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Pointed Roofs
Pointed Roofs: stesura e pubblicazione
Nel 1912 Dorothy Richardson era un'affermata giornalista e traduttrice, ma non aveva pubblicato alcun romanzo. Aveva ricevuto numerose pressioni da parte degli editori della Saturday Review che, entusiasmati da alcuni suoi bozzetti narrativi, la incitavano a cimentarsi in un romanzo, ma insoddisfatta delle tradizionali convenzioni narrative, Dorothy non aveva ancora trovato una sua personale maniera di scrivere. Riandando agli esordi della sua attività letteraria, nel 1943 la scrittrice dichiarava: "The material that moved me to write would not fit the framework of any novel I had experienced. I believed myself to be, even when most enchanted, intolerant of the romantic and realistic novel alike. Each, so it seemed to me, left out certain essentials and dramatised life misleadingly. Horizontally. Assembling their characters, the novelists developed situations, devised events, climax and conclusion I could not accept their finalities"[1].
Mai prima di allora era stata così libera da qualsiasi distrazione: "Suddenly the world had dropped away. But never had humanity been so close. Everything took a terrific intensity" .
S'immerse, quindi, in un intenso lavoro di scrittura, ma solo per
accorgersi che non c'era vita in ciò che scriveva.
Richardson era alla ricerca di un romanzo che fosse un'entità vivente indipendentemente dal suo autore, non una realtà riportata, riflessa. Per questo necessitava di un metodo interamente nuovo e a poco a poco due cose cominciarono a farsi chiare nella sua mente: innanzi tutto voleva scrivere un romanzo su ciò che conosceva e la sua stessa vita era tutto ciò che poteva davvero affermare di conoscere; in secondo luogo si rese conto che nel romanzo che andava progettando la protagonista, Miriam, era sola: non c'era nessuno lì per descriverla. Bisognava, quindi, che venisse colta mentre direttamente si trovava di fronte alle esperienze della sua vita; eventi e situazioni dovevano essere raccontati soltanto attraverso la sua voce; sin dalle prime parole Miriam doveva essere gettata nella marea della propria esistenza, ed il lettore insieme con lei.
In base a queste convinzioni, Dorothy lavorò ad un nuovo inizio per il suo romanzo ed improvvisamente tutto cominciò a funzionare: "The novel had begun to be alive, and Miriam existed as its centre, on her own. She, the author, wasn't in it" . La nuova tecnica narrativa aveva al proprio
centro la coscienza della protagonista.
Dopo cinque mesi trascorsi in totale concentrazione e dimentica di sé (si preoccupava ben poco persino di mangiare), Richardson portava finalmente a termine il suo primo romanzo: Pointed Roofs.
Agli inizi del 1913 la scrittrice tornò a Londra e mostrò il manoscritto a J. D. Beresford, che ne riconobbe i meriti e la incoraggiò a mandarlo ad un editore. Il manoscritto fu restituito con una nota di scuse: non si riusciva a capire quale fosse l'argomento trattato nel romanzo.
Dorothy si rese conto della difficoltà di pubblicazione per un'opera scritta in una vena tanto personale, così rinunciò e nascose il manoscritto rifiutato in un baule, dove rimase per altri due anni. Nel 1915 si convinse a mandarlo alla Duckworth, la casa editrice fondata dal fratello di Virginia Woolf, Gerald Duckworth. Beresford la indirizzò al critico e consulente letterario Edward Garnett, che lesse Pointed Roofs e ne rimase favorevolmente colpito. Il romanzo gli sembrava un esempio di "impressionismo femminile" e pensò che valesse la pena di pubblicarlo. Duckworth accettò la sua raccomandazione e fu stabilita per settembre la data di pubblicazione. Beresford ne avrebbe scritto l'introduzione.
Dorothy voleva che il suo romanzo fosse intitolato Pilgrimage,
mentre Pointed Roofs doveva essere il sottotitolo: prima parte di un più vasto insieme. Ma prima che il libro fosse rilegato si scoprì che Pilgrimage era anche il titolo di un altro romanzo e non poté, quindi, essere usato. Pointed Roofs fu pubblicato nell'autunno del 1915 e annunciato dalla Duckworth come "A First Novel of Unusual Merit".
Al suo apparire Pointed Roofs suscitò un grande interesse da parte della critica. Fu difficile negare che si trattasse di qualcosa di veramente nuovo ed anche le recensioni negative che l'opera ricevette dimostrarono serietà di lettura. Con cautela e con curiosità la critica inglese veniva a trovarsi di fronte a questo "strano oggetto che, in mancanza di definizioni adeguate, continuò a chiamare romanzo" .
J. D. Beresford, nella lunga quanto poco eloquente Introduzione, in cui tentò - a suo modo e in maniera piuttosto confusa - di dare spiegazione al nuovo metodo, descriveva il romanzo come "la cosa più soggettiva che avesse mai letto" e al tempo stesso come "realismo oggettivo". Nonostante l'apparente contraddittorietà, l'affermazione ha una sua logica: secondo Beresford, Richardson era riuscita a rappresentare con estrema oggettività qualcosa di strettamente privato e personale, la realtà soggettiva della coscienza. Quella della scrittrice era definita "a new attitude towards fiction": Dorothy Richardson era " the first novelist who had taken the final plunge..had gone head under and become a very part of the human element shedescribed" .
