Recensione del libro:
La
coscienza di Zeno
di Italo Svevo
Come
sempre molto scettica nell' affrontare la lettura dei classici, ho cominciato
La coscienza di Zeno con non pochi pregiudizi e di certo non mi hanno
aiutato le opinioni che molti dei miei amici avevano su questo libro.! Ma
appena ho iniziato il romanzo, subito un "particolare" mi ha colpito: la
diversità del romanzo rispetto a molti altri, poiché non c'è uno sviluppo
cronologico dei fatti, ma un continuo alternarsi di passato e presente, una
molteplicità di punti di vista e di prospettive: è una specie di diario, di
viaggio nella ricerca introspettiva di sé, un libro simile ad un'autobiografia,
senza esserlo in modo classico. E' proprio questo "particolare" che mi ha
convinto a proseguire la lettura Il
libro tratta di Zeno Cosini, che, in preda a strani disturbi nervosi, è stato
in cura dallo psicanalista. Il medico, ad un certo punto, gli ha consigliato di
scrivere la storia della sua vita, di riviverne le esperienze salienti e,
attraverso lo scavo di coscienza e il riflesso della memoria, psicanalizzare se
stesso. Vengono così alla luce il problema del protagonista col vizio del fumo,
dal quale non riesce a liberarsi, il suo matrimonio in apparenza deciso
casualmente, la relazione con una giovane amante, il rapporto contraddittorio
con il cognato rivale Giulio, al quale si associa in un'impresa che non andrà a
buon fine e in seguito alla quale Giulio arriverà, per sbaglio, ad uccidersi.
Nell'andare sempre più in profondità dei suoi pensieri, si illumina la malattia
di Zeno, che è immaginaria e di comodo, ma anche reale e concreta visto che
riesce a condizionarlo pesantemente. In realtà, egli è vittima del suo continuo
analizzarsi creandosi degli alibi e delle giustificazioni, della sua incapacità
di aderire alla realtà e di lottare per conquistare questa fondamentale
adesione. La 'guarigione' viene poi quando, in seguito alle vicende
del cognato, è Zeno a prendere la direzione della ditta e le redini della
famiglia. Si accorge quindi che la necessità lo ha aiutato a prendere delle
responsabilità, lo ha spinto all'azione, facendogli superare il disagio
esistenziale o per lo meno rendendoglielo governabile. La
giovinezza di Zeno è contrassegnata dall'incostanza e dall'arrendevolezza;
egli, infatti, si trova a migrare da una facoltà universitaria all'altra senza
mai giungere alla laurea. Il padre ne è scontento e il giovane, che sente il
peso della frustrazione, non riesce a conseguire alcun risultato in grado di
dargli un una collocazione all'interno della società. Prima della morte del
genitore, Zeno riceve da questi uno schiaffo che non saprà mai spiegare se
dovuto all'incoscienza della malattia o alla volontà del padre di punirlo.
L'insicurezza lo porterà ad attaccarsi ad una figura paterna sostitutiva e
indispensabile, quella di Giovanni Malfenti, abile uomo d'affari, che Zeno
adotterà come padre-suocero, sposando una delle sue figlie. La vita
di Zeno è un'incessante corsa verso quella che crede essere la vera esistenza,
«la salute»: egli è convinto che ogni suo male derivi dalla malattia e che, se
riuscirà a smettere di fumare, tutto cambierà. I tentativi di astenersi
dall'accendere una sigaretta, oltre che vani, sono lo sforzo inutile di
raggiungere la posizione di buon marito, buon padre, ottimo uomo d'affari, che
il protagonista ritiene vincenti nella vita. Nonostante ciò, molte sue scelte
risulteranno poi le più azzeccate anche se sembrano non coincidere con i
propri desideri, saranno affini, forse, col proprio inconscio: ad esempio, Zeno
desidera sposare Ada, la sorella più bella tra le figlie di Malfenti ma,
rifiutato da essa per la propria goffaggine, si rivolge ad Alberta, la sorella
minore. Respinto per la seconda volta, giunge a chiedere impulsivamente la mano
di Augusta, la più brutta di tutte. Zeno, tuttavia, non ha sbagliato: Augusta è
la sola donna che avrebbe potuto sposare, la più adatta a stargli accanto,
l'effettiva scelta del proprio inconscio. In occasione del funerale di Guido
Speier, s'intravede ancora galleggiare fra le righe l'inconscio di Zeno: il
protagonista sbaglia corteo funebre tradendo, così, i veri sentimenti d'odio
per il cognato. Personaggio insolito e
interessante è Augusta, la moglie di Zeno. Sposata al posto della bella Ada, è
una donna comune, fisicamente non molto attraente, ma saggia, pratica, buona
moglie e ottima madre, senza complessi e senza troppi problemi, conscia dei
propri limiti ma anche delle proprie doti. Capace sempre di accettare la realtà
così com'è e di dominarla, Zeno l'ammira e nonostante tutto la ama. Zeno
affianca ad Augusta la figura di una giovane donna povera, Carla, con la quale
sembra avere un rapporto più da padre che da amante. La singolare storia
extraconiugale finisce, poi, col rovinarsi a causa dei continui sensi di colpa
di Zeno che viene inevitabilmente abbandonato e tradito. Credo
che una delle frasi chiave del romanzo sia 'La vita non è né bella né
brutta, è soltanto originale': con queste parole l'autore esprime la sua
idea che la vita sia un impasto di bene e di male, sostanzialmente mediocre, in
pratica senza grandi slanci, ma anche il risultato della casualità, dell'imprevedibilità
delle vicende umane. Da qui l'interesse di vedere come va a finire questa vita,
la curiosità e l'impegno a vivere in modo saggio e lucido, senza troppi ideali. Penso che la coscienza di Zeno sia un
libro di grande valore: prima di tutto perchè la figura di Zeno Cosini, il
protagonista, è una delle più belle e realistiche di tutta la letteratura
italiana egli infatti riesce ad essere sincero come pochi riescono (e non
solo nei libri, anche nella realtà!), e perchè, soprattutto, è un anti-eroe:
moderno, fragile, insicuro, pieno di difetti, ma insieme simpatico e
divertente. Un libro che si dimostra ancora completamente attuale, a tanti anni
di distanza, perchè i sentimenti e le paure di Zeno sono spesso anche le
nostre.