Le tematiche della
visione religiosa della vita
Numerose sono le
tematiche del romanzo: spicca, in primo piano, il tema del rapporto fra libertà
e condizionamento, in cui si innestano i motivi dell'amore, della
prevaricazione, della paura, che concorrono a sviluppare quello unificante del
matrimonio mancato. La libertà è il valore su cui si incardina la morale
cristiana, ma viene cancellata da disvalori, primo fra tutti il conformismo
(come quello di don Abbondio e di Gertrude, per i quali si parla giustamente di
'cadute senza riscatto', e soprattutto di donna Prassede, alla quale
Manzoni riserva alla fine una stoccata cattiva: 'Di donna Prassede, detto
che è morta, è detto tutto').
Importante è anche il tema del contrasto fra ideale e reale, ossia fra come
dovrebbe essere la società e come, invece, di fatto è. Ecco, allora, comparire
i motivi del privilegio che tocca solo a una piccola categoria di persone,
dell'ingiustizia che colpisce tutti coloro che patiscono l'oppressione dei
privilegi altrui, della violenza nell'ambito sociale, politico e anche
familiare, della mancanza di moralità che nasce dal mancato rispetto delle più
elementari norme evangeliche.
A questo punto il pessimismo di Manzoni, insieme a un certo senso latente e
sommesso di condanna si allenta nel tono bonario dell'ironia, soprattutto nei
punti in cui smaschera le piccole astuzie degli umili (che non sortiscono
effetto, come il matrimonio a sorpresa) oppure si colora di amarezza quando
denuncia le ipocrisie dei politici come il conte zio o Ferrer e diviene
denuncia aspra quando constata come anche i valori più sacri, quali la
paternità, siano inquinati dall'orgoglio, che porta alla menzogna, alla
coercizione (si pensi al padre di Gertrude), allo stravolgimento dei valori
della famiglia e della società.
Il tema più significativo, però, quello su cui poggia il messaggio manzoniano,
si riferisce alla visione religiosa della vita, in cui domina il leit-motiv del
romanzo, ossia l'opera della Provvidenza di Dio nella storia e nelle umane
vicende. Il pessimismo manzoniano emerge nella constatazione della presenza del
male, dell'irrazionalità dell'agire umano, della forza dirompente degli egoismi
in contrasto. Pure la Grazia di Dio non abbandona gli uomini che lo cercano e
confidano in Lui. Per chi ha fede nella Provvidenza il succedersi dei fatti
acquista un senso, una logica. Naturalmente Dio non è colui che punisce i
malvagi e premia i buoni, come un giustiziere. Il Suo giudizio e la Sua opera
riescono per la maggior parte delle volte insondabili agli uomini che devono
accettare i fatti con umiltà e fiducia.
Sbaglia don Abbondio quando, esultante, definisce la Provvidenza come una
'scopa' (cap.
XXXVIII) che finalmente ha fatto piazza pulita di don Rodrigo e dei
suoi scagnozzi. È più corretta la riflessione di padre Cristoforo che, di
fronte a don Rodrigo agonizzante e sofferente al lazzaretto, afferma: 'Può
essere gastigo, può essere misericordia' (cap. XXXV). La peste, infatti, non deve essere
semplicisticamente ridotta a una punizione dei malvagi e la morte di don
Rodrigo, tra gli spasimi della malattia, può essere intesa come l'ultima
possibilità offerta a lui dalla Misericordia divina perché si ravveda e salvi
la sua anima.
In questo senso, anche se termina con la celebrazione delle nozze, il romanzo
di Manzoni non presenta l'idilliaco 'lieto fine' dei romanzi storici
tradizionali. Infatti, a ben vedere, la conclusione della storia si pone al capitolo XXXVI,
quando padre Cristoforo scioglie Lucia dal voto che ha fatto la notte trascorsa
nel castello dell'innominato, secondo il quale rinuncia alle nozze. In tal modo
la ragazza può seguire la voce del cuore e anche Renzo vede finalmente rimosso
l'ultimo ostacolo. I due si congedano da padre Cristoforo, commossi dalle sue
ultime parole, che suonano alle loro orecchie come un testamento spirituale e
che invitano a perdonare 'sempre, sempre! tutto, tutto!'.
Gli ultimi due capitoli, con i preparativi del matrimonio, la celebrazione e la
sintetica narrazione degli anni di vita coniugale, sono un completamento della
storia: il momento essenziale, invece, è rappresentato dal ritrovarsi dei due
giovani con sentimenti immutati e una capacità rafforzata di accettare la
volontà di Dio nella loro vita.
Il 'lieto fine' dei Promessi Sposi, semmai, non consiste nel rito
delle nozze, ma in quella sorta del 'decalogo' con cui Renzo, ormai
marito, padre e imprenditore di successo (ha impiantato, come abbiamo detto, un
redditizio filatoio a Bergamo) attua un bilancio di quei due anni travagliati e
avventurosi. Constata che si è fatto una dura esperienza di vita che lo mette
in grado di dare buoni consigli ai figli, quando cresceranno. Invece Lucia
osserva che, per quanto la riguarda, non si è mai messa nei guai, ma 'son
loro che son venuti a cercar me'. Allora, insieme, gli sposi giungono alla
conclusione che, di fronte alle tribolazioni, bisogna confidare in Dio e
sperare che le sofferenze migliorino la vita. È un finale senza idillio, come
osservano i critici, ma coerente con la tensione religiosa che percorre tutta
la narrazione.
Il tema religioso, insieme con la scelta di porre gli umili ('genti
meccaniche e di piccolo affare', li definisce l'Anonimo) a protagonisti
della storia, rappresenta sicuramente l'elemento di grande novità del romanzo.
Non solo balzano alla ribalta due contadini, ma anche le figure importanti (un
arcivescovo, un potente feudatario, politici ed esponenti delle gerarchie
ecclesiastiche, un avvocato, un podestà, un nobilotto con parenti importanti)
sono valutati sulla base della posizione che assumono nei confronti di quelli.
Infine flagelli e pubbliche calamità (come peste, rivolte, guerra e carestia),
assumono rilievo perché creano il contesto in cui si pongono le avventure dei
protagonisti. È una scelta rivoluzionaria e un coraggioso rovesciamento di
valori letterari, che il Manzoni attua, convinto e sorretto dal messaggio
evangelico. Questo, d'altra parte, appare diluito tra le pagine come il tessuto
connettivo della narrazione; affiora spesso ma con discrezione e a volte si
incarna in personaggi 'minori' di notevole interesse. Valga, tra
tutti, quella modesta ma splendida figura che è il servitore di don Rodrigo:
compare nel V capitolo
ad accogliere padre Cristoforo in visita al palazzotto di don Rodrigo. L'aiuto
che egli dà al frate è fondamentale anche per lo svolgimento della storia,
perché lo informa del progetto di rapire Lucia, in seguito al quale il
cappuccino organizza la fuga dei giovani dal paese e innesca il meccanismo che
dà luogo alle vicende della seconda sezione. Non a caso padre Cristoforo lo
definisce 'un filo' della Provvidenza.