La prima recensione di Pointed Roofs comparve sul Sunday Observer da parte di un anonimo autore che era riuscito a cogliere meglio, rispetto a Beresford, la novità del romanzo: "The book somehow reads as if the reader did not exist () no allusion was explained or incoherence apologized for" .
Il lettore si trovava cioè abbandonato a se stesso, mentre l'autore sembrava aver perduto la centralità e l'importanza del suo ruolo. Questo non aveva però disturbato la lettura dello sconosciuto recensore: il romanzo gli era apparso indimenticabile ed in nessun modo oscuro, anzi, al contrario "clear with a clarity as keen as the gables of the charming 'pointed roofs'" . In breve si trattava di un'opera che non poteva passare inosservata.
La recensione della Saturday Review era invece una stroncatura, sebbene gli editori fossero stati i primi ad incoraggiare Dorothy a scrivere un romanzo. L'anonimo autore aveva titolato la sua recensione "An Original Book", ma, come sottolinea Fromm, anche l'originalità concessa al libro veniva presentata come una dubbia virtù . Insomma il testo veniva descritto come un caso patologico ("a fictional pathology"), "a charted dissection of an unsound mind. It lays bare the working of a sick imagination" . In luogo di una trama o di una tematica ben definita presentava "pages upon pages of foolish or fevered fantasies" .
Soltanto più tardi, nel 1918, la novità dello stile di Richardson sarebbe stata finalmente compresa fino in fondo e avrebbe trovato la sua definizione. In quell'anno May Sinclair pubblicava, contemporaneamente su The Little Review e The Egoist, la recensione ai primi tre capitoli-volumi di Pilgrimage (Pointed Roofs, Backwaters, Honeycomb), in cui coniava un'espressione rimasta a definire la narrativa sperimentale del primo Novecento: "the stream of consciousness novel".
"I find it impossible to reduce to intelligible terms this
satisfaction that I feel. To me these three novels show an art and method and form carried to punctilious perfection. Yet I have heard other novelists say that they have no art and no method and no form, and that it is this formlessness that annoys them. They say that they have no beginning and middle and no end, and that to have form a novel must have an end, a beginning and a middlethere is a certain plausibility in what they say, but it depends on what constitutes a beginning and a middle and an end. In this series there is no drama, no situation, no set scene. Nothing happens. It is just Miriam Handerson's stream of consciousness going on and on" .
Ma il 1915, data della pubblicazione del romanzo, non era ancora pronto per una simile scrittura. Il libro era in anticipo sui tempi, sia nel modo di ritrarre la coscienza, sia nel fatto che la coscienza era quella di una donna. Concorreva poi a rendere inviso l'argomento trattato la guerra in corso e l'ostilità nei confronti dei tedeschi. Come osserva il recensore del Times Literary Supplement: "An exact chronicle of life in a German girls' school a quarter of a century ago is perhaps of all themes which a novelist might choose the least likely to appeal the public at the present moment" .
Nell'isolamento in Cornovaglia Dorothy era arrivata alla conclusione che avrebbe scritto dell'unica cosa che poteva davvero affermare di conoscere: la propria stessa vita. Pensò a modificare nomi di persone e di luoghi affinché non fosse troppo palese l'identificazione fra lei e il suo personaggio, quindi iniziò la narrazione in medias res, tornando ai suoi diciassette anni e alla sua esperienza ad Hannover, la prima volta in cui aveva agito in maniera indipendente.
Riassumere i principali accadimenti del romanzo è compito assai difficile: Richardson aveva inteso ricreare la sua coscienza di allora. Più che una successione di eventi si tratta, quindi, del continuo fluttuare della mente che, stimolata dai fatti dell'esperienza quotidiana, si sposta avanti e indietro nel tempo. Non è, dunque, possibile ricostruire l'azione, in quanto azione non vi è, si cercherà piuttosto di seguire le associazioni mentali del personaggio centrale, per ricomporre poco per volta le tessere del mosaico della sua vita.
Incontriamo Miriam, la protagonista del romanzo, il giorno prima della sua partenza per la Germania. Come Dorothy prima di lei, la giovane sta per lasciare l'amata casa paterna per diventare insegnante d'inglese in un collegio femminile all'estero. Da sola nella sua stanza che 'non avrebbe più riavuto il suo vecchio aspetto' , Miriam attende l'arrivo delle sorelle, in preda ad un turbinio di ricordi, aspettative, rimpianti. L'imminenza del viaggio la induce alla contemplazione di tutto ciò che sta lasciando: "The sense of all she was leaving stirred uncontrollably as she stood looking down into the well-known garden" . Il giardino, simbolo d'innocenza e inizio della consapevolezza di sé, è un'immagine ricorrente in tutti i capitoli-volumi di Pilgrimage.
Continuano le associazioni mentali della protagonista: il suono di un organetto la riporta ai giorni della scuola; il fuoco del camino le fa pensare all'estate; l'estate le fa ricordare 'a white twinkling figure' ,
probabilmente un suo corteggiatore di Barnes.
L'arrivo di Eve ed Harriett interrompe le sue meditazioni e le tre sorelle s'intrattengono in una breve conversazione, durante la quale Miriam cerca da loro una parola di conforto: ella è ancora, in questo capitolo-volume, profondamente insicura ed ha costantemente bisogno di
essere rassicurata sulle proprie qualità, sul proprio aspetto e su tutto ciò per cui si sente esposta al giudizio degli altri.
