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Metamorfosi Come Intima Fusione Con La Natura: "La Pioggia Nel Pineto"




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Metamorfosi Come Intima Fusione Con La Natura:

"La Pioggia Nel Pineto"

"La pioggia nel pineto" è una delle più belle liriche di Gabriele d 'Annunzio[1] in cui la parola viene usata per le sue componenti foniche e musicali più che per il significato. Il poeta passeggia in un bosco con la donna amata, alla quale dà il nome classico di Ermione e la invita a stare in silenzio per sentire la musica delle gocce che cadono sul fogliame degli alberi. Inebriati dalla pioggia e dalla melodia della natura, il poeta e la sua donna si lasciano trasportare dalle sensazioni con un'adesione così profonda da arrivare alla fusione con la natura del bosco, in una totale e gioiosa comunione con la vita elementare di questa.

Il tema centrale della lirica quindi è quello della metamorfosi: il poeta e la donna amata si fondono gradualmente con lo spirito stesso del bosco. La fusione panica viene presentata gradualmente e in crescendo. Nella prima strofa viene appena sfiorata con l'espressione "piove su i nostri volti/ silvani" lasciando intendere che gli esseri umani si stanno confondendo con il bosco, sembrano fatti dalla stessa sostanza, mentre si intensifica e si approfondisce quando ai versi 26-28 non vi è più separazione tra la dimensione fisica e quella spirituale in quanto non solo piove sui corpi, ma anche "sui freschi pensieri/ che l'anima schiude/ novella". Nella seconda strofa è in atto la metamorfosi che si sviluppa nell'ultima parte attraverso una serie di paragoni tra alcune parti del corpo della donna e gli elementi della natura: "..e il tuo volto ebro/ è molle di pioggia/ come una foglia,/ e le tue chiome/ auliscono come/ le chiare ginestre..". La terza strofa è dedicata alla sinfonia della pioggia mentre nell'ultima strofa l'immedesimazione con la natura raggiunge il culmine. L'immagine femminile si trasforma in quella di una creatura arborea: "..non bianca/ ma quasi fatta virente,/ par da scorza tu esca." ; la donna, non più bianca , ma verdeggiante come le fronde, sembra uscire, simile a una ninfa, dalla scorza di un albero. Si assiste ormai alla completa trasformazione dei due amanti in esseri vegetali : il cuore è come una pesca perfetta, gli occhi sotto le palpebre sono due sorgenti d'acqua in mezzo all'erba, i denti simili a mandorle acerbe ( "il cuor nel petto è come pesca/ intatta,/ tra le palpebre gli occhi/ son come polle tra l'erbe,/ i denti negli alveoli/ son come mandorle acerbe.."). I due personaggi costituiscono ora un tutt'uno con il bosco che li avvince in un abbraccio di rami e di arbusti e vengono quindi immersi nel ritmo vitale, onnicomprensivo e infinito della natura. I due entrano quindi in una dimensione nuova, mitica e divina.

Al tema della metamorfosi si intrecciano altri motivi chiave della lirica come la musicalità e l'amore. Notiamo all'inizio della poesia l'invito al silenzio che il poeta rivolge a Ermione: l'imperativo Taci crea un'atmosfera di sospensione e di attesa e il silenzio è infatti indispensabile per poter sentire la musica della pioggia, le "parole più nuove/ che parlano gocciole e foglie/ lontane". L'esortazione all'ascolto viene rinnovata ogni volta che un suono nuovo, prima quello della cicala, poi quello della rana, si aggiunge alle mille modulazioni della pioggia. Il poeta quindi riproduce in modo originale la musica delle gocce d'acqua sulle innumerevoli piante del bosco (tamerici, pini, mirti, ginestre.. ), il canto delle cicale e poi il verso sordo e roco della rana che a poco a poco si spegne nell'ombra. L'amore invece viene sentito dal poeta come un'illusione: la "favola bella/ che ieri/ t'illuse, che oggi/ m'illude" (i versi finali sono identici  a questi , sicchè l' intero componimento è racchiuso in una struttura circolare). Questo motivo sembra pervadere l'intero componimento dal quale scaturisce un'immagine della vita come qualcosa di lieve, fuggevole e illusorio.




Gabriele d'Annunzio nasce a Pescara nel 1863 e muore a Gardone nel 1938. Fu non solo poeta ma anche soldato nella prima guerra mondiale e seguì con passione la politica. Annunziò lo stato libero di Fiume. Quando si stabilì a Roma, conobbe gli ambienti eleganti della città e visse una vita ricca e piena di scandali e di fatti che gli diedero molta pubblicità come la sua relazione con la grande attrice Eleonora Duse. Fu a favore della guerra e partecipò alla 'Beffa di Buccari' (una località vicino a Fiume), partecipò al volo su Trieste e quando finì la guerra fu nazionalista e organizzò la marcia su Fiume. Prese parte a quei movimenti che poi permisero la vittoria del Fascismo. Amò molto la bellezza e la grandezza sia nella vita che nell'arte. Appartiene al decadentismo per il suo estetismo (amore della bellezza; estetismo: movimento che si ebbe in Francia, dal monte Parnaso, dove abitavano le muse, per indicare una poesia pura, preziosa), uno dei suoi aspetti principali che rappresenta il Parnassianesimo e nasce dall'odio della realtà quotidiana; infatti estetismo, sia nella vita che nell'arte, vuole dire ricerca di eleganza e di raffinatezza; senza pensieri di moralità, ma con l'estetismo D'Annunzio cerca pure di innalzare la sua istintiva sensualità nell'amore, nel piacere, nel bello. Tra le opere ricordiamo le raccolte poetiche "Intermezzo" e "Poema paradisiaco", le novelle abruzzesi di "Terra vergine", i romanzi "Il piacere", "L'innocente", il "Trionfo della morte", "Le vergini delle rocce", il ciclo delle "Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi".


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