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ITALO CALVINO: LETTERATURA E SCIENZA
Il reale
L'opinione di Italo Calvino su quale sia la realtà e su come essa sia fatta è fondamentale per comprendere il senso delle sue opere. L'autore interpreta la realtà come una struttura incredibilmente complessa, intricata, sfaccettata. L'immagine che Calvino stesso usa per descriverla è il "labirinto": un fitto intreccio di cunicoli e sentieri nel quale è impossibile orientarsi. La stessa cosa accade nel mondo: tante teorie, tante idee, tante opinioni spesso contraddittorie. Di fronte ad un tale guazzabuglio l'atteggiamento dell'intellettuale (sia esso letterato o scienziato) può essere di rassegnazione e conseguente scetticismo oppure di intraprendenza e attività. Questa seconda strada sceglierà l'autore.
"La sfida al labirinto"
Anche se organizzare completamente la realtà secondo schemi e collegamenti logici è impossibile, l'uomo ha secondo Calvino il dovere di dare ordine quanto più gli è possibile, sforzandosi di conciliare le apparenti contraddizioni. In questo consiste la perpetua "sfida al labirinto". Bisogna aggiungere che la visione complessa del reale si estende a tutti i campi della conoscenza (dalla filosofia alla letteratura e alla scienza): l'atteggiamento deve essere perciò il medesimo nei vari ambiti ed è proprio in questo, cioè nel metodo, che esiste un profondo legame tra letteratura e scienza. Il compito della letteratura è ben espresso nella Lezione americana dedicata alla Molteplicità:
La letteratura vive solo se si pone degli obiettivi smisurati, anche al di là d'ogni possibilità di realizzazione. [.] Da quando la scienza diffida delle spiegazioni generali e delle soluzioni che non siano settoriali e specialistiche, la grande sfida per la letteratura è il saper tessere insieme i diversi saperi e i diversi codici in una visione plurima, sfaccettata del mondo. [.] i libri moderni che più amiamo nascono dal confluire e scontrarsi d'una molteplicità di metodi interpretativi, modi di pensare, stili d' espressione. Anche se il disegno generale è stato minuziosamente progettato, ciò che conta non è il suo chiudersi in una figura armonica, ma è la forza centrifuga che da esso si sprigiona, la pluralità dei linguaggi come garanzia d'una verità non parziale.
La scienza come ispirazione
Proprio in virtù di questa identità di metodo tra letteratura e scienza, Italo Calvino si ispirò di frequente alle teorie scientifiche per dar vita alle proprie opere letterarie. L'esempio migliore sono sicuramente Le cosmicomiche, gruppo di brevi racconti nei quali l'autore, prendendo spunto da asserzioni scientifiche di vario genere (ad esempio teorie), elabora storie di fantasia e paradosso. Non si tratta di semplice fantascienza, come l'autore specifica nella prefazione all'opera: mentre la fantascienza cerca di avvicinarci ad un futuro tecnologicamente più evoluto, i racconti "cosmicomici" ci allontanano dalle teorie scientifiche dando loro un aspetto fiabesco.
La passione per la combinatoria
Mentre vive a Parigi, Calvino si avvicina al movimento detto "Strutturalismo", il cui scopo è l'applicazione del pensiero matematico alle strutture e alle forme della letteratura. Nulla infatti poteva essere un tentativo più esplicito di ordinare la realtà, progetto già ben presente in Calvino (come detto sopra). Tale movimento faceva proprio al caso suo e lo avvicinò a quella branca della matematica detta "calcolo combinatorio", che si occupa dello studio, per esempio, dei possibili ordinamenti di più oggetti. Presi ad esempio A,B,C, possiamo disporli nei seguenti sei modi: ABC - ACB - CBA - CAB - BCA - BAC. Con l'aumentare del numero degli oggetti considerati (nell'esempio erano solo tre) i possibili ordinamenti aumentano in modo spropositato. Nulla che potesse esprimere al meglio la complessità. Italo Calvino restò quasi "spaventato" da queste cifre, tanto da iniziare a considerare l'ordine tanto desiderato come un'illusione. Così si spiega il tono malinconico presente nelle opere scritte durante gli anni Settanta. La ricerca disperata della struttura ultima della realtà è comunque una costante nelle opere dell'autore, portata avanti anche con ambientazioni insolite, storie paradossali, situazioni quasi assurde.