La narrazione si sposta, quindi, al giorno successivo, quello della partenza. Miriam si risveglia dopo un brutto sogno e compie, con Harriett, il 'vecchio cerimoniale' con cui le due sorelle, che avevano fino ad allora diviso lo stesso letto, si salutavano ogni giorno, da bambine, sporgendosi a testa in giù ognuno dalla propria parte ed emettendo strani versi.
Mentre si sta vestendo e preparando per partire, la giovane riceve da Harriett quella che per lei è una vera rivelazione: scopre di essere ammirata da tutti i membri della sua famiglia. La sua sorpresa è grande: "I'm pretty - they like me - they like me. Why didn't I know?" , ma evita ancora, di guardarsi allo specchio per timore che l'immagine rinviata
faccia di nuovo vacillare la sicurezza appena acquisita.
Nel secondo capitolo ritroviamo Miriam già in viaggio. Mentre attraversa l'Olanda, la sua mente è affollata dalle immagini di casa, dai ricordi del distacco dai suoi familiari.
In treno la giovane riflette sul lavoro che l'aspetta e su ciò che sta lasciandosi alle spalle.
All'inizio del terzo capitolo Miriam sta esercitandosi al pianoforte, in quella che presumiamo essere una stanza del collegio. E' il giorno dell'arrivo di una nuova studentessa, Ulrica Hesse. Anche la piccola Emma Bergman sta eseguendo una melodia.
Miriam si ricorda della prima volta in cui l'ha sentita suonare, il giorno successivo al suo arrivo a scuola, era rimasta impressionata dalla sua bravura e dal suo trasporto. Continuano le riflessioni di Miriam sulla prima sera trascorsa al collegio di Waldrasse.
Parte del quarto capitolo è ancora occupata dai ricordi di Miriam del suo secondo giorno a scuola, quando la direttrice, Fräulein Pfaff, le aveva spiegato quali sarebbero stati i suoi compiti ed ella si era trovata per la prima volta davanti ad una classe.
La narrazione torna, quindi, al presente (il giorno dell'arrivo di
Ulrica Hesse), e diviene da questo momento meno dettagliata e più frammentaria.
Nel quinto capitolo siamo alla terza domenica in collegio, Miriam accompagna le ragazze ad assistere alla messa e riflette su quanto diversa sia la celebrazione del rito rispetto alle chiese inglesi.
Nel sesto capitolo Miriam descrive le sue reazioni alle quotidiane occupazioni, nel settimo racconta di aver accompagnato le ragazze ai bagni pubblici. Nell'ottavo capitolo assiste alla lezione di uno degli insegnanti, Pastor Lahmann e trascorre il pomeriggio giocando a sciarade con le ragazze. Il giorno successivo è quello della gita a Hoddenheim.
La partenza di Minna (un'altra delle allieve) è l'avvenimento centrale del nono capitolo. La giovane torna a casa dai genitori e Miriam l'accompagna alla stazione. Prima di partire Minna le offre di andare a vivere da lei, al termine del periodo scolastico, e di farle da istitutrice. Miriam ne è molto contenta.
I restanti tre capitoli descrivono l'ultimo periodo al collegio, che trascorre fra le lezioni e le passeggiate, queste ultime sempre più frequenti con l'arrivo della stagione calda.
Le vacanze estive sono alle porte e Miriam, dopo sei mesi di permanenza al collegio, è quasi certa che non potrà essere confermata nel suo posto: durante una conversazione, Fräulein Pfaff le ha detto che, nonostante dimostri una certa vocazione per l'insegnamento, ha ancora molta strada da compiere e soprattutto dovrà imparare a modificare le sue maniere, sostituendo un fare più gradevole alla sua rigidità e al suo gelido formalismo.
Una provvidenziale lettera di Eve, che porta la notizia del fidanzamento della sorella minore Harriett, la informa anche che può tornare a casa. Con la partenza si conclude la prima tappa del pellegrinaggio di Miriam alla ricerca di se stessa.
"Richardson experimental writing required experimental reading" , afferma K. Bluemel e, infatti, di fronte ad uno stile così nuovo e difficile, il lettore comune si trovò impreparato. Un simile sconvolgimento delle tradizionali modalità di scrittura implicava un analogo stravolgimento nella lettura.
Non si trattava più, semplicemente, di seguire un percorso prefissato dalla sequenza delle pagine: perduto il proprio ruolo tradizionalmente passivo, il lettore doveva avventurarsi "nel testo e guardarsi intorno con uno sguardo altrettanto 'innocente' di quello dell'artista che scopre un nuovo mondo" .
Leggere, quindi, come volontà di intraprendere un viaggio, un'avventura alla scoperta delle verità contenute nella coscienza. "Adventure for the reader" è, appunto, il titolo che Richardson diede alla sua recensione del 1939 a Finnegans Wake di James Joyce. In essa la scrittrice spiegava come il nuovo romanzo consentisse al lettore un libero movimento all'interno del testo: "Opening just anywhere its pages, the reader is immediately engrossed. Time and place, and the identity of characters if any happen to appear, are relatively immaterial. Something may be missed. Incidents may fail of their full effect through ignorance of what has gone before. But the reader does not find himself, as inevitably he would in plunging thus carelessly into the midst of the dramatic novel complete with plot, set scenes, beginning, middle, climax and curtain, completely at sea. He finds himself within a medium whose close texture
like that of poetry, is everywhere significant "19.
