Riassunto:
"La
patente" di Luigi Pirandello
Il giudice D'Andrea, persona ordinata e meticolosa nello
svolgere il suo lavoro, aveva ancora in sospeso un caso che lo lasciava molto
perplesso, al punto di far chiamare il querelante per convincerlo a ritirare la
querela, che alla fine lo avrebbe penalizzato ancor di più. Il caso, dunque,
era il seguente: un uomo, Rosario Chiàrchiaro, sporse
querela contro dei ragazzi che avrebbero fatto dei gesti osceni per fuggire
dalla presunta iella che portava l'uomo vittima dell'accaduto.
Naturalmente
il giudice non avrebbe mai potuto incriminare i due ragazzi querelati per un
così banale fatto e alla fine la fama di iettatore di Chiàrchiaro
si sarebbe ancor di più diffusa ottenendo l'effetto contrario di quello
desiderato.
Quando Chiàrchiaro arrivò
nell'ufficio si presento con il tipico aspetto di uno iettatore e ammise
addirittura di esserlo, il giudice sbigottito dalla sua apparente incongruenza
gli chiese perché inizialmente aveva querelato i ragazzi che lo ritenevano uno
iettatore se poi Chiàrchiaro si riteneva tale; egli
rispose che in realtà voleva che la gente lo ritenesse uno iettatore per essere
pagato affinché non portasse iella ad essi, e a prova del suo potere voleva
avere un riconoscimento ufficiale di iettatore: una "patente"!