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Le teorie classiche della percezione




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LE TEORIE CLASSICHE DELLA PERCEZIONE


Le nostre esperienze visive consistono di:


1) sensazione dei diversi colori; luce, ombra, tono.

2) immagini o ricordi di quelle sensazioni.


Nell'atto di osservare sia la scena stessa, sia oggetto chiamato quadro, non intervengono esperienze visive dirette che siano in relazione con le caratteristiche spaziali della scena.

Lo spazio, si sosteneva, è un'idea non-visiva, un'idea tattile-cinestesica (composta dai ricordi del tatto e dell'attività muscolare) che le nostre esperienze passate ci hanno insegnato ad associare all'indizio di profondità visivo.

Un'attenta analisi della scena, nel momento in cui noi la guardiamo, ci permette di notare che in effetti, possiamo vedere gli indizi di profondità stessi, ossia, vediamo le lune convergere, e di renderci conto che non esiste una conoscenza diretta dello spazio.

Lo strutturalismo considerava tutti gli indizi di profondità come simboli: risultati d'associazioni apprese tra particolari ricordi tattili-cinestetici.

Ciò che rende efficace ciascun indizio di profondità è semplicemente il fatto che esso è stato associato agli altri indizi di profondità e al movimento, al tatto, ecc., nella precedente storia dell'individuo.

Quando cerchiamo di prevedere in specifico come apparirà un dato quadro, se raffigurerà bene la scena o l'oggetto che si propone di rappresentare, lo strutturalismo non c'è particolarmente utile.

A questo scopo è piuttosto la teoria della gestalt, la seconda delle teorie della percezione, che sembrava offrire una descrizione di maggiore interesse dei processi rilevanti. I

nvece di considerare l' esperienza percettiva come se fosse composta di singole sensazioni isolabili di luce,ombra, colore, sensazioni cui vengono ad associarsi immagini o ricordi di esperienze precedenti.

I gestaltisti hanno proposto una teoria del campo: ogni configurazione della stimolazione luminosa che colpisce la retina dell'occhio produce presumibilmente uno specifico processo nel cervello; processo che si organizza in campi di casualità globali e che varia ad ogni variazione della distribuzione dello stimolo.

Le singole sensazioni non sono determinate dalla stimolazione che interviene nell'osservazione visiva (e in realtà non si osservano nell'esperienza percettiva).

Per sapere come apparirà una configurazione di stimoli (per esempio un quadro), dobbiamo perciò sapere come si organizzeranno i sottostanti campi celebrali dell'osservatore per risposta a quella configurazione.

Si possono individuare particolari regole d'organizzazione: per esempio.

Vedremo quelle forme che sono le più simmetriche possibili: LEGGE DI SIMMETRIA.


Tenderemo a vedere linee e contorni nel modo più continuo possibile. (vediamo un'onda sinusoidale e un'onda quadrata) piuttosto che un insieme di forme chiuse LEGGE DI BUONA CONTINUAZIONE


Tenderemo a vedere cose tra loro vicine come accomunate in uno stesso ambito LEGGE DELLA VICINANZA


Percepiamo la tridimensionalità quando l'organizzazione del campo celebrale prodotta da una data distribuzione dello stimolo sulla retina è più semplice per un oggetto tridimensionale per quanto lo sia per uno bidimensionale.




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