In un romanzo, cioè, che ha perduto le tradizionali coordinate spazio-temporali e in cui trova espressione il processo di continua evoluzione della coscienza del personaggio, il lettore non ha più bisogno di una lettura ordinata e sequenziale. Qualunque frammento del testo, cui corrisponde un frammento del flusso di pensieri, è portatore di significato ed è indipendente seppur legato a ciò che precede e che segue.
Tali precetti e convinzioni nascevano in Richardson dalla propria esperienza di lettura, cui ella soleva accingersi cominciando "dalla metà oppure dalla fine" . In un'opera letteraria, dunque, scrivere e leggere vengono ad essere parti di un unico processo creativo, per cui scrittore e lettore affronteranno insieme un'avventura nei meandri della scrittura.
L'artista, infatti, che vive l'esperienza creativa come "a
perpetual communication with a larger self"21 farà da guida nel duro pellegrinaggio verso la profonda realtà interiore; il lettore s'immergerà nel romanzo come in un: ".conducted tour () into the personality of the author who, willy-nilly, and whatever be his method of approach, must present the reader with the writer's self-portrait. () In either case he will reveal wether directly or by implication his tastes, his prejudices and his phylosophy. () It is the revealed personality of the writer that ultimately attracts or repeals" . Volente o nolente, dunque, nella sua opera l'autore rivela se stesso. Richardson ne era fortemente convinta e in un'intervista del 1933 affermava: "The author out of sight and hearing is present if we seek him only in the attitude towards reality, inevitably revealed: subtly by his accent, obviously by his use of adjective, epiteth and metaphor" .
Erina Siciliani sottolinea il fatto che "da molte parti si sostiene che un qualsiasi discorso sul modernismo, inteso come messa in scena della coscienza che si riflette anche nelle strutture verbali, deve dichiararsi sinonimo dell'autobiografia" . Vedremo nelle prossime pagine in quale senso si possa parlare di autobiografia nell'opera di Richardson.
Il testo del romanzo presenta più di una convergenza con eventi reali della vita di Dorothy Richardson.
Dopo la pubblicazione di Pointed Roofs e man mano che uscivano i successivi capitoli-volumi di Pilgrimage, nessuno, se non la famiglia dell'autrice e i suoi amici più stretti, si accorse della natura autobiografica del libro. Infatti si conosceva ben poco di Dorothy Richardson, persino la sua età rimaneva avvolta nel mistero. Mancavano le informazioni che avrebbero consentito un confronto fra il suo lavoro e la sua personale esistenza.
La scrittrice aveva sempre sostenuto che il miglior modo di accostarsi ad un artista era ". meet him first in his achievements" , ed era convinta che i "fatti" avessero un'importanza del tutto secondaria. Per questa ragione aveva sempre rifiutato ostinatamente di fornire anche le più semplici notizie su se stessa, protestando che ben poco c'era da dire.
Si era creata una gran confusione sui suoi dati biografici, tanto che nel 1920 R. Brimley Johnson, in Some contemporaries novelists, le aveva attribuito per errore il romanzo di un'omonima scrittrice americana, Joy of Youth. A causa di quest'equivoco, nel 1928 il New York Times accompagnava la recensione di Oberland (il nono volume di Pilgrimage) con la fotografia della sua omonima. Fu uno shock per Richardson, come in seguito raccontò in una lettera a Prescott: "A shock it was, both on account of its air of unconsciously fastidious middle-class refeenment (.) & what was far worse, its expression of patient resignation" .
La scrittrice fu assai contrariata nel vedersi rappresentata da un'immagine tanto antitetica alla sua e, nonostante avesse sempre rifiutato di mostrarsi al pubblico (agli editori di The Little Review che nel 1929 le avevano chiesto una fotografia recente, Richardson aveva mandato la foto di una bimba di un anno, nuda e imbronciata), nel 1931 si decise a concedere alla rivista Everyman il permesso di pubblicare una sua fotografia, insieme ad un'intervista che doveva precedere la pubblicazione di Dawn's Left Hand.
Alcuni dati autobiografici comparvero in un suo breve racconto del 1933, Beginnings: A Brief Sketch, in cui Richardson descriveva i primi anni della sua vita attraverso una narrazione che era trasfigurazione poetica del mero dato realistico. I primi contatti della scrittrice col mondo esterno venivano rappresentati attraverso la sua esplorazione della natura (un bosco o il giardino di casa) e l'incanto provato davanti al profumo dei fiori o al ronzio degli insetti; la vetrata di una chiesa di Oxford appariva come porta d'accesso ad una nuova realtà; le prime emozioni d'amore si manifestavano nel fantasticare sul profilo di un volto.
