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LUIGI PIRANDELLO
Luigi Pirandello nacque il 28 giugno 1867 in Sicilia a Grigenti (l'attuale Agrigento); il padre gestiva alcune zolfare mentre la madre apparteneva ad una famiglia d'agiati commercianti.
Pirandello da bambino e da adolescente ebbe una formazione patriottico-risorgimentale, in seguito vivrà una delusione post-risorgimentale, come molti altri intellettuale come Verga, dalla quale ricaverà spunti per la sua desolata concezione dell'esistenza.
Pirandello frequentò la facoltà di lettere a Roma, laureandosi poi a Bonn.
Si sposò con una sua compaesana e nel 1893 si stabilì a Roma, dove a partire del 1897 fino al 1922 insegnò stilistica italiana all'istituto superiore di magistero, dedicandosi contemporaneamente all'attività letteraria.
Nel 1904 avviene una tragedia familiare. Una frana nelle miniere di zolfo provoca il disastro economico della sua famiglia e di quella della moglie, la quale ha poi una crisi nervosa che si aggrava nel tempo.
La malattia della moglie si manifesta con una patologica gelosia nei confronti del marito, il quale cerca di dimostrargli che la realtà non è come lei la vede, ma ogni tentativo è vano.
Questa tragedia familiare può essere il motivo della massiccia presenza della follia nelle opere di Pirandello.
Intanto scrive il dramma "Sei personaggi in cerca d'autore" con il quale raggiunge il successo, e diventa famoso proprio come autore di teatro, sia in Italia, sia all'estero.
Nel 1924 dopo l'assassinio di Matteotti chiede la tessera del Partito Fascista; non si sanno ancora i motivi che l'hanno spinto a farlo, forse si può ricollegare agli ideali patriottici che gli sono stati inculcati nella sua giovinezza, o alle posizioni antidemocratiche frequenti nella cultura di quel periodo (primo novecento).
Anche se entrò a far parte dell'Accademia d'Italia, si è sempre sottratto ai suoi obblighi d'ufficialità, continuando a trattare temi lontanissimi dall'ottimismo trionfalistico tipico del regime fascista.
Nel 1925 incontra Marta Abba, una giovane sconosciuta che lavora nel teatro e la quale viene scelta come prima attrice nel teatro da lui appena fondato (teatro d'arte di Roma). Pirandello nutre per lei un intenso sentimento amoroso però vissuto sempre come simpatia intellettuale e umana.
Pirandello morì nel 1936 in maniera strana, le disposizioni per il suo funerale contenute nel testamento dicevano che voleva essere trasportato su un carro come quello dei poveri, nudo, accompagnato solo dal carro con il cavallo e dal cocchiere e dopo doveva essere bruciato.
Questo gesto riflette in modo emblematico le sue conclusioni intellettuali pessimistiche, per le quali un uomo nasce solo e muore solo.
Nel saggio "L'umorismo" cerca di sottolineare il ruolo essenziale della riflessione razionale, che interviene sempre nella creazione artistica di tipo umoristico, producendo quello che egli stesso definisce "il sentimento del contrario".
"Il sentimento del contrario" consiste nella particolare attitudine di cogliere la complessità del reale, andando oltre l'apparenza delle cose e dei comportamenti, di cui l'umorista vede e rivela le contraddizioni.
La condizione tipica dello scrittore umorista è la perplessità, l'essere quasi sempre "fuori di chiave", ciò significa che quando gli nasce un pensiero, non può, non nascergliene un altro contrario.
È tipica, infatti, la compresenza della crudeltà con la pietà.
Sempre nello stesso saggio Pirandello illustra anche la sua concezione amara dell'esistenza:
La negazione tipica della cultura del decadentismo
L'idea che non esista una realtà oggettiva che possa essere percepita e rappresentata in modo univoco.
Pirandello ha una visione relativistica, nelle sue opere rappresenta una realtà priva di una sua oggettiva consistenza, che riguarda anche l'uomo la cui identità si dissolve in tantissime diverse parvenze[1] secondo il ruolo che ricopre.
Il relativismo filosofico e il relativismo psicologico:
L'atteggiamento di Pirandello nei riguardi della vita, dell'uomo, del mondo, fondato su presupposti pessimistici così radicali, può essere definito relativismo, prima di tutto applicato al problema della conoscenza della verità. Non è possibile conoscere la verità per il semplice motivo che non esiste una sola verità, ma tante verità, tante quante sono gli individui che la cercano.
La realtà possibile è quella che identifica l'essere di una cosa col suo apparire: perciò non può essere né assoluta né univoca. La risposta di Pirandello al relativismo, l'unica strada che può portare all'autenticità, è quella della pazzia.
