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L'uomo contemporaneo nella societa' dell'incertezza




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L'UOMO CONTEMPORANEO NELLA SOCIETA' DELL'INCERTEZZA


E' difficile fare un'analisi della società, in quanto si tratta di un sistema complesso, dotato di molteplici sfaccettature, ognuna delle quali promuove differenti punti di vista.

Un buon osservatore dovrebbe, credo, volgere lo sguardo al particolare, consapevole della parzialità della propria posizione, ma aperto alla totalità che è sempre maggiore della somma delle sue parti.

Per me non è stato facile affrontare questi argomenti perché, per quanto io sia un microscopico puntino nell'immenso sistema sociale, vivo ogni giorno parte delle contraddizioni prodotte dalla mia società, e documentarmi su queste ha suscitato in me curiosità e consapevolezza oltre ad un atteggiamento più critico verso  giudizi semplicistici che vorrebbero etichettare in slogan l'uomo e le sue scelte.

Io stesso sono parte della società dell'incertezza in cui è molto difficile orientarsi. Vivo in una società caratterizzata dalla solitudine del cittadino, in cui è evidente la perdita di punti di riferimento comuni che in passato avevano guidato l'identità culturale, etica, sociale, religiosa. A partire dal 1600 è iniziato quel lento processo definito dalla storiografia modernizzazione e che ha visto i moderni stati occidentali (Europa prima, Stati uniti, Australia in seguito ) protagonisti di quei grandi cambiamenti che dalla secolarizzazione alle grandi rivoluzioni, dalle ideologie al nichilismo, ci ha profondamente segnato.


Emerge la necessità di una ricerca personale che interroghi ponendo domande e cercando possibili risposte, attraverso esperienze che allarghino l'orizzonte culturale per comprendere questa complessità crescente.

Il piano posto è quello del relativismo culturale che superi l'etnocentrismo e aiuti ciascuno ad orientarsi nel difficile cammino dell'esistenza.

Ho cercato quindi  di illustrare alcune caratteristiche peculiari dei comportamenti e delle strategie adottate dagli individui della società contemporanea, assunte in quella che viene comunemente chiamata 'epoca della globalizzazione" grazie allo sviluppo tecnologico che con i nuovi media ha reso possibile il "villaggio globale" (McLhuan)

Ho cercato di mostrare e spiegare i nuovi significati che l'immagine dell'altro, ovvero colui che è diverso da noi, acquisisce in uno scenario così frammentato, in cui la perdita di punti di riferimento viene compensata da strategie in cui i diversi rivestono un ruolo importante e ambiguo.

Oggi, in un mondo in cui il nemico non ha più un volto,  gli estranei divengono l'incarnazione stessa dell'insicurezza. In questa situazione gran parte del mondo occidentale, anziché cercare di risolvere molti problemi legati alla non accettazione del diverso, attraverso modelli d'integrazione, impiega molte risorse nello sforzo di tenere i diversi fuori dalla propria sfera sociale, politica e culturale. Per questa operazione si serve della paura, un sentimento atavico, sentinella della propria sopravvivenza .



1.2 - Da dove nasce la paura?

La cultura moderna vede nell'individualismo, la razionalità, e la libertà concetti chiave della propria identità.

La persona è caratterizzata dalla sua individualità,  il cui valore è dato dalla sua assoluta irripetibilità. Non siamo al servizio della società ma è la società che deve riconoscerci, proteggerci, tutelarci. Si apre il dibattito sui diritti inalienabili dell'uomo, la discussione è laica e cerca nuove radici per ancorare i comportamenti ad un piano dei valori universalmente riconosciuti.

La razionalità è mitizzata, sigillo dell'umanità, è su questa che viene legittimato il diritto naturale alla libertà. (si diventa maggiorenni, padroni della propria libertà, a 18 anni in base alla capacità d'intendere e di volere)

Questa libertà si delinea in 'Libertà di scelta' e l'autonomia a valore prioritario.

Ogni possibilità assume pari dignità, l'uomo non è dunque determinabile dall'esterno, ma a lui il "potere" di determinarsi, ogni scelta risulta equivalente, segue la paura.

Le società entrano in crisi e la globalizzazione, ricca, rassicurante, aperta alle merci mostra il lato "oscuro" verso l'umanità in cammino.

Mondi diversi si incontrano, e l'etnocentrismo si rivela presente. Il relativismo culturale che caratterizza l'individuo moderno non pare esteso alla sua dimensione sociale.