Altre pagine autobiografiche della Richardson rimasero inedite fino alla sua morte: la lettera a Silvia Beach del dicembre 1934, che comparve sia in inglese che in francese nel volume commemorativo pubblicato dal Mercure de France nel 1963, Silvia Beach, 1887 - 1962;
Data for Spanish Publisher, scritto nel 1943 per un editore spagnolo che
intendeva pubblicare la traduzione in spagnolo di Pilgrimage e comparso solo nel giugno 1959 sul London Magazine a cura di Joseph Prescott ed infine Old Age ritrovato fra i manoscritti inediti della cognata della Richardson, la scrittrice Rose Isserlis Odle e pubblicato nel 1967 su Adam International Review in un numero speciale dedicato a Richardson e Proust.
La prima a parlare di Pilgrimage come di un testo autobiografico fu Gloria Glinkin Fromm che, nella prefazione alla sua biografia di Richardson, scriveva: "In 1963 I published an essay in PMLA that was the first account of Dorothy Richardson's life and art. It showed that Pilgrimage was indeed an autobiographical novel and that any portrait of Dorothy Richardson (as she herself insisted) must take its fundamental lines from her own novel because it was there that she felt she had really revealed herself" . Per la studiosa, quindi, arte e vita erano inscindibili in Richardson e dunque uno studio approfondito sulla scrittrice richiedeva una feconda collaborazione fra critico e biografo.
Alla luce di quanto Fromm aveva dimostrato, altri studiosi considerarono Pilgrimage come un'opera autobiografica. Tra questi ricordiamo Avrom Fleishman e Gillian Hanscombe.
Quest'ultimo, tuttavia, notava come l'opera di Richardson si
distaccasse dal genere autobiografico tradizionalmente inteso: "Pilgrimage is not fiction because the events recorded by its narrative and the characters it introduces, are direct replications of Richardson's own life experiences. On the other hand, it is not autobiography, since we are given no explicit chronology, no objective accounts of people and events and no assurance that the authorial voice and the persona's voice are always to be identified as synonimous"28.
In sostanza anziché presentarci un resoconto oggettivo degli avvenimenti della sua vita passata, Richardson tentava di immedesimarsi in quella che era stata la sua coscienza nelle differenti fasi della sua esistenza.
E' lecito domandarsi fino a che punto sia possibile ricostruire verosimilmente pensieri, sensazioni e impressioni di un periodo ormai trascorso, registrandoli così come realmente si presentavano nel loro fluire. Inoltre l'azione del tempo inevitabilmente aveva creato un distacco sempre più ampio fra l'io di Dorothy e quello di Miriam, fra gli eventi reali e il ricordo che la scrittrice ne conservava o l'uso che decideva di farne nella
narrazione.
Quindi, in Pilgrimage è autobiografico il riferimento a fatti, luoghi e persone che effettivamente hanno fatto parte della vita dell'autrice; è invece creazione artistica l'organizzazione degli eventi narrati.
L'opera di Richardson, dunque, si configura come "a curious essay in autobiography", secondo la definizione data d H. G. Wells nel 1934.
L'intento che Richardson si proponeva in Pointed Roofs e nei successivi volumi era di ritrarre nel suo sviluppo la coscienza di Miriam "from 'the early vagueness' to an 'increasing articulateness', so that at each stage the narrative would take on a slightly altered tone, filtered through the new Miriam who was constantly evolving" .
Rappresentare non solo gli eventi della vita di qualcuno ma anche l'evolversi della sua coscienza era un progetto grandioso e senza precedenti, che vedeva altri due autori, in quel medesimo tempo, impegnati in una simile impresa: James Joyce in A Portrait of the Artist as a Young Man e Marcel Proust in Du côté de chez Swann, romanzi che furono pubblicati quasi contemporaneamente a Pointed Roofs: "All three were at
once autobiographical and subjective novels. All were about people who markedly resembled their creators, and all were preoccupied if not obsessed with the consciousness of their central characters"30.
"Nel panorama europeo emergevano contemporaneamente tre voci che si muovevano in modo del tutto indipendente, e quasi certamente senza nessuna conoscenza reciproca (.) verso una nuova forma di racconto del sé, scrivevano strane autobiografie per raccontare con modalità inconsuete, al di fuori e contro le modalità tradizionali, 'una vita'" .
La novità dell'opera di Richardson stava anche nel materiale "al femminile" che questa conteneva. Con grande aderenza alla realtà Richardson aveva rappresentato il costituirsi di un'identità femminile nel passaggio tra il tardo periodo vittoriano e l'epoca eduardiana, facendo della sua eroina l'interprete di tutta una generazione di donne durante una fase di transizione culturale.
Pointed Roofs, romanzo femminista
Anche se Dorothy Richardson avrebbe probabilmente rifiutato
di essere definita 'femminista' (visto che al suo tempo il termine si applicava a donne impegnate nella lotta per ottenere il diritto di voto ed altre forme di uguaglianza politica e sociale, cui ella non prese mai parte) molti ravvisano nella sua opera elementi di femminismo. Esso trova espressione nella presa di coscienza della psicologia e della mente femminili come distinte da quelle maschili e nella scelta di volerne dare raffigurazione all'interno del romanzo. Scelta coraggiosa visto che si trattava di un soggetto che, fino ad allora, non era stato tenuto in grande considerazione nella letteratura inglese.
Richardson sentiva estranea quella tradizione alla quale come artista avrebbe dovuto dare il suo contributo e attribuiva questa diversità alla sua femminilità, impegnandosi a scrivere "The feminine equivalent of the current masculine realism" .
