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" Le speranze della società decadente"
Perché "Le speranze della società decadente" ?
Inevitabilmente lo studio di ciò che è stato il secolo scorsa mi ha portato a guardare la realtà che mi circonda con occhio critico e in relazione al passato.
Da sempre il comportamento dell'individuo rispetto all'altro e rispetto alla società mi ha incuriosita, in particolar modo quello dei giovani. Molte volte nell'osservare i miei coetanei ho provato delusione .ho avuto l'impressione che fossero burattini nelle mani dei mass-media,delle mode,del pensiero dominante; altre volte ho provato disprezzo nei confronti di chi in nome di un perché credendo fortemente nella propria individualità, veniva invece inconsciamente inglobato in dei meccanismi che lo portavano a conformarsi al contesto in cui viveva.
Con queste premesse ho dato inizio alla mia ricerca. Spinta dalla volontà di convertire l' uomo ad un mondo diverso ho ricercato nel passato e nel presente spunti di riflessione, testimoni anticonformisti che nel loro piccolo hanno cercato di cambiare qualcosa, di trovare delle SPERANZE, di far fronte al crollo incessante della società nel quale l'uomo oggi, è costretto a vivere.
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La scuola di Francoforte
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Il disagio della civiltà
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Wegener
La deriva dei continenti
A partire dagli anni cinquanta si sviluppa in Europa quel tipo di società o di civiltà nella quale ancora viviamo. Si tratta di quella 'civiltà di massa' o civiltà dei consumi della quale i sociologi hanno esaminato tutte le caratteristiche: che vanno dal consumismo ai persuasori occulti (che attraverso una serie di canali di comunicazione trasformano l'uomo in consumatore diretto), dall'omogeneizzazione del gusto collettivo alla mercificazione di qualsiasi tipo di valori. Anni di profondi cambiamenti. Il più importante fu il boom economico, figlio dell'espansione edilizia e della diffusione del pagamento dilazionato - la cambiale - che consentì la vendita sterminata di merci, case, automobili e elettrodomestici. Anni nei quali i giovani scoprirono la minigonna, la libertà sessuale, si fecero crescere i capelli, impazzirono per il rock, cominciarono ad amare la trasgressione.
In questa situazione è abbastanza agevole capire come mai, a partire circa dalla fine degli anni cinquanta, si sia avuto nel mondo letterario, e soprattutto in quello delle arti figurative, un pullulare di ricerche, sperimentazioni, 'neoavanguardie'. Di fronte alla negatività di certi fenomeni prodotti dall'industria culturale, scrittori ed artisti hanno tentato, isolatamente o legandosi in 'scuole' o 'gruppi', la contestazione della prassi e dei valori della società di massa, con una varietà di atteggiamenti e di soluzioni.
La scuola di Francoforte
La Scuola di Francoforte è una scuola filosofica e sociologica neomarxista.. Il primo periodo di attività della scuola si inquadra nel primo dopoguerra, tra gli anni Venti e gli anni Trenta; all'avvento del nazismo il gruppo lasciò la Germania e si trasferì dapprima a Ginevra, poi a Parigi e infine a New York, dove continuò la sua attività.. Dopo la seconda guerra mondiale alcuni esponenti (tra cui Adorno, Horkheimer e Pollock) tornarono in Germania per fondare un nuovo Istituto per la ricerca sociale.
La scuola raccolse studiosi di diverse discipline e ambiti culturali, ma la linea di pensiero che ha accomunato tutti gli esponenti risiede nella critica della società presente, tendente a smascherare le contraddizioni del contemporaneo vivere collettivo. L'ideale di società e di uomo a cui fa riferimento questa critica è quella utopistica e rivoluzionaria del marxismo; l'elaborazione di questa filosofia da parte della Scuola è autonoma e originale, e per alcuni studiosi (come Horkheimer) implica addirittura un allontanamento da alcuni punti centrali del pensiero di Karl Marx. Nel complesso questa linea di interpretazione si pone polemicamente in contrasto con le correnti di pensiero marxiste diffuse all'inizio del secolo, influenzate o dall'ortodossia sovietica o dalle correnti revisioniste.
L'istituto diede i contributi maggiori in relazione a due aspetti riguardanti la possibilità dei soggetti umani di agire razionalmente e prendersi così carico delle contraddizioni della propria società e degli sviluppi della propria storia. Il primo aspetto ha a che fare con quei fenomeni sociali che nel marxismo sono considerati sovrastruttura e ideologia: la famiglia, le strutture gerarchiche, il regno dell'estetica e della cultura di massa. Gli studi ebbero qui una preoccupazione comune riguardo all'abilità con cui il capitalismo distrugge le condizioni previe al nascere di una coscienza critica e rivoluzionaria. Questo significava arrivare ad una consapevolezza sofisticata della dimensione profonda dove l'oppressione sociale alimenta se stessa. Significava anche l'inizio di una esplorazione da parte della teoria critica dell'ideologia come parte dei fondamenti della struttura sociale.
L'istituto e vari dei suoi collaboratori ebbero una gigantesca influenza (specie negli USA) sulle scienze sociali tramite la loro opera The Authoritarian Personality, che condusse un estesa ricerca empirica, usando categorie sociologiche e psicoanalitiche, alla fine di caratterizzare gli impulsi che causavano le persone ad affiliarsi a o sostenere movimenti o partiti fascisti. Lo studio trovò che l'asserire l'esistenza di universali, o perfino di una verità, fossero tratti tipici del fascismo; mettendo in dubbio ogni nozione di un ideale superiore, o una missione comune per l'umanità, The Authoritarian Personality contribuì in gran parte all'emergere della controcultura.
