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Il modernismo




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IL MODERNISMO



Nel termine generico di Modernismo si compendiano le correnti artistiche che, nell'ultimo decennio del diciannovesimo secolo e nel primo del ventesimo secolo, si propongono di interpretare lo sforzo progressivo economico-tecnologico della civiltà industriale.

I punti comuni alle tendenze moderniste sono:


La tendenza di fare arte adatta al proprio tempo, rinunciando al riferimento di modelli classici, sia nella tematica sia nello stile.

Il desiderio di diminuire la distanza tra le arti "maggiori" come architettura, scultura e pittura, e le "applicazioni" ai campi della produzione economica come l'arredamento e abbigliamento.

La ricerca di una funzionalità decorativa.

L'aspirazione ad uno stile o linguaggio internazionale o europeo.

L'impegno di interpretare la spiritualità da cui si diceva ispirato e riscattato      l'industrialismo.


Nelle correnti moderniste si mescolano perciò, confusamente, motivi materialisti e spiritualisti, tecnico-scientifici e allegorico-poetici. 

Verso il 1910, all'interno del modernismo si formeranno le "avanguardie" artistiche, miranti, non più soltanto a modernizzare o ad aggiornare, ma a rivoluzionare radicalmente le modalità e le finalità dell'arte.

Queste si formeranno, quando, all'entusiasmo per il progresso industriale, succederà la consapevolezza della trasformazione che operava nelle strutture stesse della vita e dell'attività sociale. 


Urbanismo ed architetture moderniste


L'urbanistica (disciplina che studia la città e ne pianifica gli sviluppi) si è formata tra il secolo scorso e il nostro; è la risultante della convergenza di più discipline che sono l'economia, l'architettura e la sociologia.

E' nata dalla necessità di affrontare, con metodo, i problemi determinati dal mutamento del fenomeno urbano a causa della rivoluzione industriale e della conseguente trasformazione dello stile di vita economica e sociale.

L'aumento demografico, che appare come una questione essenzialmente quantitativa, si rivela essere una questione qualitativa di struttura: ciò che ancora oggi impedisce il formarsi di città strutturalmente moderne, è il contrasto tra una tendenza conservatrice, che vede il problema in termini di quantità e propone soluzioni di compromesso, ed una tendenza riformatrice che vede il problema in termini di struttura, e propone soluzioni rigorose; la tendenza riformatrice è quella degli urbanisti, la conservatrice è quella dei governanti, legati agli interessi della speculazione degli immobili urbani.

La storia dell'urbanistica è dunque la storia del conflitto tra una scienza rivolta all'interesse della comunità e la coalizione dei privilegi privati.

All'origine, la ricerca urbanistica aveva carattere umanitario: mirava a sottrarre la nascente classe operaia all'avvilimento della condizione morale e materiale, di sfruttamento, in cui viveva.

Non meno importante era la necessità di rispondere all'esigenza abitativa della gente che, abbandonando le campagne, cercava lavoro nelle industrie cittadine formando un immenso proletariato urbano non contenibile nelle strutture delle vecchie città borghesi nelle quali andavano estinguendosi le vecchie classi sociali e le attività tradizionali come l'artigianato e il commercio.

L'inglese OWEN e il francese FOURIER nella prima metà dell'Ottocento propongono la costruzione d'unità edilizie per l'abitazione operaia, sorgono così i primi villaggi operai, per lo più casette unifamiliari " a schiera ".

Le proposte urbanistiche di OWEN e FOURIER, chiaramente collegate con la nascente ideologia socialista, rimangono in gran parte utopie, mentre rapidamente si realizza il piano di riforma del centro di Parigi, ideato dal barone HAUSSMANN, come tipico intervento del potere sulla funzionalità urbana: arricchiscono la città d'ampia prospettiva, ma rispondono ad un interesse di classe.

