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Nel 1948 1' ONU approva la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. Rifletti sulla loro natura e sui problemi che pone la loro protezione




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Nel 1948 1' ONU approva la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. Rifletti sulla loro natura e sui problemi che pone la loro protezione


Svolgimento:

Anche oggi scrivo cose di cui mi piacerebbe non parlare, problemi seri naturalmente. Sono quasi dieci anni che lavoro per Amnesty Intemational e i miei occhi hanno visto ogni giorno molte, troppe scene tragiche: prigionieri innocenti torturati fino all'uccisione, donne costrette a sottomettersi a qualsiasi volere del marito a volte anche ad essere vendute. Diritti umani? In questi paesi si mettono tutti a ridere e non capiscono la nostra lotta per un mondo più libero. Già!, quante scene hanno visto questi occhi eppure oggi hanno di nuovo pianto:

questa volta è toccato a un ragazzo, vent'anni, una vita sprecata dirà la gente, non per lui; negli occhi di quel ragazzo c'è orgoglio e non paura, sfida e non dolore. Questo ragazzo oggi è stato ucciso dalle forze dell'ordine, 'aveva parlato troppo', continuavano a ripetere picchiando ripetutamente quel corpo ormai esanime.

Era giorno di festa in paese, si festeggiava come in tutte le città il compleanno del Presidente; Banchetti imbanditi in suo onore, cortei, orchestre, gruppi folcloristici di ogni tipo, bandiere e scritte con il suo volto, le sue parole, bambini che giocavano con in mano la foto di un Presidente che non hanno mai visto. Tutto era perfetto, un'atmosfera così 'tristemente' gioiosa. E poi è arrivato Mohamed, così si chiamava il ragazzo, non aveva niente con sé, pistole, fucili, bombe, no. L'unica arma che aveva era la sua voce; così salì su un impalcatura e con l'aiuto di un megafono ormai mezzo rotto, iniziò a parlare e ad attirare verso di sé la gente che lo ascoltava silenziosa, senza capire questo suo atteggiamento di accusa verso il Presidente. Mohamed parlava ed esprimeva al mondo le sue idee, senza armi, solo con il suo coraggio. Arrivò il servizio dell'ordine e dopo averlo tirato giù dall'impalcatura hanno incominciato a picchiarlo; Mohamed parlava e la gente gli rispondeva di star zitto e più aumentavano le botte e più la gente urlava ripetendo sempre più forte la stessa frase. Le orecchie di Mohamed non volevano più ascoltare le parole 'stai zitto' e lui continuava a parlare in quel misero megafono, e più lui parlava e più aumentavano i colpi sul suo corpo, tutta la sua forza era nella sua voce, la sua testa sanguinava dilaniata dai colpi di bastone e le gambe erano stanche e doloranti, ma lui continuava finché non cadde per terra e con le ultime forze che gli rimanevano alzò il volto, guardò la gente e disse con tutta l amarezza che c'era nel suo cuore: 'Oggi muoio per la libertà di un paese che ha paura delle parole'.

Non scorderò mai quel messaggio, semplice e concreto, giuro di essere ancora scosso da quelle innocenti parole mischiate a quelle urla.

È difficile vedere in questi luoghi ragazzi pieni di coraggio e di voglia di cambiamento: e Mohamed era uno di loro.

Qui la gente discute di ciò che è accaduto come se fosse un normale fatto di cronaca, non esistono sentimenti di pena o di ammirazione quando una persona critica il Presidente. Ogni idea, ogni opinione non vale niente se non è la sua.

Già! Forse a gente come noi che arriviamo da paesi democratici, in cui ogni episodio di intolleranza viene denunciato, un tale comportamento ci sconcerta, eppure in questi luoghi è una cosa comune. Oggi è morto un ragazzo, domani magari toccherà a una donna o a un povero anziano: questo è il pensiero della gente.

Sono diversi anni che mi trovo in questo paese e ogni anno, come di consueto, scrivo un rapporto sulla situazione locale da inviare ad Amnesty e ogni anno le parole che compongono la mia testimonianza sono sempre le stesse, crude e piene di verità. Ma solo oggi dopo aver assistito alla morte di quel ragazzo mi rendo conto che fin quando la gente stessa, quella più sfruttata, quella più misera, non alzerà la testa e inizierà a ribellarsi le parole del mio rapporto continueranno tristemente a rimanere sempre le stesse.


La storia che ho appena raccontato è soltanto frutto della mia immaginazione; con questo non volevo ingannare coloro che stanno leggendo il mio tema semplicemente volevo parlare di questo grande argomento nel modo più semplice che io conosca, raccontando una storia. Purtroppo il problema della tutela dei diritti umani non dipende dalla mia fantasia e non basta tracciare una riga su queste parole per cancellarne l'esistenza.

A cinquant'anni dall'approvazione della Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo è molto difficile parlare della loro natura, soprattutto se pensiamo che esistono stati che non hanno ancora riconosciuto ufficialmente la dichiarazione in questione.

Molti paesi applicano ancora la pena di morte, tra cui compaiono anche alcune delle più importanti potenze economiche; esistono ancora persone imprigionate per aver espresso la propria opinione o professato una diversa religione da quella 'dello stato'.

La Dichiarazione emanata nel '48 sarà anche una grande conquista, ma se la gente non impara ad utilizzare gli 'strumenti di difesa' che vengono fomite loro, questo problema continuerà a sussistere. La mia non è una critica diretta alla persone che

vivono la sofferenza sulla loro pelle, ma verso le istituzioni che non rendono noto l'esistenza di questi provvedimenti o semplicemente non insegnano alla gente comune

cosa questi rappresentano. Trovo che una campagna di insegnamento alla difesa dei diritti dei diritti umani potrebbe rappresentare un primo passo verso la risoluzione di questo problema. In fondo la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo è come una complicata arma che se non si impara ad usarla rimane inoffensiva.

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