La natura del marxismo costituiva il secondo punto focale dell'Istituto, e in questo contesto nacque il concetto di 'teoria critica'. Il termine era inteso per vari scopi - primo, contrastava nozioni tradizionali di teorie, che erano in gran parte o positivistiche o scientifiche. Secondo, il termine concedeva di evitare l'etichetta politicamente carica di 'marxismo'. Terzo, li metteva in connessione esplicita con la 'filosofia critica' di Immanuel Kant, dove il termine 'critica' voleva intendere la riflessione filosofica sui limiti di certi tipi di conoscenza e una connessione diretta tra una tale critica e l'enfasi sull'autonomia morale. In un contesto definito dal dogmatismo positivistico e scientifico da una parte e lo 'socialismo scientifico' dogmatico dall'altra, la teoria critica intendeva riabilitare tramite il suo approccio filosoficamente critico una svolta verso l'azione rivoluzionaria, o perlomeno la sua possibilità, in un periodo nel quale sembrava in declino.
Mentre la distinzione di Horkheimer tra teoria tradizionale e teoria critica in un certo senso ripeteva solo la dichiarazione di Marx che i filosofi avessero sempre solo interpretato il mondo e che ora si trattava di cambiarlo, l'istituto, nella sua critica all'ideologia, sfidò correnti filosofiche come il positivismo, la fenomenologia, l'esistenzialismo, e il pragmatismo, con una critica implicita del marxismo contemporaneo, che aveva trasformato la dialettica in una scienza o metafisica alternative. L'istituto tentò di riformulare la dialettica come un metodo scientifico concreto, continuamente attento alle specifiche radici sociali del pensiero e della specifica costellazione di forze che influenzavano la possibilità di liberazione. Conseguentemente, la teoria critica rifiutò la metafisica materialista della ortodossia marxista. Per Horkheimer e i suoi colleghi, il materialismo significava l'orientamento della teoria verso la pratica e verso la soddisfazione delle necessità umane, non una dichiarazione metafisica sulla natura della realtà.
Il sessantotto
Il 1968 è stato per molti versi un anno particolare, nel quale grandi movimenti di massa socialmente disomogenei (operai, studenti e gruppi etnici minoritari) e formati per aggregazione spesso spontanea,con la loro carica contestativa e sembrarono far vacillare governi e sistemi politici in nome di una trasformazione radicale della società. Essi proposero, infatti, valori comunitari, un atteggiamento non egoistico ma solidaristico, la libertà sessuale, la libertà di scelta individuale, l'emancipazione dall'etica famigliare in favore della solidarietà di gruppo giovanile.
Questo è stato un movimento sociale e politico su cui ci sono ancora molti disaccordi: molti sostengono che sia stato il movimento che ci ha portato ad un mondo 'utopicamente' migliore e molti altri sostengono invece il contrario ovvero che sia stato un movimento che spaccato e distrutto la moralità e la stabilità politica mondiale.
Il movimento nacque a metà degli anni sessanta in America e raggiunge la sua apoteosi nel . Esso ebbe origine presso i giovani e gli operai per protestare contro la allora nuova società dei consumi, che (tuttora) propone il valore del denaro e del mercato nel mondo capitalista, mentre per le popolazioni del blocco orientale denunciavano la mancanza di libertà e l'invadenza della burocrazia di partito, gravissimo problema sia dell'URSS che dei paesi legati ad essa.
Diffuso in buona parte del mondo, dall'occidente all'est comunista, ebbe come nemico comune l'autorità: nelle scuole si contestava l'autorità e i pregiudizi dei professori.
Nelle fabbriche si rifiutava l'autorità del potere unicamente del denaro (grandissimo tema di contestazione anche oggi, soprattutto per l'importanza che si dà alle vite rispetto al guadagno) e dell'organizzazione lavorativa, nella famiglia si contestava l'autorità assoluta dei genitori. In entrambi i sistemi venivano messi in discussione il potere politico e le discriminazioni dovute alla razza, alla ricchezza, al sesso, alla religione, all'ideologia.
Gli obiettivi dei popoli in ambo i blocchi erano: riorganizzare la società sulla base del principio di uguaglianza, rinnovare la politica in nome della partecipazione di tutti alle decisioni, eliminare ogni forma di oppressione sociale e di discriminazione razziale, estirpare la guerra come unica relazione tra gli stati.
La rivolta americana
Negli Stati Uniti, le lotte si polarizzarono contro la guerra del Vietnam(la quale si concluse solo nell'aprile del ), assumendo la forma di un conflitto antimperialista. Ad essa si combinarono le battaglie dei neri per il riconoscimento dei loro diritti civili e per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro.
. In questo contesto negli USA nacque il movimento dei cosiddetti hippy, parola di gergo che voleva dire 'uno che ha mangiato la foglia', in seguito ribattezzati 'figli dei fiori', poiché la loro unica arma erano appunto i fiori. Si distinsero per costumi molto liberali ed ampio uso di droghe, soprattutto LSD, un allucinogeno che proprio in quegli anni fu immesso sul mercato con rapida diffusione.
In America questo movimento si unì alle battaglie dei neri per la conquista dei più elementari diritti civili. Le battaglie per il riconoscimento dei diritti civili ai neri si dividevano sostanzialmente in due filoni: quello pacifista, guidato da Martin Luther King, un pastore battista apostolo della 'non violenza', che fin da giovane si dedicò alla lotta contro la discriminazione razziale, il suo celebre discorso, in cui auspicava l'uguaglianza tra i popoli ('I have a dream') scatenò un' ondata di proteste e di violenze, culminate nel suo assassinio nel 1968. Poi quello più intransigente del Black Panther Party, che chiedeva la formazione di un potere nero (Black Power), contrapposto a quello dei bianchi, era di orientamento Marxista e guidato da personalità del calibro di Angela Davis, Elridge Cleaver e Malcolm X..
Primavera di Praga
Situazione diversa si trovava nei paesi del patto di Varsavia, dove le manifestazioni chiedevano più libertà di espressione e una maggiore considerazione delle opinioni e della volontà della popolazione delle scelte politiche. La più alta delle manifestazioni di protesta fu la rivolta studentesca in Cecoslovacchia, successivamente chiamata 'Primavera di Praga'.
L'avvento al potere di Breznev significò per la società sovietica la fine di ogni spinta riformatrice. Questa politica di conservazione riguardò anche tutti i paesi del patto di Varsavia, ma in Cecoslovacchia si era realizzato un originale tentativo di rendere democratico il sistema comunista. Il progetto riformatore prevedeva l'allargamento della partecipazione politica dei cittadini e la ristrutturazione dell'economia, con la rinuncia del potere assoluto da parte dello stato. A sostenere questo tentativo ci fu proprio il movimento politico e culturale della Primavera di Praga.
