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Ugo Foscolo
Ugo Foscolo nacque il 6 febbraio 1778 a Zante una delle isole ioniche da padre veneziano e madre greca. Dopo la morte del padre egli si trasferì a Venezia, dove partecipò ai rivolgimenti politici del tempo manifestando simpatie verso Napoleone, salvo pentirsene amaramente dopo il trattato di Campoformio. Di qui andò in esilio volontario e si recò a Milano, dove conobbe Parini e Monti; passò poi a Bologna e a Genova dove combatte come Guardia nazionale. Nel 1804 fece parte in qualità di capitano dell'armata francese destinata allo sbarco in Inghilterra e visse in varie città francesi. Tornato in Italia, venne nominato professore di eloquenza all'Università di Pavia. Dopo l'abdicazione di Napoleone, abbandonò l'Italia per non dover giurare fedeltà agli austriaci e si rifugiò prima in Svizzera e poi a Londra, dove ebbe serie difficoltà economiche a causa delle eccessive spese e dovette lavorare per guadagnarsi da vivere. Ammalatosi di idropisia, morì il 10 settembre 1827 in un villaggio vicino Londra.
Visse a cavallo tra il 700 e l'800 ed è considerato il primo grande intellettuale dell'età neoclassica; per il periodo in cui nacque è un figlio naturale dell'illuminismo ed incarna in sé tutti i fermenti culturali del mondo in cui vive. Troveremo presenti e coesistenti in ogni sua opera tutti e tre gli elementi culturali che caratterizzano l'età a lui contemporanea (Neoclassicismo, Illuminismo, Preromanticismo). Non possiamo seguire analizzando l'opera di Foscolo un itinerario in cui distinguiamo una fase illuminista poi una fase neoclassica e infine una fase preromantica; troveremo soltanto opere in cui sono presenti insieme tutti e tre questi elementi (persino nelle Grazie, che sembrano un regresso culturale verso il neoclassicismo dopo gli slanci dei Sepolcri, troviamo ad una attenta analisi tutti e tre gli elementi).
La sua nativa Zante, che definì 'la culla della civiltà' restò la sua patria ideale e le dedicò un bellissimo sonetto (A Zacinto), mentre Venezia venne considerata la patria reale, dove si lasciò coinvolgere nei rivolgimenti politici del tempo. E' questo un periodo in cui il Foscolo perde di vista la razionalità e si lascia prendere dalla passione. Dopo essersi sottoposto ad un esilio volontario ebbe un momento di serenità innamorandosi di Teresa (forse la moglie del Monti); elementi autobiografici di questa parte della vita del Foscolo sono presenti nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis, ma l'autobiografia cede il passo alla fantasia e vengono presentati quegli ideali (chiamati poi 'illusioni') che permettono all'uomo, tornato alla razionalità, di avere ragioni di vivere abbastanza forti da impedire il suicidio. Nell'Ortis troviamo abbozzati tutti gli elementi che verranno elaborati nelle opere successive (gli ideali della patria, della poesia, dell'amore.). Il protagonista segue una direzione diversa dallo scrittore: Ortis arriva al suicidio, Foscolo no pur sempre aspirando alla pace e alla tranquillità nella sua travagliata esistenza. Un momento di serenità Foscolo lo visse nel contemplare le memorie dei grandi del passato, visitando le tombe di Santa Croce.
Foscolo fu illuminista, quindi ateo e credente nella materialità e nella meccanicità dell'esistenza; tuttavia visse il momento di crisi dell'illuminismo, ed alcune di quelle concezioni determinarono in Foscolo una visione pessimistica della vita. Foscolo aspira alla gloria, alla fama, all'eternità e la concezione illuministica (che vedeva la vita fatta di movimenti meccanici) limita la realizzazione di questa aspirazione, essendo l'uomo finito e soggetto alla morte. E' la realtà della morte che in Foscolo è causa del suo pessimismo. Egli vive la passionalità tipica dei giovani del tempo e comincia ad elaborare quella che sarà definita come 'la filosofia delle illusioni' pur continuando a considerare il valore della ragione (alla base del ragionamento di Foscolo c'è sempre un procedimento razionale). 'Le illusioni' danno un senso all'intera esistenza e contribuiscono alla convinzione di vivere per un qualcosa contrapposta all'idea del suicidio, sempre presente in Foscolo. Le illusioni sono la patria, la poesia, la famiglia, l'amore; e troveremo nei Sepolcri 'l'illusione delle illusioni': la poesia civile.
