TECNICA
NARRATIVA E IDEOLOGIA VERGHIANA
Il Verga applica coerentemente i principi
della sua poetica nelle opere veriste composte dal 1878 in poi; e ciò da
origine ad una tecnica narrativa profondamente originale e innovatrice, che si
distacca sia dalla tradizione, sia dalle contemporanee esperienze italiane
straniere. Nelle sue opere effettivamente l'autore si eclissa, si cala nella pelle
dei personaggi, vede le cose con i loro occhi e le esprime con le loro parole.
Il punto di vista dello scrittore non si avverte mai, nelle opere del Verga: la
voce che racconta si colloca all'interno del mondo rappresentato , è allo
stesso livello dei personaggi. Non è propriamente qualche specifico personaggio
a raccontare; ma il narratore si mimetizza nei personaggi stessi, adotta il oro
modo di pensare e di sentire, si riferisce agli stessi criteri interpretativi,
agli stessi principi morali, usa il loro stesso modo di esprimersi. È come se a
raccontare fosse uno di loro, che però non compare direttamente nella vicenda e
resta anonimo; quindi i fatti non passano attraverso la lente dello scrittore:
siccome chi narra è interno al piano della rappresentazione, il lettore ha
l'impressione di trovarsi faccia a faccia con il fatto nudo e crudo. Tutto ciò
si impone con grande evidenza agli occhi del lettore perché il Verga , nei
Malavoglia e nelle novelle, rappresenta ambienti popolari e rurali e mette in scena
personaggi incolti e primitivi, contadini, pescatori, minatori, la cui visione
e il cui linguaggio sono ben diversi da quelli dello scrittore borghese. Anche
il linguaggio non è quello che potrebbe essere dello scrittore, ma un
linguaggio spoglio e povero, punteggiato di modi di dire, paragoni, proverbi,
imprecazioni, popolari, dalla sintassi elementare e talora scorretta, in cui
traspare chiaramente la struttura dialettale (anche se Verga non usa mai
direttamente il dialetto, ma sempre e solo il lessico italiano; tanto che se
deve citare un termine dialettale lo isola mediante il corsivo).
Al fondo della visione del Verga sta un
giudizio radicalmente negativo sulla società umana. Lo scrittore ha sotto gli
occhi la realtà italiana degli anni 1870 1880, che vede gli inizi di uno
sviluppo dell'economia in senso capitalistico e il primo avvio, in alcune zone
d'Italia, ad un processo di industrializzazione che preannuncia la
trasformazione di un paese agricolo e arretrato in un paese moderno. Verga, dal
suo punto di vista di proletario agrario del sud, legato ad una realtà arcaica
ed immobile, che conosce bene le condizioni delle masse contadine, respinge
polemicamente questa realtà. Il progresso gli appare si grandioso ed epico, ma
egli vede anche chiaramente i suoi inevitabili risvolti negativi, lo sfrenarsi
delle ambizioni e degli interessi, la negazione di tutti i valori, il trionfo
dell'utile e della forze, lo scatenarsi degli antagonismi tra classi sociali e
individui la durezza dello sfruttamento e dell'oppressione sui più indifesi.
Questo quadro desolato del vivere sociale per Verga, però, non è limitato al
mondo presente, nella sua visione il meccanismo delle sopraffazioni e delle
sofferenze è una legge di natura, che governa qualsiasi società, in ogni tempo
e in ogni luogo. Nel Verga vi è la consapevolezza di un destino doloroso e
della sua invincibilità, vi è la coscienza assoluta dell'impossibilità di
migliorare l'avvenire dell'uomo. Contrariamente a quella fede nel progresso
dell'uomo che vediamo illuminare gli scritti degli autori di questi periodi,
nel Verga vi è la radicate convinzione che il dolore è la dura legge della vita
al cui rigore nessuno può sfuggire. Il verga sente una pena infinita per la
sofferenza materiale e morale dei suoi personaggi, per i quali non riesce
nemmeno a suggerire un rimedio. Il suo dolore non giunge alla disperazione
perché il male non può distruggere la dignità dell'uomo, anzi la fortifica e la
ingigantisce, impegnando l'uomo stesso in una lotta da cui egli ritrae fierezza
e nobiltà. Contrariamente al naturalismo francese che considerando l'uomo un
prodotto dell'ereditarietà e dll'ambiente, nega il libero arbitrio, il verismo
non arriva a tanto e riconosce all'uomo, la sua libertà di pensare e di agire,
anche se essa è schiacciata dalle forze avverse della natura e dell'egoismo
brutale dell'uomo stesso.