Tuttavia, nel timore che questo processo di democratizzazione contagiasse anche gli altri paesi del blocco sovietico, l'Unione Sovietica decise di soffocare nel sangue il movimento di riforma. A questa scelta così violentemente autoritaria molti partiti comunisti sparsi nel resto del mondo si dichiararono in totale disaccordo.
Maggio Francese
In Francia la protesta assunse toni molto violenti nel maggio del 1968 e parve trasformarsi in rivolta contro lo stato. Essa ebbe origine da un progetto governativo di razionalizzazione delle strutture scolastiche.
Il piano di riforma scolastica prevedeva, al termine degli studi secondari, una severa selezione
che avrebbe ridotto considerevolmente il numero degli studenti universitari e consentito l'accesso agli studenti più dotati.
L'approvazione di questo piano, chiamato Piano Fouchet, provocò
un'immediata risposta da parte delle masse studentesche. gli studenti e i
professori progressisti dell'università di Nanterre decisero di scioperare. La
protesta si allargò rapidamente e il 22 marzo
prese il via il movimento più noto tra quelli sorti nella primavera del
1968(capeggiato da un giovane anarchico, D. Cohn Bendit). L'occupazione alla Sorbona
da parte degli studenti (2 maggio) rappresentò il momento di rottura,
contrassegnato da scontri con la polizia. In 13 le organizzazioni studentesche
proclamarono lo sciopero generale.
Movimento in Italia
In Italia la contestazione studentesca si rivolse dapprima contro l'autoritarismo dell'istituzione universitaria, la natura elitaria e anacronistica del sapere che vi era impartito o, viceversa, la sua sottomissione agli interessi delle grandi imprese private. Il movimento si annunciò con l'occupazione della facoltà di architettura di Milano e della sede delle facoltà umanistiche dell'università di Torino verso la fine del 1967. Si estese quindi a macchia d'olio con occupazioni e manifestazioni nelle quattro università milanesi, a Pisa, a Trento e infine a Roma, dove ebbero luogo duri scontri con la polizia a Valle Giulia presso la facoltà di architettura (1° marzo 1968).
Il movimento cercò, nel collegamento con la classe operaia e con la tradizione del movimento operaio internazionale, le forme per dare razionalità e contesto alle sue proposte e collegarle ai bisogni della società nel suo insieme, con una forte sottolineatura dei diritti sociali e dell'egualitarismo, ciò che gli conferì una netta connotazione ideologica di sinistra. Questa congiunzione parve trovare compimento nel periodo di forti agitazioni sindacali del cosiddetto 'autunno caldo' nel 1969, ma fu stroncata dall'attentato alla Banca Nazionale dell'Agricoltura di Milano, in piazza Fontana, nel quale il 12 dicembre perirono 16 persone e ne caddero ferite 87: l'evento avrebbe segnato l'inizio della cosiddetta 'strategia della tensione', caratterizzata da azioni terroristiche di matrice nera e fomentata da settori deviati dei servizi segreti.
Fallito il tentativo di influenzare i partiti di sinistra richiamandoli alle istanze rivoluzionarie, il movimento si frantumò in una moltitudine di piccoli gruppi extraparlamentari, riconducibili a tre correnti principali: quella marxista-leninista, stalinista o maoista (Partito comunista d'Italia; Unione dei comunisti; Movimento studentesco, poi Movimento lavoratori per il socialismo); quella trotzkista (Avanguardia operaia) e quella operaista-spontaneista, più attenta alle esperienze di lotta nel mondo sviluppato (Lotta continua; Potere operaio). Nel corso degli anni Settanta, dalle loro costole sarebbero sorti nuclei di irriducibili che, agendo in clandestinità, ricorsero al terrorismo, contribuendo ad alimentare la strategia della tensione (Prima linea; Nuclei armati proletari; Brigate Rosse e altri).
Nonostante fosse diffusa in tutto il mondo, la protesta giovanile si
spense, all'inizio degli anni '70, ovunque senza aver riportato risultati
significativi. La principale ragione di questo fallimento va ricercata nella
loro incapacità di tradurre le aspirazioni in programmi concreti e in strutture
organizzative in grado di realizzarli. Il Sessantotto, quindi, si caratterizzò
come un movimento di opposizione e di contestazione
globale. Anche se non ha conquistato il potere politico ha però colonizzato
gran parte delle coscienze nel nostro paese, portando a compimento una vera e
propria rivoluzione culturale, un profondo cambiamento nel vissuto sociale;
dando un contributo significativo, per esempio, nella conquista dello Statuto
dei lavoratori, nella battaglia sul divorzio e sull'aborto, ha prodotto, come
effetto indotto, la nuova legislazione sulla scuola e l'università.
La diffusione giovanile del movimento ha prodotto cambiamenti radicali nel
costume, dalla musica al cinema all'abbigliamento, nei rapporti sociali e
interpersonali, in quelli tra padri e figli, creando un clima di attesa e di
speranza che ha di colpo svecchiato l'intero Paese. E' stato, insomma, un
cambiamento decisivo nella mentalità collettiva che ha assunto la forma e la
sostanza di una vera rivoluzione culturale.
Pier Paolo Pasolini
Pasolini è considerato internazionalmente uno degli artisti e pensatori più importanti del XX secolo. Dotato di una eccezionale versatilità culturale si è distinto in numerosi campi lasciando il segno come scrittore, filosofo, linguista, regista e giornalista. È stato un attento e lucido osservatore della trasformazione della società dal dopoguerra alla metà degli anni '70, causando spesso forti polemiche e accesi dibattiti per la radicalità dei suoi giudizi (molto critici nei riguardi della nascente società dei consumi ma anche nei confronti del Sessantotto) e delle sue scelte di vita. Molti dei suoi scritti e delle sue visioni artistiche, spesso in equilibrio tra lirismo e impegno civile, si sono rivelati nel tempo profetici.