Accanto alla produzione maggiore (Ortis, Odi, Sonetti, Grazie, Sepolcri) ci sono altre opere, in particolare la fase didimea; è la fase dell'anti-Ortis, del viaggio in Inghilterra, del Foscolo maturo che ha abbandonato la passionalità e guarda con occhio critico ed ironico le cose della vita. Scrisse anche alcune tragedie (Aiace, Tieste e Ricciarda) ad imitazione dell'Alfieri, nel momento in cui questi raggiungeva l'esaltazione dell'agire passionale.
Le Ultime lettere di Jacopo Ortis
E' un romanzo epistolare, formato da lettere che si immagina vengano spedite al carissimo amico Lorenzo. Si tratta di un genere relativamente nuovo, e anche per questo la critica vi ha visto un'imitazione dei 'Dolori del giovane Werther' di Goethe; questo è vero per certi aspetti, ma a ben vedere riconosciamo che nel Werther è completamente assente l'elemento politico e che si segue un diverso iter narrativo (già dalla prima lettera sappiamo che Werther si suiciderà, mentre per Ortis quest'idea si sviluppa nel corso del romanzo). Sul piano letterario, Foscolo mentre compone l'Ortis ha come modello l'Alfieri passionale del suicidio titanico, e la sua intenzione era quella di dare al suicidio un valore dimostrativo. In Alfieri il suicidio titanico era un gesto razionale e cosciente, perché riteneva che solo così avrebbe potuto colpire l'immaginario collettivo; in Foscolo troviamo un relativo fallimento nel tentativo di creare un suicidio titanico, perché, preso da tante sollecitazione nel lungo corso della stesura dell'opera, che era stata concepita in embrione come tentativo di dare un senso alla vita dell'uomo tramite il suicidio, fa compiere ad Ortis, dopo una progressiva maturazione, un gesto di completa irrazionalità, e non un atto coscientemente voluto.
Odi
La composizione delle Odi è contemporanea all'Ortis e ai Sonetti, che prolungano in una più complessa armonia l'esperienza del poeta. Le Odi, entrambe del 1802, sono: A Luigia Pallavicini e Alla amica risanata. Sono entrambe composizioni in cui il Foscolo abbonda di immagini neoclassiche.
'Alla amica risanata'
Venne scritta in occasione della guarigione di Antonietta Fagnani Arese, molto amata dal Foscolo; in quest'ode viene riproposto il tema della bellezza recuperata dopo la malattia, ma comunque destinata a sfiorire. La bellezza, però, continuerà a sopravvivere grazie alla poesia eternatrice, che, in quest'ode rivolta alla bellezza, verrà poi rivolta nei Sepolcri ai valori civili ('E tu onore di pianti, Ettore, avrai ove fia santo e lacrimato il sangue per patria versato'), andando a conseguire la maggiore delle illusioni.
Nella prima parte dell'ode Foscolo celebra la bellezza dell'amica ormai guarita; lo stile è tipicamente classico, con un procedere lento, ricco di metafore, che vuole assaporare la bellezza descritta. Nella seconda parte si intraprende il tema della poesia eternatrice, facendo uso di riferimenti classici (Artemide, Bellona,.) volti a dimostrare come la poesia sia stata in grado di rendere immortale la bellezza mortale.
Sonetti
Nel 1802 il Foscolo pubblicò a Pisa sul 'Giornale dei Letterati' otto sonetti, ai quali aggiunse poi in un'edizione successiva altri quattro sonetti, che sono quelli più maturi dell'autore; lo spirito passionale e l'autobiografismo, già sperimentati nell'Ortis restano inalterati. Tuttavia l'autobiografismo viene racchiuso in una sfera ideale: Foscolo appare in prima persona ed i sonetti ruotano tutti intorno all'Io, cosa che non avverrà nei Sepolcri.
