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Il Malleus Maleficarum, i suoi fautori e i suoi epigoni




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Il Malleus Maleficarum, i suoi fautori e i suoi epigoni


Quando nel 1486 i due inquisitori Heinrich Kramer e Jacob Sprenger pubblicarono la loro opera, l'ambiente era assai cambiato da quando furono nominati inquisitori, appena una quindicina d'anni prima. Se infatti l'autorità ecclesiastica aveva più volte ostacolato la loro caccia, una Bolla Papale del 1484 di Innocenzo VIII (la Summis Desiderantes) dava il via libera alla pubblicazione del Trattato. La bolla fu una svolta epocale di tutto il concetto della stregoneria, e tuttora utilizzata come autentico spartiacque nello scrivere la sua dolorosa storia. Se infatti precedentemente l'eresia era nel credere alle attività sovrannaturali compiute da uomini diabolici, dopo la Summis diventerà eresia non crederci, e come si può capire questo fu la scintilla per l'inizio della caccia. Quantitativamente, a dire il vero, il 1484 non corrispose a un aumento drastico delle condanne, ma spostò di molto il baricentro verso quelli che credevano alla stregoneria, rispetto agli scettici, soprattutto nella popolazione comune. Il Malleus dunque, arriva con una perfetta tempistica nel sostituire il precedente Canon Episcopi, con le nuove direttive e linee di condotta che dettava la nuova Bolla papale. Bolla papale che venne pubblicata come prefazione all'opera, per garantire la liceità e l'ufficialità dei contenuti.

Il Malleus è un trattato, di circa 500 pagine, in forma di una disputa scolastica, come ai tempi si usava fare, e fu un tentativo (assai riuscito, visto che in poco più di trent'anni si giunse a ben quattordici edizioni) di far conoscere a un pubblico più vasto quelli che furono i verdetti dei processi, e le credenze fino a quel momento diffuse nell'organo inquisitoriale.

Se infatti fino ad allora la letteratura sulla stregoneria era stata solo il riflesso dei processi, i quali battevano la strada sul tema della caccia alle streghe, con il Malleus questa tendenza si inverte, e il manuale diviene un'arma per i processi, nel senso che con la sua diffusione (nell'epoca precedente impossibile, per l'ovvia mancanza di tipografi) il trattato andò a finire in ogni libreria personale di qualsiasi inquisitore, porporato, o anche nelle più comuni parrocchie, e divenne tema di punta delle omelie e dissertazioni di tutta Europa. Il Malleus divenne, bisogna dirlo, molto importante nel corso del XVI secolo per la sua fama e diffusione, ma non fu certo l'ultimo trattato sulla stregoneria. Nel 1524 usciva infatti il Tractatus de haereticis et sortilegiis, opera anch'essa di ampia diffusione soprattutto per la sua completezza sul tema del sabba, concetto in cui Grillandus, l'autore (un magistrato pontificio), era esperto per la sua esperienza processuale. La letteratura sulla stregoneria cessa di proliferare per tutto il 500, per poi riemergere con forza a cavallo dei due secoli. Escono infatti in pochi anni il Demonolotraiae di N.Remy (un giudice francese, la cui operà rimpiazzerà il Malleus), il Disquisitionum magicarum libri sex di Del Rio, e il Discours des sorciers di H.Boguet.

Non fu l'ultimo, e ovviamente non fu neanche il primo: per quello che concerne le attività malefiche che le streghe avrebbero compiuto infatti, il trattato dei due inquisitori non ha nulla di innovativo, manca un solido apparato,già a quei tempi sviluppatosi, che amalgamasse il concetto cosiddetto cumulativo della stregoneria, poiché non vi era nessun riferimento al sabba, o al bacio del diavolo; questo concetto si era ormai già ampiamente consolidato in altre opere antecedenti, come il Directorium Inquisitorum di Nicolas Eymerich ( ) e il Formicarius di Johannes Nider ( ). Attenzione, però: sebbene ci siano solo accenni alle riunioni sabbatiche, nel Malleus si mette in chiaro che le strigae possano recarsi materialmente, in volo, al sabba e non con l'immaginazione. Quindi una completa smentita e inversione di rotta con quella che era stata la posizione della Chiesa.

Il discorso è molto complesso, perché il confine tra ortodossia e eresia in questo campo fu labile, e in continua definizione. La linea della Chiesa era inizialmente scettica nei confronti della stregoneria, soprattutto per estirpare con più efficacia i retaggi pagani nelle credenze del popolo. La figura delle strigae infatti, si ricollega a una serie di tradizioni popolari che rimandano a divinità di epoca romano-barbarica, minimizzate quindi dalla Santa Sede ma ancora molto presenti nell'immaginario collettivo, in particolare negli strati della popolazione rurale meno istruiti.

Nel particolare, la convinzione che le strigae potessero volare era molto diffusa, tanto che parecchi storici hanno trovato riferimenti tra le dicerie sulle streghe e le leggende su Holda, la raffigurazione germanica di Diana, che si recava sulla terra in volo con una scorta alata di donne morte prematuramente. Holda era una dea benefica, ma si può ben capire come la traslazione sia potuta avvenire nella tradizione orale, in quasi un millennio di storia. La Scolastica però non ha mai ammesso che il Diavolo potesse trasportare materialmente le persone, né che potesse trasformarne realmente le sembianze (altra convinzione sulle streghe era che potessero recarsi al sabba sotto forma di gatti, o altri animali), ma che quelle fossero appunto suggestioni demoniache, e questa è la tesi che viene sostenuta anche nel Canon Episcopi. Per quello che riguarda la metamorfosi, peraltro, il Malleus sostiene che sia un'illusione, e non avvenga realmente, quindi ancora una volta possiamo vedere come questo trattato rappresenti la transizione tra le due concezioni che l'ortodossia romana ebbe prima e dopo la Summis desiderantes.

