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Le nuove forme della letteratura cristiana




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LE NUOVE FORME DELLA LETTERATURA CRISTIANA


Le traduzioni della Bibbia

Le più antiche traduzioni della Bibbia venivano un tempo designate con l'espressione Vetus Latina (vetus rispetto a quella successiva di Gerolamo); oggi si è invece soliti adottare la denominazione più generica di Veteres Latinae, sottolineando la varietà e la molteplicità delle traduzioni circolanti nelle regioni cristianizzate.

Nate in ambienti umili e rivolte agli strati sociali più bassi della popolazione, queste traduzioni ricorsero a un latino assai semplice improntato sostanzialmente al sermo cotidianus. I cristiani trovavano del resto nelle parole di Gesù l'esortazione a un discorso tanto più vero e più sincero quanto più umile e comprensibile.

Non c'è dubbio che le traduzioni dei testi sacri abbiano avviato una trasformazione radicale della lingua latina. Il rifiuto di impiegare vocaboli propri della religione pagana e la necessità di ricorrere a termini nuovi per divulgare una dottrina estranea alla mentalità romana (con frequente ricorso a grecismi e semitismi) spingono i traduttori all'uso di una lingua che conserva ben poco della fisionomia classica.

Sul piano sintattico prevale la costruzione paratattica, accompagnata dal dilagare della caratteristica congiunzione et; scompaiono le proposizioni oggettive e soggettive all'accusativo + infinito, sostituite da proposizioni sostantivali introdotte da quod, quia, quoniam; l'indicativo sostituisce il congiuntivo nelle interrogative indirette; il complemento di tempo determinato viene costruito con in e l'ablativo invece dell'ablativo semplice; in luogo della perifrastica passiva, l'idea di necessità viene espressa con la perifrasi del verbo debere.


Per quanto riguarda la produzione letteraria, dal modello martirologico degli acta e delle passiones (il cui oggetto erano i martiri, tutti coloro che hanno testimoniato la loro fede fino al sacrificio della vita), discendono le <<vite dei santi>>, centrate sulle figure esemplari del monaco e del vescovo. Lo scopo è edificante: offrire modelli di virtù al pubblico dei fedeli, intrattenendolo con narrazioni semplici e avvincenti di fatti straordinari, spesso ambientati in luoghi esotici e remoti.

Accanto al modello martirologico, sulle <<vite dei santi>> influisce anche la biografia classica.


Altro genere letterario è il testo apologetico, che mirava a difendere la fede cristiana.

Due furono i fronti sui quali combatterono la loro battaglia gli apologisti, quello del giudaismo e quello del paganesimo; il secondo, per ragioni istituzionali, ben più impegnativo del primo. Chiari gli obiettivi: denunciare gli abusi giuridici dello Stato romano, imputato di discriminare ingiustamente la religione cristiana; confutare le accuse, spesso infamanti, indirizzate contro i cristiani; attaccare la stessa religione pagana, palesandone le incongruenze e le assurdità.


Grande importanza assume, all'interno della cultura cristiana, l'esegesi della Bibbia: interpretare un passo in un modo piuttosto che in un altro poteva avere forti ripercussioni anche nell'ambito della vita organizzativa ed istituzionale della Chiesa.


Diversamente dal mondo pagano, nel quale la poesia aveva sempre preceduto la prosa, la cultura cristiana sembra a lungo ignorare i generi poetici a favore di quelli prosastici. Varie le motivazioni: 1) il cristianesimo si diffonde fra strati sociali di basso livello culturale, che hanno scarsa dimestichezza con la poesia; 2) in quanto religione persequitata, il cristianesimo è inizialmente interessato solo a quelle forme letterarie (l'apologetica, il trattato, l'epistolografia) che permettono un rapporto più forte e più concreto con la realtà e con le esigenze della comunità; 3) la poesia appariva ai cristiani come la forma letteraria più rappresentativa del mondo pagano, e perciò da rifiutare.

