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"Una giornata di Ivan Denisovic"
Aleksandr Solzenicyn
L'autore: Aleksandr Solzenicyn (1918) è uno dei massimi scrittori sovietici del dopoguerra. Laureatosi in matematica, partecipò alla Seconda guerra mondiale. Benché decorato per due volte al valore, venne condannato per motivi politici (in una sua lettera era stata trovata un'allusione compromettente a Stalin) e deportato in un lager siberiano. La condanna a otto anni fu poi prolungata di altri tre, cosicché egli uscì dal campo di lavoro solo nel 1956. Venne riabilitato nel 1957, e poté guadagnarsi da vivere con l'insegnamento e cominciare a scrivere. Nel 1962 il romanzo "Una giornata di Ivan Denisovic" costituì un evento politico, prima ancora che letterario: per la prima volta si parlava direttamente, in un romanzo, dei lager staliniani. Durante il periodo brezneviano fu tra i capi riconosciuti del dissenso sovietico e questo lo espose a nuove persecuzioni e lo costrinse infine all'esilio negli Stati Uniti, da dove rientrò in patria solo dopo la caduta dell'Unione Sovietica. Alla sua produzione letteraria, percorsa da un'aspirazione al recupero della cultura religiosa e patriarcale d'altri tempi, appartengono tra l'altro i romanzi Divisione Cancro (1967) e Il primo cerchio (1969), anch'essi dedicati alle persecuzioni staliniane. Nel 1970 Solzenicyn ottenne il Premio Nobel per la letteratura.
Prefazione: Una giornata di Ivan Denisovic, è una storia di una prigionia in un campo di concentramento stalinista. I lager infatti non sono un'esclusiva del regime nazista. Anche se la violenza gratuita, gli esperimenti medici sugli uomini, le camere a gas, i forni crematori restano un segno distintivo dei lager nazisti, questo "primato" non può far dimenticare gli altri lager che nel nostro secolo hanno fatto la loro comparsa in diverse parti del mondo. Per esempio, i "campi di lavoro" operanti nell'Unione Sovietica durante il periodo staliniano, dove venivano rinchiusi coloro che, per qualsiasi ragione, erano sospettati di essere avversari, o potenziali avversari, del regime. Infatti Stalin, eletto segretario generale del partito comunista russo nel 1922, dopo il 1930 strutturò il suo potere in modo dittatoriale anche attraverso le "purghe", cioè processi e persecuzioni contro gli oppositori.
Le regole fondamentali dei lager staliniani erano quelle di ogni campo di concentramento: lo sfruttamento implacabile del lavoro dei prigionieri, fino allo sfinimento, la violenza, l'abbrutimento degli individui.
Questa realtà è narrata con grande efficacia e sobrietà da Aleksandr Solzenicyn, che trasse dall'esperienza personale la materia per il romanzo.
Il romanzo: Una giornata di Ivan Denisovic, è il racconto di una giornata qualunque di un prigioniero politico, rinchiuso nel lager perché sospettato di essere una spia dei tedeschi - e quindi un avversario del regime comunista- in quanto, durante la guerra, era stato catturato e fatto prigioniero dall'esercito nazista. Siamo agli inizi degli anni cinquanta, e Ivan Denisovic (detto Suchov) ha ormai scontato buona parte della sua pena. Le giornate del lager (il gulag) non possono certo riservargli alcuna sorpresa. La giornata descritta nel romanzo è come tutte le altre, anzi, casomai segnata da qualche piccolo evento fortunato (es. un mozzicone di sigaretta regalatagli da un compagno). E' proprio questo tipo di "normalità" a rendere ancora più efficace la denuncia del libro contro la brutalità che è diventata consuetudine, norma. La giornata "normale" è fatta di fatica (lavoro al cantiere), piccoli trucchi per sopravvivere (guardare il termometro senza alitarci sopra per paura che la colonnina di mercurio possa salire), vita e corruzione.
Nelle pagine iniziali, quelle del risveglio, il protagonista, il quale tiene molto al tempo che intercorre tra la sveglia e l'adunata (che egli considera "il tempo suo, non dello Stato"), è in genere tra i più pronti ad alzarsi, per sfruttare interamente quei momenti preziosi facendo qualche lavoretto straordinario. Nella mattinata descritta, però, Ivan Denisovic sente di non avere la forza di alzarsi, causa un leggero dolore di stomaco. Teme di essere malato, ma anche la malattia può essere un lusso nel gulag. Lava il pavimento, veloce fa colazione e se ne va con tutta la squadra 104 al lavoro nel cantiere fuori il lager. Intanto riflette su cosa accade a casa sua, nella sua terra, e parla delle lettere della moglie che raccontavano di un'attività che al paese ormai tutti svolgevano: dipingere tappeti. La moglie avrebbe tanto voluto che, quando fosse tornato a casa, anche lui avesse intrapreso quella strada, che fruttava molto denaro. Come una normalissima giornata di lavoro la squadra 104 torna al gulag e Ivan se ne va a letto immerso in mille pensieri divesi.
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