La scrittrice non era artisticamente soddisfatta di un'oggettiva
rappresentazione della vita nel suo svolgersi materiale ed esteriore, in quanto essa escludeva tutto ciò che era, per lei, davvero importante e ascriveva alla sua femminilità la sua diversa modalità di percezione.
Fra i primi a notare 'questa discrepanza fra ciò che l'autrice aveva da dire e la forma che la tradizione le offriva per dirlo' fu V. Woolf, che nella sua recensione a Revolving Ligths osservava: "Questa scrittrice ha inventato, o, se non inventato, sviluppato e applicato ai suoi fini, una frase che si potrebbe definire la frase psicologica del genere femminile. E' di fibra più elastica della vecchia frase, è capace di estendersi al massimo, di sostenere le più fragili particole, di abbracciare le forme più vaghe" . Fin qui nulla ci suggerisce che solo le donne scrittrici possano avere accesso ai contenuti psicologici che danno forma ad una simile frase. Anzi la Woolf riconosce che "Anche scrittori dell'altro sesso hanno usato frasi di questo genere tendendole al massimo" .
Woolf individuava però una differenza sostanziale fra Richardson e questi scrittori; e lo faceva spostando la sua attenzione dal testo all'autrice e all'intento che quest'ultima si era proposta: "Dorothy Richardson ha modellato la sua frase coscientemente, in modo che potesse discendere nel profondo ed esplorare le fessure della coscienza di Miriam Henderson" . In definitiva quella della Richardson "è la frase di una donna, ma solo nel senso che viene usata per descrivere la mente di una donna" e Richardson è la scrittrice adatta e capace di creare tale frase in quanto "non prova né orgoglio né paura di fronte a quello che potrebbe scoprire nella psicologia del suo sesso" .
In questo modo la Woolf poneva i termini del dibattito femminista intorno a Pilgrimage. Donne e scrittrici s'identificarono nella giovane protagonista Miriam, in cui Dorothy aveva riflesso la sua stessa determinata volontà d'indipendenza. Come artisticamente Dorothy era portata a distaccarsi dalle forme tipiche di una tradizione letteraria al maschile così nella vita cercò instancabilmente di sfuggire, o di superare, o modificare i comportamenti che la società si attendeva da lei in quanto donna.
La problematica del femminismo in Richardson nasce dal suo
scontrarsi contro l'impossibilità per la donna di realizzarsi come individuo
al di là del ruolo femminile socialmente e tradizionalmente codificato.
Ciò si riflette nella sua opera, in cui Miriam non riesce ad
identificarsi nelle donne dagli 'odiosi sorrisi', segni di acquiescenza e facile appagamento: "They would smile those hateful women's smiles - smirks- self-satisfied smiles as if everybody were agreed about everything"38.
D'altra parte ella neppure s'identifica con il mondo maschile, odia gli uomini per il senso di superiorità che provano nei confronti delle donne. Di ciò vi sono, in Pointed Roofs, numerosi esempi. Mentre si trova in viaggio per Hannover insieme al padre Miriam vorrebbe chiedergli un'informazione, ma evita di farlo per non dargli l'occasione di fare sfoggio di superiorità intellettuale e culturale: "If only he could answer a question simply, and not with a superior air as if he had invented the thing he was telling about" . In un'altra circostanza Miriam rimarrà offesa dall'aria condiscendente degli insegnanti tedeschi, annoiati perché costretti ad impartire a delle donne i loro precetti .
Ancora, Miriam non sopporta i sermoni dei predicatori:"Listening to sermons was wrong.people ought to refuse to be preached at by these men.those men's sermons were worse than women smiles." .
Come Hanscombe sottolinea , il rifiuto del predicatore nasconde il rifiuto di un'autorità alla quale ci si aspetta che Miriam si sottometta; ed è l'autorità maschile ("questi uomini") quella a cui ella si sta ribellando.
Non ritrovandosi né nel mondo delle donne né in quello degli uomini, Miriam si trova al di fuori di entrambi, alla ricerca di se stessa; "I don't like men and I don't like women. I am a misanthrope" .
Il conflitto tra mondo maschile e mondo femminile è il nodo centrale in Pilgrimage. Comprenderne l'importanza è fondamentale, altrimenti potrebbe apparire semplice propaganda l'esplicito femminismo
che pervade l'opera e che, in tal caso, ne sarebbe strutturalmente estraneo.
Miriam non può accettare il ruolo femminile in cui si sente inibita e costretta e in lei contrastano, dunque, il suo essere donna e il suo
essere se stessa. Ciò la induce all'isolamento e al rifiuto del matrimonio.
E' interessante il passo di Pointed Roofs in cui Miriam, ancora diciassettenne immagina di sposare un tedesco: "There would be a garden and German springs and summers and sunsets and strong kind arms and a shoulder. She would grow so happy. No one would recognize her as the same person. She would wear a band of tourquoise-blue velvet ribbon under her hair and look at the mountains..No good. She could never get out to that. Never. She could not pretend long enough. Everything would be at an end long before there was any chance of her turning into a happy German woman. Certainly with a German man she would be angry at once" .
La frase indicativa del brano è "no one would recognize her as the same person": il matrimonio significa, per Miriam, diventare un'altra
donna ed è, dunque, una minaccia per l'integrità della sua personalità.