La poesia cristiana nasce come preghiera, con finalità non estetiche ma culturali, per raccogliere la comunità intorno a Dio rafforzando lo spirito di carità e fratellanza. Manca invece, fino all'età di Costantino, un reale interesse verso la poesia nelle sue forme tradizionali.

Come scrive Agostino, l'inno nasce come un canto di lode e di preghiera che la comunità dei credenti eleva a Dio.

L'epos biblico in lingua latina diede origine a diversi poemi ispirati sia all'Antico che al Nuovo Testamento ma sostanzialmente modellati sul linguaggio dell'epos classico di argomento mitologico.

La poesia agiografica aveva come oggetto la narrazione miracolistica; altre espressioni di poesia erano la poesia agiografica, bucolica, epigrafica, l'autobiografia in versi.


AMBROGIO

Si impegnò nella lotta al paganesimo, nella salvaguardia della Chiesa dall'invadenza del potere imperiale e dell'ortodossia cristiana dagli attacchi interni, in specie dall'arianesimo.

Più della metà delle opere di Ambrogio sono esegetiche. In alcuni casi l'autore spiega versetto per versetto il testo sacro; in altri il passo biblico è un semplice spunto per discorsi di carattere morale.

L'Exameron è la prima raccolta di omelie in lingua latina che conosciamo; l'argomento è il primo capitolo della Genesi.

Particolare sensibilità Ambrogio rivela per i gravi problemi sociali che la crisi dell'istituzione imperiale e le imminenti invasioni avrebbero presto fatto esplodere. Negli ultimi anni di vita Ambrogio era particolarmente turbato dal dilagare dell'avaritia, considerata la radice di ogni male, soprattutto tra chi occupava posti di ptoere.

Partendo da episodi biblici, l'autore si scaglia contro le eccessive ricchezze: chi è ricco sarà escluso dal regno dei cieli, a meno che non distribuisca parte del suo patrimonio a chi è povero. Ambrogio non vuole discutere la legittimità della proprietà privata, fondamento della cultura giuridica romana: sostiene tuttavia il diritto di ogni uomo a fruire dei beni della terra. Descrive in quadri di grande forza lo stato di miseria e di rovina causato dall'ulteriore espandersi del latifondismo tardoimperiale, denuncia la disumanità di chi costringe un padre a mettere all'asta i figli per pagare i propri debiti, attacca le sopraffazioni dei potenti nei confronti di chi è povero e indifeso.

Particolare interesse Ambrogio rivolse durante gli anni della sua attività episcopale a problemi di natura pratica e morale. Una delle sue opere più significative è il trattato De officiis o De officiis ministrorum. Temi come quelli della giustizia e della proprietà, del riscatto degli schiavi, della frode, della speculazione, fanno di questo scritto non solo un trattato di morale ecclesiastica e individuale, ma, in un certo senso, anche un codice di morale sociale.

Un ampio numero di trattati è destinato da Ambrogio al tema della verginità, all'epoca particolarmente dibattuto. Ambrogio non sconsiglia il matrimonio, ma vuole illustrare ai suoi fedeli la santità di una vita casta.

Benché interessato più all'attività pastorale che a quella teologica, Ambrogio compose varie opere di carattere dogmatico; non originali sul piano speculativo, tali opere rivelano forza argomentativa e chiarezza concettuale.

Solo con Ambrogio, infine, nasce l'innografia liturgica occidentale. La struttura prevalente è quella di otto strofe di quattro versi ciascuna. I temi sono vari: si va dall'inno destinato al culto dei santi e dei martiri alle preghiere per le varie ore della giornata o per una festività religiosa. Il linguaggio è piano e accessibile, ma ricco di immagini vivide e potenti. Ambrogio non rinuncia al tradizionale apparato retorico della poesia latina.

GEROLAMO

Il rigorismo delle sue posizioni gli provocò l'ostilità degli ambienti cristiani più mondanizzati, tanto che nel 384 Gerolamo dovette abbandonare la capitale.