Al modello parigino s'ispirano, senza uguagliarne l'efficacia, i principali interventi urbani compiuti dopo il 1870 in alcune città italiane: il taglio della Via Nazionale a Roma, del cosiddetto " Rettifilo " a Napoli.

La vandalica, inefficace tecnica dello sventramento e risanamento applicati durante il fascismo, ha danneggiato i centri storici di molte città italiane (specialmente Roma), facendo crescere enormi ed informi periferie.

Il contrasto è chiaro: da parte del potere si vuole che la città, con i suoi monumenti moderni, sia l'immagine dell'autorità dello Stato, mentre da parte degli urbanisti si vorrebbe fare della città nuova l'ambiente vitale di una società integrale ed organica in cui la classe operaia non sia più considerata come uno strumento meccanico della produzione, ma parte della comunità.

All'inizio del "900, T. GARNIER progetta una citè industrielle la cui struttura è determinata dalle esigenze distributive e di movimento di una comunità interamente impegnata nella funzione industriale.


Parte dal principio che la funzione è la sola determinante della struttura urbana

Dimostra che, in epoca industriale, la società deve riorganizzarsi in rapporto alla funzione

Postula il principio dell'incompatibilità tra la struttura comunitaria della città tradizionale e quella della città in epoca industriale.


Dopo la prima guerra mondiale, gli architetti come Gropius e Oud hanno posto la questione della progettazione dello spazio urbano, come preliminare e preminente rispetto a quella dell'architettura.

Se l'edificio è soltanto un'unità in una serie e la costruzione in serie esige il più largo impiego possibile di elementi prefabbricati industrialmente, il processo che industrializza la produzione edilizia è lo stesso che trasforma l'architettura in urbanistica.

Se ne deduce che l'urbanistica non è una scienza distinta dall'architettura ma è semplicemente l'architettura quale si configura, come disciplina, nella civiltà moderna in quanto civiltà industriale.

In Olanda viene affrontato per la prima volta, politicamente, il problema della casa nella società industriale con la legge Woninguet, approvata dal Parlamento nel 1901. In nessun altro paese borghese è stato operato con tanta chiarezza il controllo dell'uso dei suoli urbani; l'Olanda, grazie agli ordinamenti democratici e all'opera di Belarge e dei suoi successori è ancora oggi il paese di più avanzata e democratica urbanistica.

Il Modernismo vuole una città viva, in stretto rapporto con una società attiva e moderna; l'architettura deve adeguarsi alle nuove forme, in cui si riflette la società del presente, alle nuove tecniche che esprimono il suo dinamismo interno.

Nasce però una polemica tra ingegneri e architetti, che pone in netto contrasto l'architettura moderna, intesa come architettura della società e architettura accademica intesa come architettura delle istituzioni.

L'ideologia modernista si oppone anche allo squallore delle città deturpate dall'industrialismo: blocchi di fabbriche con i muri anneriti, ciminiere emananti fumi neri, i miserabili, che brulicano nei quartieri operai.

Contro il degrado della città Ruskin e Morris avevano introdotto l'idea del cottage nella foresta, ma certamente ciò non avrebbe risolto il problema, l'avrebbe solo deluso.

Come Toulousse-Lautrec e i pittori Nabis, gli architetti modernisti vedono la città come luogo di vita, quindi è compito dell'arte renderla gradevole, elegante e moderna.

Lo stile floreale dell'Art Nuveau vorrebbe invaderla d'ornamenti come un rampicante, renderla una seconda natura.

Con l'idea della città paesaggio, l'architettura si rivolge non più all'edificio ma all'ambiente urbano.

Il nuovo gusto architettonico ama le linee, gli spazi ondulati, le verande, i balconi sporgenti; la casa deve essere luminosa e ventilata, deve essere inserita con naturalezza nello spazio urbano.

La questione urbanistica è ancora posta come arredamento umano, ma è necessario riconoscere l'aspetto psicologico del problema urbanistico ed è necessario rendere eccitante il paesaggio deprimente della città industriale.

