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Primo levi - se questo è un uomo




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Primo  Levi


Primo Levi , è uno scrittore che si distingue nel panorama della letteratura italiana perché la sua vita è segnata da una tragica esperienza e cioè la deportazione nel campo di concentramento di Auschwitz durante la SECONDA GUERRA MONDIALE .

Nato il 31 luglio del 1919 a Torino, appartiene ad una famiglia  borghese, ebrea e antifascista. Nel 1937 si diploma al liceo classico Massimo D'Azeglio e si iscrive al corso di laurea in chimica presso la facoltà di Scienze dell'Università di Torino. Si laurea nel 1941 a pieni voti e con lode. Sul diploma di laurea figura la precisazione: «di razza ebraica». Comincia così la sua carriera di chimico,presso una cava di amianto, si trasferisce poi a Milano, in una fabbrica svizzera di medicinali dove fu incaricato di studiare nuovi farmaci contro il diabete. Nel dicembre del '43 viene catturato e successivamente trasferito al campo di concentramento di Fossoli, a Modena dove comincia la sua odissea. Nel giro di poco tempo, infatti, il campo viene preso in gestione dai tedeschi, che convogliano tutti i prigionieri ad Auschwitz in Polonia. È il febbraio del 1944: data che nella vita di Levi segna il confine tra un 'prima' e un 'dopo'. L'autore è deportato ad Auschwitz, in un campo di lavoro i cui prigionieri sono al servizio di una fabbrica di gomma. Nel 1945, quando il campo fu liberato dall'armata rossa. Levi ammalatosi di scarlattina, riuscì a sopravvivere e fu ospitato in un campo sovietico di transito, dove lavorò come infermiere. Nel giugno del 1945 iniziò il viaggio di rimpatrio, che si concluse nell'ottobre dello stesso anno. Nel 1946 trovò un lavoro presso una fabbrica di vernici a Torino. Primo Levi è tra i pochissimi a far ritorno dai campi di concentramento. Parlando della sua salvezza dal Lager la attribuisce ad una serie di circostanze fortunate. "Non si tratta di forza, ma di fortuna, non si può vincere con le proprie forze in un Lager. Sono stato fortunato: per essere stato un chimico, per aver incontrato un muratore che mi dava da mangiare, per aver superato le difficoltà del linguaggio, per non essermi mai ammalato". Quale testimone di tante assurdità, sente il dovere di raccontare, descrivere la realtà dei campi nazisti e di scrivere anche a nome di coloro che sono morti, affinché tutti sappiano, tutti si domandino un perché, tutti interroghino la propria coscienza: comincia a scrivere, elaborando così il suo dolore, il suo annientamento, il suo avventuroso ritorno a casa. Nel 1947, rifiutato dalla Einaudi, il manoscritto Se questo è un uomo è pubblicato dalla De Silva editrice. Il libro ottiene un discreto successo di critica ma non di vendita. Nel 1956 la Einaudi comincia a pubblicare tutti i suoi lavori: Se questo è un uomo è tradotto in diverse lingue, La Tregua racconto scritto nel 1962 che tratta del ritorno avventuroso dalla Polonia attraverso vari paesi fino ad arrivare in Italia, vince la prima edizione del Premio Campiello. Nel 1967 raccoglie i suoi racconti in un volume intitolato Storie naturali adottando lo pseudonimo di Damiano Malabaila. Nel 1971 esce Vizio di forma, nel 1975 esce un volumetto di poesie dal titolo L'osteria di Brema, e nel 1978 La chiave a stella che vince il Premio Strega. Nel novembre 1981, esce Lilìt e altri racconti. Nel 1982 viene pubblicato l'unico romanzo vero e proprio dello scrittore torinese Se non ora quando? Che descrive il viaggio di un gruppo di partigiani ebrei russi, dalla Bielorussia all'Italia, si aggiudica il Premio Viareggio e il Premio Campiello. Nel frattempo Levi lavora anche come traduttore. Nell'ottobre del 1984 pubblica Ad ora incerta. Nel gennaio del '85 una cinquantina di scritti pubblicati precedentemente su diverse testate, vengono raccolti in un volume unico intitolato L'altrui mestiere. Nel 1986 viene pubblicata l'ultima opera di Levi I sommersi e i salvati. Che tratta la responsabilità morale dell'uomo.

Nonostante i successi letterari e l'attiva partecipazione alla vita del suo tempo, Levi non è mai riuscito a dimenticare l'angoscia del Lager. È stata probabilmente la ferita insanabile prodotta da questa dolorosa esperienza a spingere al suicidio l'11 aprile del 1987 lo scrittore torinese. A 68 anni.

Dirà di lui Claudio Toscani: «L'ultimo appello di Primo Levi non dice non dimenticatemi, bensì non dimenticate».













