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Pirandello ha debuttato il 9 dicembre 1910 (si pensi che "Il fu Mattia Pascal" è del 1904): è pervenuto al teatro persuaso da un commediografo, Mino Martagno, il quale scriveva in dialetto catanese.
Non si è convertito al teatro, anche perché non gli piaceva e proprio per questo lo ha scelto, perché era una forma letteraria che considerava più scadente. È quindi una scelta antiletteraria per dimostrare che la letteratura e l'arte non dovrebbero esistere. Si continua a fare arte per errore di distrazione.
Con il teatro vuole perciò dimostrare di voler fare parodia dell'arte e su se stesso come scrittore.
Nel 1908, in un saggio per il teatro, "Illustratori, attori e traduttori" afferma che secondo lui la rappresentazione di un'opera teatrale è necessariamente un tradimento dell'opera di uno scrittore. È quindi una forma d'arte da guardare con diffidenza, perché l'attore trasforma in qualcosa di diverso quello che lo scrittore ha scritto, è cioè impossibile che l'attore rappresenti un personaggio scritto.
Secondo lui l'artista "crea un'idealità essenziale": i personaggi hanno un'essenza che l'uomo non ha. Questo rende il personaggio letterario superiore all'uomo perché l'arte crea un'idealità che non c'è nella vita. Nel teatro questa idealità viene meno perché l'umiliazione dell'attore è inevitabile. Il teatro porta cioè ad uno scadimento dell'idea: è il regno del relativo per eccellenza; in più ha anche esigenze precise di audience.
Per questo sceglie il teatro, perché:
Pirandello portò delle innovazioni al teatro, come l'abolizione della quarta parete: finora il teatro prevedeva uno spettatore e una scena cioè una differenza fra palcoscenico e pubblico. Questo per Pirandello non ha senso: lo spettacolo è lo specchio degli spettatori, non ci sono differenze fra il pubblico e gli attori.
Questo presuppone un pubblico che non va ad osservare, ma che è chiamato a riconoscersi sul palco. Lo spettatore corrode sia se stesso come uomo sia l'opera, perché il teatro è unitario. riduce quindi a nulla sia l'uomo nei suoi luoghi comuni che l'arte; cioè il suo spettacolo finisce per creare corrosione sia dell'opera teatrale che dello spettatore.
Nel teatro confluiscono i soliti temi, giocati sul problema della forma e dell'assenza di forma.
La messa in scena sfrutta il meccanismo del "grottesco", cioè quello che in letteratura è il sentimento del contrario. Tutte le commedie hanno alla base una situazione borghese che però l'autore fa esplodere dall'interno. Un'azione corrosiva soprattutto per quanto riguarda il teatro verista, di cui fa ironia, perché aveva la presunzione di essere verosimile. Pirandello lo riprende e ne mostra l'assurdo.
Lo scrittore stesso nel 1920 dà del «grottesco» una definizione chiara e pregnante: «Una farsa che includa nella medesima rappresentazione della tragedia la parodia e la caricatura di essa, ma non come elementi soprammessi, bensì come proiezione d'ombra del suo stesso corpo, goffe ombre d'ogni gesto tragico».
La rappresentazione della tragedia consiste quindi nel drammone verista con la caricatura di esso con il sentimento del contrario.
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