Un esempio tipico di mentalità modernista è la ferrovia sotterranea di Parigi (métro), che avrebbe potuto costituire un incubo per i cittadini, costretti a scendere nel sottosuolo e viaggiare in gallerie buie; H Guimard (1867-1942) usa un espediente psicologico e decora le stazioni del métro in stile floreale. I cancelli d'ingresso sono steli e corolle di ferro incurvato, ma non ripetono la forma di un determinato fiore, ciò a dimostrazione di un doppio significato, come natura e come tecnica di quell'indovinato simbolo urbano.

A. GAUDI' (1852-1926) modella la forma architettonica come uno scultore plasma la creta, e la riveste di mosaici e smalti colorati.

L'architettura dell'Arte Nuveau discende dall'ideologia di Morris; si stabilisce una continuità stilistica tra spazi interni ed esterni. Dalla scala minima dell'arredamento domestico si passa, senza mutamenti di stile, alla scala massima dell'arredamento urbano.

Un esempio può essere la biblioteca della Scuola d'Arte di Glasgow, di Ch. R. MACKINTOSH (1868-1928) il cui lo spazio architettonico è determinato dall'interno, dagli oggetti e dai mobili, e si espande poi nelle complesse strutture plastiche delle scaffalature, che ricordano le tecniche costruttive del mobilio più che quelle dell'architettura.

H. VAN DE VELDE (1863-1957), tra i massimi esponenti dell'Art Nuveau, ammette un solo metodo di progettazione ugualmente valido per la caffettiera, la stanza da letto e per il grande edificio d'interesse pubblico.

V. HORTA (1861-1947) uno dei primi a sentire le possibilità estetico-economiche del ferro, modula la facciata della Maison du Peuple a Bruxelles in rapporto alla spazialità della piazza antistante, facendone un diaframma traforato, sensibile all'atmosfera e alla luce.

H. P. BERLAGE (1856-1934), nel costruire la Borsa d'Amsterdam, ha compreso che nella città moderna la Borsa è l'edificio pubblico per antonomasia (come il Palazzo del Comune nella città medioevale).

Berlage da all'edificio uno sviluppo volumetrico che lo impone come un monumento, ma studia con estrema cura il disegno dei particolari, la decorazione incassata nel piano, integrato nella superficie.

Vi sono due componenti che danno al passante la sensazione di essere in quel paesaggio e di coglierne i particolari: una vasta orchestrazione di masse che fanno dell'edificio un elemento dominante e una delicata decorazione.

Berlage è stato il primo a concepire gli edifici come componente del contesto urbano non uniforme ma articolato. 

Per gli architetti modernisti, le due dimensioni dell'urbanistica sono la comunità e l'individuo che non devono essere in contrasto ma in armonia.

Questo è anche il pensiero di OTTO WAGNER (1841 - 1918), benché per lui il riferimento storico sia il neo - classicismo tra aulico e burocratico del tempo di Maria Teresa.

Il motivo dominante nell'architettura di Wagner, è il gusto severo e raffinato insieme di un'aristocrazia che adempie con scrupolo a compiti del governo. Pochi architetti ebbero influenza pari a quella di Wagner.

La sua influenza e la sua idea di fare moderno e di rispondere a tutte le richieste della società del tempo, senza rinunziare a quelli che considerava i grandi temi dell'architettura, è andata al di la' dell'Austria e di Vienna, al punto da potersi considerare l'agente principale di un'internazionale architettonica.

Nelle dimore della élite di A. Perret, con la sua tecnica del calcestruzzo che ricavava la decorazione dalla plastica muraria, modellando in negativo le casseforme, si ritrova l'atmosfera della Parigi elegante del principio del secolo.

Più che di vera riforma urbanistica, gli architetti modernisti s'interessarono alla psicologia della città; e questo suggeriva nel 1889 Camillo Sitte, il primo teorico dell'urbanistica, condannando le soluzioni schematiche, che si leggono solo sulla carta, mentre nella città è artisticamente importante ciò che può essere visto; era, applicata alla città, la nuova teoria dei valori visivi.

