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LA CHIMERA
UN DIPINTO DELLA SOCIETA' SEICENTESCA
Il romanzo storico affonda le sue radici nell'ottocento, tuttavia resta ancora oggi un genere utilizzato in quanto l'analisi del passato può aiutare lo scrittore, e naturalmente il lettore, ad analizzare in maniera più critica il presente. Vassalli, in questo romanzo, riprende la tradizione ottocentesca, ispirandosi chiaramente al primo romanzo storico italiano, "I Promessi Sposi" di Manzoni (ritroviamo infatti la stessa dimensione geografica e temporale, cioè la Milano spagnola). Tuttavia "La Chimera" è in antitesi a "I promessi sposi": innanzi tutto nel primo la dimensione politica è pressoché assente o presente solo in forma aneddotica (la visita dei Lanzi, ad esempio), mentre in Manzoni è la politica che fa da filo conduttore alle denunce dell'autore. In secondo luogo, il "personaggio" negativo di Vassalli, all'opposto di quello che accade ne "I Promessi Sposi", è la Chiesa della Controriforma che, desiderosa di riaffermarsi , non esita a sacrificare delle vittime per dimostrare la propria potenza. L'analisi di questo romanzo può quindi essere strutturata secondo tre assi descrittive: la popolazione , la donna e la Chiesa.
"La chimera" è essenzialmente un romanzo della campagna in quanto la vicenda si svolge per la maggior parte nella bassa milanese e solo saltuariamente a Novara. E' chiaro quindi che i personaggi siano principalmente dei rappresentanti del mondo rurale. Innanzi tutto Vassalli fa un ritratto molto realistico dei contadini, gente che vive una sua esistenza naturale, estranea alle vicende cittadine (alle quali é legata solo da leggi e tasse ma di cui ignora completamente i meccanismi). Significativo è l'episodio della visita del Caccetta a Zardino: i contadini ripetono meccanicamente "Viva il Roi" senza neanche domandarsi il significato di questa frase ("Della Franza e del Roi non pensarono granché; anzi, a voler proprio dire le cose come stanno, non pensarono niente").
Accanto ai contadini prendono naturalmente posto i "risaroli" che rappresentano lo strato più basso della società: i morti di fame, gli infermi, il cui valore è nettamente più basso anche di quello di un animale.
Nella società rurale c'è anche posto per una figura emblematica, quella dei "camminanti", una sorta di vagabondi, asociali e anarchici, rifiutanti il lavoro e ogni altra forma d'obbligo o impegno, che interagiscono con i paesani solo saltuariamente, durante il periodo della raccolta del riso, per esempio.
In questa società la figura dei nobili occupa una parte di scarsa importanza, riducendosi alle figure del Caccetta, nobile-delinquente più noto per i suoi atti di violenza che per il merito della sua nascita, e a quella di Pier Luigi Caroelli, feudatario squattrinato innamorato d'Antonia.
Pur essendo presente questa varietà di figure maschili, il romanzo di Vassalli non s'interessa principalmente a loro, ma alle donne, e se lo fa, è sempre in relazione ai personaggi femminili.
La donna si presenta ne "La chimera" sotto diversi aspetti. Le prime donne che incontriamo sono le suore e le prostitute, ironica associazione di due tipi di donna che dovrebbero essere lontanissimi uno dall'altro. Le religiose sono rappresentate dalle suore della Casa di Carità di san Michele a Novara dove si svolge la prima infanzia di Antonia insieme alle altre esposte, cioè alle orfanelle che venivano abbandonate dalle madri sul torno. Le suore hanno caratteri differenti che rappresentano bene le contraddizioni della chiesa seicentesca, ancora divisa fra gli scandali dovuti alla condotta dei religiosi e al nuovo spirito di "pulizia" come quello predicato dal vescovo Bascapè (basti pensare a suor Livia, la suicida, e a suor Clelia, la catechista).
Il primo incontro con il mondo della prostituzione avviene grazie al "soggiorno" di Antonia nello stanzino del digiuno e al suo incontro con Rosalina , un'esposta adulta. Rosalina, ceduta da ragazzina a un uomo che aveva promesso di sposarla ma che poi l'aveva cacciata, aveva cominciato a prostituirsi protetta da una mammana prima che il nuovo vescovo si prodigasse per reprimere ogni vizio dei suoi preti (che fino ad allora erano stati i migliori clienti della ragazza).
Un altro aspetto della figura femminile nel romanzo è rappresentato dalle comari di Zardino. Le donne sono una parte fondamentale della folla che viene descritta dall'autore, seguendo il modello epico, come un singolo personaggio in quanto gli individui che la compongono sono mossi da dei sentimenti collettivi, come ad esempio il sospetto e la crudeltà. I sentimenti che muovono il gruppo delle donne contro Antonia sono l'invidia (quella di non avere una figlia così bella) e i risentimenti personali (come nel caso delle gemelle Borghesini), motivi nascosti da una religiosità bigotta e superstiziosa.