Il senso di appartenenza tende a irrigidirsi e soprattutto in situazioni di crisi economica- sociale si attuano i meccanismi di lettura psicodinamica legati al fenomeno del capro espiatorio.

La paura si sposta dal piano esistenziale a quello sociale. E' un percorso semplice, basta il passaggio dagli stereotipi (stereos=rigido, typos=modello) presenti in ogni cultura come schemi semplificatori della realtà, ai pregiudizi (giudizi precedenti l'esperienza), che soprattutto in termini razziali, androcentrici, etnocentrici, determinano distanze sociali che compromettono gli incontri, prerequisiti della conoscenza e del superamento degli stereotipi stessi.

Scoprire, dunque, da dove la paura abbia realmente origine richiede un grosso sforzo, e chi si trova dominato da sfiducia e rassegnazione spesso intraprende la via più semplice: ossia lasciarsi ossessionare da paure momentanee, ed inventare nemici ad hoc, sentendosi in tal modo ancora in grado  di poter difendere la propria integrità e dominare una realtà che altrimenti sembrerebbe inspiegabile.

A dominare è la paura e la sfiducia verso il prossimo, l'altro da sé, e dal momento che gli individui si sentono minacciati, tendono ad instaurare relazioni volte soprattutto ad una difesa delle identità, che così riacquistano vigore attraverso l'opposizione senza confronto a ciò che non è ordinario.

'Assistiamo a nuove richieste di differenziazione che si basano su una tradizione recentemente costruita e storicamente giustificabile. E' il caso di gruppi che si presentano come minoranze interne, ma che in precedenza non erano considerate come tali.'

Si tratta di una sorta di tattica per riaggregare delle identità disperse, aiutando l'unione tra persone e gruppi che altrimenti avrebbero poco a che fare gli uni con gli altri.

La  percezione dell'incertezza sta subendo una progressiva escalation, accelerata dal progressivo disfacimento della maggior parte delle strutture sociali, (famiglia, scuola, politica, tempo libero, strutture religiose..) attraverso le quali gli individui costruivano una definizione di sé e davano significato a ciò che li circondava.

La società non risponde più ai bisogni semplificabili in base a tre nodi


La sicurezza esistenziale, cioè la valutazione del mondo e di tutto ciò che si apprende attraverso la socializzazione, che fornisce valori, comportamenti e orientamenti culturali presi come modello indubbio e naturale.

La certezza, che guida decisioni e scelte, e attraverso la quale si è sicuri che la direzione che si è presa nella vita è quella giusta.

La sicurezza personale, ovvero la convinzione di essere al sicuro da nemici di ogni tipo, i quali potrebbero minacciare la nostra sicurezza esistenziale.


'Cio' che a qualcuno sembra resina vischiosa, per altri può essere fresca, gradevole acqua di mare. E la più pura delle acque può rappresentare un elemento soggiogante per una persona che non conosce l'arte del nuotare, ma anche per una persona troppo debole per sfidare la potenza degli elementi, per chi non riesce all'impeto del torrente, per chi non è in grado di orientarsi in modo sicuro tra le rapide, o di mantenere la rotta tra vortici e frangenti'

(Zygmunt Bauman, La società dell'incertezza)


Vivere in questo modo non è facile, e ciò che si manifesta nella maggior parte dei casi è la perdita della fiducia in se stessi e nelle proprie capacità, si acquisisce una paura nell'affrontare le persone e nello specchiarsi in esse, l'incapacità di impegnarsi in relazioni che vadano oltre la superficialità diviene una costante, si manifesta, perciò, il bisogno di trovare un capro espiatorio, un 'bersaglio concreto' su cui focalizzarsi per dare senso a paure difficili da inquadrare e definire.

Ma a tale destino collettivo, per  affrontare la propria ansia, ciascuno cerca soluzioni diverse.


'Le fonti dell'incertezza sono ben nascoste, non possiamo né individuarle con precisione, né tentare di porvi fine. Le cause, tuttavia, sono a portata di mano, inducendoci a credere che abbiamo facoltà di respingerle, di disintossicarci.'

(Zygmunt Bauman, La società dell'incertezza)



1.3 - Il nemico inventato

Precedentemente abbiamo visto che la condizione ottimale, affinché gli individui possano costruire una definizione di sé forte ed in grado di porsi a confronto con gli altri, risiede nel riconoscimento reciproco all'interno di un contesto collettivo, che favorendo gli incontri, definisca norme chiare e condivise.