La sola città spagnola in cui vi fosse un principio di sviluppo industriale era Barcellona. Gaudì avverte il contrasto di quell'impulso modernista con la tradizione spagnola e, cattolico convinto, non si propone di descrivere la psicologia, ma di interpretare la vocazione urbana.

Il tempio della Sagrada Familia vuole esprimere la devozione, che sale dalla città a Dio.

Ha una base neo-gotica, portali Art Nouveau, pinnacoli in stile cubista; e con le sue guglie, le sue gallerie, i suoi cunicoli praticabili sembra voler ospitare un'intera comunità in movimento.

Come le cattedrali gotiche deve rivelare, nel mutare delle forme, il succedersi delle generazioni e degli stili: visto nell'insieme l'edificio appare come qualcosa che si disfa o che si forma, ha un ciclo temporale.

Si direbbe concepito per non essere finito mai, affinché ogni generazione possa portarlo avanti. Nello spazio si fissa invece con le masse torreggianti, gli inserti plastici e coloristici.

Nessun risalto viene dato alle soluzioni tecniche.

Gaudì è avverso al razionalismo della civiltà industriale: per contrasto, l'arte è irrazionalità pura, la sua tecnica è tecnica dell'irrazionale.

La sua architettura non vuole essere religiosa, bensì sacra: non rivela Dio, ma gli offre il tormento esistenziale dell'uomo.

Una delle componenti del Modernismo è l'architettura industriale, che si sviluppò in Germania; al fattore tecnologico se ne connette uno ideologico: il lavoro industriale sarà il mezzo con cui il popolo germanico adempirà alla funzione egemonica e universale cui si crede predestinato.

Così si compensano i lavoratori sfruttati dai padroni; la fabbrica è il luogo dove adempiono la loro missione storica.

Per H. POELZIG (1869-1936) la fabbrica è una massa imponente, geometrizzata nei profili acuti, ed in cui i volumi sono distribuiti in modo da dare l'impressione del lento avviarsi di una macchina gigantesca.

PETER BEHRENS (1868-1940) nelle officine della Frankfurte Gasgesellschaft evoca nei torrioni cilindrici i tipi della fortificazione medioevale; eppure, poco più tardi, creerà proprio lui nella fabbrica della A.E.G. di Berlino il prototipo dell'architettura industriale lucidamente funzionale.

Negli Stati Uniti il problema urbanistico non è pregiudicato dalla storia antica e dal carattere monumentale delle città, che fino alla Dichiarazione d'Indipendenza (1791) non sono che insediamenti di coloni.

In quasi tutte le capitali della federazione si avverte al principio dell'800, la necessità di studiare piani di sviluppo: un esempio proviene da New York (1811) che prevede, su tutta la penisola di Manhattan, una rete d'arterie longitudinali (avenues) e trasversali (streets) molto estesa.

Ma tutto ciò verrà ben presto superato; infatti, tutta l'area si qualificherà come un enorme centro degli affari, mentre i quartieri d'abitazione, si sposteranno alla periferia. Nella città degli affari le costruzioni raggiungono altezze vertiginose per ridurre le distanze, concentrare i servizi, anche per ostentare la potenza tecnica e finanziaria delle imprese.

Già alla fine dell'800 il grattacielo è l'elemento caratterizzante del paesaggio urbano americano. La società americana è una società di servizi: le città americane diventano le più attrezzate come scuole, ospedali, fabbriche, musei, ecc.

Anche l'agricoltura viene presto industrializzata e anche il territorio viene attrezzato con ponti, ferrovie, ecc.

L'architettura americana dipende da quella europea fin dopo la metà del XIX secolo, in Europa, infatti, si formano gli architetti americani. L'occasione che determina l'impegno degli architetti americani è la necessità della ricostruzione di Chicago dopo l'incendio del 1871.

