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La prosa poetica, oratoria, scientifica




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La prosa poetica, oratoria, scientifica





Mentre a Firenze l'ideale umanistico giunge a maturità artistica nell'opera del Poliziano, a Napoli, patria dell'Accademia "pontaniana" (che prende il nome da Giovanni Pontano, umanista, politico e poeta) Jacopo Sannazaro (1456-1530) dona alla prosa un carattere di arte pura.

Nato a Napoli entra al servizio di Alfonso d'Aragona e poi del re Federico, che segue in esilio in Francia; alla morte del re rientra in patria dove rimane fino alla morte, dedicandosi agli studi in una villa di Mergellina.

I suoi Gliommeri (termine napoletano che significa "Gomitoli") sono bizzarri componimenti che arieggiano sia le "frottole" popolaresche sia le lunghe tiritere dei giullari in piazza; insieme alle sue farse essi dilettarono la corte Napoletana.

Grazie alle Piscatorie, cinque egloghe latine i cui protagonisti sono i pescatori di Posillipo, di Mergellina, di Ischia, di Capri, il Sannazaro viene accolto nell'accademia pontoniana col nome di "Actius Syncerus", perché primo ad aver trasportato l'egloga dal mondo dei pastori a quello dei pescatori.

Tra i venticinque e i trent'anni compone un'opera che avrà poi grande risonanza a livello Europeo e durante tutta la rinascenza: l'Arcadia. Nella sua veste definitiva essa si compone di dodici capitoli in prosa alternati a dodici egloghe (sullo sfondo del Ninfale d'Ameto) in cui trova espressione la nostalgia di un mondo idillico di pace, di razionalità, di perfezione morale, sullo sfondo di una natura sorridente dove l'anima stanca trovi riposo; tale sentimento è largamente espresso nella poesia del Rinascimento, tra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo, per la sfiducia di poter raggiungere la felicità terrestre se non appunto in un mondo immaginario.

La scena e collocata in Arcadia, regione montuosa e solitaria della Grecia, abitata da pastori: sotto il nome di  Sincero il Sannazaro racconta di esservi giunto in cerca di conforto ad una giovanile disavventura amorosa. Qui prende parte alla vita degli arcadi pastori (gare poetiche, sacrifici, cerimonie funebri) ed ascolta patetiche storie d'amore, inutilmente, perché l'immagine dell'amata è sempre nella sua mente. turbato da un sogno premonitore lascia l'Arcadia e si rimette in cammino; guidato da una ninfa percorre vie sotterranee e giunge a Napoli per apprendere la notizia della morte dell'amata.

Sotto il velo della finzione allegorica, tipico della poesia bucolica, si nasconde il desiderio dello scrittore di trovare rifugio al suo spirito travagliato nella vita pastorale, fatta di cose semplici; tale aspirazione come già detto rientra nel clima spirituale del tempo, soprattutto nella società colta e raffinata, ed è tradotta da Sannazaro in una prosa solenne e armoniosa, modellata sul toscano illustre (sul Boccaccio principalmente) assimilandovi però i modi stilistici del latino; il suo esempio sarà poi seguito da numerosi scrittori del Cinquecento.

Se l'Arcadia è il romanzo giovanile d'amore, il De parte Virginis è il poema cristiano della maturità del Sannazaro, dove il poeta vuole esprimere, nell'eleganza delle forme e delle fantasie classiche, il mistero del Natale e, per via di una profezia pronunciata sul fiume Giordano, raffigurato come divinità fluviale, il mistero della redenzione umana attuata dal Cristo.

Le pagine più felici sono quelle in cui Maria vive umanamente, godendo o soffrendo, la vicenda della sua maternità. Alla madre di Dio il poeta vorrà infatti rendere l'ultimo omaggio facendo costruire presso la sua villa di Mergellina la chiesetta di Santa Maria del Parto dove sarà poi sepolto, che nel nome perpetua la fama del poema.

Due altri scrittori nobilitano nel Quattrocento la prosa volgare: Leon Battista Alberti e Leonardo da Vinci.