SE QUESTO è UN UOMO


INTRODUZIONE

Se questo è un uomo venne scritto da Primo Levi fra il dicembre del 1945 e il gennaio del 1947, dopo il suo ritorno dal campo di concentramento di Auschwitz, dove l'autore era stato rinchiuso. Pubblicato per la prima volta nel 1947, questo romanzo storico non ottenne un successo immediato. Nel 1956 la casa editrice Einaudi, che ne aveva rifiutato la pubblicazione nove anni prima, lo accolse fra i 'Saggi'. Da allora Se questo è un uomo é divenuto un successo pubblicato e ristampato in tutto il mondo. Nel libro viene descritto il periodo di prigionia durante i quali il narratore vede numerosi suoi compagni morire di a causa delle proibitive condizioni ambientali, del precario stato igienico- sanitario del campo e del lavoro massacrante. Levi si trova dinnanzi a un sistema, il lager, organizzato e finalizzato all'annientamento della dignità umana. «Aveva mo appreso con sollievo la nostra destinazione. Auschwitz: un nome privo di significato, allora e per noi». In fretta e sommariamente viene effettuata una vera e propria selezione: «In meno di dieci minuti tutti noi uomini validi fummo radunati in gruppo. Quello che accadde degli altri, delle donne, dei bambini, dei vecchi, noi non potemmo stabilirlo allora né dopo: la notte li inghiottì, puramente e semplicemente». Al lager, persi nei loro pensieri, presi da mille domande, si ritrovano in pochissimo tempo rasati, disinfettati e vestiti con pantaloni e giacche a righe. Su ogni casacca c'è un numero cucito sul petto. I prigionieri vengono marchiati come bestie. Il loro compito: lavorare, mangiare, dormire, OBBEDIRE. Il loro intento: sopravvivere.

Dietro quel numero non c'è più un uomo, ma solo un oggetto: häftling, cioè "pezzo". Se funziona, va avanti. Se si rompe, è gettato via.

Levi è il numero 174517. Funzionante.

Dentro questo folle progetto di distruzione, l'uomo non riesce più a provare pietà, non conosce più l'amicizia, la ribellione, la speranza: si preoccupa solo, di non morire e per questo combatte, lotta per mantenere in piedi quel mucchietto di ossa, senza altro pensiero. In una pagina straordinaria, eppure terribile, che sembra quasi voler ammonire il lettore, Levi narra la pubblica esecuzione di un prigioniero responsabile di una tentata ribellione; rientrato nella baracca l'uomo non riesce a guardare in faccia il suo compagno: «Quell'uomo doveva essere duro, doveva essere di un altro metallo del nostro, se questa condizione, da cui noi siamo rotti, non ha potuto piegarlo. Perché anche noi siamo stati rotti, vinti: anche se abbiamo saputo adattarci, anche se abbiamo finalmente imparato a trovare il nostro cibo e reggere alla fatica e al freddo. I più fortunati riescono a migliorare le proprie condizioni, i più deboli cadono sempre più in basso: ma che giovamento traggono i primi dal sopravvivere sulle spalle dei secondi, che vita sorge dallo spettacolo quotidiano dell'annientamento dei propri simili?»

Per chi non ha provato questa esperienza sulla propria pelle non è possibile comprendere: ci si può fermare ad una intuizione, allo sdegno, alla commiserazione, ma il sapere, vedere, viverlo è un'altra cosa. Non si può comprendere il lager, si possono piuttosto cercare di capire le cause che hanno portato alla sua creazione, tentare di spiegare i comportamenti del popolo tedesco. Molto più difficile diventa conoscere in maniera profonda e intima chi in esso è stato rinchiuso, chi una volta libero ha sentito in sé risvegliarsi la coscienza e ha capito cosa significa esserne privati, chi dinanzi alla libertà finalmente conquistata ha sentito l'inerzia trattenerlo e ha lottato, per allontanarlo da sé.

Se questo è un uomo nasce dunque dall'uomo, ma non è un'opera della sua fantasia; scrivere queste pagine è costato sofferenza e, in qualche modo, lo scrittore pretende da noi uno sforzo analogo: cancellarci come lettori, sentire dentro noi quella stessa sofferenza fisica, fatta di ore, giorni e anni, sentire sotto le nostre scarpe lacerate l'onnipresente pantano o, immaginare che qualcuno quelle sofferenze le ha provate veramente. "Comprendere" coincide con "l'immedesimarsi", secondo Levi, infatti bisogna abbandonarsi alla lettura.

Levi diceva: «È accaduto, può accadere di nuovo».


MESSAGGIO

Se questo è un uomo è un libro semplice e asciutto nella scrittura, senza domande, ma colmo di riflessioni in grado di sollecitare continuamente il lettore. Proprio qui sta la sua potenza espressiva, malgrado tanti anni dalla sua pubblicazione, nel suo presentarsi ai nostri occhi come un libro impossibile da scrivere e da riscrivere; un romanzo che, trattando di genocidio, sa portarci in contatto con i misteri più raccapriccianti della natura umana. Levi esprime, col suo libro, un messaggio importantissimo. Scrive il suo romanzo per avvisare il mondo a fine che queste cose non accadano mai più, vuole far conoscere all'uomo l'inferno che lui ha vissuto, le allucinanti cose che ha subito nel lager nazista.

Dice Levi «Quando non si riesce a dimenticare, si prova a perdonare»






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