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Il ratto delle Sabine
Romolo, dopo aver fondato Roma, si rivolge alle popolazioni vicine per stringere alleanze e ottenere delle donne con cui procreare e popolare la nuova città. Al rifiuto dei vicini risponde con l'astuzia. Organizza un grande spettacolo per attirare gli abitanti della regione e rapisce le loro donne.
Antefatto: Roma andava ingrandendosi, tanto da apparire secondo Livio 'così potente da poter rivaleggiare militarmente con qualunque popolo dei dintorni'. Erano le donne che scarseggiavano. Questa grandezza era destinata a durare una sola generazione se i Romani non avessero trovato sufficienti mogli con cui procreare nuovi figli per la città.
Romolo decise di allestire dei giochi solenni in onore secondo alcuni di Nettuno equestre, chiamati Consualia, secondo altri di un antico dio di cui aveva trovato l'altare, il dio del Consiglio. Quindi ordinò ai suoi di invitare allo spettacolo i popoli vicini: dai Ceninens, agli Antemnati Crustumini e Sabini, questi ultimi stanziati sul vicino colle Quirinale. L'obiettivo era quello di compiere un gigantesco rapimento delle loro donne proprio nel mezzo dello spettacolo. Arrivò moltissima gente, con figli (tra cui molte vergini) e consorti, anche per il desiderio di vedere la città nuova.
Secondo quanto racconta Plutarco, Romolo programmò il ratto per costituire in qualche modo l'inizio della fusione tra il popolo dei Romani e quello dei Sabini. Egli decise prima di tutto di diffondere la notizia di aver trovato sotto terra l'altare del dio Conso (dispensatore di buoni consigli) o anche di Poseidone Hippios, e di volerne celebrare tale ritrovamento con una gara ed una festa solenne. Romolo prese posto tra la folla ed al segnale convenuto, insieme ai suoi uomini, estrassero le spade e catturarono le figlie dei Sabini, lasciando fuggire i loro padri. Alcuni raccontano che furono rapite solo trenta fanciulle, Valerio Anziate cinquecentoventisette, Giuba II seicentottantatré, mentre Plutarco stima non fossero meno di ottocento. A favore di Romolo depose il fatto che non venne rapita nessuna donna maritata, se si esclude la sola Ersilia, di cui ignoravano la condizione. Il ratto fu spiegato da Plutarco non tanto come un gesto di superbia, ma piuttosto come atto di necessità, al fine di mescolare i due popoli. Il ratto avvenne il 21 agosto nel giorno in cui si celebrarono le feste dei Consualia.
Livio sostiene chiaramente che non vi fu violenza sessuale. Al contrario, Romolo offrì alle fanciulle libera scelta e promise loro pieni diritti civili e di proprietà. Egli stesso trovò moglie tra queste fanciulle, il cui nome era Ersilia, popoli che avevano subito l'affronto chiesero la liberazione della fanciulle, ma il nuovo re di Roma, non solo si rifiutò di rilasciarle, al contrario chiese loro di accettare i legami di parentela con i Romani. Questo significava solo una cosa: la guerra.
Portate a termine le operazioni militari, il nuovo re di Roma dispose che venissero inviati nei nuovi territori conquistati alcuni coloni.
L'ultimo attacco portato a Roma fu quello dei Sabini come ci raccontano Livio e Dionigi di Alcarnasso. Fu in questo momento che le donne sabine, che erano state rapite in precedenza dai Romani, si lanciarono sotto una pioggia di proiettili tra le opposte fazioni per dividere i contendenti e placarne la collera.
Da una parte supplicavano i mariti (i Romani) e dall'altra i padri (i Sabini). Li pregavano di non commettere un crimine orribile, macchiandosi del sangue di un suocero o di un genero e di evitare di macchiarsi di parricidio verso i figli che avrebbero partorito, figli per gli uni e nipoti per altri. [] Se il rapporto di parentela che vi unisce e questi matrimoni non sono di vostro gradimento, rivolgete contro di noi l'ira; noi siamo la causa della guerra, noi siamo responsabili delle ferite e dei morti sia dei mariti sia dei genitori. Meglio morire piuttosto che vivere senza uno di voi due, o vedove o orfane. » - Tito Livio
Con questo gesto entrambi gli schieramenti si fermarono e decisero di collaborare, stipulando un trattato di pace, varando l'unione tra i due popoli, associando i due regni (quello di Romolo e Tito Tazio) e lasciando che la città dove ora era trasferito tutto il potere decisionale continuasse a chiamarsi Roma.
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