Infine il personaggio femminile più importante è ovviamente quello di Antonia. La ragazza, fin dall'inizio del romanzo, presenta delle "anomalie" rispetto al modello consueto : le sue caratteristiche fisiche (la bellezza spagnola) e psicologiche la fanno subito emergere dal gruppo e sono forse la ragione per la quale "le Orsoline [.] scelsero proprio Antonia tra tutte le esposte per recitare al vescovo la poesia di benvenuto". Tuttavia quello che differenzia maggiormente la ragazza dagli altri personaggi è il fatto di non adeguarsi alla mentalità corrente, ma di essere sempre in contrasto con i "buoni costumi": esprime una certa pietà per i risaroli, si occupa di Biagio, lo scemo delle sorelle Borghesini, balla con i lanzi. Antonia è uno spirito indipendente che non ha paura di mettere in discussione certi temi ritenuti "delicati" come la sessualità (forse grazie al suo incontro con Rosalina?) o la religione, da qui il titolo "la chimera" che rappresenta la dimensione visionaria della protagonista, caratteristica che neppure la tortura potrà cancellare. Antonia presenta le stesse caratteristiche di tutti i grandi martiri o rivoluzionari: anche lei morirà per i suoi ideali, schiacciata da un mondo che rifiuta ogni sorta di contestazione.
Il mondo reazionario che ucciderà Antonia per conservare il suo potere è rappresentato dalla Chiesa che, nel seicento, aveva una forza sul popolo ancora maggiore di quella dell'imperatore o del re. La chiesa, nel romanzo, agisce con l'unico fine di eliminare qualsiasi ostacolo all'affermazione del suo potere; a questo proposito sono tre le figure di ecclesiastici particolarmente significative: don Teresio, Carlo Bascapè e l'inquisitore Manini.
Don Teresio rappresenta il piccolo prete di campagna roso dall'ambizione, vuole infatti servirsi di Zardino per promuovere la sua ascesa personale. Si proclama fiero rappresentante della nuova filosofia della Chiesa, predica una vita ascetica devota solo alla religione. Neanche le tradizioni più antiche (come le feste di campagna) si salvano dalla sua furia riformatrice, i momenti salienti della vita contadina sono ora caratterizzati solo dal pagamento delle imposte. Tra il prete e la cittadinanza non c'è dialogo: don Teresio resta il predicatore esaltato in alto nel suo pulpito, ignaro dei veri sentimenti dei contadini nei suoi confronti ("molti abitanti a Zardino incominciavano a sperare che fosse affogato nel guado dell'Agogna, e che il paese se ne fosse liberato."). L'unico ravvicinamento in tutto il romanzo fra il prete e i civili avviene alla fine, durante la persecuzione di Antonia.
Il vescovo rappresenta invece l'aspetto teorico del potere ecclesiastico. Bascapè è strettamente legato alla morte: innanzitutto dalla sua salute precaria che tuttavia non lo solleverà per molto tempo dai dolori terreni, ma soprattutto dal rapporto quasi morboso con la maschera funeraria dell'amico Borromeo, suo unico mezzo di sfogo esteriore. Benché egli abbia impiegato tutte le sue forze nella corsa al potere ne esce sconfitto, deriso e umiliato a Roma, vescovo di una diocesi insignificante: questo personaggio si chiude sempre di più su sé stesso, vivendo di ricordi e rifiutando la realtà.
Infine l'ultima figura significativa è quella dell'inquisitore Manini: freddo e cinico, ossessionato dalla pratica della castità, nutre un'ambizione sfrenata e tenta in tutti i modi di far prevalere il suo potere su quello del vescovo: tutte queste motivazioni lo spingono ad attaccare Antonia con maggior ferocia, facendo del processo il simbolo del suo successo personale. Naturalmente il potere dell'inquisizione è dovuto ad un clima generale di paura (causata per esempio dalle frequenti epidemie di peste) che deve trovare il suo sfogo naturale: la folla ha quindi bisogno di un capro espiatorio sul quale far ricadere tutte le colpe delle disgrazie che essa subisce, dalla siccità alle epidemie; la strega è quindi un elemento vitale per la Chiesa che da ogni processo di inquisizione esce ancora più forte.
"La chimera" rappresenta sicuramente uno spaccato molto dinamico della vita nel seicento e soprattutto delle pratiche di tortura che, a presente, ci si affanna a definire "barbare". Tuttavia l'autore lascia libero spazio ad un'interpretazione in chiave moderna della vicenda di Antonia: ci si può infatti chiedere se il periodo delle streghe e delle inquisizioni sia veramente terminato o se la storia non faccia altro che ripetersi cambiando solamente il nome ai suoi personaggi.
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