Pier Paolo Pasolini nasce, a Bologna, il 5 marzo 1922. Il padre, Carlo Alberto Pasolini è ufficiale di fanteria, di antica famiglia ravennate, la madre, Susanna Colussi, è maestra elementare, di famiglia contadina originaria di Casarsa nel Friuli.
Durante l'infanzia e l'adolescenza, a causa dei continui trasferimenti del padre (ufficiale di carriera), si sposta prima a Parma, quindi a Belluno, Conegliano, Cremona e Reggio Emilia.. Fondamentali, però, rimangono i soggiorni estivi a Casarsa, «. vecchio borgo. grigio e immerso nella più sorda penombra di pioggia, popolato a stento da antiquate figure di contadini e intronato dal suono senza tempo della campana » - l'incontaminato, primitivo puro mondo campestre a cui sarà strettamente legato il suo esordio letterario e a cui emotivamente lo scrittore rimarrà legato per tutta la vita.
Dopo il liceo, nel 1939 s'iscrive alla Facoltà di Lettere dell'Università di Bologna, dove vive ingenue relazioni letterarie con i suoi coetanei: gli amici Francesco Leonetti, Roberto Roversi e Luciano Serra.
Nel 1942 pubblica a proprie spese un volumetto di poesie che suscita l'interesse di Gianfranco Contini, Poesie a Casarsa. La raccolta è scritta in dialetto friulano, in quella che per lui è «lingua pura per poesia»: in quel momento della storia italiana - motiverà più tardi in Passione e ideologia - «l'unica libertà rimasta pareva essere la libertà stilistica». In quello stesso anno, intanto, il padre è prigioniero degli inglesi in Africa.
L'8 settembre del '43 Pasolini fugge da sotto le armi e torna a Casarsa, dalla madre.
Dopo la fuga dalle armi, «ossessionato dall'idea di finire uncinato; ché così finivano nel Litorale Adriatico i giovani renitenti alla leva o dichiaratamente antifascisti», Pasolini trascorre i lunghi mesi dell'occupazione nazista nella cittadina friulana e nel vicino borgo di Versuta. Qui, in casa, con mezzi di fortuna, organizza una scuola gratuita per pochissimi alunni, mentre continua ad occuparsi del recupero del dialetto friulano con un gruppo di amici. Nel 1944 esce il primo di due quaderni intitolati Stroligut di cà de l'aga- il primo documento dell'attività del gruppo che nel febbraio del 1945 fonderà l'Academiuta di Lenga Furlana.
Delle privazioni, dei pericoli, degli amori omosessuali, degli incontri, di quegli anni vissuti a contatto con la natura, Pasolini racconta in diari, in scritti autobiografici, e in abbozzi letterari rimasti allora inediti.
Nel maggio del 1945 riceve la tragica notizia della morte del fratello Guido (nato nel 1925). Partigiano nella divisione Osoppo legata al Partito d'azione, Guido Pasolini fu ucciso in un oscuro episodio «da mano fraterna nemica», ossia da gruppi di partigiani comunisti uniti agli svoleni che in quel momento intendevano annettersi il Friuli.
Nell'autunno di quello stesso anno, Pier Paolo si laurea con Carlo Calcaterra, con una tesi dal titolo Antologia della lirica pascoliana (introduzione e commenti). Sempre in quell'autunno, finita la guerra, torna dalla prigionia del Kenia il padre, oramai «reduce malato, avvelenato dalla sconfitta del fascismo,. distrutto, feroce, tiranno senza più potere». Il ritorno del padre, la morte del fratello e il dolore sovraumano della madre rendono questo periodo il più tragico della sua vita..
Pur continuando a vivere a Casarsa, attraverso vari viaggi a Roma, Pasolini comincia ad ampliare i propri contatti culturali.
Nel 1947, sulla nuova rivista dell'Academiuta, «Quaderno Romanzo», esce un suo intervento nell'ambito del dibattito sull'autonomia del Friuli. Il '47 è anche l'anno della «scoperta di Marx» e della sua adesione al Partito comunista - ai suoi occhi strumento per «trasformare la preistoria in storia, la natura in coscienza».
Dopo un periodo d'insegnamento nella scuola media di Valvasone, conclusosi con un processo per corruzione omosessuale e con l'espulsione dal Pci, nel 1949 Pier Paolo, «come in un romanzo», fugge con la madre a Roma. «Per due anni - racconta Pasolini - fui un disoccupato disperato, di quelli che finiscono suicidi; poi trovai da insegnare in una scuola privata a Ciampino per ventisettemila lire al mese». Dopo quei «due anni di lavoro accanito, di pura lotta», aggravati per giunta dalla presenza del padre che nel frattempo li ha raggiunti a Roma, nel '51 si trasferisce da piazza Costaguti, nel quartiere ebraico, a Ponte Mammolo, sulla Tiburtina, «in una casa restata definitivamente senza tetto».
Così Pasolini, anche con l'aiuto
dell'amico Sergio Citti - uno dei
ragazzi conosciuti in borgata con cui lavorerà fino all'ultimo - scopre il
popolo della periferia:
Nel contempo, però, comincia a entrare in contatto con gli ambienti letterari romani, con gli scrittori e poeti Penna, Bassani, Caproni, Gadda e Bertolucci. Allacciando, inoltre, uno stretto rapporto con il gruppo di intellettuali che si riunisce intorno alle riviste, «Il contemporaneo», «Paragone» e «Vie nuove», partecipa attivamente a iniziative editoriali, a polemiche letterarie, pubblicando testi di vario tipo Migliorata intanto la sua situazione economica, si trasferisce in un appartamento nel quartiere di Monteverde Nuovo. Prosegue nel contempo la sua produzione poetica: nel 1954 raccoglie tutti i versi scritti in dialetto, specie a Casara durante gli anni della guerra e del dopoguerra, nel volume La meglio gioventù. Al fitto lavoro di studio e riscoperta della tradizione dialettale italiana che accompagna la sistemazione di questa raccolta, sono legate due importanti antologie: Poesia dialettale del Novecento, scritta con M. Dell'Arco (1952) e Canzoniere italiano. Antologia della poesia popolare (1955). Alla poesia dialettale Pasolini tornerà poi solo nel 1974 con Seconda forma de «La meglio gioventù», rifacimento della prima. La prima e la seconda forma della raccolta verranno infine pubblicate nuovamente nel 1975, con il titolo La megliogioventù.
