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Ernest Miller Hemingway nacque nel 1899 ad Oak Park vicino Chicago. In conflitto con la madre perché voleva spingerlo alla carriera di violoncellista, Hemingway si dimostrò invece sin da giovane un bravo scrittore. Al liceo pubblicò articoli e racconti sui fogli studenteschi dove spiccarono le sue doti e, diplomatosi, entrò come cronista al Kansas City Star, quotidiano famoso per il suo linguaggio moderno, rapido e obiettivo. Frattanto scoppiò la prima guerra mondiale e Hemingway si arruolò come volontario per andare a combattere ma un suo difetto di vista fece sì che fosse arruolato nei servizi d'autoambulanza e spedito al fronte italiano. Fu ferito gravemente dalle schegge di un proiettile di mortaio ma nonostante le sue condizioni continuò a soccorrere altri feriti. Venne poi premiato con la Croce di guerra americana e con la Medaglia d'argento italiana per il suo eroismo. Sulla sua esperienza in Italia scrisse in seguito Racconto molto breve e Addio alle armi. Tornò in America nel 1919 e si sposò (per la prima volta) nel 1921. Con sua moglie, Hadley Richardson, andò a fare il giornalista per il Toronto Star in Europa. Si stabilì a Parigi dove conobbe un gran numero di scrittori e artisti angloamericani e con la loro ispirazione rinnovò il suo stile di scrivere. Scrisse numerosi articoli di successo sulla guerra greco-turca ma dopo due anni abbandonò la carriera del giornalista professionista e si diede alla scrittura di libri: il suo primo libro Tre racconti e dieci poesie uscì nel luglio del 1923. Nel febbraio del 1937 partì per la Spagna di nuovo come giornalista ma in breve combatté tra i repubblicani. Dal 1939 si stabilì a Cuba in una fattoria nei pressi dell'Avana fino al '41 quando ripartì come corrispondente per la guerra cino-giapponese. Durante la seconda guerra mondiale dopo aver pattugliato le coste della Florida con un battello antisommergibile, seguì l'esercito statunitense in Normandia di nuovo come corrispondente. Anche durante questa guerra venne premiato per il suo coraggio con la Bronze Star. Nel 1952 finì di scrivere Il vecchio e il mare; gli venne conferito il premio Pulitzer e nel 1954 il premio Nobel per la letteratura. Ma Hemingway soffrì di grandi crisi d'identità e depressioni nervose. Tutto si aggravò quando nel 1960 divenne quasi cieco ma lavorò ancora intensamente sebbene faticando molto. Ma la fatica aumentò costantemente e dalla disperazione volle suicidarsi. Il medico che lo ebbe in cura disse che Hemingway, non riuscendo più a scrivere non ebbe più ragione di vivere. Sebbene fosse stato tenuto a bada con sedativi e con incoraggiamenti, il 2 luglio del 1961 riuscì a suicidarsi.
Un vecchio pescatore di Cuba di nome Santiago è colpito da una persistente sfortuna. Sono ormai ottantaquattro giorni che non pesca alcunché ed ora è ridotto quasi alla miseria. Ma tornando questa sera a casa accompagnato dal ragazzo, che era solito pescare con lui ma ora costretto dal padre ad andare con una barca più fortunata, sente che l'ottantacinquesimo giorno sarà facondo. È settembre, il mese in cui arrivano i pesci grossi, e Santiago l'indomani vuole spingersi al largo per prenderne uno.
Salpato prima dell'aurora, remando spinge la sua piccola barca lontano dalla costa e verso l'alba dispone meticolosamente le lenze nell'acqua a profondità diverse. Pescherà solo un tuna prima di mezzogiorno quando il Pesce abbocca e, con l'amo in bocca, incomincia a tirare dietro di sé la barca del vecchio. Il vecchio non si accorge subito della grandezza del pesce, perché questo è in profondità, tenendo con entrambe le mani la lenza tagliente tirata da esso, e crede che presto il pesce si stanchi di trainarlo e incominci a saltare. Ciò tuttavia non accade e di sera le cose non sono ancora cambiate. Il vecchio pensa a molte cose: vorrebbe il ragazzo con sé affinché lo aiuti, pensa che deve concentrasi sulla lenza, dandone di più al pesce se ne ha bisogno affinché l'eccessiva tensione non la rompa, che se il pesce non salta (facendo ciò si riempirebbe le branchie d'aria) potrebbe perire e affondare negli abissi. Mangiato un pesce crudo, la corsa del vecchio continua tutta la notte: gli viene un crampo alla mano sinistra, uno strattone del pesce fa sì che la lenza gli tagli le mani, la vecchia schiena gli duole ma il vecchio non molla.