A Zacinto
Il sonetto A Zacinto canta la patria del Foscolo, non semplicemente come patria reale, ma soprattutto come patria ideale. Intorno a questo tema ruotano molti altri aspetti; l'esilio dalla patria, incarnato da Ulisse (che in Foscolo assume il ruolo dell'eroe 'bello di fama e di sventura' in quanto lottatore contro il destino avverso), il ruolo della poesia, incarnata nella figura di Omero (che per Foscolo simboleggia il poeta epico per eccellenza) ed infine, nella terzina conclusiva, il tema della tomba illacrimata. Non a caso il primo punto appare alla fine dell'undicesimo verso, ad indicare un momento di riflessione, e non di separazione, prima della terzina finale, immediata conseguenza dei versi precedenti; nei primi undici versi abbiamo un ritmo continuo con i termini che si intrecciano gli uni con gli altri ed ogni riferimento che si allaccia subito al precedente (Zacinto - greco mar - Venere - Omero - Ulisse - Itaca). E' impossibile commentare parola per parola questi versi senza entrare nella mente del poeta. Il tema della tomba illacrimata verrà riproposto, sempre legato all'esilio, nel sonetto In morte del fratello Giovanni.
In morte del fratello Giovanni
Composto nel 1802, in occasione del suicidio del fratello Giovanni Dionigi di fronte alla madre per un grosso debito di gioco, il sonetto 'In morte del fratello Giovanni' prende come uno dei modelli un componimento di Catullo, che cantò la tomba del fratello morto dopo averla visitata; Foscolo al contrario è convinto di non poter mai veder la tomba del fratello. Man mano che i versi procedono alla tomba del fratello si sostituisce quella di Foscolo, in conseguenza dello sviluppare la tematica della tomba: le tombe dei morti servono ai vivi. Foscolo ha una visione atea e non crede nella vita ultraterrena; così la tomba è un'illusione che serve al vivo per farsi ricordare dai propri cari. 'Solo chi non ha eredità di affetti' non si cura della sua tomba, tutti gli altri credono nell'illusione di poter lasciare un ricordo di sé negli animi dei familiari, cercando una risposta a quell'ansia di eternità che tormenta anche Foscolo, il quale cercherà di placarla con la poesia. Nella prima strofa il Foscolo sembra di volere andare veramente a vedere 'il fior de'tuoi gentili anni caduto', unito alla speranza che il suo esilio possa essere temporaneo. Ma questa speranza si poggia su qualcosa di molto vago come vediamo nell'ultima terzina ('questo di tanta speme oggi mi resta!'). Rimane l'illusione di poter essere ricordati dopo la morte, illusione che diventa lo scopo della propria vita. E' un'illusione perché non si basa su un ragionamento razionale. L'unica speranza per il vivente di sopravvivere dopo la morte è quella di essere ricordato come esempio per i posteri e di essere annoverato tra i grandi del passato. Quest'ultimo pensiero verrà perfezionato nei Sepolcri.
Alla Sera
Viene considerato come il più bel sonetto del Foscolo: 'esprime lo smorzarsi di un tumulto grande ma umano nello sconfinato sopore dell'universo' (Momigliano). Nel silenzio della sera il Foscolo si lascia andare ai suoi pensieri, rappresentando tutto il percorso compiuto nei sonetti, dal travaglio per l'esilio e per la tomba illacrimata fino a concludersi con un momento di quiete, in cui si desidera la morte per appianare i tumulti del giorno. C'è quasi un'accettazione virile dell'esistenza, con tutti i suoi dolori e i suoi travagli, che porta ad un ritrovare la pace, facendo propria quella pace che viene emanata dalla sera. Si tratta comunque di una pace momentanea, di un intervallo tra le afflizioni, in cui riesce a far dormire 'quello spirto guerrier che entro mi rugge'.
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