UNA DELLE ULTIME SERE DI CARNOVALE
A proposito
dell'ultimo lavoro veneziano, nei Mémoires Goldoni rievoca l'atmosfera della prima rappresentazione:
"La commedia ebbe assai successo; chiuse l'anno comico 1761, e la serata di
martedì grasso fu per me la più brillante, perché la sala risuonava di
applausi, tra i quali si sentiva gridare chiaramente: "Buon viaggio; tornate;
tornate senza fallo". Confesso che ero commosso alle lagrime". Commedia
allegorica e di congedo dal pubblico veneziano, Una delle ultime sere di Carnovale scorre sulla falsariga di un epilogo lieto ma
ugualmente doloroso, per nulla celato dai ritmi, come al solito gioviali e
sereni, degli intrecci d'amore che si sciolgono lungo la trama. Del resto era
fin troppo facile, per il pubblico che applaudì l'estremo saluto dell'autore,
riconoscere la controfigura di Goldoni nel
disegnatore di stoffe Anzoletto, in partenza per la Moscovia. I suoi discorsi con i tessitori (i comici) a
proposito dei suoi drappi (le commedie); i riferimenti alla dignità e qualità
del suo lavoro e alle prospettive che si sarebbero aperte con quel viaggio in Moscovia (Parigi), tutto questo diventa nella commedia lo
specchio fedele di una mancata fedeltà, quella manifestata appunto da Venezia,
la città sempre al centro, o quasi, dell'arte goldoniana.
Una città che ora tradiva lo scrittore e lo abbandonava, forse nel momento più
alto del suo impegno intellettuale e artistico. Anzoletto-Goldoni,
come e più di Isidoro nelle Baruffe, assume la maschera della partecipazione
diretta a questo dramma: non soltanto testimone esterno di una realtà distante,
ma soggetto stesso di una cerimonia degli addii che si prefigura struggente e
dimessa, percorsa da un filo sottile ma penetrante di amara malinconia.
Né gli anni
francesi saranno più ricchi di soddisfazioni: al contrario, Goldoni
sarà costretto al compromesso, alla riproposta degli antichi scenari dell'arte;
dovrà mediare più volte la sua volontà di proseguire la riforma con le
aspettative di un pubblico ancora legato ai canovacci e alle improvvisazioni di
Arlecchino. E soltanto quando si distaccherà dai repertori degli Italiens, potrà di nuovo regalare commedie brillanti,
tessute con maestria e grande mestiere, come nel caso del Ventaglio (1764),
della trilogia di Zelinda e Lindoro (1763-64), del Bourru
bienfaisant. Nel Ventaglio, che venne rappresentato a
Venezia nel 1765 nell'adattamento in italiano, Goldoni
utilizzava le atmosfere della vita quotidiana, tra nobili ricchi o decaduti,
affermati borghesi, artigiani e popolo minuto, percorsa da questo oggetto che
suscita sospetti e intrighi. Lo scenario dell'Éventail,
presentato alla Comédie Italienne
nel maggio del '63, non riscuoterà il successo sperato: Goldoni
anzi tornerà a invocare un ritorno in patria che, come si sa, non avvenne. La
sua straordinaria parabola teatrale, il percorso articolato di una riforma
portata avanti per quindici anni, si erano chiusi con Anzoletto,
nell'ultima sera di Carnevale, con quell'amarezza che si prova davanti alle
cose che si sono amate ma che si sono perdute.