovane Malavoglia creerà nel vecchio Padron'Ntoni una sorta di sconfitta, un fallimento interiore per non esser riuscito a tenere i due nipoti sulla retta via.

Il critico Romano Luperini, infatti, non vide nel romanzo un finale idillico, in quanto la famiglia non si ricostruisce totalmente, ma solo due componenti, Mena e Alessi, torneranno a vivere nella "casa del nespolo".

I Malavoglia possono essere intesi come un romanzo "bipolare", poiché da un lato emerge la famiglia protagonista, portatrice di valori tradizionali, legati alla propria terra di origine, ma dall'altro c'è il paese, il cui unico valore inizia ad essere il denaro.

Caratteristica fondamentale di Verga e del periodo verista è lo stile, in quanto si utilizza il discorso indiretto libero, il quale mette maggiormente in risalto l'immediatezza del parlato senza passare per le pause di punteggiatura: il narratore non introduce il discorso di un personaggio, ma filtra il discorso attraverso l'ottica del personaggio. Giovanni Verga applicò in modo coerente i principi della sua poetica nelle opere veriste composte dal in poi, dando origine ad una tecnica narrativa molto originale e innovatrice che si distacca dalla tradizione e anche dalle esperienze contemporanee sia italiane che straniere. Nelle opere di Verga non si avverte mai il punto di vista dello scrittore e la voce che racconta è allo stesso livello dei personaggi. Infatti, non capita nei romanzi di Verga che a raccontare sia il narratore 'onnisciente' tradizionale, come nel romanzo di Manzoni, che interviene in continuazione nel racconto a commentare o giudicare i comportamenti dei personaggi. Nelle opere di Verga a raccontare non è un personaggio in particolare, ma è il narratore che, mimetizzandosi negli stessi personaggi, pensa e sente come loro e adotta il loro stesso modo di esprimersi. Chi racconta potrebbe essere uno dei personaggi, che però non appare mai direttamente nella vicenda e rimane nell'anonimato. Un chiaro esempio che inaugura il nuovo modo di narrare di Verga lo troviamo nella sua prima novella verista, Rosso Malpelo, pubblicata nel 1878: 'Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo'. Da queste parole si rivela una visione primitiva e superstiziosa della realtà e tutta la vicenda viene narrata da questo punto di vista, cioè non quello del narratore colto, ma da uno qualunque dei vari minatori della cava in cui lavora Malpelo. Se capita che la voce narrante commenti e giudichi i fatti, non lo fa secondo la visione colta dell'autore, ma secondo la visione semplice e rozza della collettività popolare che, non riuscendo a cogliere le motivazioni psicologiche autentiche delle azioni, le deforma in base ai suoi principi di interpretazione. Di conseguenza, anche il linguaggio non è quello che potrebbe essere dello scrittore, ma è un linguaggio carente, caratterizzato da modi di dire, paragoni, proverbi e imprecazioni . La sintassi è elementare e a volte scorretta e in essa appare la struttura dialettale, anche se Verga non usa mai direttamente il dialetto e se deve citare un termine dialettale lo isola per mezzo del corsivo. Verga afferma di aver cercato, nelle sue opere, 'di mettere in prima linea, e solo in evidenza l'uomo, dissimulando ed eclissando per quanto si può lo scrittore".

Egli nelle sue dichiarazioni teoriche sembra dunque propenso verso una tecnica narrativa in cui la psicologia dei personaggi emerga solo dai dialoghi e dalle azioni, ma in realtà non tutti i suoi personaggi sono visti dall'esterno e non sempre si conoscono i pensieri e i sentimenti solamente attraverso i gesti e le parole. Capita anzi spesso che il punto di vista del racconto coincida con quello di un personaggio, in modo che noi, vedendo le cose con i suoi occhi, le interpretiamo attraverso i suoi giudizi e veniamo posti al centro della sua psiche. Se la riproduzione sincera della realtà oggettiva, con l'esclusione di ogni intervento giudicante dall'esterno, può condurre all'annullamento di ogni rapporto critico tra l'autore e la materia, Verga riesce, proprio grazie alla sua particolare tecnica narrativa, ad evitare questo rischio. Infatti, la regressione nella realtà rappresentata determina non un unico livello, ma un gioco di piani e di punti di vista. Viene così spesso, nei racconti di Verga, ad opporsi un punto di vista alternativo che è interno alla realtà, come nel caso di Rosso Malpelo, dove al mondo della miniera, che accetta in modo passivo i meccanismi della lotta per la vita, viene a contrapporsi il punto di vista del protagonista, che è illuminato da una sua consapevolezza critica. Così avviene anche nei Malavoglia, in cui si oppone alla realtà del villaggio, dominata dall'interesse e dall'egoismo, il punto di vista dei protagonisti, che è ispirato ai valori più puri e disinteressati, come la famiglia, l'onore, la generosità. Ma anche dove è dominante l'ottica della lotta per la vita, come nella novella 'La roba', il rapporto critico con la realtà non viene ad annullarsi. Infatti, proprio l'accettazione apparente della logica del protagonista, che sembra ignorare ogni senso di umanità e di generosità, viene a creare un forte attrito con il modo giusto di vedere le cose a cui l'autore fa riferimento in modo implicito. Verga, dunque, pur restando fedele al principio dell'impersonalità, non accetta, grazie alla tecnica dello straniamento, il lato negativo della realtà in modo acritico, ma fa scaturire dalle cose stesse il giudizio.




(Le immagini sopra riportate sono tratte dal film "La terra trema" di Luchino Visconti, 1948)



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Appunti su: le donne dei malavoglia in rapporto ai loro paesani, https:wwwappuntimaniacomumanisticheletteratura-italianoverga-e-i-malavoglia53php,



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