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Petrarca nacque ad Arezzo il 20 luglio 1304, ma trascorse la fanciullezza a Carpentras, presso Avignone, dove il padre, che era un notaio bandito da Firenze perchè avverso ai Neri, era impiegato presso la corte pontificia. Iniziò gli studi a Carpentras e seguì poi gli studi di diritto, prima all'Università di Montpellier, quindi a Bologna.
La permanenza ad Avignone gli consentì di approfondire la conoscenza
della lirica cortese provenzale e la sua frequentazione delle biblioteche dei
monasteri della Francia centrale e delle Fiandre ne fece anche un conoscitore
della letteratura classica.
Nel 1330 seguì il cardinale Giovanni Colonna nella sua sede di Lombez, in
Guascogna e ne divenne segretario. Intanto aveva incontrato Laura, che sarebbe
stata l'ispiratrice della sua poesia. Petrarca la conobbe nella Chiesa di Santa
Chiara il 6 aprile 1327 e l'amore per lei lo spinse ad una profonda meditazione
ed all'analisi della propria anima.
Nel 1333, in una biblioteca di Liegi, egli scoperse una orazione di Cicerone,
la 'Pro Archia'. Nella quiete della sua casa che rappresentava il suo
rifugio dopo il ritorno ad Avignone compose, tra il 1337 ed il 1340, il suo
poema 'Africa' ed una serie di biografie di uomini famosi
dell'antichità.
Nel 1340 gli giunse contemporaneamente dall'Università di Parigi e dal Senato
di Roma l'invito ad essere incoronato poeta. Il Petrarca scelse Roma e nel 1341
venne pubblicamente incoronato da re Roberto a Napoli, poi nuovamente a Roma in
Campidoglio.
Nel 1345 Petrarca faceva un'altra sensazionale scoperta nella Biblioteca
Capitolare di Verona, dove ritrovò le 'Epistole ad Attico' di
Cicerone.
In quegli anni continuava a scrivere opere in lingua latina ed in volgare ed
allargava la sua rete di conoscenze e di amicizie italiane.
Nel 1350 fu a Padova, a Roma per il Giubileo ed infine a Firenze dove, sulla
via del ritorno, conobbe Giovanni Boccaccio. I due divennero intimi amici e
restarono tali per tutta la vita.
Nel 1353 Petrarca si trasferì definitivamente in Italia. Fu a Milano, presso
Giovanni Visconti e ciò suscitò sorpresa fra i suoi amici, che lo conoscevano
come nemico dei Ghibellini, ma egli asserì che il signore gli lasciava agio di
seguire liberamente le sue inclinazioni ed i suoi studi.
Visse ad Arquà dal 1370 fino alla morte, che lo colse fra i libri nel luglio
del 1374. Il suo Canzoniere raccoglie trecentosessantasei componimenti e per
convenzione si divide in due parti, le Rime in vita e le Rime in morte di
Madonna Laura.
Dalla suggestione che ebbe su di lui la Divina Commedia nacquero i Trionfi, in
cui il poeta narra, in una serie di visioni allegoriche, un itinerario del
destino dell'uomo, dall'esperienza amorosa a quella della vita ultraterrena.
Chiare fresche e dolci acque
Chiare fresche e dolci acque
ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna;
gentil ramo ove piacque,
con sospir mi rimembra, 5
a lei di fare al bel fianco colonna;
erba e fior che la gonna
leggiadra ricoverse
co l'angelico seno;
aere sacro sereno 10
ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse:
date udienzia insieme
a le dolenti mie parole estreme.
S'egli è pur mio destino,
e 'l cielo in ciò s'adopra, 15
ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda,
qualche grazia il meschino
corpo fra voi ricopra
e torni l'alma al proprio albergo ignuda;
la morte fia men cruda 20
se questa spene porto
a quel dubbioso passo,
ché lo spirito lasso
non poria mai in più riposato porto
né in più tranquilla fossa 25
fuggir la carne travagliata e l'ossa.
Tempo verrà ancor forse
ch'a l'usato soggiorno
torni la fera bella e mansueta
e là 'v' ella mi scorse 30
nel benedetto giorno
volga la vista disiosa e lieta,
cercandomi; ed o pieta!
già terra infra le pietre
vedendo, Amor l'ispiri 35
in guisa che sospiri
sì dolcemente che mercé m'impetre,
e faccia forza al cielo
asciugandosi gli occhi col bel velo.
Da' be' rami scendea, 40
dolce ne la memoria,
una pioggia di fior sovra 'l suo grembo,
ed ella si sedea
umile in tanta gloria,
coverta già de l'amoroso nembo; 45
qual fior cadea sul lembo,
qual su le trecce bionde,
ch'oro forbito e perle
erano quel dì a vederle;
qual si posava in terra e qual su l'onde, 50
qual con un vago errore
girando parea dir: 'Qui regna Amore'.
Quante volte diss'io
allor pien di spavento:
'Costei per fermo nacque in paradiso!'. 55
Così carco d'oblio
il divin portamento
e 'l volto e le parole e 'l dolce riso
m'aveano, e sì diviso
da l'imagine vera, 60
ch'i' dicea sospirando:
'Qui come venn'io o quando?',
credendo esser in ciel, non là dov'era.
Da indi in qua mi piace
quest'erba sì ch'altrove non ò pace. 65
Se tu avessi ornamenti quant'ài voglia,
poresti arditamente
uscir del bosco e gir infra la gente.
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