Un'opera fatta di simboli: Le città invisibili
Opera del paradosso e della stranezza sono Le città invisibili. Calvino immagina un dialogo tra Marco Polo e il Gran Kan, durante il quale i due discutono di segni, simboli, verità e immaginazione. Il dialogo occupa in realtà solo poche pagine del libro, dal momento che è di frequente interrotto dalla descrizione delle varie città (completamente fantastiche) attraversate da Marco Polo. Ogni città rappresenta qualcosa, i luoghi sono simboli per esprimere concetti. L'idea di complessità e incertezza della verità (tema centrale in Calvino) è bene espressa dalla città di Ottavia:
Se volete credermi, bene. Ora dirò come è fatta Ottavia. C'è un precipizio in mezzo a due montagne scoscese: la città è sul vuoto, legata alle due creste con funi e catene e passerelle. Si cammina sulle traversine di legno, attenti a non mettere il piede negli intervalli, o ci si aggrappa alle maglie di canapa. Sotto non c'è niente per centinaia e centinaia di metri: qualche nuvola scorre; s'intravede più in basso il fondo del burrone. Questa è la base della città: una rete che serve da passaggio e da sostegno. Tutto il resto, invece d'elevarsi sopra, sta appeso sotto: scale di corda, amache, case fatte a sacco, attaccapanni, terrazzi come navicelle, otri d'acqua, becchi del gas, girarrosti, cesti appesi a spaghi, montacarichi, docce, trapezi e anelli per i giochi, teleferiche, lampadari, vasi con piante dal fogliame pendulo. Sospesa sull'abisso, la vita degli abitanti d' Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto la rete non regge.
Oltre che al forte senso di precarietà e inquietudine, nella descrizione vi è un'immagine della certezza alla fine del XX secolo: la scienza ha messo in dubbio le sue certezze, la realtà appare complessa e contraddittoria. Nulla pare destinato a resistere come certo, nemmeno la città. Laddove vi è certezza apparente (nelle città non appese in aria, sembra di capire) la realtà è comunque altrettanto fragile.
La difficoltà nell'esprimere la realtà
Nel libro Palomar, che prende il nome dall'omonimo protagonista dell'opera, Calvino propone ventisette brani riguardanti la curiosità, la smania di capire, la tensione a comprendere ogni aspetto della realtà che caratterizzano Palomar stesso. Il progetto di razionalizzazione della realtà si rivela però impossibile, come mostrano i seguenti estratti.
Nella vita del signor Palomar c'è stata un'epoca in cui la sua regola era questa: primo, costruire nella sua mente un modello, il più perfetto, logico, geometrico possibile; secondo, verificare se il modello s'adatta ai casi pratici osservabili nell'esperienza; terzo, apportare le correzioni necessarie perché modello e realtà coincidano.
Dopo aver stabilito che lo strumento privilegiato del suo lavoro sarà la deduzione, che, al contrario dell'induzione, porta a verità certe (anche se relative a postulati), Palomar inizia a notare che.
Il modello è per definizione quello in cui non c'è niente da cambiare, quello che funziona alla perfezione; mentre la realtà vediamo bene che non funziona e si spappola da tutte le parti; dunque non resta che costringerla a prendere la forma del modello, con le buone o con le cattive.
Accortosi che, per quanto elaborato, il modello presenta comunque delle incongruenze con la realtà, Palomar giunge a questa nuova conclusione:
Adesso gli ci voleva una gran varietà di modelli, magari trasformabili l'uno nell'altro secondo un procedimento combinatorio, per trovare quello che calzasse meglio su una realtà che a sua volta era sempre fatta di tante realtà diverse, nel tempo e nello spazio.
Incapace di controllare razionalmente le infinite variabili della realtà, Palomar pensa di esprimere in modo sistematico la sua conclusione sull'impossibilità di costruire un modello teorico del mondo, ma.
Uno scrupolo lo trattiene: e se ne venisse fuori un modello?
Considerazioni conclusive
Il motivo per cui è stato scelto Italo Calvino a proposito dell'argomento "Scienza nel XX secolo" è che egli fu un autore in grado non solo di esprimere ma anche di dichiarare apertamente quella dimensione "incerta" e "caotica" della scienza del suo secolo. A partire dal crollo delle certezze del primo Novecento scienza e filosofia hanno dovuto occuparsi (oltre che del loro sviluppo) anche dei loro fondamenti e dei loro obiettivi. L'atteggiamento critico della scienza verso se stessa è oggi concepito come fondamentale: Calvino si rende perfetto interprete di questo dibattito sulla struttura della realtà e sull'indagine scientifica.
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