Nel 1955, con gli antichi compagni d'università, Leonetti e Roversi, fonda a Bologna la rivista critica «Officina», che vede anche la collaborazione di Fortini, Volponi e molti altri critici e intellettuali militanti. In quello stesso anno dà alle stampe il primo romanzo, destinato a dargli il successo e la fama, Ragazzi di vita. Nel chiuso orizzonte degli anni Cinquanta il libro suscita accese polemiche e Pasolini viene incriminato per oscenità.
Stringe intanto nuove amicizie, in particolar modo con Alberto Moravia, Elsa Morante e con l'attrice Laura Betti; e si fa protagonista di varie polemiche politiche e intellettuali. Nonostante la notorietà, tuttavia, Pasolini continua a trascorrere la maggior parte della sua vita «al di là del confine della città, oltre i capolinea». E il mondo del sottoproletariato romano gli ispira, oltre ad alcuni versi contenuti nelle raccolte di poesie Le ceneri di Gramsci (1957) e La religione del mio tempo (1961), un nuovo romanzo Una vita violenta (1959).
A partire dal 1960 Pasolini passa dalla letteratura al cinema. Nel giro di pochi anni firma, oltre a varie sceneggiature, la regia di numerosi film, inizialmente di scarso successo, ma che comunque impongono la sua figura sulla scena pubblica, suscitando spesso scandalo e polemica. Nell'autunno del 1961 è vittima di una campagna diffamatoria e viene addirittura accusato di rapina a mano armata. La sua fama intanto si diffonde anche sul piano internazionale e le sue opere vengono tradotte in numerose lingue.
Ai viaggi con Alberto Moravia in Africa e in India - da cui è nato L'odore dell'India (1962) - nel corso degli anni, seguono numerosi altri viaggi in tutto il mondo, soprattutto in Africa e nei Paesi islamici. L'attività cinematografica, inoltre, gli consente di allargare i suoi contatti con gli ambienti più diversi. Stringe amicizia con la grande cantante lirica Maria Callas, protagonista del film Medea, ma in molti suoi film fa recitare anche l'amico, il ragazzo di borgata Ninetto Davoli, quel "barbaro" innocente che per Pasolini incarna il mito della Roma assediata dai "barbari", al sud-est della cintura urbana. E di alcuni film Pasolini è interprete egli stesso.
Il 1965 segna l'inizio della sua produzione teatrale. Oltre alla stesura del Manifesto per un nuovo teatro (pubblicato nel 1968 sulla rivista diretta dal '66 con Moravia e Alberto Carocci, «Nuovi Argomenti»), scrive e pubblica con tempi e modalità diverse una serie di sei «tragedie»: Pilade, Affabulazione, Calderón, Orgia, Porcile (legata all'omonimo film) e Bestia da stile.
I suoi numerosi saggi critici e interventi degli anni Sessanta sulla letteratura, il cinema e la lingua sono raccolti nel volume Empirismo eretico (1972); mentre una scelta di testi della rubrica di corrispondenze con i lettori tenute, da '60 al '65, su «Vie nuove», è contenuta nel volume Le belle bandiere, uscito postumo nel 1977.
Nel 1968 suscita scalpore e accese polemiche il suo clamoroso intervento poetico Il Pci ai giovani!!, con cui attacca duramente e amaramente il Pci e difende i poliziotti d'origine proletaria contro gli studenti, figli di borghesi e piccolo-borghesi. Nel 1971 dà alle stampe Trasumanar e organizzar, la raccolta di versi in cui si trovano già parzialmente svolti i temi dei suoi successivi scritti giornalistici.
Negli anni successivi, infatti, s'intensifica notevolmente la sua attività di critico militante sui giornali e sulle riviste. Sul settimanale «Tempo» tiene dal '68 al '70 la rubrica Il caos, i cui interventi sono stati parzialmente raccolti nel volume postumo Il caos (1979); mentre sempre sullo stesso settimanale dal '72 al '74 curerà una rubrica di critica letteraria, la cui fitta serie di rigorose e nitide recensioni sono state pubblicate anch'esse postume in Descrizioni di descrizioni (1979).
Il vertice della saggistica provocatoria dell'autore è costituito, però, da due volumi: la raccolta di interventi apparsi su vari giornali dal '73 al '75, Scritti corsari (1975),
e Lettere luterane raccolta - uscita
postuma nel 1976, ma già progettata con questo titolo dall'autore - di articoli pubblicati sul «Corriere della Sera» e su «Il Mondo» nel corso del 1975, fino all'intervento per il congresso del partito radicale, letto dopo la morte di Pier Paolo Pasolini.
In questi scritti, rivelatisi con il trascorrere degli anni profetici, Pasolini, come un «corsaro», eretico, solitario e controcorrente, si fa censore del costume nazionale, scagliandosi contro tutto ciò che sente inautentico. Contro il mondo borghese, il capitalismo e il neocapitalismo, la società di massa e il consumismo, il villaggio globale, la televisione, l'omologazione, la rivoluzione antropologica, il Palazzo, contro il Sessantotto, l'aborto, il divorzio, contro lo stalinismo e l'invasione dell'Ungheria.
Ferocemente e dolorosamente ripiegato in un pessimismo assoluto nei confronti della realtà violentemente degradata, Pier Paolo Pasolini, il corsaro dalla disperata vitalità, muore assassinato in circostanze oscure tra il I° e il 2 novembre 1975. All'alba del 2 novembre viene trovato ucciso in uno spiazzo polveroso, all'Idroscalo di Ostia, e per una raccapricciante fatalità, proprio nella periferia suburbana di Ragazzi di vita, di Una vita violenta e di Accattone.