Il giorno seguente, il vecchio si accorge, mettendo una mano nell'acqua, che verso sera il pesce ha rallentato la sua nuotata, segno che incomincia a stancarsi. Anche il vecchio è stanco ma, sebbene stimi la nobiltà del pesce - che continua a resistere -, lo deve catturare per farlo vedere al ragazzo e per venderlo all'Avana. Frattanto il vecchio riesce a pescare un delfino con due pesci volanti nello stomaco, che mangerà di notte, e riesce pure ad escogitare un sistema per cui si può addormentare senza il rischio di perdere la lenza.
Finalmente, attorno mezzogiorno del terzo giorno, dopo due notti e due giorni che si è portato dietro il vecchio con la barca, il pesce si stanca e incomincia a girare attorno alla barca. Allora il vecchio a ogni giro riesce a guadagnare un po' di lenza finché, avvicinato il pesce, lo trafigge con una fiocina. Il vecchio lega con delle corde il maestoso pescespada, assai più grosso della barca - mezzo metro più lungo - al fianco della barca, issa la vela e incomincia il viaggio di ritorno. Una lunga scia di sangue proveniente dal pesce si rovescia dietro la barchetta subito dopo un pescecane attacca il pesce! Anche se il vecchio riesce a fiocinarlo in capo, il pescecane gli ha portato via venti chili di pesce con un solo morso. Ma seguono altri due che il vecchio riesce a scacciare usando un coltello legato al remo. Ma arriva la notte e gli attacchi da parte dei pescecani continuano. Il vecchio, ormai non avendo più la forza di uccidere un pescecane a mazzate come da giovane e non vedendo l'insidia, è impotente agli attacchi.
Quella notte il vecchio arriva nella sua capanna stremato, con le mani sanguinanti. Si copre di giornale e subito cade in un sonno profondo, sognando di quando era giovane; del pesce non ne rimane che la lisca con la testa e la coda che tutti di giorno guardano, avendo compassione per il povero vecchio.
La figura del ragazzo (solo alla fine si scopre che si chiama Manolin) sebbene sia in realtà secondaria giacché non compare che all'inizio del racconto e alla fine, è la più umana e i gesti che compie sono i più commoventi. Il ragazzo che ha imparato dal vecchio come pescare all'età di cinque anni e che ha diviso con lui i suoi migliori momenti, è ora obbligato dal padre ad andare a pescare su un'altra barca vista la sfortuna persistente che affligge il vecchio. Tuttavia egli gli è sempre vicino e lo accudisce. Al suo ritorno dall'ottantaquattresimo giorno lo aiuta a portare tutto il materiale fuori dalla barca e gli offre una birra alla Terrazza. Il ragazzo consapevole di essere impotente al comando del padre vuole comunque aiutare il vecchio pure l'indomani: gli dice che cercherà di fare in modo che la sua barca stia vicina alla sua affinché gli possa dare ausilio se pesca qualcosa di grosso. Portato l'equipaggiamento nella capanna del vecchio il ragazzo gli chiede cosa abbia da mangiare. Il vecchio gli risponde di avere riso. Tuttavia il ragazzo, consapevole della miseria in cui si trova il vecchio, e che quindi sta mentendo, gli porta egli stesso da mangiare e sta ad ascoltare attentamente i discorsi del vecchio sul baseball.
L'affetto che c'è tra i due è dunque evidente. Il vecchio quando è in mare da solo non riesce a smettere di pensare di volere il ragazzo accanto a lui per farsi aiutare. E forse è proprio il desiderio di far vedere il pesce al ragazzo che gli dà la forza di continuare. Al suo ritorno il ragazzo è il primo che gli fa visita e che gli porta dei giornali e qualcosa di caldo da bere.
Commento
Il vecchio e il mare è certamente uno dei migliori libri che abbia mai letto. La semplicità di Hemingway nel raccontare le vicende del vecchio è straordinaria come lo è il fatto stesso: un vecchio che viene rimorchiato da un pesce sulla sua barchetta per tre giorni e due notti. Tuttavia penso non si possa realmente capire la fine del libro e quello che ha passato il vecchio se non si è pescatori. Infatti tutti i pescatori alla fine del libro rimangono senza parole alla vista della maestosa lisca, immaginandosi quello che ha passato il vecchio. Solamente un gruppo di turisti chiede cosa mai sia quella lisca, per poi capire male la risposta di un cameriere, e credere che sia di un pescecane.
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