Il primo nasce a Genova nel 1472, soggiorna per diversi incarichi diplomatici in varie città dell'Italia Settentrionale, tra cui Firenze. Si occupa di archeologia, musica, pittura, architettura, filosofia, diritto, matematica rappresentando un esempio notevole di quell'enciclopedismo di cui non pochi uomini del Rinascimento vanno fieri.

Sua vera gloria è quella di architetto: il suo nome è legato al tempio Malatestiano di Rimini, o al palazzo Rucellai a Firenze, nella stessa città, alla facciata di Santa Maria Novella, o ancora alla Basilica di Sant'Andrea in Mantova.

I canoni fondamentali della nuova arte del costruire sono teorizzati nei dieci libri del De re aedificatoria in latino; quelli delle altre due arti li espone nei trattati in volgare Della Pittura e De Statua.

Nel 1441 Alberti promuove a Firenze il "Certame Coronario", gara di poesia in volgare che aveva come premio una corona d'argento, sul tema dell'amicizia (nessuno è ritenuto degno del premio e la gara non è più ripetuta).

I trattati in volgare dell'Alberti sono comunque volti alla celebrazione della suprema dignità della ragione e del valore immanente della virtù, ma soprattutto a formulare un nuovo ideale di vita improntata su un'armonia delle molteplici attività umane (attività economiche incluse).

Nel Teogenio, dialogo dedicato a Lionello d'Este, tesse lodi della povertà, che rende l'uomo libero; degli studi, fonti della vera felicità; del cittadino amante della patria.

Nel dialogo Della tranquillità dell'animo passa in rassegna i vari casi della fortuna, insistendo sulla necessità di non lasciarsi abbattere dalla mala sorte e di liberarsi dell'eccessivo amore dei beni terreni.

Ma il dialogo più noto è quello Della Famiglia, in cui Leon Battista, suo fratello e altri parenti, riuniti presso il padre Lorenzo prossimo alla morte, ragionano sulle relazioni che devono intercorrere tra padri e figli, sull'educazione, sulla buona amministrazione delle sostanze domestiche, sull'utile impiego del tempo, sulla scelta e coltivazione dell'amicizia.

L'Alberti non è un filosofo, sarebbe difficile cercare  in lui un organico sistema speculativo: egli è un umanista e forse esprime più di molti altri l'idea di un uomo "fabbro esclusivo del proprio destino".

La personalità di Leonardo da Vinci (1452-1519) invece interessa preminentemente la storia dell'arte; tuttavia egli è uno scrittore di grande rilievo e non "omo senza lettere" come egli stesso si definisce.

I suoi manoscritti, dispersi in varie biblioteche, contano ben 7000 pagine, scritte a rovescio con la mano sinistra e piene di disegni, osservazioni, calcoli disposti senza ordine apparente; essi in realtà ubbidiscono ad un amore verso la natura che unifica e chiarisce la sua produzione. Devono intendersi arbitrarie compilazioni dei suoi discepoli i due trattati Della Pittura e Del moto e misura delle acque, tratti da appunti e frammenti su tali materie.

Autodidatta e privo di cultura letteraria, Leonardo ricerca nella prosa la massima chiarezza, indispensabile ad un uomo di scienza. Quando poi egli indaga su certi fenomeni che gli risvegliano nell'animo il sentimento che si potrebbe definire religioso della "inesauribile potenza, sapienza e multiformità della natura", si avverte in Leonardo la compresenza dello scienziato e del poeta e il suo stile diventa estremamente personale.

I principi formulati da Leonardo sull'immutabilità delle leggi naturali e sull'esperienza posta a fondamento dell'umana conoscenza, rappresentano una tappa importante nel processo di maturazione del pensiero scientifico moderno; la sua esaltazione della conoscenza empirica apre le vie al naturalismo rinascimentale: con lui cultura e scienza si fondono mirabilmente in una sintesi che valica i confini dell'età umanistica.





Componimento poetico di origine popolare, costituito da un seguito di immagini bizzarre in versi di varia misura e senza ordine fisso di rime.

Filastrocca.

Di ogni realtà che è parte intima ed essenziale di un'altra (opposto a "Trascendente").

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