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Uno, nessuno e centomila - dalla critica di g. croci




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UNO, NESSUNO E CENTOMILA


Dalla critica di G. Croci


Come Mattia Pascal, il morto vivo dell'omonimo romanzo, Vitangelo Moscarda, protagonista di "Uno, nessuno e centomila", si trova impegnato in un disperato esperimento: quello di ricostruirsi un'esistenza svincolata dai condizionamenti imposti dalla natura e dalle convenzioni e di affermare la propria personalità autentica mediante un atto di libera scelta. L'occasione, per Mattia Pascal, è data da un equivoco che lo dà per morto e gli restituisce inaspettatamente

TRAMA

A un lungo monologo fuori di ogni convenzione esterna, è affidato il dramma di Vitangelo Moscarda, un uomo come tanti, che vive contento della propria condizione fino al giorno in cui la moglie, con ignara leggerezza, gli fa notare un'imperfezione del suo naso: Moscarda comprende di non essere quale egli stesso si è veduto sino allora, ma d'impersonare una realtà sfuggente e molteplice, in flessa dagli occhi altrui. Si sente annullato nella sua esteriorità, ed è questo il principio della follia. Abbandonato dalla moglie, costretto a vivere in un ospizio, si profila per lui una vera e propria morte civile, tanto più pietosa se si considera l'assurda banalità che ha provocato la crisi. Pirandello opera un'abile tecnica narrativa e analitica per analizzare il vulnerabile e problematico Moscarda facendone una delle figure più intense e umane.

TITOLO

È la sintesi dell'argomento svolto. Il dramma di un uomo che crede di essere uno come uomo, nessuno perché non era per gli altri quello che finora aveva creduto di essere, centomila perché ognuno lo vedeva in modo diverso.

GENERE: Romanzo.

PERSONAGGI

Il protagonista della storia è Vitangelo Moscarda, figlio di un usuraio e come tale usuraio anch'egli che vive tranquillamente fino all'età di 28 anni. L'inizio della sua pazzia risiede in un banalissimo caso. La moglie gli dice che il suo naso pende a destra. Comincia così la profonda crisi interire che lo conduce al manicomio. La moglie, notando gli strani atteggiamenti del marito che giunge a sbatterla sulla poltrona infuriato decide di ritornare nella casa del padre. Due suoi amici, che si erano sempre occupati degli affari della banca e che lo chiamavano solo quando c'era da firmare qualche carta sono sempre più convinti della sua pazzia. Tutti lo credono folle, anche coloro a cui il "nuovo" Vitangelo Moscarda aveva fatto qualche favore.

LA PARTE PIU'INTERESSANTE

La vicenda si svolge attraverso il lungo monologo che evidenzia tutti i pensieri e tutte le riflessioni del protagonista. La parte che mi ha fatto più riflettere e che mi ha interessato di più è quando Vitangelo rendendosi conto che per gli altri (a cominciare da sua moglie) era diverso da come era visto, cerca di scoprire se stesso. Passa intere giornate davanti allo specchio, per scrutarsi ma quello dello specchio non è lui: è un altro, un estraneo ed è proprio quell'estraneo che è amato da sua moglie e chiamato teneramente Gengè.

CONCLUSIONE

La vicenda si conclude quando Vitangelo Mocarda è chiuso in un ospizio. La goccia che fa traboccare il vaso è la vicenda con Anna Rosa, una ragazza di 25 anni, la migliore amica della moglie di Moscarda. Dopo l'abbandono della moglie, Anna fa chiamare Moscarda al convento delle suore con la scusa di dovergli parlare. Giunto al convento incontra Anna che percorre il corridoio, fa scivolare la borsa e subito parte un colpo di rivoltella che le ferisce il piede. È uno strano incidente: che ci faceva una rivoltella nella sua borsa? Ella si giustifica dicendo che la porta sempre con sé come ricordo di suo padre, morto qualche anno prima. Anna ritorna a casa e ogni giorno Vitangelo la fa compagnia. Un giorno mentre Vitangelo solleva la malata dal letto perché vuole sedersi è ferito da un colpo di rivoltella, tenuta sotto il guanciale. Alla fine del processo Anna viene discolpata e Vitangelo rinchiuso in un ospizio. Questa conclusione è logica perché porta alla chiusura in manicomio di un pazzo, o almeno creduto pazzo, dagli altri troppo attaccati alla mentalità della vita per rendersi conto delle riflessioni di un giovane figlio di un usuraio che si opponeva ai legami della società e alle condizioni che gli altri impongono.


LA TECNICA NARRATIVA

Egli sostenendo e applicando il metodo verista si atteneva alle regole della rappresentazione, alla descrizione attenta del particolare: sua legge fondamentale era soprattutto il principio dell'impersonalità. La realtà veniva ricostruita secondo una meccanica interna, attraverso la correlazione perfetta di causa ed effetti. In "Uno, nessuno e centomila" la sostanza della narrativa verista si è disvolta dando luogo ad un concitato ma lucido racconto-discorso della struttura astratta, tra il metafisico e il surreale.


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