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Recensione del libro:
"Il nome della rosa" di Umberto Eco
Devo ammettere che iniziare questo libro è stato alquanto faticoso. Inizialmente sono stata condizionata dalle opinioni delle mie amiche che mi sconsigliavano vivamente di non cominciare a leggerlo se non volevo rischiare di morire di noia. Ho rimandato quindi sempre il suo inizio, continuando a leggerne un altro. Poi però, dopo aver visto anche il film, ho preso il coraggio a due mani e, interrompendo la lettura dell'altro libro, ho iniziato "Il nome della rosa". E non me ne sono affatto pentita, perché è stato veramente appassionante! Sarà perché adoro i gialli in generale, sarà perché questo è diverso dagli altri, incomprensibile fino all'ultimo, che mi ha tenuta col fiato sospeso fino a che il colpevole, (insospettabile!) non viene scoperto.
Il romanzo è ambientato nel Nord Italia, in un'abbazia di monaci benedettini, verso l'anno 1327, quando vi giungono Guglielmo da Baskerville, monaco francescano, ex inquisitore e consigliere dell'Imperatore, insieme a Adso da Melk, giovane benedettino e narratore del romanzo. Guglielmo è stato incaricato di indagare sulla morte di un monaco dell'abbazia e di fare da mediatore tra la delegazione papale e quella francescana che, in quei giorni, si sarebbero incontrate nell'edificio. Appena arrivati, l'abate Abbone rivela ai nuovi arrivati un avvenimento che ha sconvolto il normale ordine dell'abbazia: un monaco, Adelmo da Otranto, era stato ritrovato morto in un precipizio oltre le mura dell'abbazia. Pregandoli di indagare sul delitto, pone loro solo un limite, quello di non entrare mai nella biblioteca, luogo in cui hanno accesso solo il bibliotecario Malachia e l'aiuto bibliotecario Berengario. Guglielmo inizia le indagini, sotto gli occhi curiosi e attenti di Adso, recandosi alla riunione dei monaci dell'abbazia. Fa la conoscenza di Salvatore, un monaco deforme che parla una lingua sconosciuta, mescolanza di molte altre, di Ubertino da Casale, uomo intransigente che sicuramente sarebbe potuto diventare uno di quegli eretici che Guglielmo avrebbe mandato al rogo, di Venanzio, un ellenista erudito, di Jorge, un vegliardo cieco divorato da un orgoglio smisurato e che disprezza il riso umano, di Severino, un curioso erborista ed infine di Berengario. Con ciascuno di loro avrà incontri individuali che gli consentiranno di scoprire alcune norme e segreti dell'abbazia. Sarà tra loro il colpevole della morte di Adelmo. o il monaco si è veramente suicidato?
Il giorno dopo, Guglielmo e Adso continuano le indagini ma viene scoperto un altro cadavere, stavolta in un barile di sangue di maiale: è quello di Venanzio. Parlando con i frati dell'abbazia Guglielmo apprende che Berengario aveva rivelato un segreto della biblioteca ad Adelmo per comprare il suo amore e che successivamente Adelmo era stato visto insieme a Venanzio. Guglielmo deduce quindi che Adelmo si è tolto la vita per il rimorso del peccato carnale commesso, e scopre inoltre che la morte di Venanzio avrebbe a che fare con uno strano libro celato nella biblioteca e che alcuni libri vietati della biblioteca portano, nel catalogo, la menzione di "finis africae". Durante la notte, Guglielmo e Adso si avventurano nello scriptorium per frugare sotto il banco dove lavorava solitamente Adelmo: scopre una preziosa pergamena che ha a che fare con il "secretum finis africae", e incrocia una misteriosa persona che è riuscita a precederli sottraendo un libro nascosto sotto il banco di Venanzio. Chi sarà la misteriosa figura? E soprattutto. è anche il responsabile degli omicidi?
Il terzo giorno di permanenza è caratterizzato dal ritrovamento del cadavere di Berengario nei balnea. Parlando con Severino l'erborista, Guglielmo scopre che la morte è stata provocata da un veleno che lo stesso erborista ricordava essergli stato sottratto parecchi anni addietro.
Il giorno successivo giungono all'abbazia le delegazioni dei minoriti e degli avignonesi, questi ultimi guidati da Bernardo Gui, noto inquisitore dell'epoca. Nella notte Guglielmo e il suo allievo si recano nella biblioteca dove apprendono che a ogni sua zona è assegnato un nome, tra i quali è presente anche la scritta "Africae": la pergamena recuperata precedentemente, dunque, avrebbe dovuto dare la chiave per entrare in una stanza segreta situata in quella zona della biblioteca. Cosa nasconde questo luogo nascosto? Ce la faranno Guglielmo e Adso a scoprire l'entrata e il segreto che cela? Ma soprattutto, chi è l'autore della catena di omicidi (tra l'altro non ancora conclusi)? Quali altri misteriosi avvenimenti sconvolgeranno l'abbazia?
Chiunque voglia rispondere alle numerose domande lasciate in sospeso, provi a leggere il libro, senza però lasciarsi scoraggiare dalle prime cento pagine che sono a mio avviso, l'ostacolo più duro da affrontare della lettura. Forse il romanzo non è proprio alla portata di tutti: spesso le descrizioni troppo dettagliate dell'autore rendono il libro poco scorrevole, ma nel complesso il romanzo è appassionante, ricco di colpi di scena e pieno di suspance.
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