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Niccolo' machiavelli - opere letterarie




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NICCOLO' MACHIAVELLI - Opere letterarie



Nel Rinascimento l'attività letteraria è considerata nobile palestra dello spirito, anche da principi e pontefici; nell'ambiente fiorentino poi il culto dell'arte diviene un'aristocratica tradizione.

Machiavelli non può quindi certamente sottrarsi alla suggestione della poesia, anche se nelle sue mani il verso assume inconsciamente il ritmo della prosa (cosi come nelle mani dell'Ariosto la prosa inconsapevolmente si traduce in versi). Tra le composizioni minori si ricordano i Canti Carnascialeschi, i Sonetti, le Rime varie, in cui si avverte l'eco della spensierata Firenze del tempo.

Degni di menzione sono inoltre i due Decennali, in terzine e in stile popolaresco. Il "Primo" viene composto nel 1504 a celebrazione del decennio di fondazione della repubblica fiorentina; il secondo risale invece al 1509 e celebra il decennio di assunzione alla cancelleria. Il loro valore artistico è scarso, in compenso però sono estremamente interessanti, per la loro acutezza, i giudizi politici espressi insieme all'accorato dolore per le tristi condizioni dell'Italia e di Firenze, alle quali il Machiavelli vede come unico rimedio quello di "riaprire il tempio di Marte".


Oltre poi all'Asino d'oro, poema allegorico di otto capitoli in terza rima, satira della vita politica contemporanea, va ancora ricordata una novella scritta in età giovanile, Belfagor arcidiavolo, in cui l'autore riprende il vecchio tema misogino del diavolo che prende moglie; vi s'immagina che Plutone invii sulla terra Belfagor per aver conferma dell'asserzione di molti dannati che la donna è causa della maggior parte dei peccati umani.

Interessante il personaggio dell'astuto contadino, Giammatteo, che dopo aver sfruttato la situazione in cui Belfagor era venuto a trovarsi, indebitandosi fino al collo per la moglie, supera la resistenza del diavolo ad assecondarlo per l'ultima volta e lo costringe a tornare all'inferno.

Il brio, la piacevolezza di narrazione, la fantasia caratterizzano questa novella, l'unica mai scritta dal Machiavelli che ebbe successivamente l'onore di un rifacimento in francese da La Fontaine e di uno in inglese da parte di John Wilson.


Tra le opere teatrali, per la maggior parte di scarso rilievo letterario (Clizia, ricalcata sulla Casina di Plauto; una traduzione dell'Andria di Terenzio; un'imitazione andata perduta delle Nuvole di Aristofane) emerge certamente la Mandragola, scritta nell'otium di San Casciano e recitata per la prima volta a Firenze nel 1520; essa rappresenta certamente l'opera letteraria più importante di Machiavelli.

Si tratta ci una commedia di cinque atti e un prologo, che riprende la struttura della commedia regolare (vale a dire interamente scritta) cinquecentesca e ubbidisce all'acuto spirito di osservazione, oltre che all'accentuata concezione pessimistica della vita umana, che aveva permeato di sé tutte le opere politiche dell'autore; la squallida vicenda che ne costituisce la trama è, infatti, rappresentata con fare critico e distaccato, lo stesso con il quale egli giudica e rappresenta la storia.


Il vecchio e ricco messer Nicia ha sposato la bella Lucrezia e desidera, dopo anni di sterili nozze, avere un figlio. Callimaco innamorato di Lucrezia, si finge dottore e convince la giovane a bere una pozione di mandragola, miracolosa per il suo caso, ma tale da uccidere il primo che si avvicina alla giovane che l'abbia bevuta; per evitare tale iattura al marito si rende quindi necessario rapire uno sconosciuto che chiaramente sarà poi Callimaco.

L'inganno così ordito dal giovane riesce grazie all'acuto dei suoi complici: il parassita Ligurio, la madre di Lucrezia, accomodante e senza scrupoli, per complicità e per la finta ignoranza di chi deve "ignorare cosa ben note e infine Fra Timoteo avido e senza scrupoli, che conserva solo l'esteriorità del culto, (esso ricalca la figura del frate corrotto della tradizione novellistica).

Così Callimaco, "rapito", viene condotto da Lucrezia: le dichiara il suo amore e le svela l'inganno. La giovane accoglie il trionfo del male come una fatalità voluta dal cielo e da donna onesta si tramuta in "donna onorevolmente cattiva", per usare una tipica espressione machiavelliana, accettando da "vittima" una conclusione a lei non completamente sgradita.


La schietta e vivace comicità scaturisce dalla graduale delineazione del carattere di messer Nicia che, pur essendo "il più semplice e più sciocco omo di Firenze", moderno Calandrino (vedi Boccaccio), vuol giocare d'astuzia in un mondo di astuti, cadendo vittima a sua volta di un atroce beffa.

La grandezza della commedia, la cui trama rientra nella materia licenziosa della tradizione novellistica, e che non ha più nulla che ricalchi il teatro classico, è data dalla forza rappresentativa dei caratteri, dalla visione lucida e spietata di una spregevole umanità che in buona o mala fede persegue la soddisfazione dei suoi interessi e dei suoi istinti, sotto la maschera o in aperto spregio della morale.

Questa è per Machiavelli l'umanità di sempre, che egli contempla dall'alto senza colpirla direttamente, ma senza confondersi con essa; tale atteggiamento non va tuttavia confuso con il cinismo, l'autore della Mandragola mostra con il suo riso amaro una coscienza morale contristata e rassegnata al male: proprio in questo va riconosciuto il segno della sua profonda umanità e della sua tormentata poesia.






Che manifesta avversione alle donne.

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