Tacito
Tacito (55 ca.- 117 d.C. ca.), è il maggiore storico romano dell'età postaugustea. Dopo aver ricoperto numerose cariche politiche sotto gli imperatori Flavi e poi sotto Nerva e Traiano, negli ultimi anni della sua vita si dedicò principalmente alla redazione di opere storiche, delle quali è giunta fino a noi meno della metà. Nel 98 uscirono le due monografie Agricola e Germania: la prima è una biografia del suocero, celebre generale ed esperto uomo politico; la seconda è un trattato sui costumi dei germani, la cui civiltà incontaminata, in contrasto con la corruzione e i vizi dell'impero, aveva suscitato la profonda ammirazione dell'autore.
I due capolavori, le Historiae (che narrano gli avvenimenti dal 69 al 96) e gli Annales (dal 14 all'inizio del 69) non ci sono giunti integralmente. Tacito vi svolge un'analisi spietata del funzionamento della macchina imperiale romana, del contrasto tra l'arbitrio dei principi e la libertà, del servilismo dell'aristocrazia e dei delitti efferati compiuti in nome della ragion di stato. Qui emergono gli aspetti più tipici della grande arte tacitiana: il severo moralismo, la nostalgia per la repubblica, il fosco pessimismo sui destini di Roma, il penetrante interesse psicologico e lo stile inconfondibile, sempre teso, vario e tormentato. La grandezza di Tacito come storico sta nelle sue analisi psicologiche e nella vividezza dei personaggi descritti, oltre che nello stile: un'efficace combinazione di concisione e vivacità. Tacito esaltò gli ideali della Roma repubblicana e tracciò dei ritratti molto critici di parecchi imperatori romani.
Sigmud Freud
"Il disagio della civiltà"
Non ci si può sottrarre all'impressione che gli uomini di solito misurino con falsi metri, che aspirino al potere, al successo, alla ricchezza e ammirino queste cose negli altri, ma sottovalutino i veri valori della vita. Pure, nel formulare un qualsiasi giudizio generale di questo tipo, si corre il rischio di dimenticare la varietà del mondo umano e della vita della psiche. Vi sono taluni uomini a cui i contemporanei non negano l'ammirazione benché la loro grandezza poggi su doti e realizzazioni che sono completamente estranee agli scopi e agli ideali della massa. Potremmo facilmente essere indotti a credere che solo una minoranza, alla fin fine, apprezza questi grandi uomini, mentre la gran maggioranza non se ne cura affatto. Ma la cosa potrebbe non risultare così semplice, grazie alle discrepanze tra i pensieri e le azioni degli uomini e alla diversità dei desideri che li muovono. Uno di questi uomini eccezionali, per lettera, si definisce mio amico. Gli avevo mandato il mio piccolo scritto che tratta della religione alla stregua di un'illusione, ed egli mi rispose di concordare in pieno con il mio giudizio sulla religione, ma di dolersi che non avessi giustamente apprezzato la fonte autentica della religiosità. Essa consisterebbe in un particolare sentimento che, quanto a lui, non lo abbandonerebbe mai, che troverebbe attestato da molti altri e che supporrebbe presente in milioni di uomini, ossia in un sentimento che vorrebbe chiamare senso della 'eternità', un senso come di qualcosa di illimitato, di sconfinato, per così dire di 'oceanico'. Tale sentimento sarebbe un fatto puramente soggettivo, non un articolo di fede; non comporterebbe alcuna garanzia d'immortalità personale, ma sarebbe la fonte di quell'energia religiosa che viene captata, immessa in particolari canali, e indubbiamente anche esaurita, dalle varie chiese e sistemi religiosi. Soltanto sulla base di questo sentimento oceanico potremmo chiamarci religiosi, anche rifiutando ogni fede e ogni illusione. Le opinioni espresse dal mio stimato amico, che personalmente ha esaltato una volta in una poesia la magia delle illusioni, mi hanno causato non lievi difficoltà. Per quel che mi riguarda, non riesco a scoprire in me questo sentimento 'oceanico'. Non è facile trattare scientificamente i sentimenti. Si può tentare di descriverne gli indizi fisiologici. Dove ciò non è possibile - e temo che anche il sentimento oceanico eluda una caratterizzazione siffatta - non resta da far altro che attenersi al contenuto rappresentativo che più immediatamente risulta associato al sentimento. Se ho ben compreso il mio amico, egli allude a ciò che un drammaturgo originale e piuttosto bizzarro offre al suo eroe come consolazione nella prospettiva della morte volontaria: 'Fuori di questo mondo non possiamo cadere.' Si tratta dunque di un sentimento di indissolubile legame, di immedesimazione con la totalità del mondo esterno. Potrei dire che per me ciò ha piuttosto il carattere di un'intuizione intellettuale, non certo priva di una sua risonanza emotiva, ma tale comunque da non dover risultare assente neanche da altri atti di pensiero di analoga portata. Per quanto riguarda la mia persona non potrei convincermi della natura primaria di un tale sentimento. Non per questo mi è però lecito negarne la presenza effettiva in altre persone. Occorre soltanto chiedersi se venga correttamente interpretato e se debba essere riconosciuto come fons et origo di tutti i bisogni religiosi. Non ho nulla da proporre che possa contribuire in modo decisivo alla soluzione di questo problema. L'idea che l'uomo debba avere conoscenza della propria connessione con il mondo circostante attraverso un sentimento immediato e fin dall'inizio orientato in tale direzione, appare così strana e si accorda così male con la struttura della nostra psicologia da legittimare il tentativo di una spiegazione psicoanalitica, ossia genetica, di tale sentimento. Possiamo quindi disporre della seguente linea di pensiero: Normalmente nulla è per noi più sicuro del senso di noi stessi, del nostro proprio Io. Questo Io ci appare autonomo, unitario, ben contrapposto a ogni altra cosa. Che tale apparenza sia fallace, che invece l'Io abbia verso l'interno, senza alcuna delimitazione netta, la propria continuazione in una entità psichica inconscia, che noi designiamo come Es, e per la quale esso funge per così dire da facciata, lo abbiamo per la prima volta appreso dalla ricerca psicoanalitica, da cui ci attendiamo molte altre informazioni circa il rapporto tra Io ed Es. Ma verso l'esterno almeno l'Io sembra mantenere linee di demarcazione chiare e nette. Solo in uno stato, in uno stato insolito, è vero, ma non tale da poter venire condannato come patologico, le cose vanno diversamente. Al culmine dell'innamoramento, il confine tra Io e oggetto minaccia di dissolversi. Contro ogni attestato dei sensi, l'innamorato afferma che Io e Tu sono una cosa sola, ed è pronto a comportarsi come se le cose stessero così.