"L'esclusa" è la storia di una donna accusata d'adulterio e che viene cacciata di casa dal marito, anche se il fatto non l'aveva compiuto. Tornata a vivere nella casa paterna incontra varie ostilità tra la gente e da parte dello stesso padre. Trasferitasi poi a Palermo con la madre e la sorella si butta tra le braccia dello stesso uomo che, tempo addietro gli faceva la corte, ma senza successo. Questa volta però l'adulterio lo commette veramente; in seguito il marito la richiama a sé, dopo aver riconosciuto la sua innocenza, perché in gravi condizioni di salute. La moglie gli confessa quanto accaduto, ma il marito non volendo rinunciare a lei la accoglie nuovamente in casa.
La coscienza della contraddittorietà degli avvenimenti, l'adozione dell'ottica umoristica comportano scelte differenti da quelle del romanzo manzoniano (il narratore giudica uomini e vicende alla luce di solide premesse religiose, morali ecc.) e da quelle del romanzo verista (realtà oggettiva da rappresentare scientificamente).
Costante è il tema della pena di vivere, Pirandello introduce la figura dell'"inetto", non più capace di un fiducioso rapporto con la realtà, ma la cui vita è dominata dal caso.
Nel romanzo "I vecchi e i giovani" viene bollata l'Italia post-risorgimentale (la sofferenza e la fame nelle campagne siciliane, la corruzione e il sottogoverno che legavano Roma a Palermo, gli scandali bancari della politica Crispina ecc.)
"Il fu Mattia Pascal" è un romanzo che già dal titolo richiama l'attenzione sul protagonista. Mattia asfissiato da una situazione familiare piena di frustrazione e aggravata dal dissesto finanziario decide di scappare in America imbracandosi a Marsiglia, lungo il viaggio decide di fermarsi a Montecarlo, al casinò, dove vince una cospicua somma e decide così di tornare a casa. Su un giornale apprende la notizia del suo suicidio, Mattia viene preso dalla gioia di potersi liberare delle torture familiari e di poter ricominciare una nuova vita. Diventa così Adriano Meis e va a vivere a Roma, ma si accorge, via via, che questa sua nuova vita è anch'essa limitante. Per uscire da questa situazione simula il proprio suicidio, ritorna ad essere Mattia, ma ritornando a casa scopre che la moglie si era risposata e aveva una bambina e che tutti in paese lo consideravano un estraneo. Gli resta solo una zia ed un prete che ha preso il suo posto di bibliotecario, inizia così a narrare la sua storia. Ma lui chi è? È il fu Mattia Pascal.
La fama di Pirandello è soprattutto dovuta alla sua attività teatrale iniziata nel 1916. La sua attività non si può tuttavia dividere in due fasi: prima quella narrativa e poi quella teatrale poiché anche durante la fase teatrale scrisse romanzi tra cui 'Sei personaggi in cerca d'autore'.
I temi affrontati nella produzione teatrale sono gli stessi di quelli affrontati nella narrativa.
Il teatro pirandelliano si distingue:
Perché introduce una visione dialettica e non più statica del reale
Perché è un teatro- dibattito, un teatro d'idee più che un teatro d'azione.
Pirandello introduce il così detto "teatro nel teatro" realizzando effetti di "straniamento" che gli permettono nel corso della rappresentazione di rifletterci sopra e discutere l'opera.
"Enrico IV" è stato scritto nel 1921, ha come protagonista un giovane aristocratico il quale durante una festa in maschera, nella quale si era vestito da Enrico IV, viene fatto cadere da cavallo battendo la testa e impazzisce. Per 12 anni vive con la fissazione di essere lui Enrico IV e i suoi familiari ricreano attorno a lui una corte con i vassalli e servitori in costume. Dopo tanti anni riacquista la ragione, ma decide di tenersi tutto per se e guardare dal di fuori com'è la vita. Alla fine della storia ammette a tutti di aver ripreso la ragione, ma dopo aver ucciso un uomo la sua condanna sarà di continuare a fingersi pazzo e a continuare ad essere esiliato e libero dalla realtà.
"Sei personaggi in cerca d'autore" parla di una compagnia teatrale che durante le prove di una commedia di Pirandello viene interrotta da sei personaggi i quali spiegano la loro storia e vogliono essere rappresentati e raccontano così la loro misera storia. Il capocomico della compagnia affascinato dal racconto prova a far recitare questa storia ai suoi attori, ma i quali non ci riescono perché la finzione dell'arte è inadeguata alla dolente realtà.
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