Anche se mediocri sul piano dottrinale, notevole interesse storico rivestono le opere di polemica religiosa; in esse Gerolamo dispiega tutto il tradizionale armamentario apologetico, puntando sull'asprezza dei toni (irrisioni, invettive, sarcasmi, attacchi ad personam) piuttosto che sulla sostanza degli argomenti dottrinali.

Di notevole importanza, soprattutto sul piano documentario, sono due scritti a carattere storico-letterario che non hanno precedenti nella letteratura latina cristiana: il Chronicon e il De viris illustribus.

Il Chronicon è il primo esempio latino cristiano di letteratura cronografica: contiene infatti gli avvenimenti fondamentali della storia del mondo, a partire da Abramo, disposti in tavole sincroniche su colonne parallele.

Il De viris illustribus, titolo mutuato da Svetonio, si compone di 135 brevi schede dedicate ad altrettanti scrittori cristiani di lingua greca: uno di essi è Seneca, sul conto del quale correvano da tempo leggende circa la sua conversione al cristianesimo; l'ultimo è lo stesso Gerolamo, che ci consegna un ampio autoritratto letterario corredato di un elenco delle opere fino allora composte. L'intento dell'opera è polemico: Gerolamo intende opporre "gli uomini illustri" della tradizione cristiana a quelli della tradizione pagana, rivendicandone la dignità letteraria e culturale (dal paganesimo tradizionalmente contestata, fino all'irrisione e al disprezzo).


AGOSTINO

Aurelio Agostino nacque nel 354 in Numidia, da Patrizio, un pagano convertito al cristianesimo solo in punto di morte, e da Monica, fervente cristiana che influì profondamente sull'educazione del figlio. Nel 386 avvenne la conversione al cristianesimo, vissuta come un radicale distacco dalle ambizioni mondane; nell'aprile 387 Agostino ricevette il battesimo da Ambrogio.

Agostino, nelle Ritrattazioni, divide le Confessioni in due parti: i libri I-X parlano di lui stesso, i libri XI-XIII consistono in un dettagliato commento dei versetti della Genesi relativi alla creazione del mondo. I libri propriamente "autobiografici" sono i primi nove; si tratta di un'autobiografia spirituale, in cui episodi marginali assumono un forte valore simbolico, mentre eventi fondamentali sono volutamente sottratti a precisazioni contingenti. Il libro X è una straordinaria meditazione sulla memoria. Questa mescolanza di introspezione psicologica e studio biblico dà un'impressione di debolezza strutturale, di disorganicità progettuale. Forse la chiave di volta del progetto agostiniano si trova proprio nel libro X, che fornisce la base teorica dell'avvicinamento tra l'uomo Agostino e Dio: indagando nella memoria, Agostino riconosce un'idea di felicità che prescinde dai sensi, verso la quale tutti naturalmente tendono. La vera felicità sottratta al trascorrere del tempo, è in Dio. Dio è nella nostra memoria: perciò il processo del ricordo ci riconduce da noi stessi a Lui.

Aspetti storici e apologetici si mescolano in un'altra opera di Agostino, La Città di Dio. Inquadrata in uno schema "esameronale", in base al quale si succedono sei epoche corrispondenti alle sei età dell'uomo e ai sei giorni della Creazione, la storia umana ha un momento di svolta nella venuta di Cristo: la fede cristiana è una possibilità di salvezza per tutti gli uomini. D'altra parte, la nascita di Cristo avviene nella pienezza del potere imperiale di Roma, in un regime di pace: Roma svolge quindi una funzione positiva di instauratrice dell'ordine. Ma il fratricidio da cui è nata ripete in modo inquietante l'uccisione di Abele, e anche Roma è segnata dall'oscura parentela col male che caratterizza ogni potere fondato sulla forza. Nell'Epistolario, infine, un tema illustra pienamente la fusione e l'interdipendenza di umanità e religiosità nella figura di Agostino: l'amicizia, impossibile senza Dio.

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