da "Il disagio della civiltà" di Sigmud Freud
Il conformismo di Andy Warhol
Con l'avvento della civiltà dei consumi e la crescente approvazione per la tecnologia diveniva inutile 'l'aggressione' alle cose da parte degli artisti; era meglio ritirarsi e lasciarsi penetrare dalla forza del progresso, rappresentata dagli oggetti prodotti in gran numero dall'industrialismo rinnovato. Tutti questi cambiamenti, infatti, porteranno ad una nuova espressione dell'arte, del tutto originale, che si adatterà alle nuove esigenze del mondo culturale: l'arte di tutti, alias Pop Art (l'arte popolare). Obiettivo di quest'arte era dunque quello di esaltare l'oggetto industriale (trascurato dall'arte), estraniandolo dal proprio ambiente al fine di farci notare la sua esistenza, concentrando su di esso la nostra attenzione. Ad essere rappresentati, infatti, non sono gli oggetti appartenenti ad uno stato di natura, ma quelli usciti dal ciclo produttivo dell'uomo, definiti oggetti-cultura, oggetti non 'trovati' o 'raccolti', ma volutamente fabbricati per soddisfare fabbisogni di massa, le merci appunto. La tecnica usata era quella dello straniamento ottenuta attraverso il ricorso a diverse tecniche tutte atte a decontestualizzare gli oggetti all'interno di una composizione artistica, in modo da giungere, mediante la loro libera associazione, ad un significato inedito.
Un autentico rappresentante della Pop Art è Andy Warhol.
Andy Warhol, nome d'arte di Andrew Warhola, nasce a Pittsburgh in Pennsylvania il 6 agosto fu un pittore, scultore, regista ed in genere artista statunitense. Figlio di immigrati slovacchi di etnia Rutena, mostrò subito il suo talento artistico, e studiò arte pubblicitaria al CIT (Carnegie Mellon University) di Pittsburgh. Dopo la laurea, ottenuta nel , si trasferì a New York.
La grande mela gli offrì subito molteplici possibilità di affermarsi nel mondo della pubblicità, lavorando per riviste come Vogue e Glamour.
Morì a New York nel in seguito a un intervento chirurgico alla cistifellea.
La sua attività artistica conta tantissime opere, infatti produceva in serie le sue opere con l'ausilio dell'impianto serigrafico. Le sue opere più famose sono diventate delle icone: Marilyn Monroe, Mao Zedong, Che Guevara e tante altre. La ripetizione era il suo metodo di successo: su grosse tele riproduceva moltissime volte la stessa immagine alterandone i colori (prevalentemente vivaci e forti). Prendendo immagini pubblicitarie di grandi marchi commerciali (famose le sue bottiglie di Coca Cola, le lattine di zuppa Campbell's, e i detersivi Brillo) o immagini d'impatto come incidenti stradali o sedie elettriche, riusciva a mettere a disagio il visitatore proprio per la ripetizione dell'immagine su vasta scala.
La sua arte, che portava gli scaffali di un supermercato all'interno di un museo o di una mostra d'arte, era una provocazione nemmeno troppo velata: secondo uno dei più grandi esponenti della pop art l'arte doveva essere consumata come un qualsiasi altro prodotto commerciale.
Ha spesso ribadito che i prodotti di massa rappresentano la democrazia sociale e come tali devono essere riconosciuti: anche il più povero può bere la stessa Coca Cola che beve il Presidente degli Stati Uniti o Marilyn Monroe.
In seguito rivisitò anche le grandi opere del passato, come L'ultima cena di Leonardo da Vinci o capolavori di Paolo Uccello e Piero della Francesca: anche in questo caso cercò di rendere omaggio a delle opere d'arte al posto di miti televisivi. Warhol ha supportato e sperimentato altre forme di comunicazione, come ad esempio il cinema e la musica: ha prodotto alcuni lungometraggi e film, ha supportato alcuni gruppi musicali - in primis i Velvet Underground con Lou Reed, la cui famosissima copertina dell'album d'esordio è stata disegnata dallo stesso Andy Warhol, ha scritto libri e biografie. Il pensiero commerciale di Andy Warhol spaziava in ogni campo. Blow Job (telecamera fissa per 35 minuti sul volto di un uomo che riceve una fellatio) e Lonesome Cowboys sono alcuni esempi di film che ritraggono la cultura gay newyorkese del tempo, censurati e distribuiti solo con il passaparola. Altri lavori, certamente d'avanguardia, mostrano ad esempio 8 ore di sonno di un uomo (Sleep - ): in soli 5 anni, cortometraggi e lungometraggi di sperimentazione artistica attraverso la telecamera.
Alcuni di questi film furono trasmessi al pubblico dopo 30 anni dalla data di pubblicazione dei lungometraggi, soprattutto in occasione di mostre ed antologie del pittore organizzate in molti musei del mondo.
È stato anche fondatore della Factory, luogo in cui giovani artisti newyorkesi potevano trovare uno spazio collettivo per creare: qui sono nati o passati per un breve periodo altri famosi artisti come Jean-Michel Basquiat, Francesco Clemente, Keith Haring.
William Golding
"The lord of the flyes"
William Golding's "The lord of the flyes" is a work centralized on the failure of the concept of the absolute equality between the man. In this book the author explains , in a allegorical way, the causes that concur to make becoming the previous concept on utopy, it was strongly censured from many critics because of the ideological references, although they are much transversal. The work narrates of a group of forced boys living and to organizing in a desert island, as a result of an aerial crash from which they escaped miraculously. At first the boys agree to subdivide the tasks so that they can survive better, waiting for help, but them, in an increasing degeneration the reader notices that something doesn't work in the boys' "society of the created absolute equality". In fact, the first problems began regarding to the development of the duties and began the first inner contrasts because of the will of power of some elements. The idyllic group begins therefore to destroy itself and destroy the daily difficulties increase more and more.
shortly, a war bursts between the members that provokes the division of the group I more clan that forgive the democratic spirits that they had originally. Until what is left of the survivors come be saved by a ship of navy.
