IL
SENSO DELLA VITA
La risposta alla domanda "Che senso ha la
vita?" è stata ricercata da tutti i più grandi filosofi, letterati e pensatori.
La risposta però è del tutto personale, e dipende da come l'individuo la vita
la vive, quindi essa dipende dalla intensità con cui è vissuta. Io considero la
vita come un susseguirsi di esperienze, sensoriali o intellettuali, che portano
alla felicità: ogni individuo fa delle esperienze, diverse da ogni altro, e con
lo scambio di queste si può arricchire. Attraverso i vari modi di concepire la
vita però permangono alcuni valori comuni e assoluti come il diritto alla vita
e la libertà di ricercare la felicità con ogni mezzo nel rispetto però degli
altri. La felicità che ognuno cerca di raggiungere delinea la personalità
dell'individuo, quindi la vita è la possibilità di essere se stessi. La
letteratura classica, ma non solo, ci porta molti esempi. Tra questi la morte
di Didone nel 4° libro dell'Eneide di Virgilio che sottolinea come due persone,
Enea e la stessa Didone, non abbiano potuto vivere la propria vita e
raggiungere la felicità. Enea infatti,
essendo pius, doveva rispettare il volere del Fato ed è costretto a
scappare nel cuore della notte all'insaputa della donna che amava, per andare
in Italia a fondare una città della quale non sapeva niente. Didone, vedendo le
navi del suo uomo allontanarsi, viene prima pervasa da un senso di rabbia come
regina di un grande regno, Cartagine, alla quale non viene portato il giusto
rispetto, e poi di donna tradita, che trova solo nella morte l'espressione più
consona ai suoi sentimenti. La cosa che più colpisce è come i due non possano
raggiungere la felicità, cioè il passare la vita con la persona amata.
Contrapposto al fatto di Didone c'è Joufrè Rudel, un poeta trovatore provenzale
vissuto intorno all'anno mille, che, innamoratosi della Contessa di Tripoli
senza averla mai conosciuta personalmente, parte per vederla ma durante il
viaggio si ammala gravemente. Viene dato
per morto e condotto dalla contessa ma quando si ritrova tra le braccia della
donna amata, si risveglia per emettere l'ultimo sospiro. Questo fatto, ripreso
dal Carducci, ci fa capire come l'ideale di vedere la donna amata, riesca
addirittura a tenerlo in vita. Tra i più grandi filosofi c'è Seneca che nel suo
"De Brevitate Vita" dice:" Come un patrimonio di grande valore affidato ad un
padrone inetto può svanire in un istante mentre uno più modesto, se affidato a
un buon amministratore, col tempo aumenta il valore, così la nostra vita dura a
lungo per chi ne sa disporre bene". Seneca così ci vuole dire che la vita non
ha un valore assoluto, ma cambia a seconda di come la persona l'abbia vissuta.
Spesso, invecchiando, si ha paura della morte, ma se l'individuo ha speso bene
la sua vita, non ha paura di vivere, quindi di morire. Seneca sa di aver speso
bene la sua vita e infatti nella lettera a Lucilio dice:"Non temo il tribunale
della morte", vedendo nella morte il giudice della condotta terrena. Trovare il
senso della propria vita corrisponde al trovare la felicità, quindi
sostanzialmente una vita dotata di senso è una vita felice. Con Socrate in
particolare potremo affermare che lo scopo del "filosofare"e, quindi, del
vivere libero, è la felicità. Ma sostanzialmente cos'è la felicità? Orazio ci
parla così del Carpe Diem, cioè cogli l'attimo o il momento, perché la vita è
uno scorrere senza ritorno. Bisogna, quindi, per essere felici, non perdere
nessuna occasione che si presenta. Orazio però ci parla di due felicità: la
felicità "edonistica" e la felicità "eudamonistica". La prima è la felicità dei
sensi, che ci da piaceri immediati che si possono riproporre nel tempo,
felicità che viene sottolineata anche da Lorenzo il Magnifico ne "Il Trionfo Di
Bacco e Arianna" nel quale ripete alla fine di ogni strofa:" Chi vuol esser
lieto sia che del domani non c'è certezza". La felicità eudamonistica invece ha
bisogno di più tempo per essere acquisita ma da più soddisfazioni, felicità
invece sostenuta da Socrate. Comunque in Orazio il significato del Carpe Diem è
da interpretare soprattutto in maniera eudamonistica perché la felicità
intellettuale è la più difficile da raggiungere e minori sono le occasioni che
si presentano per crescere e ampliare la propria personalità.
Nel mondi d'oggi però sono frequenti cause
che negano la felicità, dove la vita non viene rispettata.
I casi più comuni, sono le guerre che negano
il diritto alla vita con morte e distruzioni. La società d'oggi si interroga
spesso sul valore della vita vedendo il dilagare della violenza in occasioni
non solo di guerre, ma anche di omicidi o suicidi. Durante una guerra poco può
importare se vengono colpiti obbiettivi civili volutamente o involontariamente,
anzi trattandosi del nemico viene considerato un vantaggio. Da questo possiamo
capire come oggi il valore della vita umana non venga considerato assoluto, ma
dipendente dall'appartenenza dell'individuo. Un esempio ne è la guerra in
corso: infatti è stata considerata un tragedia di immense proporzioni
l'attentato alle Torri Gemelle, ma i bombardamenti e i morti in Afghanistan non
sono stati messi sullo stesso piano. Spesso è anche colpa degli organi
d'informazione che per anni non si sono curati delle guerre in corso in quella
parte del mondo, mentre per 20 anni,
anche grazie all'aiuto degli americani stessi, si sono compiute tremende
stragi.