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"E' stata un'onda mostruosa, molto più alta del bungalow dove ci trovavamo a cinque metri dalla riva. Io mi sono salvato perché mi sono trovato incastrato tra due alberi, trattenendo il respiro mentre l'acqua scorreva sopra di me. Mia nipote però non ha avuto questa fortuna", "il mare era nero e si era ritirato dalla spiaggia di almeno mezzo chilometro. Poi è ripartito all'improvviso, sembrava un muro altissimo che correva a perdifiato verso i palazzi".
Queste sono solo due delle migliaia di testimonianze di persone che hanno assistito all'immane tragedia dello tsunami il 26 dicembre del 2004. Lo tsunami, chiamato così dalle persone appartenenti ai territori asiatici, è un'onda anomala che solitamente si scatena a causa d'effetti sismici sotto-marini, i quali possono avere una forza più o meno distruttiva. Quello che ha colpito le coste dell'Oceano Indiano e di stati come lo Sri Lanka e l'Indonesia, il giorno di Santo Stefano, aveva una potenza distruttiva enorme, poiché era stato creato da un effetto sismico di magnitudo nove, gli studiosi affermano che questo è stato il peggior terremoto degli ultimi quarant'anni e il quarto più forte in tutto il mondo dal 1990.
I territori colpiti non erano solo luoghi d'immane bellezza ma anche, a causa delle vacanze di Natale, pieni di persone, in parte del luogo e in parte turisti. Lo tsunami però non ha risparmiato nessuno arrivando a causare più di 200.000 morti e un numero sproporzionato di dispersi.
A causa della mancanza d'acqua e d'ospedali liberi, la gente cerca di recuperare e di sotterrare il maggior numero di morti, per evitare pestilenze o malattie, che potrebbero essere causate dalla decomposizione dei cadaveri nelle acque del luogo.
Gli studiosi affermano di essere venuti a conoscenza dell'onda anomala prima che questa si sarebbe verificata, però la mancanza d'apparecchiature nel Sud-Est Asiatico ha impedito alle persone del luogo di poter essere avvertite. Sarebbe bastato un lasso di tempo di circa un'ora per portare la gente all'interno dell'isola: un piccolo spostamento di mezzo chilometro che avrebbe potuto salvare milioni di vite umane.
Ora ai telegiornali sento annunciare che il numero dei dispersi sta aumentando a vista d'occhio, che si stanno attrezzando quei paesi per un eventuale nuovo tsunami e che questi paesi sapevano di correre questo rischio; ma in realtà nessuno ha mai avvertito la popolazione o i turisti di questa possibilità, nessuno ha mai comunicato alla gente che la loro vita sarebbe potuta essere distrutta in meno di un secondo.
Infatti, se ci pensiamo bene, offrire ad un turista appena sceso dall'aereo alle Maldive un avvertimento di un potenziale tsunami nelle isole dove dovrebbe passare una tranquilla vacanza, non è il massimo della vita, stiamo pur certi che quella persona non passerà una bella vacanza e che il numero di turisti diminuirà col tempo.
La mancanza d'informazioni ha causato il vero disastro non l'onda anomala che ha colpito quei paesi, che in fondo non ha nessuna colpa poiché è naturale per il nostro pianeta avere questi effetti sismici; se non ci fossero questi eventi il nostro pianeta sarebbe morto, il nostro solo compito è fare in modo che questi avvenimenti non causino troppi danni, istituendo delle basi per il monitoraggio sismografico e sistemi di allerta sugli tsunami nei paesi più a rischio.
Ora che abbiamo avuto la certezza che neanche questo siamo in grado di fare, possiamo solo sperare che i danni causati in questi luoghi non aumentino con le malattie e le pestilenze. Kofi Annan, il settimo segretario generale dell'ONU, afferma che ci vorranno almeno dieci anni per ricostruire tutto, purtroppo io non sono così fiduciosa, perché se quei territori hanno adesso così tanta importanza per il mondo, fra circa tre mesi nessuno si ricorderà di loro e possiamo solo sperare che gli aiuti non cessino col tempo, ma che continuino imperterriti, per poter ristabilire quel piccolo paradiso di mondo tramutatosi in un inferno.
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