L'importanza del tema e l'urgenza di risolverlo impongono soluzioni tecniche nuove ed audaci, come la struttura metallica del primo grattacielo.

H. H. RICHARDSON (1838-1886) è il primo a rendersi conto che, nel tessuto della città americana, il fattore dimensionale ha un'importanza decisiva.

Il grande blocco dei magazzini Marshall, Field, & Co. Ricorda solo vagamente l'articolazione romanica delle masse a cui è indubbiamente ispirato: i grandi arconi che formano la fascia mediana dell'edificio fanno sentire in superficie la profondità degli spazi interni e mettono in risalto la rude qualità della muratura e la sua forza di presa luminosa.

L. SULLIVAN (1856-1924) è una figura complessa, legato alla ricerca di "stile", tuttavia persuaso della necessità di una tecnica moderna, innovatrice.

Nell'Auditorium di Chicago analizza e approfondisce il tema delle grandi arcate di Richardson; poi affronta il tema del grattacielo, come protagonista della città degli affari.

Fino a quel momento il grattacielo era una sovrapposizione di piani, un normale edificio moltiplicato in altezza.

Sullivan sposta la funzione portante dalle pareti alle strutture interne; le facce del blocco diventano semplici diaframmi trasparenti.

L'edificio diventa un organismo unitario una figura urbana, e non rompe la continuità dello spazio in cui si inserisce.

Sullivan afferma che nei centri cittadini, dove tutto è movimento di gente impegnata a far funzionare la macchina degli affari, gli spazi interni sono spazi della città; l'edificio non interrompe il movimento della città.

L'architettura di Sullivan è il prodotto di una progettazione urbanistica. Gli affari non sono tutto, dopo il lavoro, la gente si ritira nei cottages alla periferia della città, ritrova un salutare contatto con la natura.

F. L. WRIGHT (1869-1959) non va a studiare in Europa; non si può imparare in astratto l'architettura, si forma accanto a Sullivan; ma sente subito il bisogno di ridefinire il rapporto essenziale dell'uomo col mondo.

Il primo campo di ricerca è il cottage, che non è il rifugio dopo il lavoro in città, ma è una realtà urbana e naturale insieme.

Già nelle prime case private di Wright, verso il 1895, la forma non si mimetizza nel paesaggio: ha forti strutture orizzontali e verticali, una decorazione abbondante e ostentata, ma non sovrapposta, bensì intagliata nei volumi.

Come all'esterno è accentuato il manufatto, così all'interno ci sono pareti e pilastri di mattoni, di grosse pietre a vista.

L'edificio, con il suo rapporto di verticali e orizzontali, di piani e volumi, individua le linee strutturali del luogo: è "quel determinato luogo", ma ristrutturato dall'uomo per farne un luogo della vita.

Più tardi Wrigt scriverà pagine di fuoco contro la "megalopoli" industriale; progetterà una città ideale (Boadacre city) in cui a ciascun abitante è assicurato il contatto diretto, personale, fisico con la realtà naturale.

Detesta la città come concentrazione del potere; condanna il grattacielo com'espressione del potere economico americano.

L'ideale che Wrigt si prefigge è un'architettura così forte nella propria realtà formale, da urbanizzare anche i boschi, le cascate, i deserti.





Art Noveau


E' l'espressione tipica dello spirito modernista, è il gusto o lo "stile" che ha preso il nome di Art Nouveau.

Dal punto di vista sociologico l'Art Nouveau è un fenomeno nuovo, che dovrebbe soddisfare quello che si crede essere il "bisogno d'arte" della intera comunità.

Interessa tutti i paesi europei e americani in cui è stato raggiunto un certo grado di sviluppo industriale; tra essi esiste un regime culturale e di costume uniforme.

E' un fenomeno tipicamente urbano, che nasce nelle capitali e si diffonde in provincia.

