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Cesare Pavese: Vita e opere
Le radici
Nasce nel 1908 a S. Stefano Belbo, un paesino delle Langhe in provincia di Cuneo. Il padre è un cancelliere di tribunale a Torino e possiede un piccolo podere che si trasformerà in un mito nel ricordo dello scrittore.
La famiglia si trasferisce a Torino e Pavese subisce il trauma della morte del padre che contribuisce ad accentuare la sua emotività e la sua tendenza all'isolamento.
Studia al liceo classico "D'Azeglio" sotto la guida del professor Augusto Monti, che risveglia in lui e in un gruppo di giovani una coscienza antifascista.
Frequenta gli intellettuali della resistenza torinese tra cui Giancarlo Paietta e Leone Ginzburg e compie un primo tentativo di impegno politico in contrasto con il suo temperamento rinunciatario.
Nel 1930 si laurea con una tesi su Walt Withmann, poeta statunitense, autore dell'opera "Foglie d'erba".
L'attività culturale
Inizia a lavorare presso la casa editrice Einaudi, fondata dall'amico Giulio Einaudi che decide di riunire alcuni giovani intellettuali torinesi tra cui Vittorini, Ginzburg, Mila e Carlo Levi.
Collabora alla rivista "La cultura". Traduce "Moby Dick" di Melville e l'antologia di Spoon River di Edgar Limaster, in seguito si orienterà verso Steinbeck e Faulkner.
Assume la direzione della rivista, che ben presto viene soppressa dal governo fascista e Pavese viene condannato a tre anni di confino, poi ridotti a uno da scontare a Brancaleone Calabro.
In questo periodo Pavese vive la sua prima delusione d'amore per "la donna dalla voce rauca".
Viene arrestato perché vengono rinvenute lettere compromettenti indirizzate a una militante del partito comunista clandestino. Fino al 1936 resta confinato ed inizia a registrare in un diario (Il mestiere di vivere) le sue inquietudini. Scrive alcuni racconti, romanzi ed inoltre poesie che pubblica con il titolo "Lavorare stanca". Tornato a Torino nel 1936 scopre che la donna amata si è sposata e prova una delusione che gli fa sfiorare il suicidio.
Il lavoro intenso diviene per lui un'evasione dall'angoscia. Nel 1937 l'incontro con Vittorini gli consente di collaborare alla "Antologia Americana".
La letteratura americana esercita un profondo fascino su Pavese che con la sua opera di traduzione e con la direzione di una collana Einaudi, contribuirà a diffonderla nel nostro paese.
Nel 1941 pubblica "Paesi tuoi".
Il ritiro dal mondo politico e la narrativa
Dopo la caduta del fascismo si rifugia con la sorella nel Monferrato, tormentato dal rimorso di non aver adempiuto alle proprie responsabilità civili unendosi ai partigiani.
Scrive "Il compagno"1947, "La casa in collina"1948, "Prima che il gallo canti"1948, "La bella estate"1949, "La luna e i falò" 1949.
Alla fine della guerra si iscrive al P.C. per riscattare il disimpegno degli anni precedenti.
Il suicidio
Gli ultimi anni sono caratterizzati da due amori infelici: per Bianca Garuffi e per l'attrice americana Constance Dowling, a cui dedica "La luna e i falò".
Il senso di un fallimento esistenziale e il suo temperamento di eterno adolescente lo conducono al suicidio.
Si spara in una camera d'albergo nell'agosto del 1950, lasciando un biglietto:
"Tutto fa schifo.
Non parole. Un gesto.
Non scriverò più."
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