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Una grande aspettativa per il Terzo Millennio
UN COMPUTER IN OGNI CASA?
Questi ultimi mesi del secolo, sono stati investiti da una grande febbre informatica. Qualcuno ha scritto che il nostro secolo ha visto passare tre generazioni, quella dell'auto, quella della televisione e quella d'oggi dei computer: le tre generazioni hanno quindi in comune un elemento, la mobilità, di persone, immagini, informazioni. La caratteristica del nostro secolo è perciò la velocità, una caratteristica che si riflette in molti aspetti della società. La moda per esempio non è che l'aspetto più evidente e frivolo di questa peculiarità dei nostri tempi. Nel bene e nel male gli uomini di oggi vivono un'epoca non priva di fascino e incanto, pur rimanendo ancora presenti tutti i drammi e le povertà.
Si affaccia così ai nostri occhi un'era nuova, che ha al centro uno strumento sempre più sofisticato, sempre più diffuso e sempre meno caro: il computer. Strumento che ingenera paura in molti, preoccupazione, diffidenza, mentre in altri, ancora una minoranza, anche se solida, entusiasmo, esaltazione, fanatismo: come d'altronde sempre è accaduto in presenza di scoperte che hanno cambiato radicalmente la vita quotidiana degli uomini. E non c'è dubbio che l'insieme delle novità che vanno genericamente sotto il nome di "informatica" cambieranno - sta già accadendo - il modo di vivere, di lavorare, di imparare, di comunicare. La fine del secolo perciò si caratterizza per questo elemento e paradossalmente per la paura che questo strumento ha diffuso e che va sotto il nome di «millennium bug». La paura cioè che alle 01-01-00 (cioè un minuto dopo l'inizio dell'anno 2000) tutto il sistema andasse in tilt. Se ne è scritto, si sono organizzati incontri internazionali e nazionali e soprattutto i grandi settori della finanza, telecomunicazioni, trasporti hanno investito immense risorse per evitare danni estesi e profondi. Le banche centrali di molti Paesi, Italia compresa, hanno stampato carta moneta aggiuntiva per il timore di un improvviso collasso di circolazione delle banconote, nella previsione di un forte accaparramento dei clienti.
Fra enfasi e paure millenarie (ogni millennio ha le sue) il problema della società dell'informazione si pone. Fino ad oggi, e non poteva essere diversamente, si sono privilegiati più gli elementi immaginifici e spettacolari, le curiosità; tutto è sembrato un grande gioco, per poche persone, un po' affette da manie, solitarie e notturne. La pianta informatica e telematica è cresciuta con rapidità, quasi come un albero equatoriale e i suoi frutti pendono luccicanti e accattivanti dai rami. Quanto tempo è passato dai primi elaboratoti grandi per volume, ma minimi per potenza che sfornavano schede perforate? Molto poco. Passando da Pisa, è consigliabile una visitina alla Domus Galilaeana per ammirarne un prototipo. L'industria dell'hardware ha fatto passi da gigante, quanto nessun'altra. Ha contribuito a cambiare il costume, il linguaggio, le abitudini, ma soprattutto ha distribuito nuovi poteri. Una profonda rivoluzione è in atto: la globalizzazione si è estesa grazie anche ai nuovi strumenti. Le case madri possono controllare e prendere decisioni come se tutto fosse ubicato nello stesso posto: il controllo è immediato e continuo, limitando al minimo il movimento di uomini e cose: invece dei materiali, si muovono le informazioni.
E' questa la vera rivoluzione, una rivoluzione immateriale, invisibile, impalpabile. Nulla sarà più come prima. Fine del primo atto. Il secondo atto sarà non meno entusiasmante e spettacolare: la sfida fra paesi e fra gruppi industriali. A nessuno sfugge che il Paese leader di questo processo sono gli Stati Uniti, forti del vantaggio della sperimentazione e della rapida industrializzazione del settore, la Silicon Valley, specie di paradiso terrestre dell'informatica, sembra già quasi superata: avanzano, infatti, nuove realtà, nuove industrie della tecnologia dell'informazione, anche in altre parti del mondo. E' giunto il momento di fare i conti in casa nostra, di vedere fino a che punto l'informazione, in tutte le sue forme, voci, dati e video, abbia raggiunto un livello accettabile. I dati di ricerche ad hoc non sono rassicuranti; l'Italia è in una posizione arretrata rispetto agli altri paesi occidentali. Gli elementi negativi che hanno contribuito a questa situazione sono vari: culturali, cioè una scarsa alfabetizzazione informatica, scarsa conoscenza dell'inglese, diffidenza verso le nuove forme di commercio elettronico. A ciò si deve aggiungere una modesta attenzione da parte delle autorità verso la rivoluzione informatica, così come un anacronistico conservatorismo culturale del sistema produttivo. È giunto il momento di convincersi che le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT), non solo Internet e personal computer, sono un fattore fondamentale per lo sviluppo economico, sociale ed umano.
C'è in atto un'innovazione che, passando per gli elementi fondamentali della struttura sociale, lavoro, commercio, educazione, consumo, giungerà, in tempi forse nemmeno cosi lontani, ad influire sui modelli di società e a toccare la stessa democrazia.
I dati economici che ci giungono dagli USA devono far pensare. L'industria dell'ICT è stata in quel Paese trainante dello sviluppo. La produzione di computer, semiconduttori, software, servizi e attrezzature varie hanno contribuito per il 30% alla crescita del Pil (prodotto interno lordo) creando ben 8 milioni di posti di lavoro. Anche la borsa è stata alimentata nel suo boom dai fasti dei titoli tecnologici. L'Europa è indietro. Prendiamo Internet come esempio. Una statistica del '98 ci dice che gli utenti di Internet sono stati in Europa occidentale quasi 34 milioni pari al 7,5% della popolazione, in Italia un milione e centomila, pari al 2% contro i 72 milioni e mezzo degli USA pari al 30%. Si impone quindi un recupero dell'intera Europa e dell'Italia in particolare: se non si accelera il processo di adeguamento, competitività e rilancio dello sviluppo ne soffriranno grandemente.
Se si vuol tenere il passo con gli altri Paesi, se non si vuol cadere in forme di colonizzazione dell'informazione, bisogna spingere per raggiungere velocemente obiettivi competitivi, mirando anche a quello della crescita dell'occupazione e della nascita di nuovi posti di lavoro particolarmente fra i giovani.
Il traguardo? Sembrerebbe quello di un computer in ogni casa.
Una bella sfida!
Per vincerla si impongono azioni concrete, volte a sostenere gli investimenti. In questo gli Stati Uniti ci possono insegnare qualcosa.
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