Interessa tutte le categorie del costume: l'urbanistica, l'edilizia, l'arredamento urbano e domestico, l'arte figurativa e decorativa, la suppellettile, l'abbigliamento, l'ornamento personale, lo spettacolo.

Per il modo con cui si diffonde è una vera e propria moda, è il gusto della borghesia moderna, spregiudicata, entusiasta del progresso industriale, che considera un suo privilegio intellettuale.

Occorre che l'arte penetri dappertutto, che porti nel più umile oggetto il suo marchio e il suo fascino, orni con tutte le forme materiali dell'esistenza; occorre che dalle cornici di un quadro a un braccialetto, dalla sedia al tappeto ogni cosa porti un'impronta e un sorriso d'arte.

Ogni strato sociale ne è coinvolto: l'alta borghesia detiene gli archetipi, lavorati da artisti e artigiani di classe in materiali nobili; la media e piccola borghesia consumano prodotti dello stesso tipo, ma di produzione industriale e di qualità inferiore.

Si qualifica come stile moderno, di moda ed è la "moda" quel fattore psicologico che provoca l'interesse per un nuovo tipo di prodotto e la decadenza del vecchio.

L'Art Nouveau trae le sue origini dal socialismo utopistico sì John Ruskin e si ispira all'ideologia delle "Arts and crafts" di William Morris, il quale, inizialmente, aveva posto l'accento sulla libera creazione dell'artigiano come unica, valida alternativa alla meccanizzazione, in seguito aveva cercato proprio nell'industria un alleato, cosciente dell'impraticabilità di ogni via che da essa volesse prescindere.

L'Art Nouveau  ha le seguenti caratteristiche costanti:


la tematica naturalistica;

l'impiego di motivi iconici e stilistici, derivanti dall'arte giapponese;

la morfologia: arabeschi lineari e cromatici; preferenza per i ritmi impostati sulla curva e, nel colore, per le tinte fredde, trasparenti per le zone piatte oppure venate, sfumate;

l'insofferenza della proporzione e dell'equilibrio simmetrico e la ricerca di ritmi "musicali", con marcati sviluppi in altezza e larghezza;

l'evidente, costante proposito di comunicare un senso di agilità,

elasticità, leggerezza.


I temi ricorrenti della libertà espressiva della creatività, della primavera e della fioritura si spiegano con la rapida ascesa della tecnologia industriale.

Infatti, le macchine sono ormai abbastanza perfezionate da poter eseguire con notevole approssimazione progetti fatti da artisti.

Accade anche che l'artista o l'artigiano intervengano sul prodotto semilavorato, occupandosi delle fasi terminali dell'esecuzione.

L'Art Nouveau è uno stile ornamentale: già Ruskin aveva sostenuto che la "poesia" dell'architettura è tutta nell'ornamento, poiché solo al di la' dell'utile può dare un valore spirituale.

Nello sviluppo storico dell'Art Nuveau, l'elemento ornamentale va sempre più perdendo il carattere di una giunta sovrapposta alla conformazione funzionale dell'oggetto, tendendo a conformare l'oggetto stesso, come ornamento.

La funzionalità si identifica con l'ornamento, perché la società tende a riconoscersi nei propri strumenti.

L'ambiente visivo che l'Art Nouveau intesse intorno alla società, non solo ne favorisce l'attività, ma la conforta nello sforzo di fornire di sé un'immagine idealizzata: la nascente civiltà delle macchine non la destina ad un oscuro e pesante meccanicismo, anzi, liberandolo dal bisogno e dalla fatica, le permetterà di spaziare nei cieli della poesia; ma nell'immagine del mondo, disegnata dall'Art Nouveau non c'è nulla che riveli la consapevolezza della problematica sociale inerente allo sviluppo sociale.

Sembra anzi che della nuova classe lavoratrice si voglia nascondere la drammatica condizione di servitù al capitale di disperante "alienazione". L'Art Nouveau è ornamentazione urbana che si arresta là dove si trovano le fabbriche e ghetti dell'abitazione operaia.

