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"Non ero mai stato così solo. Solo ero nato. Solo avevo vissuto sino ad allora, Solo sarei morto un giorno [.] Non rimaneva più niente di ciò che eravamo stati. Niente dei nostri sogni. Niente del nostro modo di sorridere o camminare. Non restava più niente di niente di niente."
Il non essere com'espressione d'inquietudine del giovane protagonista del libro "Tutti giù per terra". Walter non è uno studioso, ma neanche un "perdigiorno"; non è un benestante ma neppure un poveraccio; non è una figura affermata nella società, ma nemmeno "l'ultimo degli ultimi". Chi è allora il primo attore del romanzo di Giuseppe Culicchia, pubblicato nel 1994? Il ventitreenne Walter è un ragazzo come tutti gli altri che si trova, negli anni novanta, ad affrontare la maturità, privo di reali punti di riferimento. Per lui solo qualche sogno. Per mantenere i suoi utopistici ideali quali l'amore e la vita vera, inoltre, si deve scontrare in ogni momento con la cocciutaggine di suo padre, operaio alienato da una società dove c'è spazio solamente per la carriera e i soldi, e con l'indifferenza della madre, troppo sottomessa alla figura del marito per aiutare concretamente il proprio figlio. Unico rifugio per Walter è la zia, libera da tutto e da tutti ma che, alla sua morte, lascerà il ragazzo solo con se stesso. Similmente accade con i suoi amici (personaggi minori dinamici) che all'inizio sembrano essere al di fuori della società, come lo lui, ma che alla fine si adatteranno completamente ad essa lasciandolo nuovamente derelitto. Walter, ama la lettura e la filosofia, ma all'università non c'è posto per uno come lui. Privo di qualsiasi attitudine e senza un lavoro, si ritrova come obiettore di coscienza al "Centro accoglienza nomadi ed extracomunitari". Qui si scontra con figure sociali diverse ma psicologicamente simili: dal suo fobico superiore alle fobiche maestre. Fobico, quindi, diventerà anche lui di fronte alla sua verginità giacché non è mentalmente capace di fare l'amore poiché non è innamorato. Alla fine del romanzo, però, quando finalmente lo avrà trovato ma non riuscirà a raggiungerlo, capirà che, pur non volendo, fa irrimediabilmente parte di quella società cui tanto cercava di sfuggire.
Il filo conduttore di tutto il racconto è, quindi, un pessimismo che tutto altera. Il romanzo stesso si lascia leggere volentieri grazie al suo stile breve e conciso. Questo, non è uno dei soliti libri che narrano le paure, i timori e le speranze delle giovani generazioni, ma piuttosto un'opera piacevole che racconta la storia di un ragazzo qualunque e dei suoi problemi, e questo lo rende particolarmente gradito.
Il film "Tutti giù per terra", è uscito nel 1997 e in esso, il regista Davide Ferrario è ben riuscito a trasmettere, tramite il film, le sensazioni suscitate nell'omonimo libro. Inquadrature asimmetriche e sghembe sono utilizzate per aumentare il disagio del giovane Walter, ben interpretato da Valerio Mastanderea. La colonna sonora che accompagna la visione, dialoga spesso con il protagonista facendo corrispondere ai pensieri di questi le parole del brano. Non corrispondono, invece, fabula e intreccio; effetto voluto per meglio ricalcare lo smarrimento del giovane protagonista, sballottato da una parte all'altra di una vita che non sembra appartenergli. La scenografia stessa rende evidenti aspetti, quali l'alienazione del mondo contemporaneo, che sono indirettamente criticati nel libro di Culicchia. Nel finale il regista mette in luce come un'uniforme possa contenere in sé un ruolo prestabilito. Walter ne diventa inconsciamente vittima e se ne rende conto solo quando avrà raggiunto la zingara, che aveva taccheggiato un capo dal negozio dove il ragazzo lavorava. A questo punto egli trova il modo di uscire dal suo ruolo predeterminato, lasciando libera la nomade che a sua volta la lo libererà dall'ossessione d'essere vergine. Nell'ultima battuta vi è una doppia immagine di lui e di suo padre, due figure che all'inizio sono esponenti di due mondi completamente diversi, ma che alla fine richiamano in un unico "assolo" la frase chiave di tutta la produzione: "Tutti giù per terra".
Confronto tra film e libro
Entrambe le opere sono pervase dal pessimismo caratterizzante la vita del giovane Walter, ma nel film il regista cambia il finale proposto nel libro, adottando una variante meno negativa e più ottimistica. Grazie all'immagine, Ferrario, è meglio riuscito a caratterizzare i personaggi minori, sfumandone i contorni o marcandoli quasi ironicamente. Così "il borghese è più borghese e il giovane sbandato è più sbandato". Messe da parte queste lievi differenze, il romanzo e la pellicola scorrono in sintonia anche perché il libro stesso è strutturato con capitoletti che riescono meglio a dare un'immagine filmica nell'insieme. Sia l'opera di Culicchia che quella di Ferrario, riescono, quindi, a darci l'immagine del piccolo mondo interiore del giovane Walter, caratterizzando, tramite parole o scene, quello che è il piccolo mondo interiore di tutti.
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