In realtà, l'opera dei due inquisitori deve la sua triste notorietà che lo accompagna fino ai nostri giorni per la poca considerazione e il disprezzo che traspare da ogni pagina per il genere femminile. La misoginia ossessiva che lo permea è il leit motiv di tutta l'opera, tanto che studi psichiatrici sull'opera non hanno esitato a definire l'inquisitore un vecchio pazzo, affetto da gravi turbe psichiche. I due inquisitori non risparmiano nessun dettaglio, sconcio o ributtante che sia, al lettore, e anzi si soffermano proprio su questi con patologico accanimento. La loro misoginia trionfa quando fanno derivare addirittura la parola foemina da una fantasiosa etimologia (fe+minus, priva di fede, con meno fede). La scarsa considerazione per le donne era certamente diffusa in gran parte dei regolari di tutta Europa, ma c'era anche una ragione più specifica, e, per certi aspetti, più inquietante. I due inquisitori tornano più volte sulla figura della levatrice, come possibile strega, per il suo rapporto con i bambini e per il fatto che sia inevitabilmente una donna. Le levatrici, soprattutto nei piccoli centri urbani, avevano spesso anche un ruolo di curatrici ed erboriste e spesso con i loro rimedi naturali erano una voce che toglieva credibilità a quella indiscutibile del parroco. Spesso anzi erano molte le donne che preferivano chiedere consiglio a queste donne anziane per un'infinita gamma di problemi. Saranno proprio queste donne i bersagli principali contro cui si scaglieranno tutte le grandi cacce nei secoli a venire, che si chiuderanno a XVIII secolo inoltrato, in piena età dei Lumi. La misoginia che contraddistinse la caccia alle streghe va detto, non era solo un retaggio del mondo clericale, in cui era molto sviluppata e riceveva ampi consensi, ma anche giuristi e giudici laici, come Bodin e Boguet, erano convinti assertori della predisposizione della donna a essere tentata dal demonio per la sua "bestiale cupidigia".

Ultimo punto, su cui ci soffermeremo in questa breve analisi, è la preziosa testimonianza che il Malleus ci dà per scoprire con che dinamiche e credenze veniva affrontato un processo per stregoneria. Gran parte dell'opera è, come abbiamo detto, ricavata infatti dai processi, e oltre ai verbali delle esperienze dei due inquisitori sono presenti anche una serie di consigli e raccomandazioni al lettore su come tenere un processo a una strega. Nelle inchieste e negli interrogatori, la regola che veniva applicata alle prove era semplicissima: qualunque fatto su cui giurassero due o tre testimoni veniva accettato come vero e anche come definitivamente provato. Si faceva largo uso di domande trabocchetto, escogitate allo scopo di raggirare sia il sospettato che il testimone. Per esempio, la domanda poteva essere "se credeva o no che esistesse la stregoneria, e che si potessero scatenare tempeste o affatturare uomini e animali. È da notare che, inizialmente, la maggior parte delle streghe affermava di no. Se la persona imputata negava di crederci, la domanda successiva arrivava con la violenza di una trappola che scatta: «Allora, le streghe bruciate sono state condannate ingiustamente? E il malcapitato, o la malcapitata, era costretto a dare una risposta». E neanche importava quale fosse, perché la colpevolezza era certa, dal momento che non credere nella stregoneria era già di per sé un'eresia.
Quando una strega veniva arrestata, si prendevano complicate precauzioni per neutralizzare i suoi poteri: per negarle il contatto con la terra, e attraverso di essa con le regioni infernali, veniva trasportata tenendola sollevata su un'asse di legno oppure in un cesto; quando si trovava davanti al giudice doveva rimanere voltata di spalle: in tal modo le era impossibile qualunque tentativo di ammaliarlo con lo sguardo; e sia i giudici che il personale coinvolti nel processo, 'non dovevano lasciarsi toccare da lei e, particolarmente, dovevano fare in modo di non venire in contatto con le sue braccia o le sue mani nude'. Ai giudici veniva anche consigliato di portare al collo, appesi a un laccio o a una catenella, erbe benedette e sale consacrato durante la domenica delle Palme, sigillati in una speciale cera, anch'essa benedetta. Nonostante le ripetute rassicurazioni di immunità, era sempre meglio non correre rischi.
Il processo veniva portato avanti con una conoscenza piuttosto sofisticata della psicologia. Le tecniche impiegate riflettevano la notevole esperienza acquisita nell'ottenere e nell'estorcere informazioni. Gli inquisitori sapevano che la mente dell'indagato spesso era il suo peggior nemico, che la paura nasce nella solitudine e nell'isolamento, e che spesso può produrre risultati soddisfacenti quanto la violenza fisica. Così, la paura della tortura, per citare l'esempio più ovvio, veniva provocata e alimentata fino a che non si trasformava in uno stato talmente parossistico di panico da vanificare la necessità della tortura stessa. Se l'accusato non confessava subito, gli veniva detto che sarebbe seguito un interrogatorio sotto tortura, però solo dopo un certo periodo di tempo.

I consigli e i "trucchetti" per estorcere alle streghe le confessioni continuano per tutto il Malleus: quello che a noi interessava però, è già in parte riemerso con questa breve analisi, ovvero con quali dinamiche si sia potuta sedimentare la mentalità che favorì la caccia alle streghe, quali erano le condizioni di partenza e come questo trattato ne abbia favorito la diffusione e affinato i metodi.

































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