Tale compito, che una volta veniva assolto da una struttura sociale comunitaria molto compatta, oggi cerca nuovi ambiti di conferma; è a questo punto che l'immagine del diverso, dell'estraneo, diviene elemento fondamentale in un mondo che tende a costruire una definizione di sé attraverso ciò che è estraneo.


'Gli estranei sono l'incarnazione stessa dell'insicurezza, e di conseguenza personificano l'incertezza che tormenta la nostra vita. Da un certo punto di vista, bizzarro quanto perverso, la loro presenza è rinfrancante, persino rassicurante: le nostre paure soffuse e frammentate, difficili da inquadrare e definire, ora hanno un bersaglio concreto su cui focalizzarsi.'

(Zygmunt Bauman, La società dell'incertezza)


L'opposizione all'estraneo è fondamentale per due ragioni: da una parte identificare il diverso come nemico può servire a colmare un vuoto lasciato dalla mancanza di appartenenza ad un'unità collettiva; dall'altra, tale opposizione, si configura come vero e proprio processo di socializzazione, in quanto aiuta a riunire persone e gruppi. Ma il gruppo che si viene a formare attraverso questo processo, date le premesse, non risulta essere solido e duraturo: non è che una temporanea via di fuga dall'ansia quotidiana, una sorta di comunità attaccapanni, come la definisce S Bauman, che fornisce pioli a cui appendere le paure di molti individui. In tal modo si ha l'illusione di non essere più soli.


'Gli individui, invece d'incolpare se stessi, tendono necessariamente ad incolpare altri individui che sembrano loro particolarmente nocivi.'

(Zygmunt Bauman, La società dell'incertezza)


L'invenzione di un nemico è perciò un processo necessario e centrale nella vita quotidiana di alcuni cittadini.

A questo punto, la costruzione di questa categoria diviene un elemento rassicurante e rinfrancante, perché permette di dare un volto a ciò che rende la vita insicura, fornisce un buon bersaglio, reale e concreto, contro cui catalizzare le proprie angosce.

Naturalmente, coloro che meglio si prestano ad essere identificati come nemici sono i più deboli, coloro che vengono posti ai margini perché diversi o non adeguati, considerati come fuori luogo in uno spazio sociale che è nostro.

L'altro fa paura perché rende palese ciò che è latente nel funzionamento di un ordine sociale; si fa specchio, riflette alcune contraddizioni della società, e porta alla luce o ingrandisce ciò che abitualmente è nascosto nell'inconscio sociale.

In genere, quando si avverte una sensazione di pericolo e si percepisce qualcuno o qualcosa come una minaccia, la prima reazione che ne deriva è un atteggiamento di difesa, e maggiormente ci si percepisce in una posizione di svantaggio, più può crescere l'aggressività: se avverto qualcuno di ostile attacco per primo, per essere in vantaggio o non essere attaccato, ciò viene assunto come protezione e salvaguardia di se stessi.


"In uno stato di crisi sociale, le persone spaventate si radunano insieme, e diventano una folla, e la folla, per definizione cerca l'azione, ma non può agire sulle cause naturali della crisi."

(Zygmunt Bauman, La società dell'incertezza)



Anche gruppi e società eseguono questo semplice schema comportamentale: dal momento in cui si percepisce una minaccia, il sistema è portato a chiudersi per impedire infiltrazioni rischiose, attuando una strategia difensiva che permetta di scongiurare il pericolo. Ciò che viene a mancare è, dunque, la fiducia, ossia quel meccanismo che consente ai membri di una collettività di svolgere la propria vita quotidiana senza doversi continuamente preoccupare per la propria incolumità.

Da un atteggiamento di chiusura e negazione in coloro che sono portatori di una cultura, di una immagine o di un orientamento differente dal nostro, i diversi, in quanto indesiderati e portatori di incertezze, spesso rimangono costretti in una posizione di inferiorità.

La necessità del diverso che resti tale, distante e minaccioso è dunque un bisogno malato ed ossessivo di una società che fatica a confrontarsi per paura di smarrirsi, che non sa darsi delle risposte e che giorno dopo giorno si scopre sempre più fragile ed umana; perciò, fuggendo dal confronto, essa acquisisce un'illusione di invincibilità e onnipotenza.






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