MANZONI
Nato a Milano
nel 1785 da una relazione extra-matrimoniale tra Giulia Beccaria e Giovanni
Verri, fratello di Alessandro e Pietro (noti esponenti dell'Illuminismo), e
immediatamente riconosciuto dal marito di lei, Pietro Manzoni, Alessandro
Manzoni entra nel 1791 nel collegio dei Somaschi a Merate, dove rimane fino al
1796, anno in cui viene ammesso presso il collegio dei Barnabiti.
Dal 1801 abita col padre a Milano, ma nel 1805 si trasferisce a Parigi, dove a
quel tempo invece risiedeva la madre insieme con il suo compagno, Carlo
Imbonati (lo stesso a cui Giuseppe Parini aveva dedicato l'ode
'L'educazione'), morto poi in seguito quello stesso anno. Proprio in
onore di lui, in segno della stima che gli portava, Manzoni compone il carme
'In morte di Carlo Imbonati'. A Parigi rimane fino al 1810 e si
accosta, stabilendo anche forti amicizie, all'ambiente degli ideologi, che
ripensavano in forme critiche e con forti istanze etiche la cultura illuminista.
Rientrato a Milano nel 1807, incontra e si innamora di Enrichetta Blondel, con
la quale si sposa con rito calvinista e dalla quale avrà negli anni ben dieci
figli (otto dei quali gli morirono tra il 1811 e il 1873). Il 1810 è l'anno
della conversione religiosa della coppia: il 22 maggio Enrichetta abbraccia la
fede cattolica e, tra l'agosto ed il settembre, il Manzoni si comunica per la
prima volta. Dal 1812 lo scrittore compone i primi quattro 'Inni
Sacri', che verranno pubblicati nel '15; l'anno seguente inizia la stesura
de 'Il conte di Carmagnola'.
E' questo, per il Manzoni, un periodo molto triste dal punto di vista familiare
(dati i numerosi lutti) ma molto fecondo da quello letterario: nei due decenni
successivi (all'incirca fino al '38-'39) compone, tra gli altri, la
'Pentecoste', le 'Osservazioni sulla morale cattolica'
(che, a parte le ragioni ideologiche, sono un prezioso documento della
sensibilità psicologica del Manzoni), la tragedia 'l'Adelchi', le odi
'Marzo 1821' e 'Cinque Maggio', le 'Postille al
vocabolario della crusca' ed avvia la stesura del romanzo 'Fermo e
Lucia', uscito poi nel '27 col titolo 'I promessi sposi' (ma la
cui seconda e definitiva stesura avverrà nel 1840, con la pubblicazione a
dispense corredata dalle illustrazioni del Godin).
Il lungo lavoro di stesura del romanzo si caratterizza sostanzialmente per la
revisione linguistica, nel tentativo di dare un orizzonte nazionale al suo
testo, orientandosi sulla lingua 'viva', cioè parlata dai ceti colti
della Toscana contemporanea. Per questo si recò a Firenze nel 1827 allo scopo
di 'risciacquare i panni in Arno'.
Nel '33 muore la moglie, ennesimo lutto che getta lo scrittore in un grave
sconforto. Passano quattro anni e nel '37 si risposa con Teresa Borri. La
tranquillità familiare, però, è ben lungi dal profilarsi all'orizzonte, tanto
che nel'48 viene arrestato il figlio Filippo: è proprio in questa occasione che
scrive l'appello dei milanesi a Carlo Alberto. Di due anni dopo è la lettera al
Carena 'Sulla lingua italiana'. Tra il '52 e il '56 si stabilisce in
Toscana. La sua fama di letterato, di grande studioso ed interprete della
lingua italiana si andava sempre più consolidando e i riconoscimenti ufficiali
non si fanno attendere, tanto che nel 1860 ha il grande onore di essere nominato
Senatore del Regno.
Purtroppo, accanto a questa soddisfazione di rilievo segue sul piano privato un
altro incommensurabile dolore: appena un anno dopo la nomina, perde la seconda
moglie. Nel '62 viene incaricato di prendere parte alla Commissione per
l'unificazione della lingua e sei anni dopo presenta la relazione
'Dell'unità della lingua e dei mezzi per diffonderla'.
Nel 1873, muore a Milano, venerato come il letterato italiano più
rappresentativo del secolo e come il padre della lingua italiana moderna.
Per la sua morte Giuseppe Verdi compose la stupenda e 'laica'
'Messa da Requiem'.