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L'inettitudine come inadeguatezza dell'umano al confronto col divino




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L'inettitudine come inadeguatezza dell'umano al confronto col divino




Nell'immaginario letterario il termine inettitudine viene recuperato esplicitamente all'interno dell'arte decadente per designare un complesso atteggiamento che trova come suoi riferimenti essenziali la rinuncia all'azione, il compiacimento per la riflessione, il ripiegamento sulla memoria, l'autoanalisi. E' l'opera di Svevo che di solito viene associata alla tematica dell'inetto.


Ora proviamo a ripercorrere il tema in alcune delle sue estensioni semantiche - colte attraverso sinonimi e referenti analogici suggeriti dalla testualità letteraria ed iconografica - tenendo presenti due direzionalità del termine: una negativa ( coincidente con un'idea di inadeguatezza, di inabilità, di incapacità, insomma di limite dell'azione umana) ed un'altra positiva ( tale da valorizzare tutto ciò che l'isolamento, l'inazione, la riflessione, il pensiero e la contemplazione ..comportano).


INADEGUATEZZA


Nell'immaginario neoclassico è netta la divaricazione tra la virtù eroica che tenta di aderire a modelli lontani - rintracciabili nel mito e nei gesti degli antichi eroi - e la negatività dei tempi, che spesso frustra questi tentativi, riconducendo ad una visione meccanicistica e materialistica sia il mondo della storia sia quello della natura.

La concreta fattibilità delle realizzazioni umane è sempre inadatta a riprodurre l'elevatezza dei modelli classici

che l'arte figurativa di Canova incarna - come idee stabili e come forme plastiche - nella statica ieraticità del divino, emblema della fissità eterna della morte, della bellezza o del valore militare idealizzati.








La pittura metafisica di De Chirico - riproponendo in modo enfatizzato ancora una volta l'elemento classico attraverso una sua profonda decontestualizzazione - lo rende correlativo oggettivo di imperturbabilità, di distacco sonnolento, di melanconia pensosa, di divina indifferenza.< direbbe Montale >. Tali letture moderne e destrutturanti di modelli canonici ci aiutano a meglio comprendere quanto ricollega da sempre - l'umano al divino e quanto divide i due elementi. L'uomo è implicato nel condizionamento del tempo, che il dio scavalca con il suo eternarsi. Le visioni del divino richiamano sempre questa alterità ed invitano a meditare sull'ombra un po' tetra e minacciosa proiettata da statue enigmatiche, sorta di emblemi occhieggianti e sfuggenti. Il dio non divide con l'uomo la realtà di tutti i giorni ma in qualche modo la interpreta nella sua oscura incongruenza con uno sguardo lieve o con la composta fissità del suo essere comunque imminente nella solitudine delle cose. La strofa montaliana che forse meglio richiama questa condizione è proposta nella poesia 'I limoni'


Vedi, in questi silenzi in cui le cose

s'abbandonano e sembrano vicine

a tradire il loro ultimo segreto,

talora ci si aspetta

di scoprire uno sbaglio di Natura,

il punto morto del mondo, l'anello che non tiene,

il filo da disbrogliare che finalmente ci metta

nel mezzo di una verità.

Lo sguardo fruga d'intorno,

la mente indaga accorda disunisce

nel profumo che dilaga

quando il giorno più languisce.

Sono i silenzi in cui si vede

in ogni ombra umana che si allontana

qualche disturbata Divinità



De Chirico, Melancolia




De Chirico, Canto d'amore




Nella cultura del Romanticismo, età di valori forti e di nitide idealità, l'inettitudine / inazione si configura come un concetto negativo, come incapacità di riproporre nella storia virtù ed eticità, ma anche di padroneggiare istinti e passioni, visti come condizionamenti dell' umana natura (Manzoni). Nel carme "Dei sepolcri" Foscolo ricorda che "sol chi non lascia eredità d'affetti poca gioia ha dell'urna", come dire che l'impegno ad una vita virtuosa e meritevole, generosa e capace di sacrificio è l'unica garanzia alla fama ed alla persistenza del ricordo, mentre una vita bassa, arida e meschina è da disdegnare. L'inettitudine si oggettiva dunque in un tipo di vita eticamente povera, che si riduce a viltà, a volontaria rinuncia all'azione ed al rischio di adottare scelte sostanziali. L'inettitudine del Don Abbondio manzoniano ad esempio ha queste caratteristiche. Le non scelte religiose e morali del sacerdote ' vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro' testimoniano per Manzoni non tanto la sua personale inadeguatezza al compito, quanto una vera e propria duplice colpa: l'aver ignorato il grande valore rigenerante della religione, che sa dare la forza di scavalcare ogni incertezza e l'aver sanzionato le leggi oppressive del secolo verso i deboli e gli indifesi, con la scelta dell'impunità e del privilegio.



Viceversa la sconfitta e la morte possono divenire tragiche visioni rigeneranti, nella consapevolezza del sacrificio necessario, che si incarna nella fissità di una fine gloriosa. L'impossibilità ad agire ancora, l'inerzia della morte non fanno certo pensare ad un soggetto inadeguato al suo compito, quanto piuttosto all' inaccessibilità dello stesso

( ad esempio il confronto impari di Ettore con Achille per salvare Troia ). David raffigura il corpo inerte di Ettore, eroicamente perito, accanto alle sue armi ( che divengono simbolo di azione e non certo di rifiuto del dovere ). Foscolo addirittura eterna l'eroe negli ultimi versi dei Sepolcri. Qui credo si tocca una polarità netta al concetto di inettitudine, poiché l'eroe greco si fa semidio nel suo coraggioso gesto e diviene modello per l'umanità futura.


Un altro interessante confronto tematico nella personalità romantica è quello che affianca l'energica fede nelle illusioni e negli ideali al tenero abbandono per le suggestioni della natura. Anche tale atteggiamento - che potrebbe apparire come lirico cedimento a più alti compiti - ha qualcosa di propositivo. E' tensione, ricerca, che prepara a nuove prove l'esistenza umana. La rasserenante comunione con la natura, nella pace della sera è prefigurazione della morte

( Foscolo - "Alla sera" ) ma anche temporaneo acquietarsi dalle passioni e non certo rinuncia all'impegno eroico. Perfino la dimensione meditativa ed erudita di Didimo Chierico viene vista come la naturale evoluzione di un' antico fervore, che comunque non si spegne mai veramente ("calore di fiamma lontana" appare l'antica passionalità foscoliana).



L'in-ettitudine come inazione, impossibilità, incapacità nel gestire il poteree in generale ad agire nella storia è tema tipicamente manzoniano ( Adelchi, Cinque maggio ). Gli eroi di Manzoni sono eroi cristiani spesso in contrasto con le leggi negative della storia, che prevedono oppressione dei deboli, esercizio del potere, salda consapevolezza dei propri compiti. All'approssimarsi della morte compare in essi una nuova coscienza della missione umana, che solo la luce religiosa della fede rende improvvisamente nitida. L'impossibilità ad agire pare quasi una benedizione di Dio ad Adelchi, sconfitto da Carlo Magno. Egli morente afferma al padre Desiderio che

sulla terra 'non resta che fare il torto o patirlo' . Quindi meglio la passiva sofferenza del sacrificio dello sconfitto che la violenza dell'oppressione cieca e crudele del popolo longobardo. Anche Napoleone accetta il suo destino di isolamento definitivo dalla storia e trova consolazione in una morte cristiana, che travalica desideri ed aspirazioni militari e politiche.

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