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UMBERTO ECO, Il nome della rosa, Bompiani, 1981, pagg 505, prezzo non rilevato.
Umberto Eco è nato al Alessandria nel 1932. Dopo aver lavorato dal 1954 al 1959 come editore dei programmi culturali della Rai, negli anni Sessanta ha insegnato prima, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Milano, poi, presso la Facoltà di Architettura dell'Università di Firenze ed infine presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Dal 1959 al 1975 ha lavorato, presso la casa editrice Bompiani. Nel 1975 viene nominato professore di Semiotica all'Università di Bologna. Negli anni 1976-'77 e 1980-'83 ha diretto l'Istituto di Discipline della Comunicazione e dello Spettacolo, presso l'Università di Bologna. Numerose sono le sue collaborazioni, non solo a quotidiani II Giorno, La Stampa, Il Corriere della Sera, La Repubblica, Il Manifesto) e a settimanali (l'Espresso), ma anche a periodici artistici e intellettuali (Quindici, Il Verri, ed altri). Ha svolto ricerche su vari temi: sulla storia dell'estetica, sulle poetiche d'avanguardia, sulle comunicazioni di massa, sulla cultura di consumo, dall'estetica medievale alla semiotica ai vari codici di comunicazione artistica; la sua produzione saggistica è estremamente varia e vasta. Nel 1980 esordisce nel campo della narrativa con il romanzo dal clamoroso successo internazionale Il nome della rosa, sul quale nel 1986 è stato prodotto un film; nel 1988 segue un secondo romanzo Il pendolo di Foucault. Il 14 ottobre 2003, Umberto Eco è stato insignito dal presidente della Repubblica francese, Jacques Chirac, del titolo di ufficiale della Legion d'Honneur. Tra i romanzi più recenti troviamo Baudolino (2000) e La misteriosa fiamma della regina Loana (2004)
Il nome della rosa è un romanzo giallo - storico, diviso in sette capitoli, ai quali corrispondono le sette giornate durante le quali si svolge la vicenda, che contengono sette sottocapitoli, che corrispondono alla suddivisione delle ore liturgiche.
Il romanzo narra gli eventi accaduti in un'abbazia dell'Italia Settentrionale durante sette giorni, nell' anno 1327. E' la storia di un giovane novizio benedettino, Adso da Melk, e del suo maestro, Guglielmo da Baskerville, ex inquisitore.
Guglielmo, incaricato in una delicata questione diplomatica nel dover risolvere i contrasti tra diverse fazioni interne alla Chiesa, assieme al suo protetto Adso si trova a dover risolvere l'enigma di sette omicidi avvenuti all'interno dell'abbazia.
All'inizio i due visitano l'abbazia e conoscono tutti i monaci che vi si trovano. Da subito vengono a sapere della misteriosa morte di un monaco miniatore, Adelmo da Otranto, sulla quale a Guglielmo viene chiesto di investigare.
Il secondo giorno si apre con la scoperta di una seconda morte oscura, quella di Venazio da Salvemec, un esperto di temi greci, il quale viene ritrovato in un contenitore di sangue di maiale.
Guglielmo continua ad indagare, entra nell'Edifico ed egli concentra la sua attenzione sullo scriptorium e sulla biblioteca, famosa per la moltitudine di codici contenuti, alla quale è consentito l'accesso solo al bibliotecario; dopo aver scoperto un passaggio segreto, Guglielmo e Adso decidono di accedervi, ma a causa della struttura labirintica rischiano di perdersi.
Nel terzo giorno scompare Berengario. Durante la giornata Ubertino da Casale racconta ad Adso la storia dell'eretico Fra Dolcino. Il novizio entra da solo nella biblioteca, ne fugge spaventato e nella cucina dell'abbazia scopre una bellissima fanciulla che lo conquista e si unisce a lui. Al termine della giornata si scopre in una vasca piena d'acqua, il corpo di Berengario.
Nel quarto giorno Guglielmo e Severino esaminano il cadavere di Berengario, scoprono che ha la lingua nera, e si pensa che la causa della morte sia l'avvelenamento. Guglielmo, in seguito, fa confessare a Salvatore e a Remigio il loro passato da eretici, e nel mentre arrivano all'abbazia i rappresentanti dei minori e del Papa. Guglielmo ritenta ad entrare nella biblioteca, ma invano, e Salvatore è sorpreso con la ragazza amata da Adso, subito imprigionata con l'accusa di essere una strega..