L'Art Nouveau non ha mai avuto il carattere di un'arte popolare, ma piuttosto di un'arte di élite, quasi di corte.





La pittura del Modernismo


Nell'epoca del modernismo la figura psicologica, sociale e professionale dell'artista è molto discussa.

I grandi ricercatori come Cèzanne, innovatori come Van Gogh, seguitano ad essere ignorati, ma la colpa non è più degli " accademici"; la società moderna che si vanta di essere avanzata, vuole artisti avanzati, ma non ama l'arte che fa problema.

I governi, banche e municipi diventano mecenati, ordinano grandi decorazioni di " stile moderno" per i propri edifici.

Poiché, la ricca borghesia industriale non ha un reale interesse per l'arte, di cui si occupa solo per motivi di prestigio sociale, si serve dell'intermediario del mercato.

Sanno che artisti ignorati o derisi dalla critica ufficiale e dal pubblico, saranno celebrati più tardi, e le loro opere che possono acquistare a basso prezzo raggiungeranno alte valutazioni: in America si stanno già formando le prime grandi collezioni, e gli acquirenti americani sono più aperti e coraggiosi degli europei.

Sorgono nelle capitali i primi musei d'arte moderna: nasce nel 1895, la Biennale di Venezia, per favorire il confronto e la gara tra le nazioni.

In Francia vi sono artisti di prima grandezza, quasi tutti gli impressionisti sono ancora vivi ed operosi; ma i due personaggi dell'epoca sono Rodin e Boldni: Rodin, lo scultore dai pensieri profondi, il Michelangiolo della belle époque; Boldini, il ritrattista mondano e brillante.

In Italia c'è Previati, combattente di tutte le battaglie progressiste; la sua controparte è Segantini, con le sue arie da asceta solitario.

Al principio del '900, l'Italia è già, per la cultura artistica, un paese europeo: il centro è appunto Previati a cui si richiamano i futuristi, con Boccioni, Russolo, Carrà. La Germania ha un'anima romantica, (Bocklin) ed un'anima goliardica e gioconda (Von Stuck).

La Spagna si affaccia alla cultura europea con movimento modernista, catalano, che produrrà con in testa Picasso, parecchi dei maggiori artisti del nostro secolo.

Gli artisti di chiara fama si dichiarano avversi alla borghesia capitalista, non già per ragioni ideologiche, ma perché la loro anima bella è turbata dal materialismo dehli affari; se nonché, è proprio la borghesia che li vuole antiborghesi, perché trova comodo delegare agli artisti le cose dello spirito, di cui non ha il tempo di occuparsi.


Lo svizzero F. HODLER (1853 - 1918) è uno degli artisti più acclamati del tempo. I personaggi della sua pittura decorativa sono montanari e boscaioli, tutta progenie di Guglielmo Tell: il solito omaggio all'eroe popolano, che combatte per l'onore e la libertà della patria; oppure sono adolescenti, vergini, angeli.



Quanto allo stile si atteggia a potente disegnatore, come l'italiano A. DE CAROLIS. L'Olanda ha J. TOOROP (1858 - 1928), mistico di professione, legato a quella specie di massoneria aristocratica, che fu il gruppo ben organizzato di Rosa-Croce e poi attratto nella più vitale orbita del "Modernismo".

Nei paesi dell'Europa centrale gli artisti modernisti formarono gruppi, che presero il nome di Secessione: nel 1892 si fonda la Secessione di Monaco, che fa capo a Franz Von Stuck, nel 1893 la secessione di Berlino, guidata da Max Liebermann, nel 1897 la secessione di Vienna con a capo Gustav Klimt.


G. KLIMT (1862 - 1918) è un artista molto colto e sensibile, ma anch'esso legato ad una formula decorativa, piena d'implicazioni simbolistiche.