The work make us reflect on the impossibility to create an equal society. In fact it's impossible, according to Golding's, to eliminate any type of hierarchy.
Always according to the author, it's necessary to think about the personality of the man, token to commit inequalities that causes civil wars and all the plagues that had characterized mankind. It seems therefore the though of Golding "the man produced the bad as the bees produce the honey", is nearly always exact or, at least, there are remarkable historical replies.
Deriva dei continenti
La "deriva dei continenti" è una Teoria geofisica secondo cui i continenti non occupano posizioni fisse sulla superficie terrestre, ma migrano incessantemente gli uni rispetto agli altri. L'idea che un tempo le terre emerse potessero occupare posizioni diverse da quelle attuali, suffragata da numerose considerazioni e osservazioni di carattere geografico e paleontologico, è piuttosto antica. Già nel 1620, il filosofo britannico Francesco Bacone aveva sottolineato la notevole corrispondenza di forma tra la costa occidentale dell'Africa e quella orientale del Sud America; l'osservazione, tuttavia, non aveva suggerito l'ipotesi che i due continenti un tempo fossero uniti. Una simile ipotesi fu avanzata per la prima volta nel 1858 da Antonio Snider, ma spettò al meteorologo tedesco Alfred Wegener, considerato il padre della teoria della deriva dei continenti, sviluppare in dettaglio quest'idea, in un'opera (L'origine dei continenti e degli oceani) pubblicata nel 1915.
La teoria di Wegener
Secondo l'ipotesi di Wegener, tutti i continenti della Terra erano un tempo riuniti in un unico 'supercontinente', chiamato Pangea, che successivamente si sarebbe frammentato in diverse masse continentali; i singoli frammenti sarebbero poi andati lentamente alla deriva fino a occupare le posizioni odierne. La teoria di Wegener incontrò numerose critiche da parte dei geologi del tempo, soprattutto perché non forniva una spiegazione convincente dell'ignoto meccanismo capace di trascinare enormi masse continentali su fondi oceanici solidi.
Verso la metà degli anni Sessanta, comunque, l'idea di Wegener fu avvalorata da una serie di argomentazioni e conferme, tra cui la scoperta del fenomeno del paleomagnetismo. Molte rocce, durante il processo di formazione, si magnetizzano nella direzione del campo magnetico terrestre presente nel momento in cui ha luogo la solidificazione. Alla fine degli anni Cinquanta, l'uso di strumenti estremamente sensibili permise di misurare il seppur debole stato di magnetizzazione di queste rocce; dai risultati ottenuti fu possibile risalire alla posizione dei continenti al tempo della formazione della rocce e quindi corroborare l'ipotesi di Wegener.
Altre osservazioni portarono ulteriori conferme alla teoria della deriva dei continenti. Ad esempio, i paleontologi si erano chiesti a lungo come fosse possibile che le stesse specie di piante e animali fossero presenti su più di un continente: era naturalmente da escludere la possibilità che si fossero spostate da un continente all'altro attraversando gli oceani. Inoltre, formazioni rocciose dello stesso tipo e della stessa età si trovavano sia in Africa occidentale, sia nella parte orientale del Sud America; solo riavvicinando idealmente i due continenti, e ipotizzando che tali formazioni fossero in origine una cosa sola, divisa in due parti all'apertura dell'oceano, era possibile ottenere una spiegazione soddisfacente.
Secondo tale ipotesi, il supercontinente Pangea iniziò a frammentarsi circa 200 milioni di anni fa, dapprima in due supercontinenti, Gondwana a sud (comprendente ciò che sarebbe diventato Sud America, Africa, Australia, Antartide e India) e Laurasia a nord (comprendente Nord America, Europa e gran parte dell'Asia), e successivamente nei singoli continenti, che si dispersero su tutto il globo.
Ben presto si scoprì che Pangea era il risultato dell'aggregazione di precedenti masse continentali, a loro volta frammenti di un supercontinente ancora più antico. In sostanza, la frammentazione, dispersione e riaggregazione dei supercontinenti si rivelò, con ogni evidenza, un processo ciclico.
La teoria della deriva dei continenti fu ampliata e perfezionata più volte negli anni che seguirono la prima stesura di Wegener. Ma fu durante la seconda metà degli anni Sessanta che si intuì la natura dei meccanismi geofisici responsabili della deriva dei continenti: non solo le terre emerse, ma l'intera superficie terrestre è suddivisa in blocchi mobili (placche, o zolle tettoniche) che si muovono gli uni rispetto agli altri, trascinati dalle correnti convettive della sottostante astenosfera: nasceva così la teoria della tettonica a zolle.
I continenti, e più propriamente le zolle litosferiche, sono tuttora in moto, con una velocità di pochi centimetri l'anno; la loro attuale configurazione, quindi, non è definitiva. Ad esempio, l'oceano Atlantico si sta gradualmente allargando, ma per compensare questo ampliamento il Pacifico si restringe progressivamente; nello stesso tempo, a causa dello spostamento dell'Africa verso l'Europa, il mare Mediterraneo si sta restringendo e finirà con lo sparire completamente.
Interessante è anche l'analisi del movimento
dell'India: quando Pangea si divise in Gondwana e Laurasia, l'India era parte
di Gondwana; più tardi, si separò dal supercontinente e si spostò rapidamente
verso nord all'insolita velocità di
Il paradosso di Ampere
Dal circuito sopra rappresentato nasce un paradosso:
Il percorso 1 dà differenti circuitazioni. Per risolvere il paradosso di Ampere, Maxwell introduce la corrente di spostamento:
Da cui deriva la nuova formulazione della Circuitazione del Campo Magnetico:
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