Durante il quinto giorno si ha una discussione sulla povertà di Gesù e sul potere temporale della Chiesa, ma di nuovo un delitto riporta l'attenzione sui misteri dell'abbazia: Severino viene scoperto con la testa spaccata. Trovato al suo fianco, il cellario è accusato dell'assassinio. La giustizia nell'abbazia è ormai amministrata dagli ambasciatori del Papa e Ubertino da Casale si dà alla fuga.
Alle prime luci dell'alba del sesto giorno, si trova il cadavere di Malachia. Perlustrando il corpo, Guglielmo si accorge che, come la lingua di Berengario, anche i polpastrelli delle prime tre dita della mano destra di Malachia sono scuri, è il veleno. Il monaco comincia ad indagare più approfonditamente sulla storia dell'abbazia e in particolare sulla storia dei bibliotecari; egli scopre, infine, un passaggio segreto per accedere alla biblioteca e, con Adso, vi entra. Durante la loro incursione scoprono il sesto morto, l'Abate, morto per soffocamento. Nel punto più interno trovano invece il vecchio Jorge da Burgos. Nella biblioteca è conservato il secondo libro della poetica di Aristotele, che il vecchio ha sempre tenuto nascosto, impedendone assolutamente la lettura. Il libro era dedicato al riso. Per questo il vecchio ne aveva cosparso le pagine di un potentissimo veleno. Jorge tenta di distruggere il volume e appicca il fuoco alla biblioteca. Esso sarà il settimo morto. Va così perduto definitivamente il secondo libro della Poetica di Aristotele. Il romanzo si conclude con un ultimo folio che racconta che l'intera abbazia brucia per tre giorni e tre notti ma Adso e Guglielmo hanno già ripreso la loro strada.
Caratteristiche dell'opera: Il nome della rosa è difficile sia da leggere in termini di lingua, struttura sintattica e per chi non sa il latino perché ci sono molte frasi nella lingua latina, sia concettualmente perché alcuni discorsi trattano di argomenti filosofici e teologici. È un giallo ambientato nell'epoca medioevale, raccontato in terza persona, le vicende vengono narrate non in contemporaneamente rispetto a quando avvengono, ma a posteriori, quindi con la consapevolezza delle conseguenze e con la conoscenza di quello che sarebbe successo.
Idea di fondo del libro: "Ho scritto un romanzo perché me ne è venuta voglia" dice Eco nella postilla del libro della Bompiani, e ancora, "Avevo voglia di avvelenare un monaco". Lo scrittore trovò un vecchio quaderno dove aveva steso una lista di monaci in un convento imprecisato, da qui l'ispirazione. Fece alcune ricerche riguardo il veleno da utilizzare nel romanzo e ritrovò una grande quantità di materiale sul Medio Evo di varia natura. All'inizio voleva ambientarlo in un convento contemporaneo, poi, essendo un esperto e amante del Medio Evo, decise di ambientare la sua storia direttamente in quest'epoca storica. Racconta delle investigazioni di Guglielmo, ma se in principio voleva narrare solo di questa vicenda, più tardi si accorse che non poteva non citare, non riportare i fatti, le vicende che fanno da cornice e da struttura portante al romanzo. Così Il nome della rosa non è solo la storia di sette omicidi avvenuti in un'abbazia, ma anche un libro che descrive il Medio Evo sotto tutti i suoi aspetti.
Giudizio personale: ho trovato il romanzo piuttosto difficile da capire, sia nei concetti che nella lingua. All'inizio ne ero annoiata, poi, entrando nel vivo della narrazione, il giallo mi ha appassionato e coinvolto. Sono rimasta colpita dalla costruzione del thriller, da come ogni piccolo particolare è stato fondamentale per le indagini di Guglielmo, e dalla profondità con cui Adso, la voce narrante descrive il maestro. Non essendo un'amante dei gialli, posso affermare che mi è abbastanza piaciuto, anche se non lo leggerei per una seconda volta.
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