Miriam vuole essere accettata per se stessa, mentre le sembra che il mondo esterno sia in grado di riconoscere l'identità di una persona solo in base al ruolo che le ha assegnato e che essa è capace di svolgere. A questa realtà Miriam - e Dorothy Richardson attraverso di lei - si ribella e la rifiuta.
Potrebbe sembrare strano che in vita Dorothy abbia accettato di sposare Alan Odle. Bisogna considerare, tuttavia, la natura di questo matrimonio. Alan era un artista originale ma sconosciuto, di quindici anni più giovane di lei, un uomo dalla salute tanto debole che le forze armate lo avevano rifiutato per il compimento del servizio militare. Dorothy pensava persino che non sarebbe mai riuscito a sopravviverle. La scrittrice accettò questo matrimonio come un patto di reciproca compagnia e fu per Alan una madre più che una moglie.
Negatasi al matrimonio Miriam non troverà realizzazione neppure nel rapporto amoroso con un uomo, in cui solo i sensi partecipano, ma la mente rimane fredda, non coinvolta, lontana. Troverà pienezza di vita
emotiva, invece, nell'amicizia con delle donne.
D. Richardson, Data for Spanish Publisher, apparso per la prima volta a cura di Joseph Prescott su The London Magazine VI, Giugno 1959. Si tratta di un saggio autobiografico scritto per un editore spagnolo che intendeva pubblicare la traduzione di Pilgrimage, la quale fu però bloccata dalla censura franchista per immoralità e anarchismo. ("Il materiale che mi spinse a scrivere non sarebbe stato adatto alla cornice di alcun romanzo che avevo sperimentato. Credevo, anche nei momenti di maggiore incanto, di essere ugualmente intollerante del romanzo e di tipo romantico e realistico. Ciascuno di essi, così mi sembrava, lasciava fuori certi elementi essenziali e drammatizzava la vita in modo ingannevole. Orizzontalmente. Mettendo insieme i propri personaggi, i romanzieri sviluppavano situazioni, escogitavano eventi, climax e conclusione. Non potevo accettare le loro finalità").
J. Rosenberg, op. cit., p. 52. ("Improvvisamente il mondo era svanito. Ma l'umanità non era mai stata così vicina. Tutto assumeva un'intensità immensa").
Ivi, p. 54. ("Il romanzo aveva cominciato ad essere vivo, e Miriam esisteva come suo centro, da sola. Ella, l'autrice, non c'era").
J. D. Beresford, "Introduzione" alla prima edizione di Pointed Roofs, Londra, Duckworth, 1915. Cit. in G. Thomson, op. cit., p. 156. ( "Un nuovo atteggiamento nei confronti della narrativa"; "la prima romanziera ad aver ad aver effettuato l'estrema immersione..si era buttata a capofitto ed era divenuta parte integrante dell'elemento umanoche descriveva").
Anon., A Fine Novel, "Sunday Observer", 5, 1915. Cit. in G. G. Fromm, Dorothy Richardson: A Biography, cit., pp. 79-80. ("Il libro in qualche modo suona come se il lettore non esistesse () nessun'allusione veniva spiegata o incoerenza giustificata").
E. Siciliani, op. cit., p.21. ("Una dissezione pianificata di una mente incapace di intendere e di volere. Dimostra chiaramente il lavoro di un'immaginazione malata").
M. Siclair, The Novels of Dorothy Richardson, in "Egoist", Aprile 1918, pp. 57-59, cit. in K. Bluemel, op. cit., p. 21. ("Trovo impossibile ridurre a termini intelligibili la soddisfazione che provo. Per me questi tre romanzi mostrano un'arte, metodo e forma portati a puntigliosa perfezione. Tuttavia ho sentito altri romanzieri dire che non hanno arte, metodo e forma e che è questa mancanza di forma che li disturba. Dicono che essi non hanno inizio, parte centrale e fine, e che per avere forma un romanzo deve avere una fine, un inizio e una parte centrale.c'è una certa plausibilità in quello che dicono ma dipende da ciò che costituisce un inizio e una parte centrale e una fine. In questa serie non c'è dramma, situazione, ambientazione. Non succede niente. C'è solo il continuo flusso di coscienza di Miriam Henderson").
Cit. in J. Rosenberg, op. cit., p. 57. ("La cronaca esatta della vita in una scuola femminile tedesca un quarto di secolo fa è, forse, di tutti i temi che un romanziere avrebbe potuto scegliere, quello che probabilmente avrebbe meno attratto il pubblico al momento presente").
Ibidem. ("Il senso di tutto ciò che stava lasciando si risvegliò incontrollato mentre in piedi guardava giù al ben noto giardino").
Ivi, p. 16. ("Una figura bianca e scintillante").
K. Bluemel, op. cit., p. 14. ("La scrittura sperimentale di Richardson richiedeva una lettura sperimentale").
D. M. Richardson, Adventure for Readers, Life and Letters, 22, luglio 1939, p.47. ("Aprendo le pagine in un punto qualsiasi, il lettore è immediatamente assorbito. Tempo e spazio e l'identità dei personaggi, se pure accade che alcuno compaia, sono relativamente immateriali. Può darsi che qualcosa vada perduta. Può darsi che gli episodi perdano la loro piena efficacia poiché s'ignora ciò che è accaduto prima. Ma il lettore non si ritrova completamente in alto mare, come accadrebbe inevitabilmente tuffandosi così incautamente nel bel mezzo di un romanzo drammatico completo di trama, ambientazione, inizio, centro, culmine e sipario. Si ritrova all'interno di un mezzo la cui struttura, fitta come quella della poesia, è ovunque significativa").