Si direbbe consapevole della lenta decadenza della società. KLIMT sente profondamente il fascino di questo tramonto storico; associa l'idea dell'arte, e del bello, a quella della decadenza, del dissolvimento del tutto.

Il suo pensiero va all'arte bizantina, in cui si riflette un analogo processo storico: il declino di un Impero teocratico, la sopravvivenza della forma estetica alla morte storica.

Vivendo con estrema sensibilità questa situazione tipicamente austriaca Klimt tocca il punto nevralgico di una situazione ben più vasta, europea: l'arte è il prodotto di una civiltà ormai estinta, nella nuova civiltà industriale non può sopravvivere che come ombra o ricordo di se stessa.

In Inghilterra è il caso di Whistreler che nella sua fase più tarda sconfessa il realismo del primo tempo, ritrova il lirismo coloristico e cerca nell'arte giapponese l'evasione in un'altra civiltà.

La tensione tra gli artisti e la società borghese benpensante ha accenti più aspri nell'Europa del nord, e specialmente dopo i primi contatti con l'Impressionismo francese, la cui spregiudicata schiettezza viene contrapposta all'ipocrisia.


L'esperienza impressionista del belga J. ENSOR(1860-1949) e del norvegese E. MUNCH (1863-1944) è una delle grandi sorgenti dell'Espressionismo tedesco.

La vicenda d'Ensor è significativa.


Gli anni che contano, nella sua lunga carriera, sono i primi, quando è avversato e deriso dagli stessi esponenti del Modernismo belga; e sono gli anni in cui più aspramente aggredisce la società del suo tempo.

Poi viene adottato dalla stessa società che attacca, e che ore lo invita a seguitare, a riprendersi. I

l fatto è che lo stesso Ensor è e rimane un borghese di provincia; il suo spirito caustico, il suo umorismo nero sono anch'essi nella tradizione fiamminga; il suo stile incisivo deforma ma non trasforma la pittura tradizionale, la sua pittura, che vuole esser la critica, è piuttosto l'autocritica della borghesia; Ensor non è che l'altra faccia, scura ed accigliata, della pittura fiduciosa ed inneggiante del Modernismo.

Tuttavia è stato il primo a scandagliare con la pittura la profondità dell'inconscio.

Per farlo ha dovuto rovesciare l'identità d'arte e coscienza posta dagli impressionisti: più precisamente l'ottimismo, la limpidezza d'occhio e di mente, larve orrende invece di belle fanciulle, scheletri invece di nudità rosa, vecchi stracci invece di fiori; e se per Renoir gli accordi per dissonanze erano un'estensione dell'armonia cromatica, per Ensor rimangono dissonanze stridenti, così come il segno deve liberarsi dal colore, assumere una propria vitalità.

Arriva talvolta, come in La caduta degli angeli ribelli (1888) fino alla distruzione della figura.

Ma non è l'annuncio della non-figurativa: è soltanto il preludio di quel gusto amaro dell'indistinto o del dissolto che trionferà nella pittura di Kokoschka.

Più decisiva, per la nascita dell'Espressionismo, l'incidenza di E. Munch, il suo tipo è quello del veggente ispirato, che della società prevede il destino tragico, l'ineluttabile caduta.

Da quando arriva per la prima volta dalla Norvegia a Parigi sperimenta tutto, in una smania di lettura che lo fa passare da Gauguin a Serat, da Van Gogh a Toulousse.

Porta con se il sentimento tragico della vita.

Come Ensor anche Munch non crede al superamento, ma al ribaltamento dell'Impressionismo dalla realtà esterna all'interna.

La sua tendenza spiritualistica lo porta verso il Simbolismo, ma anche il simbolismo va rovesciato: non deve essere un processo di trascendenza, dal basso all'alto, ma un processo dall'alto al basso.

Il simbolo è dentro la realtà; attacca le radici stesse dell'essere.

La rappresentazione stessa deve in certo senso autodistruggersi.

Il colore deve bruciarsi nella sua stessa violenza: non deve significare ma esprimere.




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