D. M. Richardson, Novels, "Life and Letters", IV, Marzo 1948, p. 188.
D.M. Richardson, The Quakers Past and Present, Constable, Londra; Dodge, New York, 1914, cit. in E. Siciliani, op. cit., p. 35. ("perenne comunicazione con un io più ampio").
D. M. Richardson, Novels, cit., pp. 190-91. ("Una visita guidata (.) nella personalità dell'autore che, volente o nolente, qualunque sia il suo metodo d'approccio, deve consegnare al lettore l'autoritratto dello scrittore. (.) E' in ultima analisi la personalità dello scrittore quale si rivela che attrae o ripugna").
S. Kunitz, cit. in E. Siciliani, op. cit., pp. 18-19. ("L'autore, lontano dalla vista e dall'ascolto, è presente, se lo cerchiamo, solo nell'atteggiamento verso la realtà che inevitabilmente rivela: in modo sottile tramite il suo accento, in modo ovvio tramite l'uso di
aggettivi, epiteti e metafore").
D. M. Richardson, Preface a These Moderns Some Parisian close ups di Dumas F. Ribadeau, 1932, cit. in E. Siciliani, op. cit., p. 18. (".incontrarlo dapprima nelle sue realizzazioni").
Lettera di D. Richardson a J. Prescott, 1 giugno 1951, in E. Siciliani, op. cit., p. 115. ("Fu uno shock, sia in considerazione della sua aria di raffinatezza borghese inconsciamente fastidiosa (.) e, quel che era molto peggio, della sua espressione di paziente rassegnazione").
G. G. Fromm, op. cit., p. XVII. ("Nel 1963 pubblicai su PMLA un saggio che era il primo resoconto della vita e dell'opera di Dorothy Richardson. Esso mostrava che Pilgrimage era veramente un'opera autobiografica e che qualsiasi ritratto di Dorothy Richardson (come ella stessa insisteva) doveva prendere le proprie linee fondamentali dal suo stesso romanzo perché era lì che sentiva di aver davvero rivelato se stessa").
G. Hanscombe, op. cit., p. 25. ("Pilgrimage non è invenzione romanzesca perché gli eventi registrati dalla sua narrazione e i personaggi che introduce sono dirette riproduzioni delle stesse esperienze di vita di Richardson. D'altra parte, non è autobiografia perché non c'è data nessun'esplicita cronologia, nessun resoconto oggettivo di persone ed eventi e nessun'assicurazione che la voce dell'autrice e quella del personaggio siano sempre da identificare come sinonimi").
J. Rosenberg, op. cit., p.71. ("Da una 'iniziale vaghezza' ad una 'crescente articolazione' cosicché ad ogni stadio la narrazione assumesse un tono leggermente alterato, filtrato attraverso la nuova Miriam in continua evoluzione")
G. G. Fromm, op. cit., p. 81. ("Tutti e tre erano insieme romanzi autobiografici e soggettivi. Tutti trattavano di personaggi che somigliavano spiccatamente ai loro creatori, tutti erano assillati se non ossessionati dalla coscienza dei loro personaggi centrali").
E. Siciliani, op. cit., p. 29.
D. Richardson, Foreward scritta per la prima edizione collettanea di Pilgrimage, cit., p. 9. ("L'equivalente femminile del corrente realismo maschile').
Cfr. Virginia Woolf, in M. Barret (a cura di), Virginia Woolf: Le donne e la scrittura, Milano, La Tartaruga edizioni, 1995, p.199.
Ivi, p. 202.
Ibidem.
D. Richardson, Pointed Roofs, cit., p. 31. ("Avrebbero ostentato quegli odiosi sorrisi delle donne - sorrisi autocompiaciuti come se tutte fossero d'accordo su tutto").
Ivi, p. 31. ("Se solo avesse potuto rispondere ad una domanda con semplicità, e non con un'aria di superiorità come se avesse inventato la cosa di cui stava parlando").
Ivi, pp. 73-78.
Ivi, p. 73. ("Ascoltare i sermoni era sbagliato.la gente dovrebbe rifiutare di farsi fare prediche da questi uomini.i sermoni di quegli uomini erano peggio dei sorrisi delle donne.").
G. Hanscombe, op. cit., p. 64.
D. M. Richardson, Pointed Roofs, cit., p. 31. ("Non mi piacciono gli uomini e detesto le donne. Sono una misantropa")
Ivi, p. 167. ("Ci sarebbe stato un giardino e primavere tedesche ed estati e tramonti e forti braccia gentili ed una spalla. Sarebbe diventata così felice. Nessuno l'avrebbe riconosciuta come la stessa persona. Avrebbe indossato una fascia di nastro di velluto azzurro-turchese fra i capelli e avrebbe guardato le montagne..Non andava bene. Non sarebbe mai riuscita ad arrivare a questo. Mai. Non avrebbe potuto fingere così a lungo. Tutto si sarebbe concluso molto prima che ci fosse qualsiasi possibilità per lei di trasformarsi in una felice donna tedesca. Di certo con un uomo tedesco si sarebbe subito irata").
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